Un pezzo di storia italiana che era stato inabissato - Edit
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<strong>Un</strong> evento <strong>che</strong> ricorda le vittime delle foibe e l’esodo<br />
<strong>Un</strong> <strong>pezzo</strong> <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>italiana</strong><br />
<strong>che</strong> <strong>era</strong> <strong>stato</strong> <strong>inabissato</strong><br />
“In fondo, un <strong>pezzo</strong> d’Italia <strong>era</strong> scomparso,<br />
come, se si fosse <strong>inabissato</strong> nel mare, ma <strong>di</strong> questo<br />
gli italiani – an<strong>che</strong> quelli <strong>che</strong>, sempre più numerosi,<br />
avevano preso a frequentare le coste e le città dell’Istria<br />
<strong>di</strong>venuta jugoslava – sembravano assolutamente<br />
inconsapevoli”, spiega lo storico Raoul Pupo<br />
raccontando i fatti <strong>di</strong> quegli anni, ne Il lungo Esodo.<br />
Quel <strong>pezzo</strong> d’Italia <strong>inabissato</strong>si non rappresenta<br />
altro <strong>che</strong> le storie <strong>di</strong> quelle persone, vittime <strong>di</strong> un<br />
folle progetto portato avanti dalla <strong>di</strong>ttatura instauratasi<br />
in Jugoslavia durante e dopo la Seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale, <strong>che</strong> furono fatte precipitare fi sicamente<br />
nel ventre nascosto della terra attraverso le foibe,<br />
maestose cavità rocciose regalate dalla natura alle<br />
terre del Carso, e trasformate dalla follia dell’uomo<br />
in terribili porte dell’inferno. Vite umane <strong>che</strong> fi nirono<br />
non solo fi sicamente ma an<strong>che</strong> idealmente nell’abisso<br />
della <strong>di</strong>menticanza per la sola “colpa” <strong>di</strong><br />
essere italiani in una “terra <strong>di</strong> confi ne”. Il processo<br />
<strong>di</strong> emersione dal silenzio, percorso lento e doloroso<br />
<strong>di</strong> presa <strong>di</strong> coscienza dei fatti accaduti alla fi ne<br />
della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale sul confi ne orientale<br />
italiano, per anni è <strong>stato</strong> sottaciuto dalle istituzioni<br />
e dal mondo della cultura italiani, costringendo<br />
le vittime <strong>di</strong> quella immane trage<strong>di</strong>a a subire<br />
un ulteriore e ancor più penoso inabissamento:<br />
quello della “vergogna e del silenzio”. “Ricordare<br />
le vittime – spiega il noto scrittore Clau<strong>di</strong>o Magris<br />
– è un modo forte <strong>di</strong> render loro giustizia contro la<br />
violenza dell’oblio <strong>che</strong>, come una violenza ulteriore<br />
oltre a quella da loro subita, tende a cancellarle<br />
dal mondo, a colpirle due volte”. È su queste premesse<br />
<strong>che</strong> è stata concepita, in occasione delle celebrazioni<br />
nazionali del Giorno del Ricordo 2009,<br />
la mostra “Foibe: dalla Trage<strong>di</strong>a all’Esodo”, evento<br />
istituzionale per commemorare le vittime delle foibe.<br />
La rassegna è curata dalla storica dell’arte Carla<br />
Cace, l’allestimento è a cura <strong>di</strong> Matteo Signori. Nel<br />
Sacrario delle Ban<strong>di</strong>ere del Complesso del Vittoriano<br />
<strong>di</strong> Roma, l’iniziativa, organizzata dall’Associazione<br />
Nazionale Dalmata – in collaborazione con il<br />
Ministero della Difesa e la Fondazione Roma, con<br />
il patrocinio del Comune <strong>di</strong> Roma, Assessorato alle<br />
Politi<strong>che</strong> Culturali e della Provincia <strong>di</strong> Roma, realizzata<br />
da E-NVENT –, rimarrà aperta al pubblico<br />
fi no al 22 febbraio 2009.<br />
La rassegna prosegue idealmente un progetto<br />
avviato nel 2008, e a cui avevamo de<strong>di</strong>cato spazio<br />
nelle pagine della rubrica culturale de “La<br />
Voce del Popolo” (ve<strong>di</strong> l’e<strong>di</strong>zione del 9 febbraio<br />
dello scorso anno), con la mostra “Foibe: martiri<br />
<strong>di</strong>menticati” tenutasi presso il Rifugio Antiaereo<br />
del Palazzo Uffici all’EUR. L’evento <strong>di</strong> quest’anno<br />
si pone dunque come obiettivo la prosecuzione<br />
del racconto <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> è accaduto dopo<br />
lo sterminio dell’infoibamento, con l’esodo forzato<br />
dal confine orientale <strong>di</strong> circa 350.000 italiani.<br />
Il criterio espositivo si fonda su tre principi<br />
ispiratori fondamentali. Raccontare, secondo modalità<br />
<strong>di</strong> chiarezza, semplicità e coerenza scientifica<br />
la <strong>storia</strong> <strong>di</strong> quegli anni a quanti non sanno.<br />
Approfon<strong>di</strong>re, attraverso supporti multime<strong>di</strong>ali e<br />
piattaforme informative <strong>di</strong>versificate, per garantire<br />
al visitatore la possibilità <strong>di</strong> entrare nel cuore<br />
del tema. Emozionare, creare suggestioni attraverso<br />
la “visione”, non solo <strong>di</strong> documenti storici,<br />
ma an<strong>che</strong> <strong>di</strong> racconti umani, squarci <strong>di</strong> vita vissuta<br />
riportati dai testimoni, an<strong>che</strong> illustri, della<br />
trage<strong>di</strong>a, e la fruizione <strong>di</strong> opere d’arte sull’argomento<br />
per stimolare, tramite la fascinazione<br />
artistica non solo la conoscenza<br />
<strong>di</strong> quel periodo, ma an<strong>che</strong> la vicinanza<br />
umana del pubblico.<br />
L’esodo coprì un periodo <strong>di</strong> oltre<br />
15 anni, fi no alla fi ne degli anni Cinquanta<br />
e avvenne alla spicciolata,<br />
senza una specifi ca organizzazione<br />
tranne <strong>che</strong> in spora<strong>di</strong>ci casi. Dopo<br />
oltre mezzo secolo, precisamente<br />
nei primi anni ‘90, il muro dell’oblio<br />
e del silenzio ha cominciato<br />
a mostrare qual<strong>che</strong> incrinatura.<br />
Il 3 novembre 1991 infatti, durante<br />
una storica visita a Basovizza,<br />
l’allora Capo dello Stato Francesco<br />
Cossiga, chiese perdono<br />
per il silenzio mantenuto per cinquant’anni<br />
dallo Stato e dai partiti<br />
politici italiani riguardo alle trage-<br />
IN QUESTO NUMERO<br />
Foibe ed esodo: febbraio è il mese in cui esuli e rimasti ricordano<br />
la trage<strong>di</strong>a <strong>che</strong> nel secondo dopoguerra li ha colpiti. Ciascuno<br />
ne ha risentito e sofferto a modo proprio questo dramma <strong>che</strong><br />
ha sconvolto il territorio e le vite delle genti <strong>che</strong> lo hanno forgiato.<br />
Il 10 febbraio questo dramma verrà ricordato an<strong>che</strong> istituzionalmente.<br />
<strong>Un</strong>o degli eventi promossi per l’occasione è la mostra<br />
“Foibe: dalla Trage<strong>di</strong>a all’Esodo”, allestita a Roma, con cui si<br />
apre questo numero dell’Inserto “Storia e Ricerca”, contributo<br />
atto a ricordare ancora una volta un fenomeno per decenni sottoposto<br />
a vergognoso oblio. <strong>Un</strong>a delle tante “ingiustizie” della <strong>storia</strong>,<br />
una delle innumerevoli pagine “perdute” del nostro passato<br />
<strong>che</strong> si cerca ora <strong>di</strong> recup<strong>era</strong>re. <strong>Un</strong>’op<strong>era</strong> <strong>che</strong> coinvolge <strong>di</strong>versi<br />
stu<strong>di</strong>osi e ricercatori, e <strong>che</strong> non si ferma – non può, non deve e<br />
non lo fa – a questa particolare <strong>di</strong>mensione della vicenda giuliano-dalmata<br />
del XX secolo, ma <strong>che</strong> prosegue e investe tutto lo<br />
spaccato storico <strong>di</strong> quest’area adriatica, an<strong>che</strong> quegli aspetti <strong>che</strong>,<br />
per mancanza <strong>di</strong> fonti, rischierebbero altrimenti <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>menticati,<br />
inabissati. Ne parlano gli articoli <strong>di</strong> questo Inserto: Kristjan<br />
Knez recensisce un lavoro <strong>di</strong> Silvio Facchini sulla citta<strong>di</strong>na istriana<br />
<strong>di</strong> Portole; Carla Rotta illustra un tentativo <strong>di</strong> riscoperta e valorizzazione<br />
delle mummie <strong>di</strong>gnanesi; Arletta Fonio Grubiša spiega<br />
i risultati <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> scavi ar<strong>che</strong>ologici nell’urbe antica <strong>di</strong><br />
Pola, mentre Krsto Babić, intervistando Vinko Ribarić, illustra un<br />
singolare personaggio arbesano. Buona lettura.<br />
DEL POPOLO<br />
<strong>storia</strong><br />
<strong>di</strong>e del confi ne orientale. www.e<strong>di</strong>t.hr/lavoce<br />
e ricerca<br />
Segue a pagina 2<br />
Anno V • n. 36 • Sabato,<br />
2009<br />
7 febbraio
2 <strong>storia</strong> e ricerca<br />
MOSTRE <strong>Un</strong> evento <strong>che</strong> ricorda le vittime delle foibe e l’esodo<br />
<strong>Un</strong> <strong>pezzo</strong> <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>italiana</strong><br />
<strong>che</strong> <strong>era</strong> <strong>stato</strong> <strong>inabissato</strong><br />
Da pagina 2<br />
E ancora, altri tre<strong>di</strong>ci anni<br />
sono dovuti trascorrere prima<br />
<strong>che</strong> nel 2004, lo stesso Parlamento,<br />
con la legge 92/2004<br />
(la cosiddetta legge Menia),<br />
approvata con voto quasi unanime,<br />
istituisse il Giorno del<br />
Ricordo, ponendo uffi cialmente<br />
fi ne all’oblio e alla rimozione<br />
collettiva.<br />
Nel solco <strong>di</strong> questo importante<br />
lavoro <strong>di</strong> ricostruzione e<br />
rielaborazione è stata ideata e<br />
realizzata la mostra “Foibe: dalla<br />
trage<strong>di</strong>a all’esodo”. Il percorso<br />
espositivo si articola in due<br />
gran<strong>di</strong> aree temati<strong>che</strong>: una de<strong>di</strong>cata<br />
al tema foibe ed una al<br />
tema esodo. Il racconto si snoda,<br />
tramite una ricostruzione rigorosamente<br />
scientifi ca del periodo<br />
storico illustrato, attraverso una<br />
lunga e dettagliata raccolta <strong>di</strong><br />
circa 100 foto <strong>che</strong> testimoniano i<br />
luoghi e i personaggi della trage<strong>di</strong>a,<br />
i documenti sulla vita quoti<strong>di</strong>ana<br />
<strong>di</strong> quegli anni, i giornali<br />
dell’epoca. Il percorso storico è<br />
affi ancato da aree <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong>versifi cate.<br />
Prigionieri italiani avviati a Costrena e Grobnico: verranno infoibati<br />
Roberto Olla * : «Non è facile avvicinarsi ad una foiba»<br />
