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ilFRIU LI<br />

sPecIAle sAPorI 18 dicembre 2009 | N.48<br />

Inserto A curA dI rossAno cAttIvel<strong>lo</strong> – dIrettore gIovAnnI bertolI<br />

redA z I one PIAzzA 1° MA ggI o, 4 – u d I ne – telefono:<br />

043221922/229685, fAx: 0432/25058 – e-MA<strong>Il</strong>: ilfriuli@ilfriuli.it<br />

Piaceri<br />

della tavola


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

sommario<br />

Supplemento al numero 48<br />

del 18 dicembre 2009<br />

del settimanale <strong>Il</strong> <strong>Friuli</strong><br />

direttore Giovanni Bertoli<br />

a cura di Rossano Cattivel<strong>lo</strong><br />

rossano.cattivel<strong>lo</strong>@ilfriuli.it<br />

grafica: Vittorio Regattin<br />

Le ricette sono state raccolte<br />

da Silvano Bertossi<br />

e da Confcommercio<br />

La rubrica sulle aziende vinicole<br />

è curata da Claudio Fabbro<br />

4<br />

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68<br />

Gnocchi<br />

Blecs<br />

Zucca e zuf<br />

Cozze<br />

Merluzzo<br />

Tartufi<br />

Razza Limousine<br />

Germano reale<br />

Lepre<br />

Tacchino<br />

Agnel<strong>lo</strong><br />

Ossa di maiale<br />

Capra<br />

Formaggio di malga<br />

Formadi frant<br />

Mozzarella<br />

Fagioli<br />

Melanzane<br />

Peperoni<br />

Brovada<br />

Ont<br />

Nuovi prodotti<br />

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// //<br />

3


4 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// gnOCChI<br />

Una grande famiglia<br />

da condire per le feste<br />

La famiglia degli gnocchi è<br />

veramente grande. Con le<br />

patate, con la zucca, con gli<br />

spinaci, ma anche di pane oppure<br />

ripieni. Consumati in <strong>Friuli</strong> ben<br />

prima della ‘recente’ diffusione<br />

della pasta di grano duro, hanno<br />

origine antica, seppur la diffusione<br />

maggiore nella versione<br />

di patate si fa risalire all’inizio<br />

dell’800, quando il tubero divenne<br />

alimento fondamentale per arginare<br />

la fame dei contadini poveri.<br />

La parola gnocchi deriva dal dialetto<br />

veneziano, che ha mutuato<br />

adattando<strong>lo</strong> il termine di origine<br />

latina nucleus, da cui nocchio.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Friuli</strong> è terra di gnocchi, senza<br />

ombra di dubbio. Lo conferma<br />

anche un recentissimo riconoscimento<br />

nazionale. Infatti, sono entrati<br />

a far parte del gotha dei piatti<br />

di alta ristorazione del circuito<br />

del “Buon ricordo” gli gnocchi<br />

con susine, preparati secondo<br />

la tradizione mitteleuropea del<br />

<strong>Friuli</strong> orientale dal<strong>lo</strong> chef Pao<strong>lo</strong><br />

Zoppolatti della trattoria “Al Giardinetto”<br />

di Cormons.<br />

Le susine hanno un ruo<strong>lo</strong> non<br />

Con le patate, di zucca, di pane o ripieni,<br />

dolci oppure salati, dai monti alla pianura è<br />

veramente ampia la varietà di questo primo<br />

piatto nostrano, già conosciuto ai tempi dei<br />

romani, ma capace sempre di rinnovarsi<br />

/ / La ricetta<br />

Macaròns cui lòps<br />

Ingredienti (per 4 persone): per la pasta mezzo chi<strong>lo</strong> di patate<br />

bianche, 100 gr di farina, 1 uovo, sale; per il ripieno 200 gr di<br />

mele renette, 40 gr di zucchero, 40 gr di pane grattugiato, 4 centilitri<br />

di grappa, una presa di erbe aromatiche (menta, melissa,<br />

erba di San Pietro); per il condimento 50 gr di pane grattugiato,<br />

40 gr di zucchero, 30 gr di cannella in polvere, 60 gr di ricotta<br />

leggermente affumicata, 100 gr di burro.<br />

Preparazione: fare l’impasto, stender<strong>lo</strong> con il mattarel<strong>lo</strong> e formare<br />

dischi di circa 7 centimetri. Mettere al centro l’impasto ottenuto mescolando<br />

le mele crude a piccoli pezzi, <strong>lo</strong> zucchero, il pane grattugiato,<br />

la grappa e le erbe. Formare con la mano grossi gnocchi e cuocerli<br />

in acqua salata. Scolarli e cospargerli prima con un composto di<br />

pane grattugiato, zucchero, cannella, poi con la ricotta grattugiata.<br />

Versare sopra il burro cotto e guarnire con foglie di menta.<br />

Ristorante “Vecchia Osteria Cimenti” - Via Battisti 1<br />

Villa Santina - Telefono: 0433 750491<br />

Quelli ripieni<br />

con susine del<strong>lo</strong><br />

chef Zoppolatti di<br />

Cormons, simbo<strong>lo</strong><br />

della tradizione<br />

della Mitteleuropa,<br />

sono entrati nel<br />

gotha del Buon<br />

ricordo<br />

indifferente nella cucina delle<br />

terre che sono state nella sfera<br />

di più forte influenza asburgica.<br />

Al centro del gnocco la susina<br />

denocciolata viene farcita con<br />

pangrattato, burro, zucchero e<br />

cannella e avvolta con pasta di<br />

patate, condita con ana<strong>lo</strong>go condimento,<br />

conferendo al piatto la<br />

caratteristica nota agrodolce.<br />

Da un gnocco all’altro. Nell’enclave<br />

germanofona della valle<br />

del Lumiei, cioè Sauris-Zahre, gli<br />

gnocchi sono preparati con pane<br />

bianco rinvenuto per almeno<br />

mezz’ora nel latte. Quindi, si unisce<br />

ricotta affumicata sbriciolata,<br />

assieme a ritagli di prosciutto o<br />

di salame. Uova e farina servono,<br />

poi, per legare il tutto e rendere<br />

il composto omogeneo, mentre<br />

qualche seme di finocchio selvatico,<br />

il kümmel, conferisce un<br />

delicato profumo. Con le mani<br />

bagnate, in maniera che l’impasto<br />

non si attacchi, vengono preparati<br />

dei piccoli gnocchi da cuocere in<br />

abbondante acqua salata e aromatizzata<br />

con una foglia di al<strong>lo</strong>ro.<br />

Venuti a galla, si raccolgono con il


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

mesto<strong>lo</strong> forato e si servono caldi in<br />

tavola, condendoli con burro fuso<br />

e, nuovamente, ricotta affumicata<br />

grattugiata.<br />

Tipico della pianura, poi, non<br />

può essere dimenticato il gnocco<br />

di zucca. La versione più tradizionale<br />

è quella che prevede<br />

un impasto morbido, versato a<br />

cucchiai in acqua bollente. La<br />

ricetta la ricorda <strong>lo</strong> chef Germano<br />

Pontoni nel suo libro “La zucca si<br />

sposa…” (editrice Leonardo). Si<br />

cuoce la cucurbitacea, pelata e<br />

tagliata a pezzi, al forno per un<br />

quarto d’ora, così da ridurre la<br />

parte acquosa della polpa. Ridotta<br />

in poltiglia con il passaverdura,<br />

si aggiunge sale, pepe, un uovo e<br />

farina. L’impasto, così ottenuto,<br />

viene versato in acqua bollente<br />

aiutandosi con un cucchiaio, fin<br />

quando riemergono.<br />

Quelli più comuni, comunque,<br />

rimangono gli gnocchi di patate,<br />

■ UOMINI & VINI<br />

che dopo essere lessate e frantumate<br />

con l’apposito arnese di<br />

cucina, vengono impastate con<br />

uovo, sale e farina. In questo caso,<br />

però, la consistenza consente la<br />

manipolazione, fino a ottenere dei<br />

fi<strong>lo</strong>ni sottili da tagliare a misura.<br />

Si cuociono in forma semplice,<br />

oppure dopo averli passati con<br />

il pollice sui rebbi della forchetta<br />

o sulla grattugia, dando la caratteristica<br />

configurazione ideale<br />

per trattenere il sugo. Conosciuti<br />

dalle Alpi al mare (in Carnia erano<br />

consuetudine della Festa dei Santi<br />

e di quella dei Morti), spostandosi<br />

nella zona isontina e triestina vengono<br />

spesso sposati con il gulasch<br />

per ottenere un piatto unico.<br />

Quale vezzo più moderno è possibile<br />

dare un co<strong>lo</strong>re particolare<br />

all’impasto base di patate. Spinaci<br />

per il verde e barbabietola per il<br />

rosso, danno un tocco particolare<br />

al piatto finale.<br />

Storia di una vigna<br />

tornata a nuova vita<br />

Fino qualche anno fa questo ango<strong>lo</strong> di Spessa era semiabbandonato,<br />

poi prese corpo il desiderio di Alessandro<br />

Marcorin e Vanilla P<strong>lo</strong>zner di ritagliarsi un picco<strong>lo</strong> ango<strong>lo</strong><br />

rurale su misura. Alessandro, antiquario per passione, proveniva<br />

da lunga esperienza in un grande gruppo farmaceutico,<br />

ma anche per Vanilla l’idea di affrontare un’esperienza<br />

nuova e gratificante fu stimolante.<br />

Fu così che nel 2005, in <strong>lo</strong>calità Strada Sant’Anna al civico<br />

66, acquisirono una decina d’ettari con molto incolto, una<br />

casa rurale da ristrutturare e una vecchia vigna in cui dominava<br />

un Tocai friulano avanti con gli anni, dai grappoli<br />

gial<strong>lo</strong>-dorati.<br />

Grazie ai buoni consigli<br />

del perito Car<strong>lo</strong><br />

Petrussi e dell’eno<strong>lo</strong>go<br />

Emilio Del Medico gli<br />

impianti di vite sono<br />

stati rinnovati e ha preso<br />

corpo una cantina<br />

con attrezzature di vinificazione<br />

e affinamento<br />

avveniristiche. Nella<br />

splendida dimora rurale<br />

Alessandro e Vanilla<br />

possono assaporare con<br />

gli ospiti le virtù organolettiche<br />

del <strong>lo</strong>ro grande<br />

Friulano, splendido<br />

esempio di eno<strong>lo</strong>gia<br />

autoctona dai sapori<br />

perduti e recuperati.<br />

Alessandro<br />

Marcorin<br />

Società agricola “Lis fadis” - Strada Sant’Anna 66, Spessa di Cividale<br />

Telefono: 0432 719510 o 335 5414416 - almarcorin@tiscali.it<br />

// //<br />

5


Buone Fes te...


