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346.<br />

PITTORE DEL XVIII SECOLO<br />

Frati eremiti<br />

Olio su tela, cm 86X61<br />

Stima € 3.000 - 4.000<br />

Lo stile e il soggetto rammentano le opere di Alessandro Magnasco, vero pittore di frati penitenziali, solitamente dispersi in una natura aspra, selvaggia e<br />

flagellata da tempeste inaudite. Se ciò suggerisce di cogliere la mano del maestro lombardo - cosa a prima vista possibile per via di una buona qualità pittorica<br />

- la stesura meno nervosa e bozzettistica rispetto a quella riscontrabile nelle opere autografe, sembra confacente a un suo collaboratore o meglio,<br />

a un artista suggestionato dalle sue creazioni. Non sono pochi coloro che ammaliati dal Lissandrino ne hanno imitato lo stile, specialmente in area lombardo-veneta,<br />

come accadde a Sebastiano Ricci. A questo proposito sovviene il dipinto a lui attribuito conservato presso il museo di Grenoble e realizzato<br />

durante il soggiorno milanese del pittore, che scorre cronologicamente tra il 1697 e il 1700, ma non dobbiamo tralasciare il primo viaggio del 1694,<br />

quando il Ricci era impegnato nella decorazione della cappella di San Bernardino alle Ossa.<br />

Bibliografia di riferimento:<br />

M. Chiarini, in Alessandro Magnasco 1667 - 1749, catalogo della mostra a cura di Ettore Camesasca e Marco Bona Castellotti, Milano 1996, pp. 336 - 337, n. 115<br />

32 DALLE COLLEZIONI DI ITALO ZINGARELLI<br />

347.<br />

LEANDRO BASSANO (bottega di)<br />

(Bassano, 1557 - Venezia, 1622)<br />

Il Viaggio di Giacobbe<br />

Olio su tela, cm 81,5X113<br />

Stima € 3.000 - 4.000<br />

La composizione deriva indubbiamente da un prototipo di Jacopo Bassano e i caratteri di stile suggeriscono di riferirne l’esecuzione alla bottega, in modo<br />

particolare a Leandro Bassano. L’impiego di tinte color terra di Siena del fondale e la modalità con cui sono delineati i contorni, evocano il fare pittorico<br />

di questo maestro, riconoscibile per il modo in cui dispone le figure, quasi fossero scontornate ma allo stesso tempo rinvigorite da vivaci campiture di<br />

colore atte a focalizzare l’attenzione sugli aspetti narrativi e scenici dell’immagine. L’opera è altresì interessante perchè consente di cogliere la pratica produttiva<br />

dell’atelier, che faceva un sapiente uso di cartoni, di moduli figurativi che diversamente assemblati costruivano le iconografie desiderate, scostandosi<br />

dal prototipo attraverso lievi varianti. E <strong>qui</strong> sovviene il dilemma di longhiana memoria tra qualità e industria per comprendere da una parte il carattere<br />

seriale di questa produzione e il suo volubile livello qualitativo che presenta un’ampia gamma di discrepanze. Detto ciò, il numero delle tele a noi note riconducibili<br />

alla bottega bassanesca induce a riconoscerne l’enorme fortuna critica e commerciale, sottolineando che, quando le tele rispettano gli standard<br />

qualitativi, non tradiscono le aspettative estetiche del collezionismo.<br />

DALLE COLLEZIONI DI ITALO ZINGARELLI 33

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