L’op<strong>era</strong>tore tolse i tappi ai<br />
tre obiettivi della cinepresa e col<br />
suo fazzoletto pulì le lenti. Saltò<br />
giù dalla jeep e raggiunse il fotografo<br />
e il regista George Stevens<br />
davanti ad un treno. I soldati<br />
della 45° <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> fanteria<br />
americana stavano spalancando<br />
uno per uno i vagoni merci.<br />
<strong>Un</strong>’ecatombe <strong>di</strong> corpi ammassati,<br />
braccia, teste, gambe, sangue,<br />
si riversò nella sua inquadratura.<br />
Poi la troupe lasciò la<br />
piccola stazione <strong>di</strong> Dachau e<br />
arrivò al campo centrale. Attraversò<br />
il cancello “Arbeit Macht<br />
Frei” mentre i deportati sopravvissuti<br />
si affollavano attorno ad<br />
un carretto <strong>che</strong> <strong>di</strong>stribuiva pane<br />
in abbondanza. Vicino a dei cumuli<br />
<strong>di</strong> cadaveri, un uomo tentava<br />
<strong>di</strong> sopravvivere masticando<br />
malamente qualcosa. L’op<strong>era</strong>tore<br />
puntò la cinepresa verso un<br />
camion dove altri, incapaci <strong>di</strong><br />
camminare e avvolti in coperte<br />
militari, venivano caricati a<br />
braccia. <strong>Un</strong> ragazzo con la <strong>di</strong>visa<br />
a righe piangeva la sua libertà<br />
solitaria. Nel sole e nel freddo<br />
comparvero le ban<strong>di</strong>ere <strong>di</strong> alcune<br />
nazioni libere. Non si sa come<br />
né chi la portò, ma una <strong>era</strong> il tricolore<br />
italiano. Qualcuno spiegava<br />
<strong>che</strong> a Dachau <strong>era</strong>no morti<br />
Comitato scientifi co e partner dell’esposizione<br />
L’iniziativa è stata realizzata grazie al contributo <strong>di</strong> un prestigioso<br />
Comitato scientifi co presieduto dallo storico delle foibe Luigi<br />
Papo e composto dall’on. Roberto Menia, sottosegretario al Ministero<br />
dell’Ambiente; dal dott. Marino Micich, presidente Associazione<br />
per la cultura fi umana, istriana e dalmata nel Lazio; dal sen.<br />
Lucio Toth, presidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e<br />
Dalmazia; dallo stilista Ottavio Missoni, sindaco “ad honorem” del<br />
Libero Comune <strong>di</strong> Zara in Esilio; dall’on. Renzo ‘de Vidovich, presidente<br />
Fondazione Rustia Traine; dall’avv. Paolo Sardos Albertini,<br />
presidente Lega Nazionale – Trieste; dalla prof.ssa Licia Cossetto,<br />
sorella <strong>di</strong> Norma Cossetto, martire infoibata, Medaglia d’Oro al Valore<br />
Civile; dal dott. Guido Cace, presidente Associazione Nazionale<br />
Dalmata; dal dott. Renzo Codarin, presidente Fed<strong>era</strong>zione delle<br />
Associazioni Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati; dal prof. Amleto<br />
Ballarini, presidente Società <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Fiumani; il dott. Roberto Olla,<br />
giornalista del Tg1 scrittore e regista; dal prof. Emmanuele Emanuele,<br />
presidente Fondazione Roma.<br />
Partner della mostra: l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e<br />
Dalmazia, la Società <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Fiumani, la Società Dalmata <strong>di</strong> Storia<br />
Patria, la Fondazione Rustia Traine, la Lega Nazionale, l’Associazione<br />
per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio.<br />
<strong>Un</strong>a sala cinema all’interno<br />
della quale è prevista la presentazione<br />
<strong>di</strong> due documentari de<strong>di</strong>cati<br />
ad entrambi i temi della mostra.<br />
Il documentario storico “Foibe.<br />
Martiri <strong>di</strong>menticati” prodotto dal-<br />
sacerdoti e vescovi, rinchiusi nel<br />
blocco speciale organizzato dai<br />
nazisti per loro. Dopo aver salvato<br />
molte vite, a Dachau <strong>era</strong><br />
morto l’ultimo questore <strong>di</strong> Fiume,<br />
Giovanni Palatucci, oggi<br />
Beato e Giusto tra le nazioni.<br />
Angelo Adam, antifascista, autonomista,<br />
ebreo, italiano <strong>di</strong> Fiume,<br />
<strong>era</strong> <strong>stato</strong> deportato a Dachau<br />
il 2 <strong>di</strong>cembre 1943, matricola<br />
59001. Aveva 45 anni, <strong>era</strong><br />
riuscito a sopravvivere alle camere<br />
a gas e alle malattie. Nessuno<br />
può <strong>di</strong>rlo con certezza, ma<br />
doveva essere lì, da qual<strong>che</strong> parte<br />
sotto la sua ban<strong>di</strong><strong>era</strong>, sotto la<br />
ban<strong>di</strong><strong>era</strong> <strong>italiana</strong>. Doveva essere<br />
uno <strong>di</strong> quegli uomini nel gruppo<br />
davanti alla cinepresa, attorno<br />
agli uffi ciali americani, decisi<br />
a testimoniare ciò <strong>che</strong> <strong>era</strong> <strong>stato</strong><br />
il lager. Era fatto così: la libertà<br />
non gli sembrava tanto un dono<br />
da ammirare quanto piuttosto un<br />
dovere personale. Tornò a Fiume<br />
e non fu semplice. La città<br />
<strong>era</strong> in mano alle truppe <strong>di</strong> Tito.<br />
La comunità ebraica <strong>era</strong> stata<br />
<strong>di</strong>strutta. Prese contatto con gli<br />
amici partigiani, con gli antifascisti,<br />
con i sindacalisti. Vedeva<br />
la libertà come un impegno<br />
e subito si impegnò. Tra i lavoratori,<br />
nelle elezioni sindacali<br />
l’Associazione Nazionale Dalmata<br />
e dall’e<strong>di</strong>tore Palla<strong>di</strong>no. Si<br />
tratta del primo documento-shock<br />
presentato in Italia sul tema delle<br />
foibe. Realizzato nel 1994 – prodotto<br />
dall’Associazione Nazionale<br />
Dalmata, e curato dal presidente<br />
dell’Associazione Guido Cace,<br />
da Clau<strong>di</strong>o Schwarzenberg, celebre<br />
avvocato ma soprattutto illustre<br />
stu<strong>di</strong>oso fi umano e da Lucio<br />
De Priamo, avvocato romano <strong>che</strong><br />
<strong>era</strong> in possesso del materiale video<br />
originale da cui poi è <strong>stato</strong><br />
tratto il documentario –, il video,<br />
recentemente restaurato con integrazioni<br />
<strong>di</strong> materiale ine<strong>di</strong>to sulle<br />
ricer<strong>che</strong> stori<strong>che</strong> degli ultimi<br />
anni, <strong>era</strong> <strong>stato</strong> <strong>di</strong>stribuito in allegato<br />
al settimanale “Il Borghese”.<br />
Per quel <strong>che</strong> riguarda l’esodo, è<br />
proiettato un estratto dal documentario<br />
“Esodo. L’Italia <strong>di</strong>menticata”,<br />
prodotto dall’Associazione<br />
Nazionale Venezia Giulia e<br />
vinsero gli autonomisti. Ma tra<br />
la gente vinceva il terrore. Chi<br />
poteva, scappava abbandonando<br />
tutto. Ogni notte qualcuno<br />
scompariva. Angelo Adam continuò<br />
a battersi, a far valere le<br />
ragioni della democrazia, la volontà<br />
della maggioranza. Cercò<br />
il contatto <strong>di</strong>retto col vertice del<br />
Comitato <strong>di</strong> Lib<strong>era</strong>zione Nazionale<br />
dell’Alta Italia. Lo presero<br />
<strong>di</strong> forza i titini. I tedeschi l’avevano<br />
catturato perché ebreo e<br />
antifascista, ora gli jugoslavi<br />
lo catturavano perché italiano e<br />
autonomista. E questa volta non<br />
riuscì a salvarsi. Sparì nel nulla<br />
e con lui sua moglie Ernesta<br />
Stefancich. Quando sua fi glia<br />
Zulema andò a chiedere notizie<br />
dei genitori sparì an<strong>che</strong> lei.<br />
C’è la foiba <strong>di</strong> Costerna vicino<br />
a Fiume. Non è facile avvicinarsi.<br />
Mette paura, sempre <strong>di</strong> più,<br />
passo dopo passo. Arrivati lentamente<br />
<strong>di</strong> fronte al buco nero,<br />
si sente il bisogno <strong>di</strong> un respiro<br />
profondo mentre la paura <strong>di</strong>venta<br />
un vuoto magnetico, come se<br />
la terra potesse inghiottirti. Bisogna<br />
fare due passi in<strong>di</strong>etro<br />
prima <strong>di</strong> riuscire ad immaginare<br />
i prigionieri schi<strong>era</strong>ti sull’orlo<br />
del baratro: modalità barbare,<br />
torture, mani legate col fi l <strong>di</strong><br />
Riconoscimento <strong>di</strong> infoibati da<br />
parte dei familiari, giugno 1945<br />
Dalmazia e dal Centro Stu<strong>di</strong> Padre<br />
Flaminio Rocchi.<br />
È inoltre previsto uno spazio<br />
multime<strong>di</strong>ale <strong>che</strong> fornisce al pubblico<br />
la possibilità <strong>di</strong> consultazione<br />
<strong>di</strong> volumi tematici sull’argomento<br />
<strong>di</strong>ffi cilmente reperibili e,<br />
soprattutto, una serie <strong>di</strong> testimonianze-video:<br />
interviste esclusive<br />
allo storico delle foibe Luigi<br />
Papo, alla professoressa Licia<br />
Cossetto, sopravvissuta all’ecci<strong>di</strong>o<br />
delle Foibe e sorella della più<br />
sfortunata Norma Cossetto, martire<br />
torturata e infoibata, e all’on.<br />
Roberto Menia, sottosegretario al<br />
Ministero dell’Ambiente e fautore<br />
della legge approvata dal Parlamento<br />
sul Giorno del Ricordo. Ma<br />
la rievocazione storica è affi ancata<br />
da un forte richiamo emotivo,<br />
<strong>che</strong> vuole stimolare il visitatore<br />
attraverso alcune opere d’arte<br />
<strong>di</strong>rettamente ispirate alla vicenda<br />
delle Foibe. Il percorso storico<strong>di</strong>dattico<br />
è infatti accompagnato<br />
da un gruppo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci sculture<br />
<strong>che</strong> l’artista Giuseppe Mannino<br />
ha eseguito proprio sul tema delle<br />
foibe in occasione <strong>di</strong> una mostra<br />
tenutasi a Berlino nel 2005;<br />
tre tele monumentali realizzate a<br />
quattro mani degli artisti Rocco<br />
Cerchiara e Andrea Car<strong>di</strong>a appositamente<br />
per la mostra, sul tema<br />
delle foibe e dell’esodo, tra cui<br />
l’op<strong>era</strong> <strong>che</strong> ha pre<strong>stato</strong> l’immagine<br />
guida alla manifestazione.<br />
Ricomposizione, ad op<strong>era</strong> <strong>di</strong> soldati<br />
Alleati, <strong>di</strong> una salma, 1945<br />
ferro, sparavano ad uno e quello<br />
morendo cadeva e trascinava<br />
i vivi nella foiba. No, non è facile<br />
avvicinarsi ad una foiba, eppure<br />
bisogna farlo, creando per i giovani<br />
visitatori tutte le con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> sicurezza. Non è facile parlare<br />
delle foibe. Ancora oggi nel<br />
2009, quanti conoscono la <strong>storia</strong><br />
<strong>di</strong> Angelo Adam?<br />
*(Giornalista del Tg1,<br />