8 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// bLECS<br />

Quelle ‘toppe’ che rendono<br />

ricco il menu tradizionale<br />

Al dubbio su cosa proporre<br />

a una tavolata di<br />

amici mettiamoci una<br />

toppa. Anzi, tante toppe. Prima<br />

ancora che in <strong>Friuli</strong> arrivasse la<br />

pastasciutta, diffusasi con la prima<br />

guerra mondiale dalle truppe<br />

dell’esercito sabaudo, uno dei<br />

primi più frequenti sulle tavole<br />

friulane delle feste erano i blecs,<br />

che in marilenghe hanno diversi<br />

significati, tra i quale appunto<br />

pezza o toppa. L’origine del nome<br />

deriva, probabilmente, dalla forma<br />

di questi maltagliati. Dalla<br />

forma irregolare, sfoglia sottile,<br />

sono preparati con un impasto<br />

semplice e rustico e, poi, conditi<br />

con diversi tipi di sugo.<br />

In sostanza, si tratta di una<br />

pasta all’uovo. La ricetta base,<br />

infatti, prevede farina di grano<br />

e uova, ma a renderli particolati<br />

è, nella versione tradizionale,<br />

l’aggiunta di grano saraceno.<br />

<strong>Il</strong> sarasin non è un cereale, ma<br />

una pianta della famiglia delle<br />

graminacee originaria dell’Asia e<br />

introdotta in Europa nel medioevo.<br />

Proprio in quel periodo ebbe<br />

Prima dell’arrivo degli italici spaghetti,<br />

rappresentavano la pastasciutta delle<br />

feste friulane: ecco i maltagliati all’uovo<br />

che, grazie alla ruvidità del grano<br />

saraceno, catturano tutti i sughi<br />

/ / La ricetta<br />

Blecs cun lujanie e puâr<br />

Ingredienti (per 4 persone): 2 uova, 100 grammi di semola, 100<br />

grammi di farina 00, 1 porro, 2 salsicce, panna fresca.<br />

Preparazione: si prepara la pasta che<br />

viene tirata e tagliata a quadratini<br />

di 2,5 centimetri di lato.<br />

Si sbriciolano le salsicce e<br />

si fanno rosolare. Si taglia<br />

il porro a striscioline e si<br />

unisce alle salsicce. Si aggiunge<br />

la panna. Quando la<br />

pasta è cotta si mette nella<br />

padella con il sugo pronto e<br />

si fa amalgamare bene il tutto.<br />

Alla fine due bei giri di pepe<br />

nero prima di servire in tavola.<br />

Agriturismo “Tinel<strong>lo</strong> di Sant’Urbano” - via Ventiquattro Maggio, 30<br />

Prepotto - Telefono: 0432 713080<br />

Conditi<br />

con burro fuso<br />

e ricotta<br />

affumicata,<br />

oppure con ragù<br />

di carne:<br />

di gal<strong>lo</strong>, di oca,<br />

oppure<br />

di selvaggina<br />

grande diffusione, specie nelle<br />

vallate alpine, in quanto è una<br />

pianta che si adatta ai terreni poveri<br />

e marginali, salvo essere stata<br />

poi soppiantata da altre colture,<br />

in particolare il granoturco. È,<br />

però, oggi in corso una sua riscoperta,<br />

in quanto è ricco di amidi<br />

semplici, senza quindi il glutine,<br />

risultando di fatto assimilabile<br />

da chi è affetto da celiachia e, più<br />

in generale, è più digeribile dal<strong>lo</strong><br />

stomaco anche del normale consumatore.<br />

Inoltre, la ruvidità delle<br />

paste con grano saraceno è oggi<br />

molto alla moda, oltre ad avere un<br />

indubbio vantaggio gastronomico<br />

catturando molto bene i sughi.<br />

Al<strong>lo</strong> stesso scopo, alcuni <strong>lo</strong>cali o<br />

anche piccoli pastifici hanno iniziato<br />

a utilizzare la farina di mais<br />

aggiunta a quella di frumento.<br />

Nei ricettari etnografici della<br />

Carnia, si ricorda come i blecs<br />

venissero, normalmente, conditi<br />

semplicemente con strutto, oppure<br />

in via eccezionale con burro<br />

fuso e ricotta affumicata. Ancora<br />

oggi, quest’ultima soluzione è tra<br />

le più frequenti, ma al ristorante


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

o nella propria cucina ci si può<br />

sbizzarrire con molti altri condimenti<br />

a base di carne. Uno di essi<br />

è il sugo di gal<strong>lo</strong>, suggerito dalla<br />

famiglia Blanch dell’omonima<br />

trattoria di Mossa, preparato con<br />

un esemplare ruspante di circa<br />

tre chi<strong>lo</strong>grammi, i cui pezzi vengono<br />

soffritti con erbe e verdure<br />

dell’orto, sfumando con vino prima<br />

e brodo poi. Una lunga cottura<br />

rende il fondo cremoso, che servirà<br />

per condire i blecs sopra cui<br />

disporre un pezzo di gal<strong>lo</strong>.<br />

<strong>Il</strong> ragù può essere anche in bianco<br />

e di oca. Quel<strong>lo</strong>, cioè, proposto<br />

■ UOMINI & VINI<br />

dal maestro chef Germano Pontoni.<br />

Assieme al trito dell’orto si<br />

soffrigge, sgrassandola, la carne<br />

del generoso pennuto di bassa<br />

corte, tritata grossolanamente<br />

con la mezzaluna. Quindi, si aggiunge<br />

semplicemente del brodo<br />

fatto con le parti meno nobili<br />

dell’animale, fino a cottura ultimata.<br />

Nella tradizione friulana<br />

c’è, comunque, anche un sugo<br />

vegetariano. Quel<strong>lo</strong> con i fagioli,<br />

ideale per abbinare i carboidrati<br />

dei blecs con le proteine del legume<br />

e proporre un piatto completo<br />

ed equilibrato.<br />

Un sogno familiare<br />

che è diventato realtà<br />

Alla metà degli Anni ’60 Gianni Bortoluzzi, eno<strong>lo</strong>go veneto<br />

“scuola Conegliano”, iniziò la sua avventura friulana presso<br />

la storica Tenuta Villanova di Farra, dove il direttore cavalier<br />

Rino Russo<strong>lo</strong> gli insegnò i segreti per condurre al meglio<br />

quella realtà. Come spesso capita a chi conosce la materia<br />

e ha voglia di ritagliarsi un ango<strong>lo</strong> personale, venne anche<br />

per Gianni il momento di mettersi in proprio; l’occasione gli<br />

venne offerta nel 1982 da Orietta Coso<strong>lo</strong>, titolare dell’omonima<br />

azienda frutti-viticola di Fogliano Redipuglia, con<br />

cui stabilì un bellissimo rapporto. Con una famiglia forte<br />

alle spalle (alla moglie Mireide, infaticabile compagna, si<br />

affiancarono i tre figli Alessio, Alberto e Angela, ora tutti a<br />

tempo pieno in azienda), Gianni Bortoluzzi poté attuare<br />

il grande sogno della sua vita, cioè creare una cantina<br />

propria in un sito ricco di storia gradiscana, quale è Borgo<br />

Tintòr, un giardino vitato proprio all’uscita del raccordo<br />

autostradale di Villesse. Fautrice del chi<strong>lo</strong>metro zero, punta<br />

molto sulla vendita di frutta, vini e spumanti in azienda,<br />

senza tuttavia trascurare il mercato Usa che le da sempre<br />

immenso prestigio.<br />

La famiglia Bortoluzzi<br />

Società agricola “Borgo Tintòr” - Via Roma 43, Gradisca d’Isonzo<br />

Telefono: 0481 92250 - info@bortoluzziwines.com<br />

// //<br />

9


10 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// CuCuRbItACEE<br />

<strong>Il</strong> destino della zucca<br />

è finire nel zuf<br />

La vocazione della zucca friulana<br />

è finire nel zuf. Piatto<br />

che scalda e che riempie, ha<br />

sfamato (o semplicemente saziato)<br />

generazioni di friulani. Alla base<br />

di tutto c’è la preparazione della<br />

polenta, lasciata normalmente<br />

più morbida per poter accogliere<br />

altri ingredienti, come appunto la<br />

zucca. Poi, a tavola il matrimonio<br />

si celebra con il latte, freddo in<br />

caso il zuf venga versato nel piatto<br />

appena fatto e quindi bollente,<br />

oppure caldo se si abbina alla<br />

polentina fredda e rappresa del<br />

giorno dopo.<br />

<strong>Il</strong> più prestigioso vocabolario<br />

della lingua friulana, il Pirona, <strong>lo</strong><br />

definisce come “miscuglio assai<br />

molle di farina di granoturco e acqua<br />

oppure latte, comunque salati,<br />

bolliti insieme e che si mangia di<br />

solito in larghe scodelle, versandovi<br />

sopra del latte freddo”.<br />

Pietro Adami nella sua opera “La<br />

cucina carnica”, recentemente<br />

rieditata, ricorda nel dettaglio<br />

diverse varianti del piatto base a<br />

seconda le diverse vallate. Nel zuf<br />

cun la cavoce secondo la tradizio-<br />

La polentina tenera servita con il latte<br />

freddo è un piatto povero tutto da<br />

rivalutare, che può essere arricchito con<br />

diversi ingredienti, come i fagioli per<br />

esempio, ma anche zucchero e bacche<br />

/ / La ricetta<br />

Cartoccio di cervo<br />

Ingredienti (per 4 persone): quattro chi<strong>lo</strong>grammi di polpa<br />

di coscia di cervo tagliata a pezzettini, aglio, timo, 200 gr<br />

di castagne pelate, 300 gr di zucca a pezzettoni, ½ litro di<br />

latte, 20 centilitri di salsa di vino rosso, cipolla, sedano,<br />

porro, carota, al<strong>lo</strong>ro, 100 gr di farina, acqua, sale, pepe, olio<br />

extravergine, 4 fogli di carta fata da 40 centimetro di lato.<br />

Preparazione: cucinare per un’ora il cervo in una casseruola<br />

con il fondo di carote, porro, cipolla, sedano e<br />

bagnare con il vino. Cucinare le castagne con acqua,<br />

latte, al<strong>lo</strong>ro, zucchero e sale. Saltare in padella i pezzettoni<br />

