Piccolo dizionario postmoderno Figure e ... - Maconi, Antonio
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che l’eredità di san Paolo agisce in autori ferocemente e torbidamente avversi al<br />
Cristianesimo, quali Nietzsche, Freud, Benjamin, Adorno e Schmitt.<br />
Nella luce sciabolante dei pensieri elucubrati dai fari del decadentismo, appare evidente<br />
che Taubes, dichiarando che il tragico abita in Dio, intende insinuare l’infermità della<br />
pagana anima mundi nel cuore della teologia cristiana. Forte cita un passo nel quale la<br />
contaminazione panteista (e decadentista) appare come il risultato del percorso dalla<br />
teologia paolina contraffatta al nichilismo ateologico: “il messaggio cristiano è tutt’altro<br />
che la distruzione del tragico attraverso un moralismo a buon mercato, bensì l’evoluzione<br />
del tragico”.<br />
Moralismo a buon mercato vuol dire, senza dubbio, che il sangue eroicamente versato dai<br />
martiri cristiani non vale molto. E’ noto che i progressisti censurano le beatificazioni<br />
relative agli olocausti trascurabili, come quello di Spagna. E questo si capisce facilmente:<br />
i loro maestri (ad esempio Emanuele Mounier) stavano dalla parte dei persecutori.<br />
Evoluzione del tragico significa invece che il sentimento panico dei primitivi greci –<br />
l’incubo che rappresenta la fatalità e quindi l’innocenza del male – ha inquinato il<br />
progressismo cristiano.<br />
Il tragico, che nell’incubo appare abitante nel Dio cristiano, rappresenta il male come<br />
destino e perciò destituisce la morale e abbassa il diritto a funzione della psicoanalisi.<br />
Nelle parole spicciole del nichilismo al potere, tragico vuole dire che Dio (e l’uomo) sono<br />
impotenti davanti al male, quindi che la responsabilità è impossibile, la redenzione un<br />
pallido bluff, tutti sono innocenti. In conclusione: assolviamo gli assassini e lasciamo<br />
impuniti gli altri criminali.<br />
Il Sessantotto taubesiano è sviluppato nella formula consequenziale della barbarie<br />
sofisticata. Una barbarie, che, per dare fondo alla sua ultima risorsa, affida alla<br />
psicoanalisi il compito di contenere e addolcire (a chiacchiere) l’inevitabile danno.<br />
Ecco nella scena quotidiana lo spettacolo che gli “spiritualisti” alla Taubes hanno allestito<br />
per gli occhi attoniti dei vescovi e degli animatori della parrocchia sociale: il<br />
cattocomunismo, esauriti i sogni teologici intorno alla liberazione dei poveri, orchestra<br />
l’assoluzione universale del crimine. Canta il gallo buonista, e lo psicologo televisivo<br />
Crepet sentenzia che sarebbe un brutto guaio ricordare agli assassini il mal fatto. Se il<br />
tragico abita in Dio, perché dovremmo molestare gli assassini?<br />
Sul versante della teologia della storia l’influsso di Taubes è ancor più rovinoso, perché<br />
sprona l’involuzione nichilista del pensiero moderno. La teologia di Taubes è, infatti, il<br />
rifacimento del tenebroso vaniloquio messo fuori da Léon Bloy nel saggio “Dagli ebrei la<br />
salvezza”, recentemente riproposto dall’immancabile Calasso, dove si dichiara che le<br />
nefandezze rivoluzionarie dell’età moderna sono ispirata dal figlio prodigo, cioè dallo<br />
Spirito Santo, ed eseguite dagli ebrei. La salvezza ebraica, dunque, consisterebbe nel<br />
divino scatenamento della malvagità.<br />
Nella teologia di Taubes (come in quella di Bloy) Bruno Forte non può trovare altro che<br />
l’incentivo all’evasione nell’arcipelago degli inganni, dove la salvezza che viene dagli<br />
Ebrei (Gv., 4, 22), surrettiziamente identificata con l’accondiscendenza teologica al vizio,<br />
suggerisce l’errore catastrofico, che oppone il Nuovo all’Antico Testamento, la morale<br />
cristiana alla presunta immoralità ebraica.<br />
Di qui la persuasione che i fedeli siano costretti a scegliere tra le due disperate e<br />
devastanti chimere del Novecento: quella del falso profetismo, che invita a raccogliere<br />
l’eredità dell’ebraismo fittizio e a tradurla nella complicità con la sovversione della morale,<br />
quella nazista, che intitola la difesa della civiltà occidentale all’antigiudaismo. Il vero perno<br />
della mistificazione taubesiana è appunto l’ambiguo riferimento agli ebrei, identificati con<br />
gli apostati e con i sovversivi.<br />
Ora l’inflessibile condanna di Giovanni Paolo II colpisce esattamente la confusione (la cui<br />
origine è formalmente attribuita all’eresia di Marcione) che ha alimentato gli opposti orrori