scrittore e regista)<br />
Sabato, 7 febbraio 2009<br />
LIBRI<br />
Silvio Facc<br />
Docume<br />
Raccolta dei ris<br />
<strong>di</strong> Kristjan Knez<br />
Dal secondo dopoguerra in<br />
poi l’interesse della storiografi<br />
a e della pubblicistica<br />
in lingua <strong>italiana</strong> concernente<br />
l’Istria in senso lato andò via via<br />
<strong>di</strong>minuendo. Nonostante tutto per<br />
le città maggiori annoveriamo degli<br />
stu<strong>di</strong> an<strong>che</strong>, poiché la ricerca non<br />
ha mai del tutto abbandonato l’interesse<br />
per quella <strong>di</strong>mensione, an<strong>che</strong><br />
se il <strong>di</strong>scorso andrebbe ripreso, per<br />
molti aspetti, e sviluppato su basi<br />
nuove, abbandonando determinate<br />
interpretazioni antiquate. Tra gli<br />
anni Sessanta e Settanta del secolo<br />
scorso, per esempio, rammentiamo<br />
l’uscita della collana <strong>di</strong> monografi e<br />
“Histria Nobilissima”, fi rmata da<br />
insigni stu<strong>di</strong>osi quali Sergio Cella,<br />
Bruna Forlati Tamaro, Giuseppe<br />
Cuscito, Luigi Parentin ed altri, ma<br />
concernenti esclusivamente le realtà<br />
urbane più gran<strong>di</strong>. Ben <strong>di</strong>verso è<br />
lo <strong>stato</strong> attuale delle cose per quanto<br />
attiene l’indagine dei cosiddetti<br />
centri minori.<br />
Grazie al fervore intellettuale,<br />
contrassegnato dal lavorio della<br />
Società Istriana <strong>di</strong> ar<strong>che</strong>ologia e<br />
<strong>storia</strong> patria <strong>di</strong> Parenzo, attraverso<br />
i cui “Atti e Memorie” aveva fi nalmente<br />
impo<strong>stato</strong> una nuova analisi<br />
storiografi ca, i ricercatori si <strong>era</strong>no<br />
avvicinati an<strong>che</strong> alla <strong>di</strong>samina dei<br />
fatti relativi ai borghi interni della<br />
penisola. Siffatto interesse <strong>era</strong><br />
dettato an<strong>che</strong> dalla necessità contingente<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, su basi documentarie,<br />
il carattere italiano<br />
dei medesimi e la continuità dell’elemento<br />
romanzo nel corso dei<br />
secoli, mentre <strong>era</strong> completamente<br />
trascurata la realtà delle campagne<br />
oppure i rapporti tra le città ed il<br />
contado. Tuttavia questi centri, <strong>che</strong><br />
solo in apparenza potevano apparire<br />
<strong>di</strong> scarsa importanza, ottennero,<br />
per la prima volta, una certa attenzione<br />
da parte degli stu<strong>di</strong>osi.<br />
Segni <strong>che</strong> scompaiono<br />
Dagli anni Quaranta del secolo<br />
scorso, i lavori <strong>di</strong> ricostruzione storica<br />
concernenti i centri dell’entroterra<br />
istriano sono <strong>di</strong>venuti alquanto<br />
<strong>di</strong>ffi cili, in primo luogo per l’improvviso<br />
venir meno delle fonti.<br />
Com’è noto, nel corso degli avvenimenti<br />
degli anni 1943-1945, non<br />
pochi archivi furono <strong>di</strong>strutti dalle<br />
fi amme <strong>che</strong> cancellarono la memoria<br />
storica dei singoli luoghi. Nelle<br />
fasi <strong>che</strong> precedettero la fi ne del<br />
secondo confl itto mon<strong>di</strong>ale scomparvero<br />
e/o furono bruciati altri archivi.<br />
Quest’ultimi, infatti, conservavano<br />
testimonianze tangibili <strong>che</strong><br />
avrebbero messo in seria <strong>di</strong>scussione<br />
determinati dogmi proposti dal<br />
nuovo regime. Al contempo sparirono<br />
an<strong>che</strong> i leoni marciani (nel<br />
caso specifi co <strong>di</strong> Portole il simbolo<br />
della Serenissima fu asportato dall’e<strong>di</strong>fi<br />
cio comunale, incen<strong>di</strong>ato nel<br />
1943, e per lunghi decenni fu occultato.<br />
Solo nel 1996 ritornò nuovamente<br />
visibile), gli stemmi dei<br />
rettori e delle famiglie nobili, come<br />
pure le epigrafi , ecc.<br />
La mancanza della documentazione<br />
in loco rappresenta per i ricercatori<br />
un problema non in<strong>di</strong>fferente,<br />
e solo i materiali conservati<br />
in altri archivi – in primo luogo a<br />
Trieste e Venezia – permettono <strong>di</strong><br />
analizzare i tempi andati <strong>di</strong> quelle<br />
citta<strong>di</strong>ne. La scarsità delle fonti,<br />
appunto, richiede, da parte <strong>di</strong> chi<br />
se ne occupa, innanzitutto l’in<strong>di</strong>viduazione<br />
<strong>di</strong> testimonianze alterna-
Sabato, 7 febbraio 2009<br />
<strong>storia</strong> e ricerca 3<br />
hini, il suo interesse per una realtà limitrofa spesso ignorata costituisce quasi un unicum<br />
nti e materiali per la <strong>storia</strong> <strong>di</strong> Portole<br />
ultati <strong>di</strong> una ricerca antologica del vivere plurisecolare dei nostri avi<br />
tive, quin<strong>di</strong> la segnalazione e, magari,<br />
la pubblicazione delle stesse,<br />
rendendole così accessibili ad un<br />
pubblico più vasto.<br />
Sistemato un ricco<br />
insieme <strong>di</strong> dati<br />
In quest’impresa si è cimentato<br />
Silvio Facchini, stu<strong>di</strong>oso e appassionato<br />
<strong>di</strong> <strong>storia</strong> patria, già noto<br />
per il volume “La grande Carattada<br />
istriana” (1997), de<strong>di</strong>cato al trasporto<br />
del legname su carri, dai boschi<br />
dell’Istria me<strong>di</strong>ana al mare, e<br />
per “Portole d’Istria tra immagini e<br />
memorie” (2003). Lo scorso anno<br />
questo autore ha dato alle stampe<br />
un nuovo lavoro ossia “Portole<br />
d’Istria. Attraverso effemeri<strong>di</strong>,<br />
regesti e terminazioni” (e<strong>di</strong>to dalla<br />
“Fameia Portolana”, aderente<br />
all’<strong>Un</strong>ione degli Istriani <strong>di</strong> Trieste,<br />
2008, pagine 271), in cui propone<br />
una copiosa mole <strong>di</strong> contenuti,<br />
con dati, informazioni e una<br />
ricca documentazione, <strong>che</strong> giov<strong>era</strong>nno<br />
non poco agli stu<strong>di</strong> venturi.<br />
L’iniziativa è indubbiamente positiva,<br />
poiché delle località gravitanti<br />
sull’alta valle del Quieto non <strong>di</strong>sponiamo<br />
<strong>di</strong> una ricca bibliografi a.<br />
L’unico lavoro monografi co de<strong>di</strong>cato<br />
a Montona, ad esempio,<br />
è quello <strong>di</strong> Luigi Morteani del<br />
1895, mentre su Portole, a <strong>di</strong>re<br />
il vero, annoveriamo un <strong>di</strong>screto<br />
numero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, come i<br />
lavori pionieristici <strong>di</strong> Giovanni<br />
Vesnaver, “Notizie stori<strong>che</strong> del<br />
Castello <strong>di</strong> Portole nell’Istria”<br />
(pubblicato sull’“Ar<strong>che</strong>ografo<br />
Triestino” nel 1884), “Stemmi<br />
e iscrizioni venete <strong>di</strong> Portole<br />
nell’Istria” (apparso sugli<br />
“Atti e Memorie della Società<br />
Istriana <strong>di</strong> ar<strong>che</strong>ologia e <strong>storia</strong><br />
patria” nel 1896) o il volume<br />
monografi co, <strong>di</strong> oltre 300 pagine,<br />
“Usi, costumi e credenze<br />
del popolo <strong>di</strong> Portole” (Pola<br />
1901), riproposto in e<strong>di</strong>zione<br />
anastatica nel 1974 dalla Forni<br />
e<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Bologna. In tempi<br />
più vicini a noi è <strong>stato</strong>, invece,<br />
dato alle stampe il tomo <strong>di</strong> Antonio<br />
Mario Radmilli “Portole<br />
d’Istria nei secoli” (1996),<br />
mentre negli ultimi anni si<br />
annov<strong>era</strong>no i lavori <strong>di</strong> Silvio<br />
Facchini. Questo interesse costituisce<br />
certamente un unicum,<br />
poiché vi sono altre realtà limitrofe<br />
<strong>che</strong> non furono mai oggetto d’indagini<br />
e sono ignorate pure dall’attuale<br />
storiografi a, an<strong>che</strong> se vi è un<br />
cambio <strong>di</strong> tendenza, e tra gli esempi<br />
menzioniamo il volume del giovane<br />
stu<strong>di</strong>oso Ivan Milotić de<strong>di</strong>cato<br />
a Sdregna-Stridone (“Zrenj i<br />
sveti Jeronim”, 2006), o la brillante<br />
rifl essione su quell’area geografi -<br />
ca proposta dall’altrettanto giovane<br />
Gaetano Benčić (“La valle del<br />
Quieto”, 2008).<br />
Il merito <strong>di</strong> Facchini è <strong>di</strong> aver<br />
raccolto e sistemato in un’unica<br />
sede un ricco insieme <strong>di</strong> fonti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versa natura, in cui non si limita<br />
a riportare solo quanto accadde all’ombra<br />
del campanile bensì allarga<br />
l’orizzonte an<strong>che</strong> ai centri contermini<br />
e alla regione in gen<strong>era</strong>le.<br />
L’e<strong>di</strong>zione annov<strong>era</strong> altresì una copiosa<br />
iconografi a: dalle carte geografi<br />
<strong>che</strong> alle foto d’epoca, dai <strong>di</strong>segni<br />
alle riproduzioni dei documenti.<br />
An<strong>che</strong> per questo borgo la<br />
documentazione in loco è in pratica<br />
inesistente. Come ricorda l’autore,<br />
nel corso del confl itto i partigiani<br />
incen<strong>di</strong>arono il municipio<br />
e con esso pure l’archivio comunale,<br />
perciò la località perdette le memorie<br />
del suo passato. Per ovviare<br />
a questa per<strong>di</strong>ta così grave il nostro<br />
ha ritenuto opportuno proporre all’attenzione<br />
dei lettori il contenuto<br />
del manoscritto conservato all’Archivio<br />
Diplomatico della Biblioteca<br />
Civica “Attilio Hortis” <strong>di</strong> Trieste<br />
cioè i “Frammenti <strong>di</strong> Terminazioni<br />
ducali del Comune <strong>di</strong> Portole<br />
d’Istria”, con le effemeri<strong>di</strong> dall’804<br />
in poi nonché le “Terminazioni”, le<br />
“Parti prese” e i “Regesti” <strong>che</strong> abbracciano<br />
il periodo compreso tra il<br />
XIV ed il XVIII secolo. Accanto a<br />
tale fonte sono riportati an<strong>che</strong> altri<br />
materiali e così si arriva sino agli<br />
albori del Novecento.<br />
<strong>Un</strong>’ere<strong>di</strong>tà da far<br />
conoscere ai giovani<br />
Nell’introduzione leggiamo<br />
<strong>che</strong> l’op<strong>era</strong> nasce con l’intento <strong>di</strong><br />
far conoscere quel paese an<strong>che</strong><br />
alle nuove gen<strong>era</strong>zioni. Possiamo<br />
<strong>di</strong>re, inoltre, <strong>che</strong> essa rappresenta<br />
l’omaggio <strong>di</strong> un patriota, inteso<br />