di zucca con un fi<strong>lo</strong> d’olio. Preparare i fogli di carta e<br />

mettere la carne, le castagne e la zucca, chiudere il foglio<br />

creando un sacchetto e chiudere con un fi<strong>lo</strong>. Infornare<br />

per 15-20 minuti e servire il sacchetto in un piatto fondo.<br />

Ristorante “Costantini” - via Pontebbana 12<br />

Collalto di tarcento - telefono: 0432 792004 - 792372<br />

Piatto<br />

molto simile<br />

è la meste, un<br />

po’ più densa<br />

e servita<br />

condita con<br />

formaggio<br />

o ricotta<br />

affumicata<br />

ne di Raveo, appunto, si soffrigge<br />

la polpa di zucca tagliata a pezzetti<br />

assieme a ont (burro cotto) e pancetta.<br />

Una volta cotta si schiaccia<br />

con i rebbi della forchetta e si<br />

aggiunge acqua fredda portando a<br />

ebollizione, per poi versarvi farina<br />

di granoturco a grana media e, se<br />

si vuole, anche fagioli.<br />

Ad Ovaro, cita poi Adami, agli<br />

ingredienti di base si integra<br />

anche con farina di grano tenero.<br />

Cosa ricorrente anche a Paularo,<br />

dove alcune famiglia aggiungono<br />

anche il riso, mentre nel Cjanâl<br />

d’Incarojo al posto dell’acqua si fa<br />

bollire il siero che rimane dopo la<br />

lavorazione del burro.<br />

Dove era presenta e consuetudine<br />

la coltivazione, come nella<br />

vallata del Lumiei, era abitudine<br />

mescolare alla farina di mais anche<br />

quella di grano saraceno, in<br />

rapporto tre a uno.<br />

Molto simile al zuf è la meste, che<br />

si dovrebbe distinguere secondo<br />

il Pirona per la sua maggiore densità.<br />

Anche per la meste sono numerose<br />

le varianti e gli ingredienti<br />

che vanno ad arricchirla, spesso


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

ottenendo così un piatto unico.<br />

Per esempio, formaggio fresco o<br />

ricotta affumicata che, assieme<br />

sempre all’ont, vanno versati nel<br />

piatto a strati<br />

con la farinata.<br />

La ricetta più<br />

originale, però,<br />

lascia il dolce<br />

in bocca. È, infatti,<br />

il zuf di<br />

pomule, ovvero<br />

di bacche di<br />

sambuco. Dopo<br />

la raccolta al culmine della<br />

maturazione, vanno lasciate<br />

riposare per un paio di giorni e,<br />

quindi strizzate. <strong>Il</strong> succo, oppor-<br />

■ UOMINI & VINI<br />

tunamente filtrato, va posto in<br />

un pentolino e portato a ebollizione,<br />

asportando man mano la<br />

schiuma che si forma. Si aggiunge,<br />

quindi, in<br />

eguale misura,<br />

il latte e del<br />

burro. Si regola<br />

di zucchero<br />

e si versa poco<br />

per volta farina<br />

di frumento,<br />

senza però<br />

che il composto<br />

risulti alla fine troppo denso.<br />

Mescolando per evitare la formazione<br />

di grumi, si completa la<br />

cottura per un paio di ore.<br />

E’ sorta un’Aurora<br />

tra le vigne del Collio<br />

L’azienda “Norina Pez” di Stefano Bernardis è stata fin<br />

dall’inizio caratterizzata per una conduzione di tipo familiare.<br />

Tutto cominciò con Giovanni Bernardis, il fondatore,<br />

che assieme alla moglie e ai figli costituì dal nulla l’azienda<br />

agricola. Mezzo seco<strong>lo</strong> fa non c’era ancora una netta specializzazione<br />

per le attività eno<strong>lo</strong>giche, ma coesistevano tutte<br />

le altre attività normalmente presenti nelle realtà agricole,<br />

come l’allevamento e la coltivazione dei cereali. Alla fine<br />

degli Anni ’80 la svolta: il figlio Giuseppe assieme alla moglie<br />

Norina (nasce Pez) decisero di dedicarsi esclusivamente alla<br />

produzione del vino, convinti che la specializzazione avrebbe<br />

certamente portato vantaggio alla qualità del prodotto.<br />

Oggi è il figlio Stefano, dottore in agraria e presidente<br />

della <strong>lo</strong>cale sezione Coldiretti, che continua con i genitori<br />

nell’ambizioso progetto di affermarsi nel campo vitivinico<strong>lo</strong>.<br />

L’azienda imbottiglia una decina di varietà. Splendido il<br />

Friulano, ma il fiore all’occhiel<strong>lo</strong> è il brut “Aurora”, un classico<br />

superbo rinominato in occasione della recente nascita<br />

della sua primogenita.<br />

Stefano<br />

Bernardis<br />

Azienda agricola “Norina Pez” - Via Zorutti 12, Dolegna del Collio<br />

Telefono: 0481 639951 - s.bernardis@tin.it<br />

// //<br />

11


TradizionAlè<br />

ersa<br />

Agenzia regionale per <strong>lo</strong> sviluppo rurale<br />

Io tifo per i prodotti<br />

agroalimentari<br />

del <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia.<br />

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porta porta port in tavola t i sapori della tradizione<br />

con con i prodotti p genuini e garantiti ti<br />

dell’agricoltura dell’agr della nostra regione. ne.


14 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// fRuttI dI mARE<br />

Mitili, cozze o pedoci<br />

dal porto alla tavola<br />

Facile da cucinare, a prezzo<br />

abbordabile e anche nostrano.<br />

È il pedocio, alias cozza o<br />

mitile, il cui allevamento da quasi<br />

tre secoli caratterizza il panorama<br />

lungo il litorale roccioso tra Duino<br />

e l’Istria. La sua tipicità ha consentito<br />

l’iscrizione nel registro dei<br />

prodotti tipici. Le prime notizie di<br />

allevamenti di mitili nel Golfo di<br />

Trieste sono risalenti al 1732, quale<br />

sottoprodotto delle più importanti<br />

e remunerative colture di ostriche.<br />

Più che un allevamento vero e proprio,<br />

si trattava di un attecchimento<br />

spontaneo dei molluschi su pali<br />

e rami infilzati sul fondo marino<br />

delle valli di Servola e Zaule.<br />

Certamente, questa attività<br />

era antecedente al 1700 e probabilmente<br />

praticata già al tempo<br />

dell’impero romano. Grande<br />

sviluppo si ebbe nell’800, ma<br />

all’inizio del nuovo seco<strong>lo</strong> un<br />

caso di intossicazione collettiva<br />

e la realizzazione a Zaule di una<br />

raffineria segnarono il declino<br />

dell’attività, che riprese soltanto<br />

dopo la Prima guerra mondiale<br />

estendendosi anche all’Istria,<br />

Tre nomi per descrivere <strong>lo</strong> stesso mollusco<br />

tipico della costa triestina, il cui boom<br />

dell’allevamento si ebbe quasi un seco<strong>lo</strong> fa e<br />

che oggi, badando alla concorrenza straniera,<br />

rimane un prodotto super garantito<br />

/ / La ricetta<br />

Risotto alla lignanese<br />

Ingredienti (per 4 persone): 320 gr di riso Carnaroli, 4<br />

cappesante nostrane, 8 gamberi rossi di Sicilia, 16 cozze,<br />

4 triglie sfilettate, vino bianco, 60 grammi di burro, 20<br />

gr di zafferano in stigmi.<br />

Preparazione: tostare il riso in una casseruola di rame<br />

conil burro, bagnar<strong>lo</strong> con vino e far evaporare. Aggiungere<br />

acqua bollente e <strong>lo</strong> zafferano, portare a cottura mescolando.<br />

In una piccola casseruola far sudare la cipolla<br />

nel burro, aggiungere il restante vino e lasciar ridurre<br />

quasi completamente. Al<strong>lo</strong>ntanare la pentola dal fuoco,<br />

unire il restante burro ed emulsionare con la frusta.<br />

Filtrare attraverso un colino. A cottura ultimata del riso,<br />

mantecare con il burro acido. Stendere a ve<strong>lo</strong> sui piatti e<br />

posarvi sopra i pesci scottati singolarmente in padella.<br />

Ristorante “Sapio” - Lungomare trieste 46<br />

Lignano Sabbiadoro - telefono: 0431 71272<br />

Tra i prodotti<br />

ittici <strong>lo</strong>cali<br />

sono quelli che<br />

consentono<br />

la più ampia<br />

gamma di utilizzi<br />

gastronomici,<br />

secondo tradizione<br />

o innovazione<br />

grazie alla forte richiesta giunta dal<br />

mercato italiano. Nuovo impulso si<br />

ebbe nel secondo dopoguerra con<br />

l’arrivo di diverse famiglie istriane<br />

già specializzate nell’allevamento<br />

di mitili. Negli Anni ’70 il settore<br />

raggiunse addirittura le seimila<br />

tonnellate di prodotto all’anno<br />

occupando circa 200 addetti.<br />

“Attualmente la produzione di<br />

pedòci triestini si attesta sulle 3.700<br />

tonnellate, occupando circa 50<br />

pedòceri” spiega il bio<strong>lo</strong>go Aurelio<br />

Zentilin, della cooperativa Almar<br />

di Marano, la prima realtà del<br />

settore ad aver introdotto nel Golfo<br />

di Trieste nuove tipo<strong>lo</strong>gie di imbarcazioni<br />

che sono delle “piccole navi<br />

fattoria” in cui tutte le operazioni di<br />

raccolta e preparazione del prodotto<br />

da avviare ai mercati vengono<br />

svolte direttamente a bordo.<br />

“<strong>Il</strong> cic<strong>lo</strong> di allevamento dei mitili<br />

inizia con la raccolta del seme di<br />

miti<strong>lo</strong> selvatico – spiega Zentilin -,<br />

che è effettuata principalmente nel<br />

periodo primaverile raschiando<br />

superfici sommerse, le cime dei<br />

vivai o anche immergendo dei<br />

supporti con funzione di captatori


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

per le giovani larve alla ricerca di<br />

substrati su cui attecchire. Segue,<br />

poi, il confezionamento delle<br />

reste, ovvero lunghe calze di rete<br />

di plastica che contengono i mitili<br />

da allevare, di lunghezza variabile<br />

da 2 a 4 metri, che sono sospese<br />

nei parchi di allevamento. I mitili<br />

all’interno delle reste tendono in<br />

breve tempo a fissarsi tra <strong>lo</strong>ro e sulla<br />

rete per mezzo del bisso. Le reti<br />

in plastica sono sostituite 2-3 volte<br />

nel corso del cic<strong>lo</strong> di allevamento,<br />

che ha una durata di 8-12 mesi. In<br />

questo modo è possibile garantire,<br />

attraverso le operazioni di pulizia,<br />

cernita e diradamento, un ottimale<br />

sviluppo del prodotto. L’ultimo<br />

cambio, effettuato poco prima<br />

della commercializzazione, permette<br />

il finissaggio e la toelettatura<br />

del prodotto, nel corso della quale<br />

avviene la sgranatura, la pulizia e<br />

la selezione finale per taglia”.<br />

Per essere avviati alla vendita i<br />

mitili devono aver raggiunto i 5<br />

■ UOMINI & VINI<br />

centimetri di lunghezza. <strong>Il</strong> raccolto<br />

<strong>lo</strong>cale si effettua da maggio<br />

a settembre. Oggi è molto semplice<br />

individuare la provenienza,<br />

grazie alle etichette inamovibili<br />

che devono riportare, tra gli altri<br />

dati, il metodo di produzione, la<br />

zona di allevamento e la data di<br />

confezionamento. La concorrenza<br />

che possiamo trovare sui banconi<br />

dei nostri negozi giunge prevalentemente<br />

dalle coste atlantiche<br />

della Spagna, in particolare dalla<br />

regione della Galizia.<br />

Sotto l’aspetto culinario, il pedocio<br />

consente un utilizzo molto<br />

variegato.<br />

“Tra tutte le specie lagunari e<br />

marine – conclude Zentilin -, i<br />

mitili sono quelli che consentono<br />

la più ampia gamma di impieghi<br />

gastronomici: scottadeo, sesame,<br />

fritture, minestre, pasticci, spesso<br />

in abbinamento a varie verdure<br />

come pomodori, sedano, carciofi,<br />

melanzane, porri”.<br />

I profumi della Riviera<br />

nel piatto e in bottiglia<br />

La Tenuta “Isola Augusta” di Massimo Bassani, a pochi minuti<br />

dal casel<strong>lo</strong> autostradale di Latisana, pone particolare attenzione<br />

