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Piccolo dizionario postmoderno Figure e ... - Maconi, Antonio

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l’irrealtà pirandelliana fu elevata al quadrato. Gregorio VII ferito a morte cadde nella<br />

polvere dell’irrealtà elevata al quadrato.<br />

Ognuno pensi quel che gli piace credere teatralmente, noi ora siamo convinti che è<br />

possibile oltrepassare l’irrealismo involontario della spalla teatrale di Zonghi, e allestire un<br />

paradosso pirandelliano al cubo. Infatti lo psicologo Umberto Galimberti, nelle pagine di<br />

“Repubblica” (6 marzo 2001) supera Zonghi dirigendo (a parole in libertà e mediante il<br />

rifacimento <strong>postmoderno</strong> dell’Enrico IV) il duello dell’umanesimo fittizio contro la sacralità<br />

avventizia.<br />

Umanesimo e sacralità, le due facce del dilemma <strong>postmoderno</strong>, indossate maschere di<br />

circostanze, duellano nella scena irreale. L’umanesimo, nel copione scritto da Galimberti,<br />

è interpretato dal compianto Benedetto Càlati, un frate camaldolese secondo il quale il<br />

Vangelo è stato scoperto dal Vaticano II: “tornare al Vangelo significa abolizione del<br />

primato di Pietro e del celibato ecclesiastico, introduzione del sacerdozio femminile, della<br />

democrazia nella Chiesa e della conciliarità”. Buonismo, schietto buonismo in due parole.<br />

Cattocomunismo, in una sola.<br />

Cattocomunismo. Correre a perdifiato incontro alle istanze del mondo moderno, che,<br />

peraltro, dilegua nella malinconia di Vattimo. Forse incontrare Guénon, forse Veltroni,<br />

nella parte dell’imperatore col pugnale di gommaschiuma.<br />

Padre Calati, infatti, poneva al centro della sua predicazione il ripudio del<br />

“contemplazionismo”, cioè il distacco dal cristianesimo tradizionale, inquinato (a suo<br />

modernistico dire) dal la metafisica di Platone e Aristotele.<br />

Evidentemente Galimberti, in obbedienza all’imperativo-Càlati, crede che l’umanesimo<br />

consista in un rifiuto categorico della “seconda navigazione” platonica. Ascoltato Càlati,<br />

l’umanesimo comanderebbe l’uscita dalla vita interiore e il naufragio (leopardiano?)<br />

nell’immensità.<br />

Se ci si mettesse d’accordo con le parole anche questa definizione potrebbe passare<br />

indenne. Sarebbe sufficiente che la storia della letteratura si volgesse a testa in giù, in<br />

una scena dove Dante e Petrarca rappresenterebbero la perfetta negazione<br />

dell’umanesimo raccontato da padre Càlati. E che la lettera in cui Petrarca, narrando<br />

l’ascesa al Mont Ventoux, formula l’assioma della filosofia umanistica – l’agostiniano in te<br />

ipsum redi – diventasse il manifesto dell’antiumanesimo.<br />

Se il pugnale di Càlati uccidesse Platone, Galimberti avrebbe ragione di esultare. Ma il<br />

pugnale di Càlati in fondo era inoffensivo, dunque Galimberti esulta a vuoto. Il testimone<br />

dell’umanesimo, secondo Galimberti, può entrare nella scena irreale del duello grazie ad<br />

un movimento surrettizio, che ripete il gesto dello scudiero di Zonghi.<br />

Secondo il teatrale pensiero di Galimberti, la categoria che si oppone all’umanesimo è il<br />

sacro, ossia la fede cristiana, che vorrebbe dire affermazione della trascendenza di Dio e<br />

negazione pura e semplice – più annientamento che kenosis - della civiltà umana. Il<br />

sacro, secondo il calendario galimbertiano, sarebbe rappresentato da Gianni Baget<br />

Bozzo, costretto nella parte di una risoluta negazione dell’umanesimo. Anche in questo<br />

caso l’attore inscenato recita una parte che è vera soltanto nell’immaginazione. Il<br />

canovaccio, infatti, svolge la canzone dell’ubiquità galimbertiana: mentre sono qua sono<br />

là. E’ infatti noto che la teologia di Baget Bozzo, costruita sul modello agostiniano,<br />

valorizza la storia nella quale contempla la collaborazione dei due amori e delle due città.<br />

L’accusa che ulivisti roventi e marciatori di Seattle rivolgono a Baget Bozzo, riguarda,<br />

appunto, il suo sostegno all’Occidente umanistico e al nefando consumismo di matrice<br />

berlusconiana. Qua o là, la verità dove sta? Nel sistema galimbertiano ovunque.<br />

Due attori sradicati dalla loro identità, gettati nel contrario, fusi nel piombo kenotico<br />

dell’indeterminatezza. Una scena truccata. Due spade selvagge. Un duello sordo, a colpi<br />

di malinteso. L’ultima parola del giornale degli illuministi italiani è il galimba-pirandellismo:<br />

l’infortunio del compianto Zonghi ridotto a pensiero. Senza l’ironia che costringeva Zonghi

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