nel più nobile del signifi cato, alla<br />
propria terra. “La <strong>storia</strong> <strong>di</strong> Portole<br />
d’Istria – scrive lo stu<strong>di</strong>oso –, faticosamente<br />
rinvenibile per lo più<br />
attraverso pergamene e copie vetuste<br />
<strong>di</strong> documenti e ricordata solo<br />
dagli educatori delle nostre estinte<br />
gen<strong>era</strong>zioni, non è stata ad un certo<br />
punto più ritrasmessa a causa degli<br />
eventi bellici delle ultime due guerre<br />
mon<strong>di</strong>ali <strong>che</strong> sconvolsero quel<br />
mondo normale del vivere onesto e<br />
ridussero le possibilità <strong>di</strong> comunicazione<br />
storica, comprensiva pure<br />
della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> quelle notizie, personali<br />
e non, <strong>di</strong> certo espresse soltanto<br />
verbalmente ed entrate perciò<br />
velocemente nell’oblio, sottratte fi -<br />
nanco al piacere dei ricor<strong>di</strong>. Diffi -<br />
cilmente reperibile, quin<strong>di</strong>, detta<br />
‘hi<strong>storia</strong> portolana’ trova in questo<br />
libro la sua rinascita, raccontandoci<br />
ciò <strong>che</strong> avremmo voluto conoscere<br />
da sempre”. Aggiunge ancora <strong>che</strong><br />
“Non si tratta <strong>di</strong> un libro <strong>di</strong> <strong>storia</strong><br />
nel senso più aulico della parola,<br />
bensì, cre<strong>di</strong>amo, un’accorata raccolta<br />
dei risultati <strong>di</strong> una lunga ricerca<br />
antologica del vivere plurisecolare<br />
dei nostri avi del Castello <strong>di</strong><br />
Portole (…)” (pp. 9-10).<br />
Fonti interessanti<br />
Le fonti trascritte fedelmente<br />
permettono <strong>di</strong> cogliere svariati<br />
aspetti della vita e delle attività <strong>di</strong><br />
quella comunità. Nell’impossibilità<br />
<strong>di</strong> riassumere o <strong>di</strong> evidenziare<br />
il contenuto della ricca messe <strong>di</strong><br />
notizie, <strong>di</strong> dati e d’informazioni<br />
sul borgo ed il suo territorio<br />
nel corso dei secoli,<br />
riteniamo utile soffermarci<br />
su alcuni documenti, come,<br />
ad esempio, il “Divieto <strong>di</strong><br />
pascolo nel bosco <strong>di</strong> Montona”<br />
del 30 gennaio 1742<br />
in cui s’in<strong>di</strong>ca chiaramente<br />
quali <strong>era</strong>no le regole da seguire<br />
in quel rilevante settore<br />
dell’Istria, gelosamente<br />
custo<strong>di</strong>to dalla Repubblica<br />
<strong>di</strong> San Marco, ma an<strong>che</strong><br />
le relative sanzioni. Il Serenissimo<br />
Principe faceva sapere<br />
<strong>che</strong>, in base ai proclami<br />
emessi con l’intento <strong>di</strong><br />
preservare quell’importante<br />
zona, ricca <strong>di</strong> legname,<br />
essa <strong>era</strong> interdetta a qualsiasi<br />
persona “(…) <strong>che</strong> ar<strong>di</strong>sca,<br />
o presuma sotto qualsivoglia<br />
colore, o pretesto introdurre<br />
in Bosco Animali al Pascolo<br />
<strong>di</strong> qualunque specie, e particolarmente,<br />
Porci, Pecore e<br />
Capre quali ritrovati <strong>che</strong> siano,<br />
oltre il poter esser ammazzati,<br />
sia, e s’inten<strong>di</strong> rilevato il Padrone<br />
<strong>di</strong> esso, condannato per cadaun Cao<br />
<strong>di</strong> Pecore lire sei, e per cadun Cao,<br />
<strong>di</strong> Capra, e <strong>di</strong> porci lire sette, applicate<br />
esse pene, un 3.20 al Denunziante,<br />
ed il rimanente ad arbitrio<br />
della Giustizia. Anco li Bovi, Cavalli,<br />
e simili Animali Grossi s’intendono<br />
espressamente proibiti sotto<br />
pena <strong>di</strong> lire quin<strong>di</strong>ci per Cadaun<br />
Cao, applicata essa pena, come sopra,<br />
eccettuati però li casi, nei quali<br />
si spostassero in Bosco per publico<br />
servizio e tanto meno farsi <strong>di</strong> chi si<br />
sia affi ttanza <strong>di</strong> sorte alcuna per uso<br />
de’ Paschi nel contermine d’esso<br />
Bosco”. Vi <strong>era</strong>no delle limitazioni<br />
an<strong>che</strong> per quanto attiene la navigazione<br />
lungo il Quieto, infatti, il già<br />
citato documento sottolinea: “Sia<br />
inoltre vietato a chi si sia l’introdursi<br />
con Bar<strong>che</strong> nel Fiume Quieto oltre<br />
il sito della Bastia, ed al <strong>di</strong> sopra<br />
della Pallada, a riserva <strong>di</strong> chi ne tenesse<br />
espresso or<strong>di</strong>ne, o licenza del<br />
Magg.to nostro, o pubblici Rapp.ti,<br />
e ciò in pena <strong>di</strong> Ducati Dieci applicati<br />
come sopra. E perchè si è tanto<br />
avanzata la temerità de’ dannatori,<br />
<strong>che</strong> ar<strong>di</strong>sce persino metter mano<br />
nelli Roveri, Frassini e altri Legnami<br />
riservati alle publi<strong>che</strong> occorrenze,<br />
e tanto gelosamente custo<strong>di</strong>ti<br />
dalla pub.ca Autorità”. Per i trasgressori<br />
vi <strong>era</strong>no delle pene severe,<br />
“Si fa perciò pubblicamente intendere,<br />
e sapere, <strong>che</strong> se si troverà<br />
Persona <strong>di</strong> <strong>che</strong> grado, e con<strong>di</strong>zion<br />
esser si voglia, <strong>che</strong> ar<strong>di</strong>sce tagliar,<br />
ceffar, <strong>di</strong>ramar o in qualsivoglia<br />
altra mani<strong>era</strong> pregiu<strong>di</strong>car alcun legno,<br />
o della specie suddetta o dolce<br />
esistente nel Pubblico Bosco,<br />
sia, e s’intenda incorra nella pena<br />
della Criminalità, Bando, Prigione,<br />
e Gall<strong>era</strong>, giusto la qualità del<br />
delitto, e delle Persone, potendo essere<br />
Denunciato da chi <strong>che</strong> sia, al<br />
Mag.to nostro, o alli Regimenti <strong>di</strong><br />
Raspo e Montona rispettivamente”<br />
(pp. 150-151).<br />
I boschi, le cure<br />
della Serenissima<br />
Per cogliere la notevole consid<strong>era</strong>zione<br />
<strong>che</strong> le autorità veneziane<br />
avevano per quella zona boschiva,<br />
riteniamo opportuno riportare an<strong>che</strong><br />
il contenuto della terminazione<br />
del 16 novembre 1749 <strong>che</strong> recita:<br />
“Che non sia <strong>di</strong> qualunque grado,<br />
<strong>stato</strong> e con<strong>di</strong>tione esservi voglia,<br />
niuno eccettuato, ch’ar<strong>di</strong>sca sotto<br />
alcun colore, o pretesto andar, o<br />
mandar nel detto Bosco della Valle<br />
<strong>di</strong> Montona, tagliar, sramar, o troncar<br />
Legno alcuno <strong>di</strong> qualsivoglia<br />
sorte così secco come verde, senza<br />
previo licenza dell’Ecc.mo Con.o<br />
<strong>di</strong> X.ci, sotto pena oltre tutte le Statuite<br />
quì <strong>di</strong> sotto, secondo la qualità<br />
de’ legnami tagliati <strong>di</strong> perder il<br />
Cavallo, o altri Animali, <strong>che</strong> fossero<br />
ritrovati in detto Bosco, li quali<br />
siano liberi dell’Inventor, e d’esser<br />
ban<strong>di</strong>to dal luoco da dove lui fosse,<br />
per anni due continui, e se trovato,<br />
et accusato per una volta, sarà trovato<br />
la seconda li sia duplicata la<br />
pena pecuniaria secondo la qualità<br />
del legno (…) e potendosi aver<br />
anco nelle mani, sia posto a servir<br />
in Gal<strong>era</strong> de’ Condannati con ferri<br />
ai pie<strong>di</strong> per Mesi <strong>di</strong>sdotto, e non<br />
potendosi aver nelle mani, sia ban<strong>di</strong>to<br />
per Anni cinque continui, con<br />
taglio (p. 159).<br />
I problemi del territorio<br />
Tra gli altri argomenti trattati<br />
ricor<strong>di</strong>amo le opere <strong>di</strong> scavo entro<br />
il fi ume Quieto, i cui lavori<br />
venivano puntualmente eseguiti<br />
per rendere navigabile quel corso<br />
d’acqua, nonché una raccolta<br />
<strong>di</strong> notizie relative al territorio<br />
a seguito del tramonto della Serenissima,<br />
in cui vengono messi<br />
in risalto problemi come la decadenza<br />
boschiva, dovuta alle esondazioni<br />
del Quieto stesso e ad un<br />
bruco <strong>che</strong> colpiva gli alberi. Sono<br />
proposti an<strong>che</strong> le altre <strong>di</strong>ffi coltà<br />
registrate nel primo Ottocento,<br />
come i campi rimasti incolti, in<br />
primo luogo a causa della qualità<br />
del terreno, eccessivamente<br />
sassoso e quin<strong>di</strong> sterile, ma an<strong>che</strong><br />
per la loro posizione in collina,<br />
le cui piogge asportavano gli<br />
strati più fertili del suolo a<strong>di</strong>bito<br />
alle coltivazioni. Vi sono an<strong>che</strong><br />
riferimenti al periodo francese e<br />
alle Province illiri<strong>che</strong>, come pure<br />
alla seconda dominazione austriaca.<br />
L’autore si sofferma an<strong>che</strong> sui<br />
costumi della popolazione a Portole<br />
prima del 1850, mentre in appen<strong>di</strong>ce<br />
presenta una serie <strong>di</strong> raffi<br />
gurazioni della località nel corso<br />
del tempo: la carta dell’Istria<br />
stampata da Giovanni Francesco<br />
Camoscio (Venezia 1569), la carta<br />
con la parte orientale del dominio<br />
veneto (Siena 1794), la carta<br />
topografi ca del Comune <strong>di</strong> Portole<br />
(1869) nonché un ricco insieme<br />
<strong>di</strong> fotografi e, intitolato “Gente <strong>di</strong><br />
Portole, Stridone, Ceppi, Carso,<br />
Levade, Gra<strong>di</strong>gne, Terme Santo<br />
Stefano”<br />
I drammi del ’900<br />
Il lavoro richiama all’attenzione<br />
an<strong>che</strong> i drammi della metà del<br />
secolo scorso, <strong>che</strong> colpirono inesorabilmente<br />
il borgo istriano cambiandone<br />
per sempre il corso della<br />
sua <strong>storia</strong>. La località, trovandosi<br />
esclusa dalla zona B del Territorio<br />
Libero <strong>di</strong> Trieste, fi n dai primi anni<br />
del dopoguerra fu interessata dall’esodo<br />
massiccio della popolazione<br />
autoctona, proseguito an<strong>che</strong> negli<br />
anni a seguire, questa volta per<br />
motivi essenzialmente lavorativi,<br />
quando un non in<strong>di</strong>fferente numero<br />
<strong>di</strong> persone giunse nel Capo<strong>di</strong>striano.<br />
Per comprendere l’incidenza <strong>di</strong><br />
tali partenze sulla vita sociale, economica<br />
e culturale è suffi ciente ricordare<br />
<strong>che</strong> la parrocchia <strong>di</strong> Portole<br />
nel 1939 annov<strong>era</strong>va 3400 abitanti<br />
circa, mentre nel 1987 la sua popolazione<br />
<strong>era</strong> <strong>di</strong> appena 672 anime!