all’intera filiera produttiva: dall’uva alla bottiglia. In vigneto e in<br />

cantina si utilizzano tecno<strong>lo</strong>gie che rispettano l’ambiente, quali<br />

il fotovoltaico e la geotermia, e l’intera azienda è impostata in<br />

un’ottica di sostenibilità ambientale e di rispetto della natura<br />

e della tradizione. L’azienda offre molteplici attività: visita in<br />

cantina, in barricaia e nella sala degli spumanti, possibilità di<br />

degustare e acquistare i vini nel suo chiosco. <strong>Il</strong> complesso propo-<br />

ne, inoltre, l’opportunità di<br />

pernottare presso l’agriturismo<br />

immerso nel verde<br />

della Riviera friulana, ma<br />

il vero cuore dell’azienda è<br />

“La Trattoria”, che propone<br />

gustosi piatti cucinati<br />

col pesce fresco dell’Adriatico,<br />

pescato giornalmente<br />

dai pescatori della vicina<br />

laguna di Marano.<br />

La nuova gestione della<br />

trattoria è affidata a un<br />

gruppo di professionisti,<br />

Un recente<br />

evento nella<br />

tenuta<br />

appassionati e profondi conoscitori dei tesori enogastronomici<br />

regionali, che coniugano una cucina di pesce, non eccessivamente<br />

ricercata, ma di grande qualità, con una serie di eventi<br />

volti a incrementare la conoscenza delle produzioni tipiche della<br />

Riviera. La cucina è, infatti, incentrata sul felice matrimonio tra<br />

il pesce fresco e i prodotti della fertile terra della tenuta: vino, olio<br />

e ortaggi. Per ciascuna pietanza è indicato in menù il vino consigliato<br />

di produzione Isola Augusta, marchiati Doc Latisana.<br />

Azienda agricola “Isola Augusta” - Palazzo<strong>lo</strong> del<strong>lo</strong> Stella<br />

Telefono: 0431 58046 - info@isolaugusta.com<br />

// //<br />

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16 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// PESCE<br />

Merluzzo, prodotto<br />

nordico uno e trino<br />

Da una materia prima<br />

abbondante nei mari del<br />

Nord, deriva un prodotto<br />

ittico per tutte le stagioni. Oggi<br />

<strong>lo</strong> troviamo surgelato e a buon<br />

prezzo in tutti gli scaffali dei<br />

supermercati, ma per secoli il<br />

merluzzo è giunto sulle tavole<br />

friulane essiccato o conservato<br />

sotto sale. Ai tempi in cui la tecno<strong>lo</strong>gia<br />

non consentiva la catena<br />

del freddo, infatti, per garantire la<br />

durata del pesce e la possibilità<br />

di trasportar<strong>lo</strong> e rivender<strong>lo</strong> in<br />

mercati <strong>lo</strong>ntani ci si affidata al<br />

sole e al sale.<br />

<strong>Il</strong> merluzzo è pesce dell’alto<br />

Atlantico. I pescatori scandinavi<br />

<strong>lo</strong> decapitavano, <strong>lo</strong> ripulivano<br />

dalle interiora e <strong>lo</strong> appendevano<br />

a essiccare. Diventava, così, <strong>lo</strong><br />

stoccafisso, in inglese stockfish<br />

cioè pesce di legno o di magazzino,<br />

secondo le interpretazioni. Dai<br />

pescherecci baschi, invece, vista<br />

l’abbondanza di saline della <strong>lo</strong>ro<br />

costa più temperata, il merluzzo<br />

finiva in barili colmi di sale, diventando<br />

così baccalà.<br />

I due prodotti fecero la <strong>lo</strong>ro ap-<br />

Lo si trova fresco, seccato oppure sotto sale;<br />

dopo l’ammol<strong>lo</strong>, il baccalà nostrano, che in<br />

verità è <strong>lo</strong> stoccafisso, viene cucinato a fuoco<br />

lento per ore e alla fine servito con polenta<br />

e un buon bicchiere di vino rosso<br />

/ / La ricetta<br />

Baccalà<br />

Ingredienti (per 4 persone): 3 chili di baccalà bagnato,<br />

2 cipolle, 1 litro di latte, prezzemo<strong>lo</strong>, 4 sarde salate, olio<br />

d’oliva, farina 00, pepe, Parmigiano reggiano.<br />

Preparazione: tagliare a pezzi il baccalà<br />

e infarinar<strong>lo</strong>. Soffriggere la<br />

cipolla e le sarde. Alternare<br />

pezzi di baccalà e il soffritto<br />

in una pirofila da forno. Salare,<br />

pepare, mettere il latte<br />

e l’olio d’oliva. Cospargere<br />

di formaggio e prezzemo<strong>lo</strong>.<br />

Cuocere in forno per 45 minuti<br />

a 170°. Pulire il baccalà dalle lische<br />

e finire la cottura a fuoco lento.<br />

Osteria “Al Canarino” - Via Cussignacco 37<br />

Udine - Telefono: 0432 504715<br />

Dai freddi mari<br />

del Nord, ieri come<br />

oggi, conservato<br />

in modo naturale<br />

giunge per essere<br />

utilizzato in ricette<br />

entrate da secoli<br />

nella tradizione<br />

<strong>lo</strong>cale<br />

parizione tra i commercianti della<br />

Serenissima a metà del 1400,<br />

grazie alle missioni esp<strong>lo</strong>rative<br />

delle proprie galee lungo le coste<br />

scandinave. Proprio nelle terre<br />

della Repubblica, compreso il<br />

<strong>Friuli</strong>, si generò però un equivoco<br />

lessicale. La gastronomia <strong>lo</strong>cale,<br />

infatti, definisce baccalà <strong>lo</strong> stoccafisso.<br />

<strong>Il</strong> merluzzo essiccato e,<br />

poi, battuto e ammollato prima<br />

di essere cucinato da quell’epoca<br />

è entrato a far parte dei ricettari<br />

tradizionali.<br />

Una spinta determinante al suo<br />

consumo venne dal Concilio di<br />

Trento, svoltosi a metà del 1500<br />

e che avviò il periodo della Controriforma<br />

cattolica. <strong>Il</strong> dettame<br />

dell’astinenza alimentare e dei<br />

piatti di magro, infatti, poteva<br />

essere rispettato nell’entroterra<br />

soltanto con pesce a lunga conservazione.<br />

Nei ricettari friulani più moderni<br />

troviamo tutte le diverse<br />

declinazioni del merluzzo. Anche<br />

tra gli scritti del<strong>lo</strong> chef carnico<br />

Gianni Cosetti che nel suo ristorante<br />

“Roma” di Tolmezzo


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

proponeva l’insalata di merluzzo<br />

salato. Si prepara lasciando ammollare<br />

per due giorni i tranci di<br />

pesce, cambiando l’acqua ogni<br />

12 ore. Si cuociono delle patate<br />

a vapore e con <strong>lo</strong> stesso metodo<br />

anche il merluzzo. Si mescolano<br />

i due ingredienti tagliati a dadi,<br />

condendo il tutto con olio, succo<br />

di limone, sale e pepe. Nel piatto<br />

si guarnisce con prezzemo<strong>lo</strong>,<br />

erba cipollina e, volendo, qualche<br />

oliva nera. Altra ricetta utilizza<br />

il ‘nostro’ baccalà, quel<strong>lo</strong> cioè<br />

essiccato, che dopo l’ammol<strong>lo</strong><br />

viene cotto lentamente con latte,<br />

acqua e foglie d’al<strong>lo</strong>ro. Stesso<br />

condimento della precedente<br />

soluzione, ma guarnizione a base<br />

di cipol<strong>lo</strong>tti e fondi di carciofo.<br />

All’altro capo della regione, cioè<br />

a Trieste, e in base a un’altra cultura<br />

qui presente da secoli, come<br />

quella ebraica, troviamo il baccalà<br />

in agrodolce, che viene prima<br />

■ UOMINI & VINI<br />

rosolato e poi arricchito da una<br />

salsetta fatta con acqua, zucchero,<br />

aceto, pinoli e uvetta passa.<br />

Con un altro vo<strong>lo</strong> fino a giungere<br />

a un passo dalle grave del Tagliamento,<br />

si approda a Spilimbergo<br />

dove un <strong>lo</strong>cale è conosciuto anche<br />

fuori regione proprio per il suo<br />

baccalà. È l’osteria “Al Bacaro”<br />

gestito dal 1897 dalla famiglia<br />

Zavagno, che dalla stessa data<br />

quotidianamente prepara il merluzzo<br />

essiccato. Lo fa secondo una<br />

ricetta semplicissima e immutata<br />

negli anni. Dopo l’ammol<strong>lo</strong> <strong>lo</strong><br />

stoccafisso viene posto in padella<br />

con un soffritto di olio e cipolla.<br />

Si aggiunge, quindi, acqua e <strong>lo</strong> si<br />

lascia cuocere a fuoco lento: per<br />

ben cinque ore e mezza. Alla fine,<br />

viene servito con polenta gialla<br />

arrostita e un calice di Cabernet,<br />

Malbec o Tocai, potendo cioè<br />

scegliere non a caso tra due rossi<br />

o un bianco.<br />

Cinquanta brindisi<br />

per il patriarcato di Siriz<br />

Mauro deliziò con i suoi primi vagiti, nel 1959, il “patriarcato<br />

di Siriz”, borgo di Cormons, e da al<strong>lo</strong>ra la sua presenza<br />

in azienda è stata continua e attiva. Nel 1978 rientrò<br />

dall’istituto di Cividale con in tasca un dip<strong>lo</strong>ma importante<br />

e un bagaglio d’insegnamenti corretti che <strong>lo</strong> portarono a<br />

innamorarsi della bio<strong>lo</strong>gia applicata all’agricoltura. Fino<br />

al 1998 è stato un convinto sostenitore dell’allevamento<br />

d’alta qualità (latte prima, carne in seguito). Ci pensarono<br />

le quote latte e le altrui disavventure da “mucca pazza” a<br />

togliergli l’entusiasmo.<br />

Fu così che si ritrovò vignaio<strong>lo</strong> a tempo pieno. Nel giorno<br />

del suo 50° compleanno, Mauro ha riunito i migliori amici<br />

per fare un primo consuntivo di un percorso umano e professionale<br />

invidiabile e per brindare con l’uvaggio bianco<br />

“Vignis di Siriz”, splendido equilibrio fra legno e inox, con<br />

belle armonie date dal Tocai friulano a braccetto con Sauvignon<br />

e Pinot bianco.<br />

Azienda agricola Mauro Drius - Via Filanda 100, Cormons<br />

Telefono: 0481 60998 - drius.mauro@adriacom.it<br />

La famiglia<br />

Drius<br />

// //<br />

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18 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// tARtufI<br />

