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LA TRADIZIONE E L’INNOVAZIONE Carini la sua storia Copertina del volume con stampa settecentesca della piazza Duomo di Carini 12 Il territorio: la nostra storia, le nostre città, i personaggi di Vincenzo Buzzetta A piè del monte ove la terra inclina D’ameni prati cinta e d’erbe rare Siede Carini illustre e secolare, e il suo castel di sopra la collina staglia superbo l’ombra su la china, e cielo e campi sembra dominare in sino là dove il ceruleo mare d’Iccara lambe la fatal ruina. O forestier che passi per Carini, volgi lo sguardo su verso l’ostello ove giunge fragranza dei giardini; giammai saprai trovar luogo più bello: ci sentirai cantare gli augellini d’una leggenda il triste ritornello. Banca Don Rizzo
Questo sonetto scritto dal poeta carinese Cesco Fraianello pseudonimo di Francesco Aiello nato nel 1855 riesce in pochi versi a sintetizzare la grandezza di un territorio ricco di storia e di leggende che la natura ha voluto ingraziarsi regalandole una pianura fertilissima, acque in abbondanza e una corona di monti da cui ammirarne la sfrontata bellezza. Nulla di strano quindi che questo territorio, abitato sin dai tempi più antichi, dove si trovano vestigia risalenti alla preistoria, abbia destato l’ammirazione di tanti viaggiatori antichi e moderni. Edrisi, geografo arabo, nella sua opera chiamata “Il libro di Ruggero” nel secolo XII ce la descrive come “terra graziosa, bella e abbondante, produce gran copia di frutti… ed ha un vasto mercato e la più parte dei comodi che si trovano nelle grandi città… Si esporta da Carini gran copia di mandorle, fichi secchi… N. 1 2012 13 copiose acque sgorgano d’ogni canto nel territorio…”. Carini, la Carini odierna, sorge sulle pendici del monte Cerasea a 181 metri s.l.m. e scende dolcemente in una alternanza di tessuto urbano, campi coltivati ad agrumeti, frutteti, oliveti fino al mare. Nonostante però l’incuria dell’uomo, Carini si mostra ancora al viandante in tutta la sua bellezza e le sue numerose testimonianze storicoartistiche ed archeologiche ci narrano le sue vicissitudini nel corso dei millenni. Nelle grotte presenti nel territorio carinese (Garbulangeli, Maccagnone, Puntali, Za Minica) si sono rinvenuti reperti collegati alla presenza umana (armi di selce, bulini) e a quella animale (ossa di cervus, hyena, hursus, elephans antiquus). Dallo studio delle grotte e del materiale ritrovatovi, fatto soprattutto nell’ottocento ed inizi del novecento dal Gemmellaro, dal Falconer, dal Fabiani ed altri, si è desunta la presenza dell’uomo già nel Paleolitico superiore. Altre notevoli testimonianze ci vengono date dalla necropoli di contrada Ciachea, che stupiva il Gemmellaro nel 1877 dai reperti provenienti dall’insediamento di contrada Moscala, e dalle contrade di Milioti, Cupolone e Serri. Hyccara La storia di Carini inizia con Hyccara, città sicana collocata da alcuni storici nelle vicinanze del mare probabilmente in c.da Garbulangeli, da altri come il Giustolisi, alle falde del monte Colubrino. Timeo, storico greco siceliota vissuto nel secolo III a.C., asserisce che il toponimo di Hyccara derivi da Hyccas, un tipo di pesci. Altri lo legano alla leggenda di Dedalo che avrebbe costruito, su ordine di Cocalo, rei dei Sicani, la città alla quale avrebbe dato il nome del proprio figlio Icaro. Di Hyccara ci parla per la prima volta Tucidite nel sesto libro della “guerra del peloponneso”. La sua distruzione avviene nel 415 a.C. ad opera degli Ateniesi comandati da Nicia che venendo in aiuto di Segesta si presentano davanti alle spiagge di Hyccara con circa 150 navi e distruggono dopo furiosi combattimenti il fiorente centro. Tra gli schiavi catturati, Laide, bambina di sette anni che diventerà la più bella etèra del mondo antico, capace di fare impazzire i più importanti uomini del suo tempo. Seconda Hyccara Dalle ceneri della prima sorgerà la seconda Hyccara che, dai reperti ritrovati, viene collocata in c.da San Nicola e nel Baglio di Carini, approdo naturale per i Fenici che, subentrati agli Ateniesi nel controllo del territorio, permisero ai superstiti Hyccaresi, di ricostruire le proprie case e il “muro di Carini” citato da diversi storici antichi. Dal famoso “Itinerario di Antonino” (una sorta di stradario
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