Un pezzo di storia italiana che era stato inabissato - Edit

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Sabato, 7 febbraio 2009 Sabato, 7 febbraio 2009
PATRIMONIO Una task force impegnata nella salvaguardia dei «Corpi Santi» custoditi nella cappella di San Giovanni
Dignano nel futuro: museo o santuario?
Da parecchio tempo si discute della collocazione ottimale e della valorizzazione delle reliquie
“Cenni storici sui Corpi Santi di Dignano”
a fi rma di Msgr. Giuseppe Del Ton. Un prezioso
vademecum sugli Illustri che riposano nelle
urne-sarcofagi ora dietro l’altare maggiore del
duomo di San Biagio. Scrive Msgr Del Ton
“questi vennero da Venezia nel 1818 portati dal
pittore veronese Gaetano Griessler, membro
dell’i.r. Accademia delle belle arti in Venezia..”
Delle relique, Del Ton ha voluto “fare oggetto
di uno studio accurato limitandolo all’investigazione
di ciò che concerne quattro di esse che
sono del resto le più importanti, le reliquie di
San Paolo Martire, del B. Leone Bembo, della
B. Nicolosa, del B. Giovanni Olini”.
San Paolo Martire Patriarca di Costantinopoli
è vestito pontifi calmente e, con evidente
contrasto con gli usi liturgici bizantini,
ha mitra, pastorale, croce astile. È la reliquia
più preziosa che Dignano possiede.
Il Beato Leone Bembo (+1188) fu sacerdote
e cappellano al Palazzo Ducale a Venezia.
Stando a certe fonti, avrebbe partecipato
alla Crociate e nominato arcivescovo di Modone
in Grecia; altre fonti lo vogliono ambasciatore
veneziano in Siria e poi a Modone.
Oltre al corpo del B. Leone Bembo, a Dignano
è custodito un dipinto di Paolo veneziano
(1321), parte del sarcofago ligneo dove si
conservò il corpo del Beato. Il Corpo veste
l’abito episcopale.
San Giovanni Olini (+1300) era parroco
della chiesa di San Zane Degolà (San Giovanni
decollato) a Venezia. Il suo corpo è relativamente
ben conservato, veste l’abito sacerdotale
solenne ed ha la mano alzata. Accanto
al corpo, anche la Bolla di papa Bonifacio IX
datata 7 ottobre 1400 con la quale ha inizio il
processo di canonizzazione di Olini.
di Carla Rotta
Reliquiari, libri, manoscritti,
stendardi e altro hanno avuto
collocazione ordinata in
quella che viene defi nita “Collezione
d’arte sacra”. I cosiddetti “Corpi
Santi” hanno avuto, invece, trattamento
diverso. Inizialmente vennero
esposti nella cappella di San Giovanni
dove rimasero per più di un secolo,
poi vennero trasferiti nel corridoio
della sacrestia ed infi ne collocati dietro
l’altare maggiore. Le urne custodiscono
i corpi di San Palo Martire,
del Beato Leone Bembo, del Beato
Giovanni Olini, di Nicolosa Bursa e
resti minori. La collocazione attuale
non è delle migliori, né in quanto a
condizioni climatiche né di dignità.
Da parecchio tempo si discute del futuro
delle mummie (ultimamente è in
suo questo termine per defi nire quelli
che giunsero a Dignano come “Corpi
Santi”).
Era stata ventilata l’idea di ricavare
una cripta sotto la chiesa di
San Biagio (progetto un po’ azzarda-
to perché chiesa e campanile potrebbero
cedere), si era detto di costruire,
in aggiunta all’imponente edifi cio sacro,
un’ala (800 metri quadrati), tutto
in funzione di una buona collocazione
di tutta la Collezione ma poi non
se ne era fatto nulla. Il progetto, comunque,
avrebbe dovuto fare di Dignano
una meta di turismo sacrale.
Progetto di recupero
rilanciato alla grande
Del progetto di recupero e presentazione
delle mummie soprattutto, si
è tornato a parlare il mese scorso a
Dignano, per una tavola rotonda organizzata
congiuntamente dalla Città
e dall’Uffi cio parrocchiale.
Per fare il punto sulla situazione
e dare le direttrici di marcia, si sono
incontrati esperti di vario profi lo tanto
che a palazzo municipale, dove si
è svolta la tavola rotonda, hanno detto
la loro, in materia, il sindaco di Dignano
Klaudio Vitasović, il chimico
Drago Plečko, il vescovo della Diocesi
di Parenzo e Pola msgr. Ivan Mi-
Alcuni cenni storici riportati da Msgr. Giuseppe Del Ton
Beata Nicolosa Borsa (+ 1512) riposa
nelle vesti di suora e con un bastone d’avorio,
simbolo del servizio. Accanto, la scritta (in
gereco) “Dio manda salvezza al suo popolo.”
Ancora, un documento del patriarca Antonio
Suriani che, riconosciuta la santità di Nicolosa,
la nomina suora eterna.