4 <strong>storia</strong> e ricerca<br />
5<br />
Sabato, 7 febbraio 2009 Sabato, 7 febbraio 2009<br />
PATRIMONIO <strong>Un</strong>a task force impegnata nella salvaguar<strong>di</strong>a dei «Corpi Santi» custo<strong>di</strong>ti nella cappella <strong>di</strong> San Giovanni<br />
Dignano nel futuro: museo o santuario?<br />
Da parecchio tempo si <strong>di</strong>scute della collocazione ottimale e della valorizzazione delle reliquie<br />
“Cenni storici sui Corpi Santi <strong>di</strong> Dignano”<br />
a fi rma <strong>di</strong> Msgr. Giuseppe Del Ton. <strong>Un</strong> prezioso<br />
vademecum sugli Illustri <strong>che</strong> riposano nelle<br />
urne-sarcofagi ora <strong>di</strong>etro l’altare maggiore del<br />
duomo <strong>di</strong> San Biagio. Scrive Msgr Del Ton<br />
“questi vennero da Venezia nel 1818 portati dal<br />
pittore veronese Gaetano Griessler, membro<br />
dell’i.r. Accademia delle belle arti in Venezia..”<br />
Delle relique, Del Ton ha voluto “fare oggetto<br />
<strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o accurato limitandolo all’investigazione<br />
<strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> concerne quattro <strong>di</strong> esse <strong>che</strong><br />
sono del resto le più importanti, le reliquie <strong>di</strong><br />
San Paolo Martire, del B. Leone Bembo, della<br />
B. Nicolosa, del B. Giovanni Olini”.<br />
San Paolo Martire Patriarca <strong>di</strong> Costantinopoli<br />
è vestito pontifi calmente e, con evidente<br />
contrasto con gli usi liturgici bizantini,<br />
ha mitra, pastorale, croce astile. È la reliquia<br />
più preziosa <strong>che</strong> Dignano possiede.<br />
Il Beato Leone Bembo (+1188) fu sacerdote<br />
e cappellano al Palazzo Ducale a Venezia.<br />
Stando a certe fonti, avrebbe partecipato<br />
alla Crociate e nominato arcivescovo <strong>di</strong> Modone<br />
in Grecia; altre fonti lo vogliono ambasciatore<br />
veneziano in Siria e poi a Modone.<br />
Oltre al corpo del B. Leone Bembo, a Dignano<br />
è custo<strong>di</strong>to un <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Paolo veneziano<br />
(1321), parte del sarcofago ligneo dove si<br />
conservò il corpo del Beato. Il Corpo veste<br />
l’abito episcopale.<br />
San Giovanni Olini (+1300) <strong>era</strong> parroco<br />
della chiesa <strong>di</strong> San Zane Degolà (San Giovanni<br />
decollato) a Venezia. Il suo corpo è relativamente<br />
ben conservato, veste l’abito sacerdotale<br />
solenne ed ha la mano alzata. Accanto<br />
al corpo, an<strong>che</strong> la Bolla <strong>di</strong> papa Bonifacio IX<br />
datata 7 ottobre 1400 con la quale ha inizio il<br />
processo <strong>di</strong> canonizzazione <strong>di</strong> Olini.<br />
<strong>di</strong> Carla Rotta<br />
Reliquiari, libri, manoscritti,<br />
stendar<strong>di</strong> e altro hanno avuto<br />
collocazione or<strong>di</strong>nata in<br />
quella <strong>che</strong> viene defi nita “Collezione<br />
d’arte sacra”. I cosiddetti “Corpi<br />
Santi” hanno avuto, invece, trattamento<br />
<strong>di</strong>verso. Inizialmente vennero<br />
esposti nella cappella <strong>di</strong> San Giovanni<br />
dove rimasero per più <strong>di</strong> un secolo,<br />
poi vennero trasferiti nel corridoio<br />
della sacrestia ed infi ne collocati <strong>di</strong>etro<br />
l’altare maggiore. Le urne custo<strong>di</strong>scono<br />
i corpi <strong>di</strong> San Palo Martire,<br />
del Beato Leone Bembo, del Beato<br />
Giovanni Olini, <strong>di</strong> Nicolosa Bursa e<br />
resti minori. La collocazione attuale<br />
non è delle migliori, né in quanto a<br />
con<strong>di</strong>zioni climati<strong>che</strong> né <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità.<br />
Da parecchio tempo si <strong>di</strong>scute del futuro<br />
delle mummie (ultimamente è in<br />
suo questo termine per defi nire quelli<br />
<strong>che</strong> giunsero a Dignano come “Corpi<br />
Santi”).<br />
Era stata ventilata l’idea <strong>di</strong> ricavare<br />
una cripta sotto la chiesa <strong>di</strong><br />
San Biagio (progetto un po’ azzarda-<br />
to perché chiesa e campanile potrebbero<br />
cedere), si <strong>era</strong> detto <strong>di</strong> costruire,<br />
in aggiunta all’imponente e<strong>di</strong>fi cio sacro,<br />
un’ala (800 metri quadrati), tutto<br />
in funzione <strong>di</strong> una buona collocazione<br />
<strong>di</strong> tutta la Collezione ma poi non<br />
se ne <strong>era</strong> fatto nulla. Il progetto, comunque,<br />
avrebbe dovuto fare <strong>di</strong> Dignano<br />
una meta <strong>di</strong> turismo sacrale.<br />
Progetto <strong>di</strong> recupero<br />
rilanciato alla grande<br />
Del progetto <strong>di</strong> recupero e presentazione<br />
delle mummie soprattutto, si<br />
è tornato a parlare il mese scorso a<br />
Dignano, per una tavola rotonda organizzata<br />
congiuntamente dalla Città<br />
e dall’Uffi cio parrocchiale.<br />
Per fare il punto sulla situazione<br />
e dare le <strong>di</strong>rettrici <strong>di</strong> marcia, si sono<br />
incontrati esperti <strong>di</strong> vario profi lo tanto<br />
<strong>che</strong> a palazzo municipale, dove si<br />
è svolta la tavola rotonda, hanno detto<br />
la loro, in materia, il sindaco <strong>di</strong> Dignano<br />
Klau<strong>di</strong>o Vitasović, il chimico<br />
Drago Plečko, il vescovo della Diocesi<br />
<strong>di</strong> Parenzo e Pola msgr. Ivan Mi-<br />
Alcuni cenni storici riportati da Msgr. Giuseppe Del Ton<br />
Beata Nicolosa Borsa (+ 1512) riposa<br />
nelle vesti <strong>di</strong> suora e con un bastone d’avorio,<br />
simbolo del servizio. Accanto, la scritta (in<br />
gereco) “Dio manda salvezza al suo popolo.”<br />
Ancora, un documento del patriarca Antonio<br />
Suriani <strong>che</strong>, riconosciuta la santità <strong>di</strong> Nicolosa,<br />
la nomina suora eterna.<br />
Tra i resti minori, quelli <strong>di</strong> San Sebastiano<br />
(morto nel 282) accanto ai cui resti c’è un<br />
certifi cato d’autenticità con sigillo <strong>di</strong> c<strong>era</strong>lacca<br />
posto dal vescovo <strong>che</strong> ha fatto il riconoscimento<br />
della reliquia. Di Santa Barbara si<br />
custo<strong>di</strong>sce la pianta del piede, an<strong>che</strong> questa<br />
reliquia è accompagnata dal certifi cato <strong>di</strong> autenticità.<br />
Di Santa Maria d’Egitto c’è un reliquario<br />
<strong>di</strong> rame del XVIII mentre <strong>di</strong> S. Euti<strong>che</strong>, in<br />
S. Biagio si conserva un reliquiario <strong>di</strong> vetro <strong>di</strong><br />
Murano (e certifi cato <strong>di</strong> autenticità).<br />
lovan, l’ar<strong>che</strong>ologa Vesna Girar<strong>di</strong><br />
Jurkić, l’ar<strong>che</strong>ologa Kristina Džin,<br />
Lucija Debeljuh della Regione Istriana<br />
(Assessorato alla cultura), l’architetto<br />
Slaven Cetina, Ante Škrobonja,<br />
Se ne occup<strong>era</strong>nno Klau<strong>di</strong>o Vitasović,<br />
Lucija Debeljuh, Kristina Džin,<br />
Mario Sošić, Slaven Cetina, Nensi<br />
Giachin Marsetič e Marijan Jelenić<br />
Ksenija Škarić dell’Istituto nazionale<br />
per il restauro e, in uno scritto, Nazzareno<br />
Gabrielli responsabile del Laboratorio<br />
chimico del Vaticano <strong>che</strong><br />
nel 1998 aveva visitato i Corpi Santi.<br />
L’esperto, all’epoca aveva concluso<br />
<strong>che</strong> “… le reliquie sante presentano<br />
un importante patrimonio spirituale<br />
… devo riconoscere <strong>che</strong> sono<br />
sorpreso e preoccupato dal fatto <strong>che</strong><br />
i corpi sono esposti … in quelle vetrine.<br />
<strong>Un</strong>’esposizione simile, oltre a<br />
non essere adeguata al valore delle<br />
reliquie, è pericolosa per la loro conservazione.<br />
Sono molto importanti i<br />
valori microclimatici; la <strong>di</strong>fferenza<br />
tra le temp<strong>era</strong>ture, l’umi<strong>di</strong>tà relativa,<br />
la quantità e lo spettro della luce<br />
… i sarcofagi sono danneggiati … la<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> alcune parti visibili dei<br />
corpi, cioè del viso, delle mani e della<br />
gambe non sembra affatto buona<br />
… la pelle è <strong>di</strong>sidratata e in alcune<br />
parti porosa … non è possibile constatare<br />
lo <strong>stato</strong> <strong>di</strong> conservazione <strong>di</strong><br />
abiti talari e vescovili … non so se le<br />
ossa siano al loro posto … e se esistono<br />
danni causati dai batteri, mi-<br />
crofunghi e forse insetti. Tale situazione<br />
con<strong>di</strong>ziona, sine qua non, il fatto<br />
<strong>che</strong> prima dell’inizio <strong>di</strong> qualsiasi<br />
conservazione e prima <strong>di</strong> esser spogliati,<br />
i corpi santi dovrebbero essere<br />
sottoposti a ra<strong>di</strong>ografi a”.<br />
Importante, nel contesto, an<strong>che</strong><br />
il recupero delle urne e delle vesti<br />
indossate dalle reliquie. I sarcofagi<br />
sono lignei, datano XVII secolo<br />
e sono int<strong>era</strong>mente fod<strong>era</strong>ti <strong>di</strong> tessuto.<br />
Diffi cile <strong>di</strong>re se si tratta <strong>di</strong> tessuti<br />
originali (i corpi indossano le vesti <strong>di</strong><br />
vescovo, parroco o monaco), se coincidono<br />
con l’età del corpo, per <strong>di</strong>rla<br />
semplicemente. Le urne non sono<br />
state mai aperte proprio per il timore<br />
<strong>che</strong> lo choc climatico deteriori il<br />
contenuto ragion per cui parecchi<br />
dati restano ancora sconosciuti. Nelle<br />
urne, accanto ai Corpi, sono state<br />
poste pergamene, scritte su targhette<br />
<strong>di</strong> metallo, pezzetti <strong>di</strong> vetro, cotone o<br />
nastri ornamentali (accanto al corpo<br />
del beato Leone Bembo, ad esempio,<br />
ci sono un paio <strong>di</strong> guanti ed un paio<br />
<strong>di</strong> scarpe). Sicuramente la loro lettura<br />
potrebbe dare dati impostanti nelle ricer<strong>che</strong><br />
e recupero.<br />
Gabrielli propone un piano <strong>di</strong> conservazione<br />
<strong>di</strong>viso in tre parti: in<strong>di</strong>vidualizzazione<br />
della conservazione,<br />
un’adeguata collocazione e progettazione<br />
dei sepolcri ed infi ne il restauro<br />
dei corpi. Serviranno esami ra<strong>di</strong>ografi<br />
ci per constatare i danni e lo <strong>stato</strong> attuale<br />
<strong>di</strong> conservazione, porosità delle<br />
ossa, spostamenti <strong>di</strong> ossa e costole e<br />
altri danni. Farebbe seguito una ricerca<br />
anatomopatologica e paleopatologica<br />
con esami microscopici e antropometrici<br />
e poi la conservazione.<br />
Sinergia tra esperti<br />
e autorità citta<strong>di</strong>ne<br />
<strong>Un</strong> lavoro importante, corposo,<br />
sicuramente lungo nei tempi e consistente<br />
nei mezzi. Intanto, per andare<br />
oltre la linea <strong>di</strong> partenza, è <strong>stato</strong><br />
nominato un gruppo <strong>di</strong> lavoro, a<br />
360 gra<strong>di</strong>, composto da rappresentanti<br />
della chiesa, della politica, della<br />
scienza (ar<strong>che</strong>ologia e recupero<br />
dei beni), architetti <strong>che</strong> dovranno decidere<br />
il da farsi. Per la cronaca, se<br />
ne occupano Klau<strong>di</strong>o Vitasović, Lucija<br />
Debeljuh, Kristina Džin, Mario<br />
Sošić, Slaven Cetina, Nensi Giachin<br />
Marsetič, Marijan Jelenić ed un rappresentante<br />
dell’Istituto <strong>di</strong> restauro.<br />
Vedrà, questo gruppo <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong><br />
elaborare un ruolino <strong>di</strong> marcia per il<br />
delicato recupero, ma an<strong>che</strong> <strong>di</strong> pensare<br />
alla collocazione e presentazione una<br />
