vita aprile 2004 - Giuseppini del Murialdo
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Vita <strong>del</strong> <strong>Murialdo</strong><br />
L’apostolato<br />
negli oratori<br />
Tra le baracche dei poveri <strong>del</strong>la periferia, nelle viuzze umide e malsane, in cortili senza sole, lungo<br />
le rive <strong>del</strong> Po, passa il giovane prete Leonardo <strong>Murialdo</strong> con la sua tonaca nera e un campanello<br />
in mano: a quel suono accorrono torme di bambini e ragazzi che lo seguono fino all’oratorio <strong>del</strong>l’Angelo<br />
Custode, lontani per qualche ora dalla miseria quotidiana. Recupera così piccoli fuorilegge,<br />
vagabondi, giovani dediti alle truffe, ai ricatti, alle violenze, candidati al carcere minorile.<br />
All’oratorio si gioca ma non solo, naturalmente. Il <strong>Murialdo</strong> s’improvvisa “sindacalista” per quei<br />
piccoli quasi sempre sfruttati. Molti sono operai, garzoni, apprendisti, commessi. Ogni primavera<br />
arrivano dal biellese gruppi di manovali e garzoni muratori di otto-dodici anni. Sono in balìa di<br />
padroni senza scrupoli, lavorano in condizioni di totale insicurezza, per stipendi da fame. Lui li<br />
porta all’oratorio, li fa giocare e riposare, li istruisce nelle cose di Dio. Si preoccupa di trovare per<br />
loro un lavoro da padroni onesti, tenendosi informato <strong>del</strong>le condizioni morali, fisiche, economiche.<br />
I poveri e i giovani gli vogliono bene.<br />
Nel 1856 muoiono i due più grandi amici, entrambi neppure ventottenni, compagni inseparabili<br />
di studio e di ministero. Giovanni Francesco Revelli scompare il 24 maggio. L’elogio funebre è<br />
<strong>del</strong>lo stesso <strong>Murialdo</strong>. Il 5 novembre tocca a Francesco Paolo Rossi, direttore <strong>del</strong>l’Oratorio di San<br />
Luigi. Leonardo <strong>Murialdo</strong> si sente più solo. Ma la morte di Rossi mette nei guai anche don Bosco.<br />
Proporrà al <strong>Murialdo</strong> la direzione <strong>del</strong> San Luigi. Forse casualmente o forse no il prete dei Becchi<br />
incontra, un mattino <strong>del</strong> 1857, Leonardo <strong>Murialdo</strong> in<br />
via Doragrossa: sta uscendo dalla chiesa di San Dalmazzo<br />
dove ogni mattina va a dir messa. Gli chiede:<br />
«Signor teologo, me lo offre un bicerin?» (caffè, latte<br />
e cioccolato, bevanda tipica torinese). Entrano nel<br />
Caffè <strong>del</strong>le Alpi, all’angolo con via Consolata. E lì,<br />
seduti ad un tavolino, davanti al bicerin, don Bosco<br />
lancia la sua proposta: non potrebbe il signor teologo<br />
prendere la direzione <strong>del</strong> San Luigi? Ci sono tanti<br />
giovani da salvare e poi sarebbe bello continuare il<br />
lavoro <strong>del</strong> povero teologo Rossi. Il <strong>Murialdo</strong> ha già<br />
tanto da fare e non ama le cariche ufficiali. Forse tentenna.<br />
Teme di non farcela. Ma don Bosco usa le parole<br />
giuste. Come si fa a dire di no a don Bosco? «Se<br />
sono capace a qualcosa, faccia pure conto su di me»,<br />
risponde alla fine. Gli tocca pagare i due bicerin, ma,<br />
quando esce dal Caffè, Leonardo <strong>Murialdo</strong> è il nuovo<br />
direttore <strong>del</strong>l’Oratorio di San Luigi.<br />
Comincia il suo servizio la domenica 26 luglio<br />
1857, non ancora ventinovenne. Nel primo discorso<br />
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Leonardo <strong>Murialdo</strong> spiega perché ha accettato l’incarico. C’è una ragione generale: tutti dobbiamo<br />
salvarci l’anima, il prete deve salvare la sua e aiutare gli altri a salvare la propria e l’Oratorio<br />
è un modo per farlo. Cita poi altre due ragioni: «Perché succedo in questa carica a uno dei più cari<br />