A caccia di tesori<br />

con il fiuto di Fido<br />

La stagione dei tartufi sta entrando<br />

nel vivo. <strong>Il</strong> profumato<br />

fungo ipogeo, che cresce<br />

cioè sottoterra, è stato ‘scoperto’<br />

soltanto di recente in <strong>Friuli</strong>. Lo<br />

spartiacque culturale è rappresentato<br />

dalla legge regionale del<br />

1999 che ne ha disciplinato la raccolta<br />

e avviato un censimento dei<br />

siti più vocati, ma i cui risultati<br />

sono rimasti chiusi in un cassetto.<br />

<strong>Il</strong> tartufo è sempre esistito nella<br />

nostra regione, seppur non fosse<br />

conosciuto e apprezzato come<br />

in altre zone italiane e dei Paesi<br />

confinanti, come in Istria. In passato,<br />

però, ben pochi friulani si<br />

impegnavano nella <strong>lo</strong>ro raccolta,<br />

mentre i nostri boschi venivano<br />

percorsi da tartufai emiliani o<br />

veneti.<br />

“In <strong>Friuli</strong> sono presenti tutte<br />

dieci le varietà, compreso il tartufo<br />

bianco trovato nei boschi di<br />

Muzzana – spiega l’appassionato<br />

Ermes Biasizzo -. La ricerca svolta<br />

per conto dell’Ersa nel 2000 ha<br />

censito circa cento siti. Bisognerebbe,<br />

ora, tradurre tutti quei dati<br />

in una apposita cartografia”.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Friuli</strong> ha piena dignità per essere<br />

considerata terra di tartufi, in particolare<br />

per il suo nero dal sapore e profumo<br />

delicati, però il settore potrebbe avere<br />

ancora maggiore sviluppo in futuro<br />

/ / La ricetta<br />

Scrigno di branzino<br />

Ingredienti (per 4 persone): per la pasta 350 gr di farina, 4<br />

uova, 50 gr di purea di zucca; per il ripieno un branzino,<br />

olio, aglio, olio di tartufo bianco, mascarpone, pomodoro.<br />

Preparazione: impastare la farina, le uova e la purea di<br />

zucca, stendere quindi una sfoglia. Tagliarla a quadroni<br />

e cuocerla in acqua bollente salata per un minuto circa.<br />

Scolarla asciugarla e foderare degli stampini con la pasta e<br />

farcirli con della mousse di branzino, preparata pelando il<br />

branzino dopo aver<strong>lo</strong> scottato leggermente con poco olio<br />

e uno spicchio d’aglio in camicia. Frullar<strong>lo</strong> in un mix con<br />

l’aggiunta di olio al profumo di tartufo bianco. Aggiungere<br />

poco mascarpone e farcire <strong>lo</strong> stampino precedentemente<br />

foderato con la pasta. Cuocer<strong>lo</strong> in forno per circa 6-7<br />

minuti e servir<strong>lo</strong> in piatto su una crema di pomodoro.<br />

trattoria “Isola Augusta” - Casali Isola Augusta 4<br />

Palazzo<strong>lo</strong> del<strong>lo</strong> Stella - telefono: 0431 586283<br />

Sono circa<br />

duecento<br />

i raccoglitori<br />

attivi<br />

in regione;<br />

essenziale<br />

è l’aiuto<br />

del cane<br />

addestrato<br />

La sua presenza, infatti, richiede<br />

diversi presupporti ambientali:<br />

l’essenza arborea giusta con cui<br />

vive in simbiosi, il terreno adatto<br />

e, ovviamente, l’andamento climatico<br />

adeguato, in particolare<br />

una primavera piovosa.<br />

Attualmente, in regione i cercatori<br />

di tartufi regolarmente dotati<br />

di tesserino sono circa duecento,<br />

ma il territorio sarebbe in grado<br />

di sostenere l’impatto di almeno<br />

un migliaio di raccoglitori. A<br />

maggior ragione se molti terreni<br />

poco remunerativi per l’agricoltura<br />

tradizionale fossero piantumati<br />

con gli alberi “micorizzati”,<br />

ovvero con l’innesto nell’impianto<br />

radicale delle spore dei tartufi.<br />

Un compito affidato, sempre dalla<br />

legge regionale, ai vivai forestali,<br />

ma anch’esso rimasto sulla carta.<br />

Per trovare il tartufo è necessario<br />

conoscere bene il territorio,<br />

certo, ma è anche fondamentale<br />

farsi aiutare.<br />

“Cane da tartufo non si nasce,<br />

ma si diventa” spiega Anedi Co<strong>lo</strong>mbaro,<br />

addestratore di cani<br />

fin dal 1960 quando frequentò la


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

scuola cinofila della Guardia di<br />

Finanza.<br />

“Tutte le razze possono diven-<br />

tar<strong>lo</strong> – continua -, l’impor<br />

tante è che abbiamo<br />

abbiamo<br />

pe<strong>lo</strong> corto, canna canna<br />

nasale lunga e fisi-<br />

co robusto. Poi, ci<br />

vuole l’addestramento,<br />

che deve<br />

iniziare già da<br />

cuccio<strong>lo</strong>”.<br />

Co<strong>lo</strong>mbaro, che<br />

per per le sue ricerche<br />

si affida a un Pastore<br />

tedesco, considera<br />

il Labrador la razza più<br />

adatta, mentre quella italiana<br />

tradizionalmente selezionata<br />

proprio per i tartufi è il Lagotto.<br />

■ UOMINI & VINI<br />

Come si sa, questo fungo ipogeo<br />

può raggiungere prezzi da gioielleria.<br />

Quel<strong>lo</strong> bianco viene battuto<br />

all’asta anche per seimila<br />

euro al chi<strong>lo</strong>grammo,<br />

mentre il nero pre<br />

giato si ferma a 700<br />

euro.<br />

“<strong>Il</strong> tartufo ti-<br />

pico friulano è<br />

quel<strong>lo</strong> nero co<br />

mune – spiega<br />

Biasizzo -, con<br />

pezzatura media<br />

attorno ai 50 gram<br />

mi. Si distingue, però,<br />

da quel<strong>lo</strong> proveniente<br />

dalle altre zone: ha sapore e profumo<br />

inconfondibili, molto più<br />

delicati”.<br />

Quei Visintin detti Magnàs<br />

Parliamo di Luciano e Sonia Visintin e del <strong>lo</strong>ro figlio Andrea,<br />

meglio noti come “I Magnàs”. Un documento di stima<br />

dei terreni agrari risalente all’ aprile 1753 cita, infatti, tale<br />

“collòno Visintin detto Magnàs”. Dunque, Contadini con la C<br />

maiuscola, ben radicati fra quelle colline e in cui il bisnonno<br />

Eugenio, in un duplice matrimonio pensò bene di rinsaldare il<br />

patriarcato, ricco di ben sei figli. Luciano, attuale capofila della<br />

tenuta con annesso agriturismo, nacque nel 1942, convolando<br />

al momento giusto con quella grande donna che è Sonia. <strong>Il</strong><br />

primogenito Andrea, dip<strong>lo</strong>matosi nel 1986, affianca i genitori<br />

nella gestione aziendale. A goderne è stato il vigneto, progressivamente<br />

portato, fra proprietà e affitto, a quasi dieci ettari.<br />

In cantina eccel<strong>lo</strong>no il Tocai e, soprattutto il Sauvignon. È un<br />

vino, quest’ultimo, davvero importante, da abbinare a pietanze<br />

che possano competere con la sua aromaticità.<br />

La famiglia Visintin<br />

Anedi<br />

Co<strong>lo</strong>mbaro<br />

Azienda agricola “Magnàs” - Via Corona 47, Cormons<br />

Telefono: 0481 60991 - info@magnas.it<br />

// //<br />

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20 // euronews informa<br />

www.ilfriuli.it<br />

Le latterie sociali turnarie rappresentano<br />

la più antica forma di cooperazione agricola<br />

in <strong>Friuli</strong>, nate nel 1880, quando a<br />

Collina di Forni Avoltri viene fondata la prima<br />

latteria turnaria. Oggi sono attive in <strong>Friuli</strong> circa<br />

20 latterie turnarie, di cui 14 lavorano il latte<br />

giornalmente. Le latterie turnarie, eredi della<br />

più antica tradizione casearia, abbinano la<br />

lavorazione comune del latte (garanzia di<br />

sicurezza alimentare ed igienicità) con la vendita<br />

del prodotto presso le aziende agricole o<br />

i canali commerciali <strong>lo</strong>cali, con un rapporto<br />

diretto produttore-consumatore.<br />

Una preziosa nicchia di tipicità e tradizione,<br />

dunque. <strong>Il</strong> termine “turnarie”, infatti, deriva<br />

dal secolare sistema organizzativo, assolutamente<br />

unico, in cui i soci, a turno e a seconda<br />

del latte portato in latteria, aiutano il casaro<br />

nel lavoro di caseificazione e ritirano sempre<br />

a turno il formaggio di giornata. Ogni latteria<br />

produce poi alcune tipicità, tra cui sicuramente<br />

da segnalare il “formaggio ubriaco”, La<br />

maggior parte dei bovini allevati sono di razza<br />

pezzata rossa, nutriti con alimenti naturali<br />

come il fieno di prato stabile ed erba medica.<br />

<strong>Il</strong> latte crudo è poi lavorato con procedimenti<br />

tradizionali e caglio di prim’ordine. Una visita<br />

ad una di queste latterie sarà più esaustiva<br />

di tante parole.<br />

Che il mondo del vino sia oramai un<br />

importante motore del turismo è un<br />

dato di fatto: il turismo cosiddetto<br />

“enogastronomico” muove numeri sempre<br />

maggiori e cresce ogni anno il successo<br />

delle iniziative organizzate per soddisfare<br />

un mondo di appassionati e di persone<br />

che per la prima volta vogliono scoprire i<br />

luoghi e i modi in cui si producono alcuni<br />

dei vini più pregiati che la tradizione <strong>lo</strong>cale<br />

Latterie “turnarie”:<br />

preziosa nicchia<br />

di tipicità<br />

e tradizione<br />

Le latterie turnarie:<br />

Latteria sociale di Brazzacco (Moruzzo), Latteria sociale turnaria di Buja, Latteria sociale di Campolessi<br />