volta fi nita la prima fase “al chiuso”.<br />
Non servono miracoli<br />
ma esporre lege artis<br />
Davvero, <strong>che</strong> cosa e come procedere<br />
dopo? Si tratta <strong>di</strong> defi nire il futuro<br />
<strong>di</strong> Dignano, non solo della Collezione.<br />
Turismo culturale o sacrale?<br />
Religione o arte? L’ideale sarebbe,<br />
come sempre del resto, trovare una via<br />
<strong>di</strong> mezzo. Parecchie volte, si è sentito<br />
<strong>di</strong>re <strong>di</strong> “miracoli”, “guarigioni”, “stati<br />
<strong>di</strong> beatitu<strong>di</strong>ne”. Forse un po’ azzardato<br />
an<strong>che</strong> questo. Per quanto Ante<br />
Škrobonja abbia avuto modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />
<strong>che</strong> sì, la psi<strong>che</strong> spesso arriva laddove<br />
la me<strong>di</strong>cina ortodossa deve <strong>di</strong>chiarare<br />
partita se non persa, almeno in pareggio,<br />
ma lo stesso, bisogna andare cauti.<br />
Con i miracoli va cauta an<strong>che</strong> la<br />
Chiesa. Si è sentito <strong>di</strong>re, alla tavola rotonda<br />
<strong>di</strong> Dignano <strong>che</strong> potrebbe <strong>di</strong>ventare<br />
Lourdes, o Fatima. Ci sembra <strong>che</strong><br />
si tratti <strong>di</strong> un tiro alzato troppo in alto<br />
e forse nemmeno con troppa copertura.<br />
Con voglia <strong>di</strong> pubblicità, senz’altro<br />
ma non è questo <strong>che</strong> serve a Dignano<br />
né alla Collezione. Serve una sana<br />
e corretta presentazione, questo sì. E<br />
serve una visibilità onesta. Ricapitolando,<br />
serve me<strong>di</strong>tare, stu<strong>di</strong>are, recup<strong>era</strong>re,<br />
esporre lege artis, <strong>di</strong>gnitosamente<br />
il tutto.<br />
Non servono, quin<strong>di</strong>, miracoli:<br />
uno, grande, c’è già <strong>stato</strong> ed è quello<br />
dall’arrivo a Dignano <strong>di</strong> un tesoro<br />
<strong>di</strong> simili proporzioni. Esag<strong>era</strong>zioni in<br />
una <strong>di</strong>rezione o nell’altra, fi nirebbero<br />
per banalizzare qualcosa <strong>che</strong> banale<br />
non è. Qualcosa <strong>che</strong> parla il linguaggio<br />
dell’arte, della cultura, della religione,<br />
della manifattura, della <strong>storia</strong>.<br />
Non serve costruire niente. C’è già<br />
tutto. Da usare cum grano salis.<br />
Attraversando l’Adriatico<br />
Correva l’anno 1818. Con un<br />
carico <strong>di</strong> reliquie, quadri e corpi<br />
mummifi cati <strong>di</strong> Santi, tale Gaetano<br />
Grezler, pittore viaggiatore, giunse<br />
a Dignano e a Dignano affi dò<br />
un tesoro inverosimile: reliquiari,<br />
quadri, urne con corpi mummifi -<br />
cati <strong>di</strong> santi.<br />
Per un po’ Grezler visse nella<br />
località, impegnato a <strong>di</strong>pingere<br />
il duomo, ma qualcosa tra lui ed i<br />
locali andò storto e il pittore <strong>di</strong>venne<br />
<strong>di</strong> nuovo viaggiatore lasciando<br />
a Dignano quanto vi aveva portato.<br />
probabilmente furono maleparole<br />
tra lui e quanti lo avevano chiamato<br />
a <strong>di</strong>pingere in duomo <strong>che</strong> poco<br />
lo avrebbero (ri)pagato. Dice la<br />
<strong>storia</strong> <strong>che</strong> sarebbe riuscito a portarsi<br />
via la reliquia più preziosa: quella<br />
contenente una goccia del sangue<br />
<strong>di</strong> Cristo custo<strong>di</strong>ta nel tabernacolo<br />
dell’altare maggiore.<br />
Comunque, quello <strong>che</strong> <strong>era</strong> rimasto,<br />
in valore, religioso, spirituale,<br />
materiale, artistico, bastava<br />
ed avanzava. Ma come mai, nelle<br />
mani <strong>di</strong> Grezler cotanta ric<strong>che</strong>zza?<br />
Qualcuno sostiene <strong>che</strong> avrebbe<br />
avuto tutto in consegna nel 1810<br />
per evitare la devastazione <strong>che</strong><br />
l’esercito napoleonico applicava<br />
su tutto quello <strong>che</strong> aveva odor <strong>di</strong><br />
religione, strada facendo. In effetti,<br />
Napoleone non ebbe tenerezze<br />
e rispetto per la Chiesa. Come<br />
<strong>di</strong>re, il <strong>di</strong>avolo e l’acquasanta. Più<br />
prosaicamente e meno romanticamente,<br />
però, sembra <strong>che</strong>, <strong>di</strong>strutti<br />
nel 1818 il convento <strong>di</strong> San Lorenzo<br />
e la chiesa <strong>di</strong> San Sebastiano a<br />
Venezia, il pittore acquistò reliquie<br />
e quant’altro con l’intento <strong>di</strong> venderle<br />
e guadagnarci su.<br />
Che <strong>di</strong>re? Il me<strong>di</strong>oevo aveva<br />
già visto una fi orente bottega<br />
<strong>di</strong> reliquie <strong>che</strong> ben volentieri città,<br />
comuni e chiese acquistavano<br />
per dare importanza alla chiesa<br />
della località e conseguentemente<br />
al luogo stesso. Il commercio,<br />
parallelamente, aveva visto<br />
buoni affari an<strong>che</strong> con la<br />
ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> indulgenze.<br />
Secoli dopo, non per<br />
lustro ma per lucro si<br />
fece lo stesso. Con gli<br />
oggetti sacri <strong>che</strong> al <strong>di</strong> là del<br />
religioso, avevano un incre<strong>di</strong>bile<br />
valore materiale per<br />
la fattura e la materia prima<br />
usata, ad esempio, nella fabbricazione<br />
dei reliquari: oro,<br />
argento...<br />
I reliquari. E le reliquie? Mah!<br />
Si potrebbero scrivere fi umi (in<br />
piena) <strong>di</strong> parole: mettendo assieme<br />
i pezzettini spacciati per appartenenti<br />
alla croce <strong>di</strong> Cristo, farebbero<br />
una croce grande come quella<br />
<strong>che</strong> pesa sulle spalle dell’umanità;<br />
qual<strong>che</strong> santo si ritroverebbe con<br />
un numero <strong>di</strong> ossa incre<strong>di</strong>bilmente<br />
improponibile. Ma questa è faccenda<br />
<strong>che</strong> non tocca a noi <strong>di</strong>stricare.<br />
Serve, comunque, avvicinarsi a<br />
questo con il rispetto per tutto ed<br />
infi ne an<strong>che</strong> per l’arte assegnando<br />
il valore <strong>che</strong> merita.<br />
Sono creazioni <strong>che</strong> parlano<br />
<strong>di</strong> momenti storici, sociali, economici,<br />
sociologici, ideologici,<br />
politici, semplicemente umani e<br />
per questo vanno valutati. Trovando<br />
an<strong>che</strong> il momento religioso,<br />
ci si arricchisce <strong>di</strong> un valore<br />
aggiunto.<br />
Dignano oggi, grazie a Gaetano<br />
Grezler e ad oggetti come <strong>di</strong>re?<br />
“propri”, ha nel duomo <strong>di</strong> San Biagio<br />
una delle più importanti collezioni<br />
<strong>di</strong> arte sacra in Europa. Dicono<br />
sia, per grandezza e valore, la<br />
seconda in assoluto. Personalmente,<br />
per quello <strong>che</strong> può valere l’opinione<br />
<strong>di</strong> chi non è del mestiere, ci<br />
credo an<strong>che</strong> perchè è cosa<br />
detta dagli addetti ai lavori.<br />
Ah, un dettaglio: da Venezia a<br />
Dignano, da Dignano a Venezia.<br />
Parte della Collezione <strong>di</strong> arte sacra,<br />
negli Anni Novanta aveva rifatto<br />
il percorso inverso ritornando<br />
a Venezia per una mostra, “Il tesoro<br />
<strong>di</strong> Dignano”, allestita all’ Ateneo<br />
San Basso nella Serenissima.<br />
Poi, dalla piazzetta dei Leoni, <strong>di</strong><br />
nuovo a Dignano.<br />
Per restarvi.
6 <strong>storia</strong> e ricerca<br />
Settore <strong>di</strong> scavo 1 e 2<br />
ARCHEOLOGIA<br />
Pola prima dell’Arena… <strong>di</strong> Pola<br />
<strong>di</strong> Arletta Fonio Grubiša<br />
Non fosse <strong>stato</strong> per la nuova<br />
pianifi cazione ambientale<br />
del suburbio <strong>di</strong> Pola<br />
compiuta con la Pax Julia, Pola<br />
sarebbe rimasta senza il suo grande,<br />
inconfon<strong>di</strong>bile simbolo <strong>di</strong> riconoscimento<br />
su scala mon<strong>di</strong>ale:<br />
l’Arena. Ma com’<strong>era</strong> Pola prima<br />
dell’Arena <strong>di</strong>… Pola? La caccia<br />
alle risposte sui misteri <strong>di</strong> una<br />
zona citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> estrema periferia<br />
lett<strong>era</strong>lmente relegata fuori la cinta<br />
muraria dell’urbe antica è stata<br />
compiuta con la campagna <strong>di</strong> scavo<br />
2007-2008 condotta dal Museo<br />
ar<strong>che</strong>ologico istriano <strong>di</strong> Pola,<br />
<strong>che</strong> ha appena fi nito <strong>di</strong> spazzolare,<br />
integrare e (ri)or<strong>di</strong>nare tanto <strong>di</strong><br />
reperti e tradurre tutto in una mostra.<br />
Ne è risultata un’esposizione<br />
<strong>che</strong> parla dell’Arena, su quanto ci<br />
stava davanti prima della sua costruzione,<br />
attualmente visitabile<br />
proprio nei vani galleria della<br />
singolare struttura monumentale.<br />
A parte il fatto <strong>di</strong> aver estratto<br />
dalla terra oltre una settantina<br />
<strong>di</strong> reperti “mobili”, per un paio <strong>di</strong><br />
stagioni a Pola hanno brillato al<br />
sole un bel <strong>pezzo</strong> dell’antica Via<br />
Flavia, la strada principale <strong>di</strong> collegamento<br />
tra Pola e Aquileia, e<br />
per la prima volta visibile ai posteri,<br />
un suo tratto <strong>di</strong> allargamento<br />
a mo’ <strong>di</strong> piazzale <strong>che</strong>, stando<br />
alle valutazioni degli esperti, rappresentava<br />
l’accesso ad uno degli<br />
ingressi dell’anfi teatro, all’altezza<br />
del torrione con la lapide in<br />
ricordo <strong>di</strong> Gabriele Emo. Prov-<br />
In una mostra i risultati della campagna <strong>di</strong> scavi 2007-2008<br />
ve<strong>di</strong>mento pratico se si consid<strong>era</strong><br />
<strong>che</strong> la struttura doveva essere<br />
in grado <strong>di</strong> fagocitare fi no a 23<br />
mila citta<strong>di</strong>ni dell’impero a spettacolo<br />
da panem et circenses. Che<br />
cosa informa la campagna <strong>di</strong> scavo?<br />
Concretamente, completa le<br />
informazioni pre-esistenti relative<br />
alla zona <strong>di</strong> periferia sull’<strong>era</strong><br />
imme<strong>di</strong>atamente antecedente gli<br />
anni dell’impresa <strong>di</strong> costruzione<br />
della grossa monumentalità (27<br />
a.C e 73 d.C.), fornisce dettagli<br />
relativi alla straor<strong>di</strong>naria e<strong>di</strong>fi -<br />
cazione delle mura, alla strada e<br />
infrastrutture <strong>di</strong> stampo romano<br />
ancora intatte e visibili nel sottosuolo.<br />
E come comprovato da<br />
ricercatori, autori e collaboratori<br />
dell’esposizione – Kristina Džin,<br />
Teodora Šalov, Davor Bulić e<br />
Astrid Mirjana Majkić – sono i<br />
resti <strong>di</strong> strutture architettoni<strong>che</strong><br />
romane <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fi ci del suburbio<br />
antecedenti l’Arena a comprovare<br />
la prassi abbondantemente in<br />
uso negli anni della nascita della<br />
Roma imperiale: demolire sistematicamente<br />
il vecchio per ricostruire<br />
ab ovo. Atteggiamenti<br />
da incen<strong>di</strong>ario Nerone, an<strong>che</strong> se<br />
meno estremi. Ovviamente per<br />
glorifi care il Cesare <strong>di</strong> turno. E<br />
così fecero. Se Giulio Cesare per<br />
primo importò il gioco gla<strong>di</strong>atorio<br />
a Pola (<strong>era</strong> della creazione<br />
della colonia: 46-45 a.C.) in anfi<br />
teatri <strong>di</strong> fortuna (legno o quant’altro),<br />
Cesare Augusto volle<br />
dare imponente confi gurazione<br />
Tanto <strong>di</strong> inventario minuto<br />
Il muro più “anziano” dell’Arena<br />
architettonica ad una struttura in<br />
pietra <strong>di</strong> tutto rispetto (non a caso<br />
