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78<br />

cittadino inab<strong>il</strong>e al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari<br />

per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza<br />

sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e<br />

assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso<br />

di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione<br />

involontaria. Gli inab<strong>il</strong>i e i minorati hanno diritto<br />

all'educazione e all'avviamento professionale. L'iniziativa<br />

economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto<br />

con l'ut<strong>il</strong>ità sociale o in modo da recare danno alla<br />

sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina<br />

i programmi e i controlli opportuni perché l'attività<br />

economica pubblica e privata possa essere indirizzata e<br />

coordinata a fini sociali. La proprietà privata è riconosciuta<br />

e garantita dalla legge, che ne determina i modi di<br />

acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne<br />

la funzione sociale e di renderla accessib<strong>il</strong>e a tutti. La<br />

proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla<br />

legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse<br />

generale. La legge stab<strong>il</strong>isce le norme e i limiti <strong>della</strong><br />

successione legittima e testamentaria e i diritti dello<br />

Stato sulle eredità. A fini di ut<strong>il</strong>ità generale la legge può<br />

riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione<br />

e salvo indennizzo, allo Stato, a enti pubblici o<br />

a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese<br />

o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici<br />

essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio<br />

e abbiano carattere di preminente interesse generale.<br />

La Repubblica riconosce la funzione sociale <strong>della</strong> cooperazione<br />

a carattere di mutualità e senza fini di speculazione<br />

privata. Ai fini <strong>della</strong> elevazione economica e sociale<br />

del lavoro in armonia con le esigenze <strong>della</strong> produzione, la<br />

Repubblica riconosce <strong>il</strong> diritto dei lavoratori a collaborare,<br />

nei modi e nei limiti stab<strong>il</strong>iti dalle leggi, alla gestione<br />

delle aziende. La Repubblica incoraggia e tutela <strong>il</strong> risparmio<br />

in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla<br />

l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio<br />

popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà<br />

diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento<br />

azionario nei grandi complessi produttivi del paese. Tutti<br />

sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione<br />

<strong>della</strong> loro capacità contributiva. Il sistema tributario è<br />

informato a criteri di progressività».<br />

Ecco, mi pare che la sinistra potrebbe trovare qui <strong>il</strong> proprio<br />

programma, un programma semplice e chiaro, dunque<br />

comprensib<strong>il</strong>e, convincente, e seducente. Mi viene<br />

però in mente l’ultimo editoriale di Luigi Pintor, del<br />

2003: «La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non<br />

lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica<br />

quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci<br />

con elezioni parziali o con una manifestazione rumo-<br />

rosa. Ma la sinistra rappresentativa è fuori scena».<br />

RICCARDO REALFONZO<br />

Dal convegno Rive Gauche era emerso con chiarezza <strong>il</strong><br />

quadro complessivo delle linee di una politica economica<br />

progressista da perseguire nelle condizioni date dell’economia<br />

e <strong>della</strong> società italiana. Al di là delle questioni<br />

relative alle politiche sociali, gli economisti convenivano<br />

sulla necessità di agire per favorire un vero e<br />

proprio «salto strutturale», che consentisse al nostro<br />

apparato produttivo di superare le strozzature presenti<br />

dal lato <strong>della</strong> domanda e dal lato dell’offerta e appariva<br />

chiaro che la condizione di base per la messa in pratica di<br />

una politica economica incisiva – in grado di r<strong>il</strong>anciare<br />

l’economia del paese e spingerla nella direzione di un<br />

nuovo modello di sv<strong>il</strong>uppo – era una politica delle finanze<br />

pubbliche che sapesse spogliarsi dei dogmi liberisti e<br />

«rigoristi» del pareggio del b<strong>il</strong>ancio. In altre parole, si<br />

rendeva necessario evitare di intraprendere la strada<br />

dell’abbattimento del debito pubblico e puntare viceversa<br />

sulla stab<strong>il</strong>izzazione del debito rispetto al P<strong>il</strong> nell’arco<br />

temporale <strong>della</strong> legislatura. Personalmente posi la questione<br />

nel dibattito che anticipò <strong>il</strong> convegno sulle pagine<br />

de «<strong>il</strong> manifesto» raccogliendo subito molte adesioni. E<br />

non a caso, quando alcuni mesi dopo proponemmo l’appello<br />

per la stab<strong>il</strong>izzazione del debito, gli economisti di<br />

sinistra risposero compatti. L’appello raccolse rapidamente<br />

un centinaio di adesioni, tra cui quelle dei più autorevoli<br />

rappresentanti dell’economia politica critica italiana.<br />

Al di là di rare posizioni minoritarie, di cui non si<br />

comprendono né i punti di partenza politici né gli sbocchi,<br />

resta ancora oggi evidente per gli economisti di sinistra<br />

che la stab<strong>il</strong>izzazione del debito rappresenti l’unica<br />

strada capace di liberare le risorse necessarie per una<br />

svolta incisiva nella politica economica; ed è su questo<br />

punto che – prima di ogni altra cosa – registriamo l’inadeguatezza<br />

del governo Prodi. Va da sé che la stab<strong>il</strong>izzazione<br />

del debito rappresenta una condizione necessaria<br />

ma non sufficiente per intraprendere la strada del «salto<br />

strutturale»; non si può certo ignorare <strong>il</strong> tema <strong>della</strong> qualità<br />

<strong>della</strong> spesa, come ci ricorda tutti i giorni la scarsa efficacia<br />

<strong>della</strong> pur ridotta spesa nel Mezzogiorno, improntata<br />

come è ai principi <strong>della</strong> programmazione negoziata.<br />

E va anche da sé – come diversi di noi hanno mostrato nel<br />

dibattito che ha fatto seguito all’appello – che non esistono<br />

ragioni tecnico-istituzionali che impediscano l’attuazione<br />

di un programma di politica economica di sinistra.<br />

Semplicemente non abbiamo avuto la forza per imporlo.

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