(Gemona), Latteria sociale di Caporiacco (Col<strong>lo</strong>redo di Montalbano), Latteria sociale di Castions<br />

di Strada, Latteria sociale turnaria di Godo (Gemona), Latteria sociale turnaria di Molinis (Tarcento),<br />

Latteria sociale di Pertegada (La tisana), Latteria sociale di Ravosa e Magredis (Povoletto), latteria<br />

sociale di Rizzo<strong>lo</strong> (Reana del Rojale), Latteria sociale di Savorgnano del Torre (Povoletto), Latteria<br />

sociale di Muris (Ragogna), Latteria di S.Maria La Longa, Latteria sociale di Trivignano Udinese.<br />

Le cantine si aprono ai visitatori<br />

offre. Anche il <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia offre<br />

ampia scelta. Nel panorama regionale un<br />

ruo<strong>lo</strong> di rilievo <strong>lo</strong> hanno le cantine cooperative<br />

oggi messe in rete da “Turismo Cooperativo”,<br />

un’iniziativa di Confcooperative<br />

Fvg, l’organizzazione che le rappresenta<br />

(info: www.turismocooperativo.it).<br />

A Rauscedo (www.cantinarauscedo.com), in<br />

provincia di Pordenone, sono possibili degustazioni<br />

guidate anche abbinate a prodotti <strong>lo</strong>-<br />

cali. La visita tipo comprende dunque un tour<br />

della cantina e la degustazione finale. E per<br />

il prossimo anno, non bisogna dimenticare<br />

un’ulteriore proposta: la possibilità di visitare<br />

la cantina nel periodo della vendemmia<br />

previo contatto anticipato, assistendo alla<br />

lavorazione delle uve, assaggiando il mosto e<br />

degustando i vini prodotti. A Cormòns (www.<br />

cormons.com) non può mancare la tappa<br />

alla Cantina Produttori: la visita al Vigneto del<br />

latteria sociale di ravosa e magredis<br />

Mondo, dove fin dal 1985 si vendemmiano le<br />

uve che danno il “Vino della Pace”, all’impianto<br />

di imbottigliamento e confezionamento<br />

delle bottiglie e alla sala di stoccaggio dove<br />

avviene la degustazione, dura circa un’ora e<br />

mezza. A Cormòns, inoltre, l’Enoteca (www.<br />

enotecacormons.com) nella storica piazza<br />

XXIV maggio accanto al Municipio, è la sede<br />

di importanti eventi nel corso dell’anno, da<br />

In vino veritas a Uvaggio nel mondo, oltre<br />

che di degustazioni guidate che beneficiano<br />

dell’enorme patrimonio vitivinico<strong>lo</strong> del Collio.<br />

A pochi chi<strong>lo</strong>metri da Udine la Cantina<br />

Banear (www.banear.it) di Treppo Grande<br />

propone delle visite seguite da degustazione,<br />

per condividere la bellezza del paesaggio e<br />

la qualità dei propri vini. Ai visitatori vengono<br />

proposto vini accompagnati da formaggi e<br />

panificati, ma anche momenti di immersione<br />

nella storia <strong>lo</strong>cale, con la visita al castel<strong>lo</strong> di<br />

Rive d’Arcano. Infine a Codroipo (tel. 0432<br />

906030) la <strong>lo</strong>cale cantina, una delle realtà<br />

più significative con i suoi 250 soci e 450<br />

ettari di terreno vitato nella zona Doc “Grave”,<br />

attende i visitatori dal lunedì al venerdì.<br />

La cantina da qualche tempo permette di<br />

degustare i vini in un’osteria con cucina: qui<br />

come nelle altre cantine cooperative, vini e<br />

distillati di qualità raccontano i va<strong>lo</strong>ri della<br />

tradizione e del rispetto per la natura.<br />

Le cooperative associate alla Confcooperative Fvg, maggiore organizzazione<br />

di rappresentanza cooperativistica della nostra regione,<br />

propongono i prodotti e i piatti tipici della tradizione gastronomica<br />

<strong>lo</strong>cale e vi offrono la possibilità di visitare le cantine e le latterie.


www.ilfriuli.it euronews informa<br />

Un paesaggio unico per varietà<br />

e bellezza, la costa del <strong>Friuli</strong><br />

Venezia Giulia può diventare<br />

il luogo perfetto per scoprire i mille<br />

sapori della tradizione marinara della<br />

nostra regione. Partiamo dal golfo di<br />

Trieste: al Villaggio del Pescatore si<br />

trova il “Pescaturismo”: resterete affascinati<br />

dal<strong>lo</strong> splendido panorama che<br />

si ammira dalle vaste vetrate dell’ampio<br />

ristorante. Qui è il rapporto tra il<br />

mare e la cucina a fare da padrone:<br />

la cooperativa Colmi alleva i mitili e li<br />

prepara secondo deliziose ricette (per<br />

informazioni: www.alpescaturismo.it).<br />

A Grado, invece, sopravvivono le<br />

antiche tradizioni dei pescatori che<br />

nel 1930 fondarono la Cooperativa<br />

Pescatori di Grado. L’occasione per<br />

assaporare il frutto di tanta fatica e<br />

passione dei 195 pescatori della cooperativa<br />

è il punto di vendita diretta<br />

nato a maggio presso il Mercato ittico<br />

(dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle<br />

// //<br />

21<br />

Da Trieste a marano per scoprire<br />

i sapori della tradizione marinara<br />

12 in Riva Dando<strong>lo</strong>, 22): avrete qui la<br />

certezza sulla freschezza e genuinità<br />

del prodotto. A Marano si trova poi la<br />

cooperativa pescatori s.Vito, la cooperativa<br />

della pesca più grande della<br />

Regione con i suoi oltre 300 soci.<br />

Grado, Marano e la laguna che<br />

circonda le due <strong>lo</strong>calità è anche<br />

l’occasione per scoprire un prodotto<br />

che qui è di casa: il fasolaro. Marano<br />

Lagunare ospita infatti uno dei tre<br />

porti di sbarco di questo mollusco,<br />

ricco di peculiarità che ne fanno un<br />

frutto di mare unico nel suo genere.<br />

<strong>Il</strong> fasolaro si riconosce per il co<strong>lo</strong>re<br />

bruno rossiccio della conchiglia che<br />

raggiunge anche i 7-8 centimetri e i<br />

100 grammi, e per la sua salubrità<br />

perché si sviluppa in acque profonde<br />

e al largo della costa, <strong>lo</strong>ntano dall’inquinamento.<br />

Un vero simbo<strong>lo</strong> della<br />

natura e della salubrità della natura<br />

che permea questa zona del <strong>Friuli</strong><br />

Venezia Giulia. info: www.fasolari.it<br />

Pescatori e autorità assieme per la 37a Festa della cooperazione<br />

peschereccia che si è tenuta <strong>lo</strong> scorso 8 dicembre a Marano<br />

nell’ambito delle Giornata del ringraziamento. La cittadina lagunare<br />

ha rinnovato il suo abbraccio alla storica cooperativa nata nel<br />

1951 che continua a trasmettere di generazione in generazione<br />

la tradizione della pesca. Dopo la benedizione delle acque e delle<br />

barche, la festa è proseguita con il corteo e la santa messa fino<br />

al solenne momento della deposizione di una corona d’al<strong>lo</strong>ro al<br />

monumento in memoria dei pescatori deceduti nella pesca.<br />

<strong>Il</strong> fasolaro in cucina:<br />

fasolari gratinati<br />

Ingredienti per 4 persone:<br />

1 kg di fasolari, pane grattugiato, parmigiano, prezzemo<strong>lo</strong>,<br />

olio extravergine d’oliva, brandy, sale e pepe<br />

Aprite e pulite accuratamente i fasolari staccandoli dalla<br />

<strong>lo</strong>ro conchiglia e sminuzzateli fino ad ottenere una morbida<br />

poltiglia. Amalgamate a parte del pane grattugiato con parmigiano,<br />

olio extravergine d’oliva, una spruzzata di Brandy,<br />

del prezzemo<strong>lo</strong> finemente triturato ed un pizzico di sale e pepe.<br />

Aggiungete il trito di fasolari. Lavate e asciugate le valve dei<br />

fasolari, ungetele con un fi<strong>lo</strong> di olio. Riempite la valva con il<br />