è classifi cata tra i sei anfi teatri<br />
più gran<strong>di</strong> dell’Impero romano)<br />
in grado <strong>di</strong> esaltare il potere imperiale<br />
an<strong>che</strong> nell’estrema punta<br />
dell’Istria offrendo nel contempo<br />
i lu<strong>di</strong> alla Colonia Julia Pola<br />
Collezione <strong>di</strong> c<strong>era</strong>mi<strong>che</strong><br />
e all’omonima urbe assurta a una<br />
delle più importanti città imperiali<br />
del Me<strong>di</strong>terraneo.<br />
Scavando ai pie<strong>di</strong> dell’Arena<br />
<strong>che</strong> fu costruita a ridosso della<br />
roccia viva del pen<strong>di</strong>o, ispirandosi<br />
alle tra<strong>di</strong>zioni e<strong>di</strong>li <strong>di</strong> stile<br />
ellenistico, la campagna ar<strong>che</strong>o-<br />
Sabato, 7 febbraio 2009<br />
Strutture antecedenti l’Arena<br />
Canale <strong>di</strong> scolo davanti al torrione sud-occidentale<br />
logica, <strong>di</strong> primav<strong>era</strong> 2007 e inverno<br />
2008, ha scoperchiato un<br />
terreno da 416 metri quadri, affondando<br />
le pale fi no ad una profon<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> strato culturale da 1,60<br />
metri. Tre i settori d’indagine rilevati.<br />
Segue a pagina 8<br />
Lucerna a due... nasi
Sabato, 7 febbraio 2009<br />
SCHEGGE<br />
Tutti sanno <strong>che</strong> San Marino,<br />
il fondatore dell’omonima<br />
Repubblica, la più antica<br />
al mondo, <strong>era</strong> originario<br />
dell’isola<br />
<strong>di</strong> Arbe. Non tutti,<br />
invece, conoscono<br />
la <strong>storia</strong> <strong>di</strong> John<br />
Owen Dominis,<br />
l’ultimo principe<br />
reggente delle Isole<br />
Hawaii, <strong>di</strong>scendente<br />
<strong>di</strong> un’antica e nobile<br />
famiglia <strong>di</strong> Arbe.<br />
L’avvincente <strong>storia</strong><br />
<strong>di</strong> John Owen Dominis,<br />
<strong>di</strong> suo padre,<br />
il capitano Gerolamo<br />
(John) Dominis,<br />
e degli ultimi anni<br />
del regno Hawaiano<br />
sono narrate nel libro<br />
del dottor Vinko<br />
Ribarić, noto me<strong>di</strong>co<br />
e docente universitario<br />
fi umano, nati-<br />
“L’arbesano De Dominis<br />
Sua altezza reale<br />
- Il principe consorte<br />
hawaiano” (Rabljanin<br />
De Dominis Njegova<br />
kraljevska visost -<br />
prince consort havaja)<br />
L’op<strong>era</strong> è stata presen<br />
tata nel <strong>di</strong>cembre scor<br />
so alla Comunità deg<br />
italiani <strong>di</strong> Fiume ed ha riscosso un<br />
notevole successo.<br />
Dottor Ribarić, <strong>che</strong> cosa l’ha<br />
ispirata a mettersi sulle orme <strong>di</strong><br />
questo singolare personaggio e a<br />
narrarne l’o<strong>di</strong>ssea in un libro?<br />
“Sono originario <strong>di</strong> Arbe,<br />
dove la leggenda dei De Dominis<br />
emigrati in America è ancora<br />
molto viva tra gli abitanti dell’isola.<br />
Ora sono in pensione e vi-<br />
sto <strong>che</strong> sono<br />
meno ob<strong>era</strong>to dagli impegni professionali,<br />
ho iniziato a de<strong>di</strong>carmi<br />
alla mia grande passione, la<br />
scrittura. L’argomento mi è parso<br />
perfetto per un libro. Ho ini-<br />
ziato a raccogliere tutte le informazioni<br />
<strong>di</strong>sponibili e a stu<strong>di</strong>arle,<br />
per fare una selezione e <strong>di</strong>videre<br />
i fatti realmente accaduti da<br />
quelli inventati. I miei stu<strong>di</strong> mi<br />
hanno portato a<br />
Londra, dove mi<br />
sono avvalso dei<br />
documenti custo<strong>di</strong>ti<br />
nella British<br />
library, negli Stati<br />
<strong>Un</strong>iti e in Germania.<br />
Sono persino<br />
entrato in contatto<br />
con alcuni <strong>di</strong>scendenti<br />
dei De Dominis<br />
emigrati in<br />
Australia, <strong>che</strong> mi<br />
hanno fatto avere<br />
’albero genealogico<br />
della loro famiglia”.<br />
Come ha fato<br />
il <strong>di</strong>scendente<br />
i una famiglia <strong>di</strong><br />
Arbe a <strong>di</strong>ventare il<br />
rincipe consorte<br />
ella regina delle<br />
Hawaii?<br />
“Si tratta <strong>di</strong> una<br />
oria molto avvinente<br />
e intricata. Tutebbe<br />
inizio con<br />
‘fuga’ dalla proria<br />
isola del capino<br />
Gerolamo De<br />
ominis, <strong>di</strong>scenden<strong>di</strong><br />
un’antica e faoltosa<br />
<strong>di</strong>nastia <strong>di</strong><br />
Arbe. Probabilmente<br />
a causa del trattamento deludente<br />
ricevuto nella Marina imperiale<br />
austriaca, Gerolamo decise <strong>di</strong><br />
fuggire all’estero. Con i sol<strong>di</strong> sottratti<br />
alla madre, <strong>che</strong> lui defi nì un<br />
prestito <strong>che</strong> avrebbe provveduto<br />
a risarcire, fuggì in un primo momento<br />
a Trieste e successivamente<br />
negli Stati <strong>Un</strong>iti. In America,<br />
dove sbarcò nel 1819, riuscì, grazie<br />
alle sue conoscenze nauti<strong>che</strong>,<br />
a fare carri<strong>era</strong> nel ramo commerciale<br />
e armatoriale.<br />
A Boston Gerolamo conobbe<br />
Mary Jones, sua futura moglie.<br />
Per potersi sposare Gerolamo<br />
necessitava dell’apposita<br />
licenza, ma conscio <strong>che</strong> agli occhi<br />
della legge <strong>era</strong> un <strong>di</strong>sertore<br />
e per timore <strong>di</strong> essere estradato,<br />
<strong>di</strong>chiarò alle autorità <strong>di</strong> chiamarsi<br />
John Dominis e <strong>di</strong> essere triestino.<br />
Dall’unione tra Gerolamo,<br />
ormai <strong>di</strong>ventato John, e Mary Jones,<br />
nacquero tre fi gli: due bambine<br />
(morte in ten<strong>era</strong> età) e John<br />
Owen Dominis.<br />
Nel 1836/37, Gerolamo si trasferì<br />
con la famiglia alle Hawaii,<br />
<strong>che</strong> all’epoca non facevano ancora<br />
parte degli USA, ma <strong>era</strong>no uno<br />
Stato in<strong>di</strong>pendente. Diventato ormai<br />
un uomo d’affari molto facoltoso,<br />
Gerolamo fece costruire<br />
per la propria famiglia Villa Dominis,<br />
l’attuale Washington palace.<br />
<strong>Un</strong> e<strong>di</strong>fi cio estremamente<br />
lussuoso, <strong>che</strong> oggi ospita nientemeno<br />
<strong>che</strong> l’Uffi cio del governatore<br />
dello Stato delle Hawaii. In<br />
realtà Gerolamo non si godette<br />
mai la sontuosa <strong>di</strong>mora, visto <strong>che</strong><br />
morì lo stesso anno della sua ultimazione,<br />
il 1846, in circostanze<br />
ancora sconosciute. Il veliero sul<br />
quale stava solcando l’Oceano<br />
<strong>storia</strong> e ricerca 7<br />
Vinko Ribarić ha ricostruito una vicenda molto avvincente e intricata<br />
L’arbesano De Dominis<br />
principe consorte alle Hawaii<br />
<strong>Un</strong> capitano in fuga dall’isola quarnerina perché deluso<br />
dal trattamento nella Marina imperiale austriaca<br />
<strong>di</strong> Krsto Babić<br />
Oftalmologo con il pallino della scrittura<br />
Il dottor Vinko Ribarć è nato a Bagnol (Banjol) sull’isola <strong>di</strong><br />
Arbe il 21 agosto 1933. Dopo aver frequentato la scuola elementare<br />
in lingua <strong>italiana</strong> sulla sua isola natale, ha frequento il Ginnasio<br />
reale <strong>di</strong> Segna nel quale si <strong>di</strong>plomò nel 1953. Laureatosi in me<strong>di</strong>cina<br />
nel 1959, <strong>di</strong>ventò nel 1971 il primo dottore in scienze ad essere<br />
<strong>stato</strong> promosso dall’<strong>Un</strong>iversità <strong>di</strong> Fiume. Specializzato in oftalmologia<br />
è consid<strong>era</strong>to uno dei maggiori esperti delle patologie dell’occhio<br />
e per la cura dell’herpes, continua tutt’oggi a tenere lezioni sull’argomento<br />
in varie università in tutto il mondo.<br />
Membro della Società croata degli scrittori da circa due anni, il<br />
dottor Ribarić ha pubblicato fi no ad ora sette libri <strong>di</strong> poesie e racconti,<br />
nonché decine <strong>di</strong> libri scientifi ci. (kb)<br />
Pacifi co scomparve senza lasciare<br />
tracce.<br />
A Honolulu Gerloamo fece<br />
stu<strong>di</strong>are John nelle migliori scuole.<br />
Proprio durante il periodo degli<br />
stu<strong>di</strong> John incontrò la principessa<br />
Ly<strong>di</strong>a Kamehameha Paki (Ly<strong>di</strong>a<br />
de Dominis), con la quale si<br />
sposò nel 1862. Nel 1883 nacque<br />
John Dominis Aimoku, <strong>che</strong> John<br />
Owen Dominis, in accordo con la<br />
consorte, ebbe con un’altra donna,<br />
nel tentativo <strong>di</strong> assicurare un erede<br />
al trono delle Hawaii. Infatti né<br />
la principessa Ly<strong>di</strong>a né suo fratello,<br />
l’allora sovrano delle Hawaii,<br />
<strong>era</strong>no in grado <strong>di</strong> avere <strong>di</strong>scendenti.<br />
Nel 1891, alla morte del fratello<br />
Kalakaua I, Ly<strong>di</strong>a de Dominis salì<br />
sul trono con il nome <strong>di</strong> Liliuokalani.<br />
John assunse così il titolo <strong>di</strong><br />
principe consorte e governatore <strong>di</strong><br />
Oahu e Maui.<br />
Dopo la morte del marito, sopraggiunta<br />
lo stesso anno della<br />
sua incoronazione, Ly<strong>di</strong>a, continuò<br />
ad allevare amorevolmente<br />
il fi glio adottivo. Tuttavia rimasta<br />
priva dell’appoggio del marito,<br />
abile stratega, fu travolta dai complotti<br />
messi a punto dalle potenze<br />
straniere. Ly<strong>di</strong>a fu detronizzata<br />
nel 1893. Dopo un breve periodo<br />
trascorso agli arresti domiciliari,<br />
la regina si de<strong>di</strong>cò alla lett<strong>era</strong>tura<br />
e alla musica, scrivendo il libro<br />
‘La <strong>storia</strong> hawaiana delle regina<br />
delle Hawaii’ e componendo<br />
la canzone ‘Aloha Ue’, <strong>di</strong>ventata<br />
successivamente una sorta <strong>di</strong> inno<br />
hawaiano.<br />
Dismessi i panni <strong>di</strong> regina,<br />
Ly<strong>di</strong>a de Dominis continuò a battersi<br />
per i <strong>di</strong>ritti del fi glio adottivo.<br />
Contemporaneamente, la regina<br />
intensifi cò le ricer<strong>che</strong> sulla<br />
famiglia del marito. E proprio in<br />
quel periodo <strong>che</strong> nacque la corrispondenza<br />
tra Ly<strong>di</strong>a e i suoi parenti<br />
<strong>di</strong> Arbe. <strong>Un</strong>o scambio epistolare<br />
andato avanti per <strong>di</strong>versi<br />
anni, ossia fi no alla scomparsa<br />
della regina, <strong>che</strong> morì nel 1917,<br />
alcuni mesi dopo il fi glio adottivo.<br />
Molte <strong>di</strong> queste lettere sono<br />
conservate nell’archivio storico<br />
delle Hawaii.”<br />
Come è <strong>stato</strong> accolto il libro?<br />
“Non mi posso lamentare. Il<br />
mio lavoro mi è valso un atte<strong>stato</strong><br />
<strong>di</strong> benemerenza dell’Uffi cio del<br />
governatore delle Hawaii e l’Ambasciata<br />
statunitense <strong>di</strong> Zagabria<br />
sembra interessata a veder tradotta<br />
quanto prima l’op<strong>era</strong> in lingua<br />
inglese. So inoltre <strong>che</strong> un numero<br />
considerevole <strong>di</strong> copie del libro<br />
sono state or<strong>di</strong>nate da persone residenti<br />
in Germania”.<br />
Progetti per il futuro?<br />
“Le autorità <strong>di</strong> Arbe e l’Ente<br />
per il turismo dell’isola sono intenzionati<br />
a sfruttare il libro per<br />
tentare un approdo sul mercato<br />
americano. Se il progetto andrà<br />
in porto ne sarò molto sod<strong>di</strong>sfatto.<br />
Dal canto mio ho una mezza<br />
intenzione <strong>di</strong> continuare i miei<br />
stu<strong>di</strong>, alla ricerca <strong>di</strong> nuove e ulteriori<br />
informazioni legate a questa<br />
<strong>storia</strong>, tanto avvincente quanto<br />
intricata”.