Tra i resti minori, quelli di San Sebastiano
(morto nel 282) accanto ai cui resti c’è un
certifi cato d’autenticità con sigillo di ceralacca
posto dal vescovo che ha fatto il riconoscimento
della reliquia. Di Santa Barbara si
custodisce la pianta del piede, anche questa
reliquia è accompagnata dal certifi cato di autenticità.
Di Santa Maria d’Egitto c’è un reliquario
di rame del XVIII mentre di S. Eutiche, in
S. Biagio si conserva un reliquiario di vetro di
Murano (e certifi cato di autenticità).
lovan, l’archeologa Vesna Girardi
Jurkić, l’archeologa Kristina Džin,
Lucija Debeljuh della Regione Istriana
(Assessorato alla cultura), l’architetto
Slaven Cetina, Ante Škrobonja,
Se ne occuperanno Klaudio Vitasović,
Lucija Debeljuh, Kristina Džin,
Mario Sošić, Slaven Cetina, Nensi
Giachin Marsetič e Marijan Jelenić
Ksenija Škarić dell’Istituto nazionale
per il restauro e, in uno scritto, Nazzareno
Gabrielli responsabile del Laboratorio
chimico del Vaticano che
nel 1998 aveva visitato i Corpi Santi.
L’esperto, all’epoca aveva concluso
che “… le reliquie sante presentano
un importante patrimonio spirituale
… devo riconoscere che sono
sorpreso e preoccupato dal fatto che
i corpi sono esposti … in quelle vetrine.
Un’esposizione simile, oltre a
non essere adeguata al valore delle
reliquie, è pericolosa per la loro conservazione.
Sono molto importanti i
valori microclimatici; la differenza
tra le temperature, l’umidità relativa,
la quantità e lo spettro della luce
… i sarcofagi sono danneggiati … la
condizione di alcune parti visibili dei
corpi, cioè del viso, delle mani e della
gambe non sembra affatto buona
… la pelle è disidratata e in alcune
parti porosa … non è possibile constatare
lo stato di conservazione di
abiti talari e vescovili … non so se le
ossa siano al loro posto … e se esistono
danni causati dai batteri, mi-
crofunghi e forse insetti. Tale situazione
condiziona, sine qua non, il fatto
che prima dell’inizio di qualsiasi
conservazione e prima di esser spogliati,
i corpi santi dovrebbero essere
sottoposti a radiografi a”.
Importante, nel contesto, anche
il recupero delle urne e delle vesti
indossate dalle reliquie. I sarcofagi
sono lignei, datano XVII secolo
e sono interamente foderati di tessuto.
Diffi cile dire se si tratta di tessuti
originali (i corpi indossano le vesti di
vescovo, parroco o monaco), se coincidono
con l’età del corpo, per dirla
semplicemente. Le urne non sono
state mai aperte proprio per il timore
che lo choc climatico deteriori il
contenuto ragion per cui parecchi
dati restano ancora sconosciuti. Nelle
urne, accanto ai Corpi, sono state
poste pergamene, scritte su targhette
di metallo, pezzetti di vetro, cotone o
nastri ornamentali (accanto al corpo
del beato Leone Bembo, ad esempio,
ci sono un paio di guanti ed un paio
di scarpe). Sicuramente la loro lettura
potrebbe dare dati impostanti nelle ricerche
e recupero.
Gabrielli propone un piano di conservazione
diviso in tre parti: individualizzazione
della conservazione,
un’adeguata collocazione e progettazione
dei sepolcri ed infi ne il restauro
dei corpi. Serviranno esami radiografi
ci per constatare i danni e lo stato attuale
di conservazione, porosità delle
ossa, spostamenti di ossa e costole e
altri danni. Farebbe seguito una ricerca
anatomopatologica e paleopatologica
con esami microscopici e antropometrici
e poi la conservazione.
Sinergia tra esperti
e autorità cittadine
Un lavoro importante, corposo,
sicuramente lungo nei tempi e consistente
nei mezzi. Intanto, per andare
oltre la linea di partenza, è stato
nominato un gruppo di lavoro, a
360 gradi, composto da rappresentanti
della chiesa, della politica, della
scienza (archeologia e recupero
dei beni), architetti che dovranno decidere
il da farsi. Per la cronaca, se
ne occupano Klaudio Vitasović, Lucija
Debeljuh, Kristina Džin, Mario
Sošić, Slaven Cetina, Nensi Giachin
Marsetič, Marijan Jelenić ed un rappresentante
dell’Istituto di restauro.
Vedrà, questo gruppo di lavoro, di
elaborare un ruolino di marcia per il
delicato recupero, ma anche di pensare
alla collocazione e presentazione una
volta fi nita la prima fase “al chiuso”.
Non servono miracoli
ma esporre lege artis
Davvero, che cosa e come procedere
dopo? Si tratta di defi nire il futuro
di Dignano, non solo della Collezione.
Turismo culturale o sacrale?
Religione o arte? L’ideale sarebbe,
come sempre del resto, trovare una via
di mezzo. Parecchie volte, si è sentito
dire di “miracoli”, “guarigioni”, “stati
di beatitudine”. Forse un po’ azzardato
anche questo. Per quanto Ante
Škrobonja abbia avuto modo di dire
che sì, la psiche spesso arriva laddove
la medicina ortodossa deve dichiarare
partita se non persa, almeno in pareggio,
ma lo stesso, bisogna andare cauti.