composto ottenuto, aggiungete qualche fiocchetto di burro e<br />

infornateli a 160°-170° per circa 20 minuti, fino a che si forma<br />

la crosticina sulla superficie. Togliete dal forno e servite caldo.<br />

• Richiedi presso la sede di<br />

Confcooperative la mappa degli<br />

spacci delle cooperative per trovare<br />

il punto vendita più vicino a casa tua!<br />

Udine, Via Marsala 66<br />

Tel. 0432 600546<br />

friuliveneziagiulia@confcooperative.it


22 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// CARnE<br />

Per una buona bistecca<br />

saliamo in Limousine<br />

Le bistecche sono tutte uguali<br />

e una vale l’altra. Se <strong>lo</strong> credete<br />

veramente, per favore, voltate<br />

subito pagina. Con <strong>lo</strong> stesso atteggiamento<br />

mentale, si è portati a<br />

credere che i vini sono tutti uguali,<br />

come anche gli oli e chissà quanti<br />

altri ingredienti. Invece, non è così.<br />

In base alla razza bovina allevata,<br />

alla tipo<strong>lo</strong>gia di alimentazione e<br />

anche alla qualità di vita dell’animale,<br />

si avrà un prodotto diverso e,<br />

quindi, un risultato in cucine e un<br />

sapore differente al palato. In base<br />

all’anagrafe nazionale zootecnica,<br />

in <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia esistono<br />

attualmente 997 allevamenti con<br />

bovini da carne, molti dei quali<br />

però di dimensioni piccolissime.<br />

Nel complesso, risultano registrati<br />

oltre 13mila capi.<br />

Le razze, ovviamente, sono diverse.<br />

Tra quelle più adatte per<br />

la carne, troviamo la Limousine.<br />

Sono sei le aziende che allevano<br />

mandrie di una certa consistenza<br />

di questa varietà. La razza Limousine,<br />

originaria della regione<br />

francese del Limousin, costituisce<br />

al pari della Charolais una delle<br />

In <strong>Friuli</strong> sono diversi gli allevamenti<br />

specializzati in questa razza bovina da<br />

carne, le cui virtù mettono d’accordo<br />

allevatori, macellatori, macellai e,<br />

ovviamente, anche i consumatori<br />

/ / La ricetta<br />

Bistecca del mugnaio<br />

Ingredienti (per 6 persone): 6 costate di manzo o di<br />

vitel<strong>lo</strong>ne con o senza osso ben battute, 2 cipolle e 2<br />

carote tritate finemente, 30 gr di burro, farina,<br />

brodo di carne, carne, un bicchiere di vino bianco,<br />

sale e pepe.<br />

Preparazione: in una padella far<br />

soffriggere soffriggere il burro burro con con la cipolla e<br />

la carota. carota. Unire <strong>lo</strong> costate precedentemente<br />

infarinate. infarinate. Uniformare Uniformare la cottura cottura<br />

rigirandole rigirandole più più volte, versare il vino, vino,<br />

salare salare e pepare, coprire e terminare<br />

la la cottura aggiungendo aggiungendo piccole<br />

quantità di brodo in modo che la<br />

carne risulti ben morbida.<br />

Trattoria “Al Camarin” - strada Dai Luncs 6/2<br />

Moruzzo - Telefono: 0432 672566<br />

La resa al<br />

macel<strong>lo</strong> arriva al<br />

70% e la polpa ha<br />

una grana fine e<br />

omogenea che<br />

non scompare<br />

quando viene<br />

cotta e finisce<br />

nel piatto<br />

razze bovine da carne più diffuse<br />

al mondo. Presenta un mantel<strong>lo</strong> di<br />

co<strong>lo</strong>re fromentino vivo e una taglia<br />

media. Tori e vacche raggiungono<br />

in età adulta un peso che varia,<br />

rispettivamente, da 10 a 12 quintali<br />

e da 5,5 a 8 quintali. Come la<br />

Charolais, la razza si distingue per<br />

la sua rusticità e per le sue qualità<br />

materne, oltre che per la qualità<br />

della carne, magra magra e fine. Presenta<br />

un’eccellente resa resa alla macellazio<br />

ne, superiore superiore al al 70% sul peso vivo.<br />

Convinto Convinto allevatore di questa<br />

razza è Sandro Bergamasco di<br />

Spessa di Cividale che, abbando<br />

nato al’inizio degli Anni ’90<br />

l’allevamento tradizionale<br />

orientato al lattierocaseario, si<br />

è specializzato nella tipo<strong>lo</strong>gia<br />

da carne scegliendo, appunto,<br />

una delle razze più vocate.<br />

“La Limousine mette d’accordo<br />

tutti: allevatori, macellatori e ma<br />

cellai – commenta Bergamasco -,<br />

infatti, è un bovino dal parto facile,<br />

che consente di ottenere anche<br />

un vitel<strong>lo</strong> all’anno e che è capace<br />

anche di un buon allattamento.<br />

Durante la macellazione, poi,


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

comporta una bassa incidenza del<br />

quinto quarto, cioè del<strong>lo</strong> scarto e<br />

quindi della parte non remunerativa.<br />

Infine, la sua carne vanta un<br />

tessuto a grana fine e omogenea,<br />

la cui differenza si nota nel piatto”.<br />

Oltre a quella di Bergamasco, che<br />

conta 130 capi e che è l’unica ad<br />

avere uno spaccio diretto con bancone<br />

macelleria, in <strong>Friuli</strong> esistono<br />

altre aziende agricole specializzate<br />

in questa razza da carne. Due di<br />

esse sono anche bio<strong>lo</strong>giche, con<br />

vendita a porzioni di carne sottovuoto,<br />

e sono la Mocchiutti di<br />

Villanova del<strong>lo</strong> Judrio e la Kanduth<br />

di Malborghetto Valbruna. Soli allevamenti,<br />

invece, sono la Carniagricola<br />

di Enemonzo, la Oitzinger<br />

di Tarvisio, la Agrimaor di Travesio<br />

e la De Crignis di Ravascletto.<br />

Molto spesso nel cic<strong>lo</strong> agroindustriale<br />

finiscono al macel<strong>lo</strong><br />

le vacche a fine carriera, ovvero<br />

quelle utilizzate per la mungitura<br />

che quando hanno esaurito la<br />

propria funzione vengono avviate<br />

■ UOMINI & VINI<br />

al cic<strong>lo</strong> della carne. L’utilizzo della<br />

<strong>lo</strong>ro carne è spesso per l’inscatolamento<br />

o per macinati, sughi o<br />

hamburger. Secondo Bergamasco<br />

non va certamente penalizzato<br />

l’utilizzo dei bovini a fine carriera,<br />

a patto però che le vacche prima<br />

della macellazione vengano ‘riformate’,<br />

cosa che raramente avviene<br />

in Italia. Va <strong>lo</strong>ro consentito, cioè, di<br />

riposare e recuperare un normale<br />

metabolismo dopo anni di sfruttamento<br />

intensivo per la mungitura.<br />

Uno dei problemi di fondo dei bovini<br />

da carne in <strong>Friuli</strong>, comunque,<br />

è la mancanza di cultura lungo<br />

la filiera alimentare. Poche volte<br />

capita che un macellaio, specie dal<br />

bancone dei supermercati, consigli<br />

una razza o l’altra in base alla<br />

ricetta da realizzare, oppure che il<br />

consumatore stesso stia attento o si<br />

informi sulla varietà di animale da<br />

cui è ricavata la bistecca che sta per<br />

acquistare. Anche in questo ambito,<br />

però, è possibile un’evoluzione<br />

degli stili di consumo.<br />

Quel vagito tra le vigne<br />

che stappa la qualità<br />

Fra i premiati “Tre stelle” della Guida ai vini Fvg 2010 alla<br />

Stazione Marittima di Trieste di qualche giorno fa, a meritarsi<br />

un supplemento d’applausi è stato Leonardo Sgubin,<br />

anni 6 di Cormòns, salito senza timori reverenziali sulla<br />

pedana vip assieme a papà Renzo. Se <strong>lo</strong> meritava davvero,<br />

anche perché il massimo riconoscimento è dedicato proprio<br />

a lui. <strong>Il</strong> vino bandiera dell’azienda Sgubin, infatti, è proprio<br />

l’uvaggio bianco contrassegnato in etichetta dalla data<br />

“3.4.3”, quando<br />

cioè Leonardo<br />

emise il suo primo<br />

vagito era<br />

il 3 aprile 2003.<br />

Chardonnay,<br />

Malvasia, Tocai<br />

friulano e Sauvignon<br />

con uve da<br />

cernita e raccolto<br />

medio tardivo,<br />

fermentazione e<br />

affinamento in<br />

botticelle nuove<br />

di rovere a segui-<br />

La famiglia Sgubin<br />

re. C’è mestiere in vigna, dove il diradamento è prassi<br />

consolidata; in cantina c’è un cantiniere, sempre Renzo, di<br />

serietà asburgica.<br />

Se pensiamo a tutto quanto Renzo, confortato da una famiglia<br />

solida, ha saputo fare dal 1999 a oggi, non c’è dubbio<br />

che ne sentiremo parlare parecchio in un prossimo futuro.<br />

Azienda agricola Renzo Sgubin - Via Faet 15/1, Pradis di Cormons<br />

Telefono: 0481 630297 - renzo.sgubin@tiscali.it<br />

// //<br />

23


24 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// gERmAnO REALE<br />

<strong>Il</strong> re incontrastato<br />

di tutte le anatre<br />

È<br />

l’anatra selvatica più comune,<br />

più cacciata e più amata dai<br />

buongustai. Oltre all’ambiente<br />

naturale, però, è da tempo allevata<br />

nei cortili contadini, assieme agli<br />

altri animali di bassa corte. Di passo<br />

o di corte, quindi, il masurin è il re<br />

incontrastato delle anatre. Al<strong>lo</strong> stato<br />

selvatico frequenta le zone umide<br />

della Bassa e della laguna. La sua<br />

popolazione in <strong>Friuli</strong>, sommando la<br />

parte stanziale e quella migratoria, è<br />

stimata in 14mila esemplari. La caccia<br />

è aperta da ottobre a novembre e<br />

annualmente, secondo l’Ufficio studi<br />

faunistici della Regione, vengono<br />

abbattuti circa settemila germani.<br />

Specializzato nella riproduzione in<br />

cattività di questa specie è l’allevamento<br />

di Stefano Calligaris a Sottoselva,<br />

nei pressi di Palmanova. A<br />

richiedere i pulcini di germano reale<br />

sono soprattutto piccoli allevamenti<br />

domestici e agriturismi, mancando<br />

una vera e propria filiera di allevamento<br />

su larga scala. Così, anche nel<br />

settore delle macellerie non è facile<br />

trovare la carne fresca di masurin. In<br />

alcuni esercizi si trova, ma soltanto su<br />

ordinazione o in occasione delle feste.<br />

Oltre alla caccia degli esemplari di passo,<br />

sono diversi i piccoli allevamenti che<br />

contano tra i propri animali di bassa corte<br />

anche il masurin, le cui carni si prestano<br />

a delicate ricette da leccarsi le dita<br />

/ / La ricetta<br />

Germano in padella<br />

Ingredienti (per 4 persone): un germano reale di circa<br />

600-700 grammi, una gamba di sedano, 2 cipolle, 1<br />

spicchio d’aglio, mezzo peperone, 1 carota, 1 bicchiere di<br />

vino bianco secco, sale e pepe, olio extravergine di oliva.<br />

Preparazione: Lavare le verdure,<br />

tagliarle e fare un soffritto. Far<br />

rosolare bene e aggiungere il<br />

germano tagliato a pezzi con<br />

sale, pepe e vino. Cucinare il<br />

tutto per circa due ore. Togliere<br />

il germano, passare le<br />

verdure e rimettere la carne.<br />

Completare la cottura ancora<br />

per qualche minuto.<br />

Trattoria “Al Cacciatore” - Casali Paludo Destra 9<br />

Palazzo<strong>lo</strong> del<strong>lo</strong> Stella - Telefono: 0431 58152<br />