8 <strong>storia</strong> e ricerca<br />
Da pagina 6<br />
Nei primi due sono state definite<br />
chiaramente due fasi temporali<br />
da vita <strong>di</strong> periferia dell’antica<br />
Colonia Iulia Pola.<br />
Il periodo più recente è proprio<br />
quello della costruzione<br />
dell’anfiteatro <strong>di</strong> Pola ed ha<br />
portato alla luce i resti degli<br />
interventi <strong>di</strong> rassetto dell’area<br />
circostante il monumento, ossia<br />
il basamento praticato per<br />
la collocazione del selciato<br />
romano e ciò davanti ad uno<br />
degli ingressi sotto il torrione<br />
sud-occidentale. In<strong>di</strong>viduata la<br />
stratificazione della massicciata<br />
romana costituita da calce,<br />
ghiaia, pietrisco e argilla. La<br />
vista della superficie da basamento<br />
è resa interessante dalla<br />
presenza <strong>di</strong> cinque fori identici<br />
non certo casuali <strong>che</strong> a unirli<br />
si arriva a tracciare una figura<br />
a forma ellittica. A cosa <strong>era</strong>no<br />
serviti? Quesito ar<strong>che</strong>ologico<br />
ben presto risolto: due pietre<br />
conficcate in una delle cinque<br />
rupi stanno ad in<strong>di</strong>care l’op<strong>era</strong>zione<br />
<strong>di</strong> fissaggio <strong>di</strong> un arnese<br />
e<strong>di</strong>lizio. Ecco <strong>che</strong> si arriva a in<strong>di</strong>viduare<br />
un vero e proprio piano<br />
<strong>di</strong> collocazione <strong>di</strong> una gru<br />
romana impiegata per elevare i<br />
ciclopici massi <strong>di</strong> pietra fino in<br />
cima alla torre sud-occidentale<br />
dell’anfiteatro durante la sua<br />
costruzione. <strong>Un</strong>a volta terminata<br />
l’impresa pubblica, ecco <strong>che</strong><br />
si copre tutto e fa la strada.<br />
Nel terreno subito a ridosso<br />
delle strutture murarie dell’Arena<br />
si è tornati a scavare il<br />
canale antico (<strong>che</strong> va da un torrione<br />
all’altro) eseguito in lastre<br />
<strong>di</strong> pietra e ricoperto <strong>di</strong> piastrelle<br />
dallo spessore invi<strong>di</strong>abile<br />
(10 centimetri) e con fondo<br />
costituito da roccia viva scolpita<br />
all’uopo e resa liscia dal flusso<br />
continuo <strong>di</strong> acque <strong>di</strong> scolo. I<br />
famig<strong>era</strong>ti interventi <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fica<br />
alle strutture e<strong>di</strong>li all’interno<br />
dell’Arena, praticati nel 1984,<br />
(quelli <strong>che</strong> avevano condannato<br />
l’arena all’esportazione <strong>di</strong><br />
metri e metri cubi <strong>di</strong> autentico<br />
materiale antico al fine <strong>di</strong> commercializzarla)<br />
avevano osato<br />
mettere le mani an<strong>che</strong> in questo<br />
punto, approfittando del canale<br />
per collocare la moderna infrastruttura.<br />
Dicono <strong>che</strong> in questo<br />
caso non c’è <strong>stato</strong> danneggiamento…<br />
Subito vicino al canale,<br />
davanti alla torre sud-occidentale,<br />
ci si imbatte nella roccia<br />
viva, su cui sono adagiati i<br />
piloni dell’anfiteatro.<br />
<strong>Un</strong>’altra faccenda interessante<br />
all’ar<strong>che</strong>ologia è spuntata,<br />
a <strong>di</strong>sposizione dei ricercatori:<br />
tutta una struttura muraria,<br />
estesa in <strong>di</strong>rezione nord-sud,<br />
lunga 41 metri (senza interruzioni)<br />
appartenuta al periodo<br />
della città prima dell’Arena,<br />
costruita su roccia viva con<br />
uso <strong>di</strong> blocchi in pietra <strong>di</strong> varie<br />
grandezze. Struttura delle fondamenta<br />
particolarmente irregolare.<br />
Contrariamente alle<br />
fondamenta, il muro si eleva<br />
presentando cinque aperture<br />
rettangolari ed esibendo una<br />
bella stratificazione <strong>di</strong> pietre<br />
scolpite e unite da intonaco in<br />
calce. Segno <strong>che</strong> l’abilità romana<br />
nelle tecni<strong>che</strong> della costruzione<br />
aveva già attecchito. La<br />
stratigrafia ar<strong>che</strong>ologica si presenta<br />
particolarmente ricca dal<br />
lato occidentale del muro <strong>di</strong> cui<br />
sopra lastricato nella tecnica<br />
dell’opus scutulatum. Ma tutto<br />
questo, ed an<strong>che</strong> un altro considerevole<br />
tratto murario prodotto<br />
dall’architettura romana,<br />
<strong>di</strong>venne oggetto <strong>di</strong> sacrificio<br />
compiuto in antichità senza<br />
rimpianti <strong>di</strong> sorta per lasciare<br />
spazio al circo degli spettacoli<br />
gla<strong>di</strong>atori.<br />
Che cosa hanno offerto ancora<br />
il settore 3, ossia 176 metri<br />
quadri <strong>di</strong> terra, sottoposti ad<br />
indagine? <strong>Un</strong> bel <strong>pezzo</strong> <strong>di</strong> via<br />
Flavia, si <strong>di</strong>ceva, ed i resti <strong>di</strong><br />
un allargamento a mo’ <strong>di</strong> piazza<br />
<strong>che</strong> si estende fino al torrione<br />
nord-occidentale dell’Arena<br />
(quello con la targa in ricordo<br />
<strong>di</strong> Gabriele Emo). I blocchi<br />
della piazza risultano essere <strong>di</strong><br />
forme irregolari quadrangolari,<br />
trapezoidali, esagonali, monolitici<br />
e <strong>di</strong> uno spessore da 38<br />
centimetri e <strong>di</strong>mensioni <strong>che</strong> variano<br />
da 30 x 50 oppure da 110<br />
x 180 centimetri <strong>che</strong> nessuna<br />
e<strong>di</strong>lizia moderna è più in grado<br />
<strong>di</strong> permettersi <strong>di</strong> cesellare. Tale<br />
è il loro <strong>stato</strong> <strong>di</strong> conservazione<br />
da poter costituire ancora oggi<br />
un perfetto passeggio pedonale.<br />
A livello <strong>di</strong> agganci dei blocchi<br />
in pietra sono ben visibili le cosiddette<br />
“spurilie”, scanalature<br />
rimaste quale traccia <strong>di</strong> passaggio<br />
delle ruote dei carri da<br />
traino. Metà piazza poggia su<br />
roccia viva e l’altra metà su<br />
<strong>di</strong> uno strato compatto <strong>di</strong> pietrisco<br />
e intonaco <strong>di</strong> calce. Da<br />
detto prolungamento a piazzale<br />
<strong>di</strong> via Flavia partiva la via in<br />
<strong>di</strong>rezione dell’ingresso all’urbe<br />
romana, nota in epoca me<strong>di</strong>oevale<br />
con il nome <strong>di</strong> Porta San<br />
Giovanni e <strong>che</strong> secondo ricer<strong>che</strong><br />
<strong>di</strong> Pietro Kandler <strong>era</strong> primariamente<br />
de<strong>di</strong>cata alla dea<br />
Giunone.<br />
Tutto sommato quanto ricavato<br />
dall’ar<strong>che</strong>ologia in zona è<br />
un’ulteriore lezione in materia<br />
<strong>di</strong> tecni<strong>che</strong> e<strong>di</strong>li ed esempio <strong>di</strong><br />
modalità <strong>di</strong> organizzazione dello<br />
spazio urbano alla periferia<br />
dell’Impero.<br />
<strong>Un</strong> accenno all’inventario<br />
minuto. Si è <strong>di</strong>ssotterrato un<br />
po’ <strong>di</strong> tutto: piccoli elementi <strong>di</strong><br />
materiale e<strong>di</strong>le, anelli in c<strong>era</strong>mica<br />
per reti da pesca, oggetti<br />
in metallo (fibule- aucisse,<br />
monetine argentante – quinarius<br />
in bronzo, perla cilindrica<br />
in bronzo decorata con motivo<br />
a scacchi<strong>era</strong>, campanello,<br />
chio<strong>di</strong> ecc.) c<strong>era</strong>mica <strong>di</strong> fine<br />
fattura (lampada ad olio a due<br />
sporgenze, recipienti, moltissima<br />
terra sigillata con marchi <strong>di</strong><br />
fabbricazione, recipienti <strong>di</strong> tipo<br />
sarius, frammenti <strong>di</strong> broc<strong>che</strong>),<br />
utensili da cucina (pezzi <strong>di</strong> ce-<br />
ramica grezza, <strong>di</strong> pitos, colini,<br />
bottiglie), cocci <strong>di</strong> recipienti e<br />
bicchieri in vetro, <strong>di</strong> anfore <strong>di</strong><br />
vario tipo (Dressel, Lamboglia e<br />
altro) <strong>di</strong> coperchi per anfora.<br />
Piccola collezione a parte dell’inventario<br />
asportabile è, infi ne,<br />
quella rappresentata dai frammenti<br />
<strong>di</strong> affreschi murari. Il materiale<br />
raccolto non presenta decorazioni<br />
fi gurative. Quello più<br />
abbondante è costituito da pezzi<br />
<strong>di</strong> affreschi monocolore e privi<br />
<strong>di</strong> motivo nonché da quelli a<br />
strisce verticali e orizzontali. Di<br />
vario tipo l’intonaco (calce mista<br />
a pietrisco, calcite, e persino paglia).<br />
Si è appurato <strong>che</strong> la tecnica<br />
semplice <strong>di</strong> decorazione delle<br />
superfi ci murarie è caratteristica<br />
dello stile pompeiano mentre<br />
vi sono pure colorazioni (rossonere<br />
e quin<strong>di</strong> viola e verde chiaro)<br />
caratteristi<strong>che</strong> <strong>di</strong> stili appartenenti<br />
a perio<strong>di</strong> successivi.<br />
Arletta Fonio Grubiša<br />
Anno V / n. 36 del 7 febbraio 2009<br />
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />
IN PIÙ Supplementi a cura <strong>di</strong> Errol Superina<br />
Progetto e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Silvio Forza / Art <strong>di</strong>rector: Daria Vlahov Horvat<br />
e<strong>di</strong>zione: STORIA E RICERCA<br />
Redattore esecutivo: Ilaria Rocchi / Impaginazione: Vanja Dubravčić<br />
Collaboratori: Krsto Babić, Arletta Fonio Grubiša, Kristjan Knez e Carla Rotta<br />
Foto: Arletta Fonio Grubiša, Kristjan Knez, Carla Rotta, Graziella Tatalović e archivio<br />
La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’<strong>Un</strong>ione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano<br />
con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre<br />
2004<br />
Sabato, 7 febbraio 2009<br />
ARCHEOLOGIA In una mostra i risultati della campagna <strong>di</strong> scavi 2007-2008<br />
Pola prima dell’Arena… <strong>di</strong> Pola<br />
L’opus scutulatum<br />
<strong>Un</strong> anello antico (da fi danzamento?)<br />
Vetro romano: vale an<strong>che</strong> rotto<br />
I segni lasciati dalla gru <strong>che</strong> fu impiegata per costruire l’Arena<br />
Via Flavia alla luce del sole<br />
Finestre rettangolari della struttura