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PIERO DI SIENA*<br />
Marx scriveva nella<br />
Prefazione alla Critica<br />
dell'economia politica che<br />
quello che egli cercava<br />
nell'economia politica<br />
erano i fondamenti di<br />
un’anatomia <strong>della</strong> società<br />
civ<strong>il</strong>e, intesa come <strong>il</strong><br />
complesso delle<br />
condizioni materiali di<br />
vita del genere umano in<br />
una determinata epoca.<br />
Ebbene, penso che a noi<br />
tocchi un compito <strong>della</strong><br />
stessa portata<br />
* SENATORE SINISTRA DEMOCRATICA<br />
EVICEPRESIDENTEARS<br />
OPINIONI A CONFRONTO<br />
essere<br />
comunisti, perché?<br />
Cari compagni, la domanda che vi pongo – perché essere comunisti<br />
oggi? – fatta da uno che m<strong>il</strong>ita in un’altra formazione politica (oggi<br />
Sinistra democratica), può apparire brutalmente invasiva, sembrare<br />
un’ingerenza priva di ogni legittimo fondamento. Non mi sfugge affatto che,<br />
quando come in questo caso si affronta <strong>il</strong> tema dell’identità altrui, prima che<br />
le culture e l’agire politico si tocca <strong>il</strong> simbolico, le emozioni, la costituzione<br />
di senso che si genera nel complesso rapporto tra politica e vita. Per questo<br />
affrontare una discussione sul tema dell’identità è questione di grande delicatezza<br />
su cui in genere si sorvola quando si intende stringere rapporti unitari<br />
a sinistra.<br />
Eppure in questa non ingerenza io vedo anche <strong>il</strong> segno di una sorta di neodoroteismo,<br />
una diplomatizzazione delle relazioni, un’implicita ammissione<br />
che su di esse i problemi identitari non hanno alcun peso (a meno che non<br />
si voglia agitarli strumentalmente come pregiudizi ideologici). Che, insomma,<br />
l’identità politica ha un valore puramente autoreferenziale, una funzione<br />
di mera rassicurazione per chi la condivide, senza un’influenza effettiva<br />
nell’azione politica concreta.<br />
Penso che, se si vuole tornare alla grande politica a sinistra, è necessario superare<br />
questo sostanziale «riduttivismo» sul tema dell’identità, capire che<br />
esso più che di ascolto reciproco e di apertura intellettuale è figlio dell’indifferenza,<br />
che l’evoluzione <strong>della</strong> globalizzazione neoliberista (quella che Bauman<br />
ha battezzato «società liquida») ha prodotto per le culture politiche sostituendole<br />
con i grandi «feticci» del tempo presente (l’idolatria dei beni di<br />
consumo, i fondamentalismi religiosi ecc.). Perciò sarebbe ora che a sinistra<br />
<strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio critico delle culture politiche e delle identità ereditate dal Novecento<br />
(affidato alla rinascita di un forte senso <strong>della</strong> storia in contrasto con<br />
l’appiattimento su un presente che cancella passato e futuro, frutto di sociologia<br />
e politologia imperanti) venga fatto seriamente, fino in fondo e con<br />
spirito aperto da parte di tutti. Insomma, senza realizzare quel necessario<br />
passaggio dalla rimozione o dalla riproposizione acritica dell’eredità che le<br />
deriva dal proprio passato al b<strong>il</strong>ancio critico <strong>della</strong> propria storia, la sinistra<br />
diffic<strong>il</strong>mente uscirà dalla minorità da cui è afflitta nel tempo presente.<br />
Ma voglio porre a voi questa domanda anche per una seconda ragione. Nel<br />
corso degli ultimi dieci anni, tra la tendenza che avete rappresentato in Rifondazione<br />
comunista e quanti come me si battono per l’unità e <strong>il</strong> rinnovamento<br />
<strong>della</strong> sinistra, vi sono stati più di un punto di contatto. Abbiamo da<br />
entrambe le parti vissuto con sofferenza la rottura <strong>della</strong> coalizione di centrosinistra<br />
nel 1998; abbiamo spinto parallelamente sia pure senza successo affinché<br />
nel 2001 si superasse la divisione tra l’Ulivo d’allora e Rifondazione;<br />
abbiamo guardato entrambi criticamente all’esaltazione dei movimenti come<br />
esclusivo punto di riferimento <strong>della</strong> sinistra. E anche oggi voglio interpretare<br />
la precoce critica da voi avanzata all’esperienza dell’Unione non come un ir-<br />
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