amici che abbia avuto», e «perché trovo catechisti, assistenti, cooperatori così ecclesiastici come<br />
secolari, zelanti e generosi, che si prestano con tanto impegno ed esemplarità». Conclude: «La<br />
nostra speranza è nella benedizione di Dio: senza di essa nulla possiamo; la nostra speranza è nella<br />
Vergine Immacolata, in San Luigi, e anche in voi. Io farò quanto potrò: nelle istruzioni, nei catechismi,<br />
nel prepararvi ai sacramenti e nei leciti divertimenti: musica, teatro, ginnastica, giochi.<br />
E lo farò non da superiore, ma da amico”. È una gran fatica portare i ragazzi al San Luigi, trattenerveli,<br />
istruirli, avvicinarli a Dio. Bisogna inventare sempre qualcosa di nuovo. E Leonardo <strong>Murialdo</strong><br />
fa proprio così. Nascono scuole serali e festive, la scuola elementare diurna, iniziative di patronato<br />
per i giovani operai e gli apprendisti, la scuola di canto e la banda musicale. Gli tocca pure<br />
metter mano al portafoglio, com’era previsto. Ci sono il tabernacolo e i gradini <strong>del</strong>l’altare da rifare<br />
in marmo, per esempio. Oppure qualche ragazzo ha bisogno di soldi, o ancora si vuol premiarne<br />
uno meritevole…<br />
6 <strong>aprile</strong> 1858. Leonardo <strong>Murialdo</strong> va dal papa. Una doppia udienza: pubblica con un gruppo di<br />
piemontesi; poi privata. Lasciamo sia lui stesso a raccontare: «Alle 9 di sera <strong>del</strong>lo stesso giorno,<br />
fui introdotto ad udienza particolare per opera di don Bosco alla presenza di quest’ultimo e in<br />
compagnia <strong>del</strong> chierico Rua». Chiede una benedizione per i suoi ragazzi <strong>del</strong>l’oratorio e il papa risponde:<br />
«Vi sono degli apostoli che vorrebbero allontanare i ragazzi: ‘lasciate che i piccoli vengano<br />
a me’, diceva Gesù Cristo e così dobbiamo fare noi. Iddio dà molte benedizioni a chi si occupa<br />
dei fanciulli ed è grande consolazione il salvarsi in compagnia di altri salvati da noi: mentre<br />
è poltroneria il volersi salvare solo noi». Il <strong>Murialdo</strong> azzarda: «Il bisogno è grande, specialmente<br />
nel nostro paese». Pio IX ribatte che dappertutto c’è bisogno, ma è amareggiato per l’ostilità <strong>del</strong><br />
governo piemontese e per la cattiva stampa che da Torino si diffonde ovunque. Benedette alcune<br />
medaglie, il papa dona al <strong>Murialdo</strong> due immagini, <strong>del</strong>la Madonna e di san Luigi Gonzaga, protettore<br />
<strong>del</strong>la gioventù: «Io non seppi rispondere altro, se non che li avrei conservati come reliquie».<br />
Poi la benedizione e i saluti, ma il <strong>Murialdo</strong> annota ancora: «Fui testimone in quella udienza <strong>del</strong>la<br />
familiarità con cui don Bosco veniva benignamente trattato dal papa. In essa dopo aver concesso<br />
un gran numero di grazie chiestegli da lui, lasciò a tutti un ricordo in medaglie e poi diede a don<br />
Bosco un bel gruzzolo di<br />
monete d’oro, affinché con<br />
esse si potesse fare una festicciola,<br />
nei tre oratori di<br />
Torino da lui diretti». La<br />
festa sarà il 24 giugno, solennità<br />
di san Giovanni<br />
Battista, patrono <strong>del</strong>la città<br />
di Torino. È la «festa dei<br />
tre oratori»: don Bosco la<br />
organizza a Valdocco, Michele<br />
Rua all’Angelo Custode,<br />
Leonardo <strong>Murialdo</strong><br />
al San Luigi. Confessione<br />
e comunione, indulgenza<br />
plenaria di Pio IX, distribuzione<br />
<strong>del</strong>le medagliette<br />
benedette dal pontefice. E<br />
una gran merenda. Con i<br />
soldi <strong>del</strong> papa.<br />
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