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50<br />

questione meridionale<br />

e questione sarda<br />

i temi dell’autonomia<br />

e l’elaborazione dei comunisti<br />

Democrazia progressiva e autonomia<br />

prima parte<br />

Nella storia del movimento operaio italiano <strong>il</strong> Partito comunista ha saputo<br />

divenire un grandissimo strumento di partecipazione popolare<br />

grazie anche alla sua capacità di leggere le peculiarità storiche, economiche,<br />

sociali e culturali del nostro paese, costruendo su esse una prospettiva<br />

socialista che non fosse una riproduzione «pappagallesca» <strong>della</strong> teoria generale<br />

marxista. In questo senso la lezione leniniana sulla necessità di concentrarsi<br />

nello studio delle specificità di ogni singola «formazione economico-sociale»,<br />

piuttosto che dedurre deterministicamente dalle leggi generali dell’economia<br />

le ragioni del socialismo e l’inevitab<strong>il</strong>ità <strong>della</strong> rivoluzione, ha<br />

lasciato un solco profondo su cui si è innestata una elaborazione assai originale<br />

nella sua ricchezza e articolazione. Di questa ricchezza fa parte sicuramente<br />

lo sforzo per leggere nelle diversità dei rapporti di sfruttamento delle<br />

varie realtà italiane una trama unitaria, in ragione <strong>della</strong> quale, ad esempio, la<br />

questione meridionale andava intesa come grande questione nazionale, come<br />

crocevia attorno al quale ruotavano alcuni dei principali snodi degli assetti di<br />

dominio <strong>della</strong> società italiana.<br />

All’interno di questa storia si inserisce anche la questione sarda e <strong>il</strong> tema dell’autonomismo<br />

nell’elaborazione dei comunisti. Esso nasce e si sv<strong>il</strong>uppa con<br />

una prospettiva storicistica che ha quale dato di partenza due elementi nodali:<br />

1) la condizione di oppressione secolare del popolo sardo nel corso delle diverse<br />

dominazioni, oppressione che ha trovato nei molteplici frangenti storici<br />

<strong>il</strong> fattivo sostegno delle stesse classi dirigenti sarde; 2) la marginalizzazione<br />

dei movimenti culturali e politici <strong>della</strong> Sardegna – da parte <strong>della</strong> letteratura<br />

storica e scientifica italiana – la sottovalutazione sistematica, sul piano politico,<br />

del diritto all’autodeterminazione culturale e politica, pur nel quadro unitario<br />

dello Stato italiano.<br />

Il punto di approdo dell’autonomismo comunista si situa in una nuova concezione<br />

di sardismo inteso come terreno d’incontro tra gruppi intellettuali e<br />

masse sarde nella prospettiva del socialismo.<br />

Per affrontare con sufficiente chiarezza questo tema è opportuna una precisazione<br />

preliminare sul contesto che gli fa da sfondo, più precisamente sulla situazione<br />

che caratterizza <strong>il</strong> Pci all’indomani <strong>della</strong> caduta del fascismo.<br />

Con la «Svolta di Salerno» <strong>il</strong> Pci intraprendeva la strada dell’unità di tutte le<br />

forze antifasciste, comprese quelle stesse forze che avevano reso possib<strong>il</strong>e e<br />

agevolato l’ascesa del fascismo (monarchia, esercito, liberali), rinviando la<br />

questione istituzionale su forma di Stato e forma di governo a liberazione avvenuta.<br />

Questa svolta, decisiva nel processo di liberazione dal nazifascismo,<br />

GIANNI FRESU*<br />

Se nel confronto tra<br />

le esperienze dei<br />

comunisti del Nord e<br />

quelli del Sud era<br />

possib<strong>il</strong>e parlare di<br />

dualismo, rispetto alla<br />

Sardegna la differenza era<br />

ancora maggiore, perché<br />

l’isolamento geografico e<br />

l’assenza di contatti con<br />

la ricostituita direzione<br />

nazionale aveva lasciato<br />

fuori <strong>il</strong> Pci sardo dalla<br />

dialettica innescata dalla<br />

«Svolta di Salerno», che<br />

era stata recepita<br />

nell’isola come un «ab<strong>il</strong>e<br />

espediente tattico»<br />

* PRC-COMITATO POLITICO NAZIONALE

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