scarica il pdf della rivista - Essere Comunisti
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cittadino inab<strong>il</strong>e al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari<br />
per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza<br />
sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e<br />
assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso<br />
di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione<br />
involontaria. Gli inab<strong>il</strong>i e i minorati hanno diritto<br />
all'educazione e all'avviamento professionale. L'iniziativa<br />
economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto<br />
con l'ut<strong>il</strong>ità sociale o in modo da recare danno alla<br />
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina<br />
i programmi e i controlli opportuni perché l'attività<br />
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e<br />
coordinata a fini sociali. La proprietà privata è riconosciuta<br />
e garantita dalla legge, che ne determina i modi di<br />
acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne<br />
la funzione sociale e di renderla accessib<strong>il</strong>e a tutti. La<br />
proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla<br />
legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse<br />
generale. La legge stab<strong>il</strong>isce le norme e i limiti <strong>della</strong><br />
successione legittima e testamentaria e i diritti dello<br />
Stato sulle eredità. A fini di ut<strong>il</strong>ità generale la legge può<br />
riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione<br />
e salvo indennizzo, allo Stato, a enti pubblici o<br />
a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese<br />
o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici<br />
essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio<br />
e abbiano carattere di preminente interesse generale.<br />
La Repubblica riconosce la funzione sociale <strong>della</strong> cooperazione<br />
a carattere di mutualità e senza fini di speculazione<br />
privata. Ai fini <strong>della</strong> elevazione economica e sociale<br />
del lavoro in armonia con le esigenze <strong>della</strong> produzione, la<br />
Repubblica riconosce <strong>il</strong> diritto dei lavoratori a collaborare,<br />
nei modi e nei limiti stab<strong>il</strong>iti dalle leggi, alla gestione<br />
delle aziende. La Repubblica incoraggia e tutela <strong>il</strong> risparmio<br />
in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla<br />
l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio<br />
popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà<br />
diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento<br />
azionario nei grandi complessi produttivi del paese. Tutti<br />
sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione<br />
<strong>della</strong> loro capacità contributiva. Il sistema tributario è<br />
informato a criteri di progressività».<br />
Ecco, mi pare che la sinistra potrebbe trovare qui <strong>il</strong> proprio<br />
programma, un programma semplice e chiaro, dunque<br />
comprensib<strong>il</strong>e, convincente, e seducente. Mi viene<br />
però in mente l’ultimo editoriale di Luigi Pintor, del<br />
2003: «La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non<br />
lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica<br />
quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci<br />
con elezioni parziali o con una manifestazione rumo-<br />
rosa. Ma la sinistra rappresentativa è fuori scena».<br />
RICCARDO REALFONZO<br />
Dal convegno Rive Gauche era emerso con chiarezza <strong>il</strong><br />
quadro complessivo delle linee di una politica economica<br />
progressista da perseguire nelle condizioni date dell’economia<br />
e <strong>della</strong> società italiana. Al di là delle questioni<br />
relative alle politiche sociali, gli economisti convenivano<br />
sulla necessità di agire per favorire un vero e<br />
proprio «salto strutturale», che consentisse al nostro<br />
apparato produttivo di superare le strozzature presenti<br />
dal lato <strong>della</strong> domanda e dal lato dell’offerta e appariva<br />
chiaro che la condizione di base per la messa in pratica di<br />
una politica economica incisiva – in grado di r<strong>il</strong>anciare<br />
l’economia del paese e spingerla nella direzione di un<br />
nuovo modello di sv<strong>il</strong>uppo – era una politica delle finanze<br />
pubbliche che sapesse spogliarsi dei dogmi liberisti e<br />
«rigoristi» del pareggio del b<strong>il</strong>ancio. In altre parole, si<br />
rendeva necessario evitare di intraprendere la strada<br />
dell’abbattimento del debito pubblico e puntare viceversa<br />
sulla stab<strong>il</strong>izzazione del debito rispetto al P<strong>il</strong> nell’arco<br />
temporale <strong>della</strong> legislatura. Personalmente posi la questione<br />
nel dibattito che anticipò <strong>il</strong> convegno sulle pagine<br />
de «<strong>il</strong> manifesto» raccogliendo subito molte adesioni. E<br />
non a caso, quando alcuni mesi dopo proponemmo l’appello<br />
per la stab<strong>il</strong>izzazione del debito, gli economisti di<br />
sinistra risposero compatti. L’appello raccolse rapidamente<br />
un centinaio di adesioni, tra cui quelle dei più autorevoli<br />
rappresentanti dell’economia politica critica italiana.<br />
Al di là di rare posizioni minoritarie, di cui non si<br />
comprendono né i punti di partenza politici né gli sbocchi,<br />
resta ancora oggi evidente per gli economisti di sinistra<br />
che la stab<strong>il</strong>izzazione del debito rappresenti l’unica<br />
strada capace di liberare le risorse necessarie per una<br />
svolta incisiva nella politica economica; ed è su questo<br />
punto che – prima di ogni altra cosa – registriamo l’inadeguatezza<br />
del governo Prodi. Va da sé che la stab<strong>il</strong>izzazione<br />
del debito rappresenta una condizione necessaria<br />
ma non sufficiente per intraprendere la strada del «salto<br />
strutturale»; non si può certo ignorare <strong>il</strong> tema <strong>della</strong> qualità<br />
<strong>della</strong> spesa, come ci ricorda tutti i giorni la scarsa efficacia<br />
<strong>della</strong> pur ridotta spesa nel Mezzogiorno, improntata<br />
come è ai principi <strong>della</strong> programmazione negoziata.<br />
E va anche da sé – come diversi di noi hanno mostrato nel<br />
dibattito che ha fatto seguito all’appello – che non esistono<br />
ragioni tecnico-istituzionali che impediscano l’attuazione<br />
di un programma di politica economica di sinistra.<br />
Semplicemente non abbiamo avuto la forza per imporlo.