Con i miracoli va cauta anche la
Chiesa. Si è sentito dire, alla tavola rotonda
di Dignano che potrebbe diventare
Lourdes, o Fatima. Ci sembra che
si tratti di un tiro alzato troppo in alto
e forse nemmeno con troppa copertura.
Con voglia di pubblicità, senz’altro
ma non è questo che serve a Dignano
né alla Collezione. Serve una sana
e corretta presentazione, questo sì. E
serve una visibilità onesta. Ricapitolando,
serve meditare, studiare, recuperare,
esporre lege artis, dignitosamente
il tutto.
Non servono, quindi, miracoli:
uno, grande, c’è già stato ed è quello
dall’arrivo a Dignano di un tesoro
di simili proporzioni. Esagerazioni in
una direzione o nell’altra, fi nirebbero
per banalizzare qualcosa che banale
non è. Qualcosa che parla il linguaggio
dell’arte, della cultura, della religione,
della manifattura, della storia.
Non serve costruire niente. C’è già
tutto. Da usare cum grano salis.
Attraversando l’Adriatico
Correva l’anno 1818. Con un
carico di reliquie, quadri e corpi
mummifi cati di Santi, tale Gaetano
Grezler, pittore viaggiatore, giunse
a Dignano e a Dignano affi dò
un tesoro inverosimile: reliquiari,
quadri, urne con corpi mummifi -
cati di santi.
Per un po’ Grezler visse nella
località, impegnato a dipingere
il duomo, ma qualcosa tra lui ed i
locali andò storto e il pittore divenne
di nuovo viaggiatore lasciando
a Dignano quanto vi aveva portato.
probabilmente furono maleparole
tra lui e quanti lo avevano chiamato
a dipingere in duomo che poco
lo avrebbero (ri)pagato. Dice la
storia che sarebbe riuscito a portarsi
via la reliquia più preziosa: quella
contenente una goccia del sangue
di Cristo custodita nel tabernacolo
dell’altare maggiore.
Comunque, quello che era rimasto,
in valore, religioso, spirituale,
materiale, artistico, bastava
ed avanzava. Ma come mai, nelle
mani di Grezler cotanta ricchezza?
Qualcuno sostiene che avrebbe
avuto tutto in consegna nel 1810
per evitare la devastazione che
l’esercito napoleonico applicava
su tutto quello che aveva odor di
religione, strada facendo. In effetti,
Napoleone non ebbe tenerezze
e rispetto per la Chiesa. Come
dire, il diavolo e l’acquasanta. Più
prosaicamente e meno romanticamente,
però, sembra che, distrutti
nel 1818 il convento di San Lorenzo
e la chiesa di San Sebastiano a
Venezia, il pittore acquistò reliquie
e quant’altro con l’intento di venderle
e guadagnarci su.
Che dire? Il medioevo aveva
già visto una fi orente bottega
di reliquie che ben volentieri città,
comuni e chiese acquistavano
per dare importanza alla chiesa
della località e conseguentemente
al luogo stesso. Il commercio,
parallelamente, aveva visto
buoni affari anche con la
vendita di indulgenze.
Secoli dopo, non per
lustro ma per lucro si
fece lo stesso. Con gli
oggetti sacri che al di là del
religioso, avevano un incredibile
valore materiale per
la fattura e la materia prima
usata, ad esempio, nella fabbricazione
dei reliquari: oro,
argento...
I reliquari. E le reliquie? Mah!
Si potrebbero scrivere fi umi (in
piena) di parole: mettendo assieme
i pezzettini spacciati per appartenenti
alla croce di Cristo, farebbero
una croce grande come quella
che pesa sulle spalle dell’umanità;
qualche santo si ritroverebbe con
un numero di ossa incredibilmente
improponibile. Ma questa è faccenda
che non tocca a noi districare.
Serve, comunque, avvicinarsi a
questo con il rispetto per tutto ed
infi ne anche per l’arte assegnando
il valore che merita.
Sono creazioni che parlano
di momenti storici, sociali, economici,
sociologici, ideologici,
politici, semplicemente umani e
per questo vanno valutati. Trovando
anche il momento religioso,
ci si arricchisce di un valore
aggiunto.
Dignano oggi, grazie a Gaetano
Grezler e ad oggetti come dire?
“propri”, ha nel duomo di San Biagio
una delle più importanti collezioni
di arte sacra in Europa. Dicono
sia, per grandezza e valore, la
seconda in assoluto. Personalmente,
per quello che può valere l’opinione
di chi non è del mestiere, ci
credo anche perchè è cosa
detta dagli addetti ai lavori.
Ah, un dettaglio: da Venezia a
Dignano, da Dignano a Venezia.
Parte della Collezione di arte sacra,
negli Anni Novanta aveva rifatto
il percorso inverso ritornando
a Venezia per una mostra, “Il tesoro
di Dignano”, allestita all’ Ateneo
San Basso nella Serenissima.
Poi, dalla piazzetta dei Leoni, di
nuovo a Dignano.
Per restarvi.