<strong>Il</strong> suo tempio<br />

gastronomico<br />

è la trattoria<br />

“Da Toni” dove<br />

secondo tradizione,<br />

premiata a livel<strong>lo</strong><br />

nazionale, finisce<br />

al<strong>lo</strong> spiedo, cotto a<br />

fuoco lento<br />

L’alimentazione è basata su cereali,<br />

mais soprattutto, ma anche orzo e<br />

soia. È un animale che ama razzolare<br />

sui prati, dove trova alimenti integrativi<br />

alla propria dieta. Per evitare che<br />

prendano il vo<strong>lo</strong>, oggi non è più possibile<br />

per legge tarpare le ali incidendo<br />

il nervo, ma gli allevatori si limitano a<br />

tagliare in maniera indo<strong>lo</strong>re le punte<br />

di alcune penne, così, che la capacità<br />

di spiccare il vo<strong>lo</strong> sia comunque ridotta,<br />

obbligandoli all’interno dei recinti.<br />

Dal cortile alla tavola. È quanto<br />

propongono diversi agriturismi friulani,<br />

come Casale Cjanor a Fagagna,<br />

dove il titolare Ita<strong>lo</strong> Missana spiega la<br />

propria tecnica di allevamento.<br />

“L’alimentazione è basata sul mais<br />

spaccato – racconta – li teniamo<br />

assieme alle oche e si trovano<br />

bene. Giungono in azienda come<br />

pulcini di qualche settimana e poi<br />

vengono allevati per altri tre mesi,<br />

fin quando raggiungono un peso<br />

superiore al chi<strong>lo</strong>grammo”.<br />

Una volta macellati e lasciate le carni<br />

a frollare per un paio di giorni, sono<br />

pronti per la cucina, sotto l’attenta regia<br />

della moglie Agnese Compagno.<br />

“La ricetta migliore è il germano


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

al forno – suggerisce – si riempie la<br />

pancia con sale, pepe, rosmarino,<br />

salvia e al<strong>lo</strong>ro e si avvolge, invece,<br />

il petto con fette di pancetta, per<br />

mantener<strong>lo</strong> morbido. Si informa e si<br />

cuoce per un paio di ore. Prima che<br />

la cottura sia ultimata, si bagna con<br />

vino bianco”.<br />

In tavola si accompagna con<br />

polenta morbida e non resta che<br />

leccarsi le dita. <strong>Il</strong> tempio friulano<br />

del masurin, però, è indubbiamente<br />

la trattoria “Da Toni” di Gradiscutta<br />

di Varmo, che riporta addirittura<br />

nel proprio stemma l’animale che<br />

si libra tra i canneti della laguna.<br />

“È una tradizione di famiglia,<br />

tramandata ancora da quando ero<br />

bambino” spiega il titolare Aldo<br />

Morassutti. <strong>Il</strong> caval<strong>lo</strong> di battaglia è<br />

il masurin tal spêt cun polente zale<br />

te go<strong>lo</strong>se. Un nome che è un vero<br />

programma di sapori e che salì<br />

addirittura alla ribalta mediatica<br />

nazionale negli Anni ’70. Fu presentato,<br />

infatti, quale piatto bandiera<br />

del Buon ricordo (il circuito di ristoranti<br />

segnalati dal Touring Club)<br />

e nel 1978 fu proposto alla platea<br />

di gourmet milanese riscuotendo<br />

■ UOMINI & VINI<br />

un grandissimo successo, come<br />

ricorda con orgoglio Morassutti.<br />

La preparazione prevede pochi e<br />

semplici ingredienti, seppur la metodo<strong>lo</strong>gia<br />

di cottura richiede grande<br />

esperienza, costante attenzione e<br />

anche una certa dotazione tecnica.<br />

Si riempie la pancia del germano<br />

con un battuto di lardo, salvia, aglio<br />

e rosmarino. Altre fette di lardo<br />

avvolgono esternamente l’uccel<strong>lo</strong><br />

che viene, poi, infilato nel<strong>lo</strong> spiedo<br />

e posto a cuocere. Tempi lunghi e<br />

fiamma dolce sono i segreti, che<br />

soltanto l’esperienza e la tradizione<br />

di famiglia insegnano a dosare.<br />

Durante la cottura, dagli spiedi cola<br />

il grasso che è un vero concentrato<br />

di sapori. Guai a gettar<strong>lo</strong> via, però,<br />

perché è questo intingo<strong>lo</strong> la go<strong>lo</strong>se<br />

in cui si insaporirà la polenta nel<br />

piatto. Esistono, poi, altre ricette<br />

della tradizione, proposte sempre<br />

dai Morassutti. Come il risotto al<br />

germano reale. In questo caso, la<br />

carcassa dell’animale tagliata a<br />

pezzi viene cotta in padella con<br />

un fondo di cottura. Viene, quindi,<br />

spolpata, così che nella carne ben<br />

condita viene cotto il riso.<br />

Intensi profumi<br />

di viola nel calice<br />

Dopo il riuscitissimo convegno su agroalimentare e qualità<br />

nell’ambito della 50a Mostra delle Pesche di Fiumicel<strong>lo</strong><br />

autorità, relatori e giornalisti italiani, s<strong>lo</strong>veni e austriaci,<br />

hanno concluso i lavori in quel di Cà Tullio con una parentesi<br />

che ha permesso di approfondire le conoscenze su un<br />

particolare biotipo di Traminer, acclimatatosi nei secoli in<br />

<strong>lo</strong>calità Cà Viola, dirimpettaia della tenuta. A fare gli onori<br />

di casa Patrizia Sepulcri, dinamica e<br />

polig<strong>lo</strong>tta responsabile dell’accoglienza.<br />

<strong>Il</strong> Traminer aromatico è un’uva<br />

<strong>speciale</strong> sotto molto punti di vista. La<br />

sua personalità è, infatti, molto forte<br />

e conferisce sempre a ogni vino un<br />

tocco di eleganza e raffinatezza come<br />

poche altre uve. <strong>Il</strong> “Viola” nasce dal<br />

desiderio dell’azienda Ca’ Tullio di<br />

riproporre un Traminer aromatico,<br />

coltivato più di cinquanta anni fa in<br />

<strong>lo</strong>calità Ca’ Viola. <strong>Il</strong> profumo è molto<br />

intenso e complesso, dalle note dominanti<br />

f<strong>lo</strong>reali che ricordano la rosa e il<br />

tiglio, con ricordi fruttati di albicocca<br />

matura e, appunto, la viola. In bocca<br />

è particolarmente pieno e avvolgente,<br />

corposo e vellutato, piacevolmente<br />

secco e sapido, con un persistente ed<br />

Patrizia Sepulcri<br />

elegante retrogusto fruttato e f<strong>lo</strong>reale.<br />

Azienda agricola Cà Tullio - Via Benigna 41, Aquileia<br />

Telefono: 0431 919701 - info@catullio.it<br />

BAR - RISTORO<br />

Ampia cantina<br />

con vini friulani<br />

e internazionali<br />

Servizio ristorante<br />

a pranzo<br />

// //<br />

25<br />

PIAZZA MATTEOTTI, 11 A UDINE<br />

TEL. 0432/507441 LUNEDI’ CHIUSO


26 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// SELvAggInA<br />

Un pizzico di sale<br />

sulla coda della lepre<br />

Ama le pappardelle, il sugo<br />

in salmì, le lunghe cotture<br />

e gli intingoli aromatici,<br />

in abbinamento a vini rossi robusti.<br />

Per i cacciatori di pianura<br />

la lepre rappresenta un degno<br />

coronamento di una giornata<br />

venatoria, da passare poi alla<br />

cuoca di fiducia.<br />

“La lepre è specie selvatica autoctona<br />

di grande interesse venatorio<br />

– spiega Massimo Zanetti<br />

dell’ufficio studi faunistici della<br />

Regione -. Specie originariamente<br />

caratteristica di ambienti<br />

steppici, nella nostra regione<br />

la si può trovare nella maggior<br />

parte degli ambienti di pianura<br />

e collina. In montagna si spinge<br />

fino a quote di 1200-1300 metri<br />

sul livel<strong>lo</strong> del mare. Diffusa,<br />

ovunque, ma con densità preriproduttive<br />

molto variabili, in<br />

alcuni casi eccezionalmente alte.<br />

In alcune aree della bassa pianura<br />

friulana anche 100 esemplari<br />

ogni 100 ettari”.<br />

Non essendo specie supportata<br />

da un ripopolamento artificiale,<br />

grazie ad allevamenti specifici,<br />

come nel caso dei fagiani, la<br />

specie ha subito negli ultimi<br />

È una delle prede più apprezzate della caccia<br />

in pianura e in collina: ogni anno nella<br />

nostra regione vengono abbattuti 10mila<br />

capi, ma il ripopolamento è garantito<br />

dall’essere una specie molto prolifica<br />

/ / La ricetta<br />

Rost di jeur<br />

Ingredienti (per 6 persone): mezza lepre, 2 carote, 2 cipolle,<br />

2 coste di sedano, 1 foglia di al<strong>lo</strong>ro, 20 grammi di pepe nero<br />

in grani, 50 gr di bacche di ginepro, 1 rametto di rosmarino,<br />

100 gr di pancetta, 100 gr di pane grattugiato, 1 spicchio<br />

d’aglio, 2 foglie di salvia, 1 noce di burro, 1 litro di Refosco.<br />

Preparazione: disossare la lepre, salarla e peparla distendendola<br />

con il batticarne. Cospargerla con un trito di<br />

salvia e pane grattugiato e coprire con fette di pancetta.<br />

Arrotolarla e legarla con spago da cucina. A parte preparare<br />

la marinatura con olio e gli altri aromi. Rosolare<br />

la carne con burro, unire il Refosco. Lasciar raffreddare<br />

e mettere in marinatura per 2 ore. Ritirare poi l’arrosto,<br />

metter<strong>lo</strong> in una profila, irrorar<strong>lo</strong> con olio, burro e le verdure<br />

della marinatura. Infornare a 200° per 90 minuti.<br />

Ristorante “Al mulin vieri” - via dei Mulini 10<br />

Tarcento - Telefono: 0432 785076<br />

Dopo la<br />

frollatura e la<br />

marinatura con<br />

vino, aromi e<br />

verdure, la sua<br />

carne, cucinata a<br />

lungo, è ideale in<br />

sugo assieme alla<br />

polenta<br />

cinquant’anni le conseguenze<br />

dell’erosione del territorio<br />

agreste a vantaggio di quel<strong>lo</strong><br />

urbanizzato.<br />

“In <strong>Friuli</strong> dalla metà del 1900<br />

le popolazioni di lepre hanno<br />

mostrato un lungo decremento<br />

numerico a causa delle modificazioni<br />

ambientali e colturali –<br />

continua Zanetti -. Oggi, invece,<br />

si assiste a una generale leggera<br />

ripresa del numero degli esemplari,<br />

sebbene in alcune aree<br />

l’andamento rimanga negativo.<br />

Approssimativamente si ne stimano<br />

40mila esemplari”.<br />

La caccia alla lepre è possibile<br />

da fine settembre a fine dicembre,<br />

ma l’applicazione di modelli<br />

di attenta gestione, porta molte<br />

riserve di caccia a limitare il<br />

periodo venatorio. Annualmente<br />

vengono abbattute circa 10mila,<br />

vale a dire in media una ogni<br />

cacciatore.<br />

Si tratta, comunque, di un animale<br />

capace di riprodursi in gran<br />

numero sul territorio, grazie anche<br />

a particolari caratteristiche<br />

bio<strong>lo</strong>giche: è in grado di sfruttare<br />

risorse alimentari facilmente reperibili<br />

nei campi coltivati e ogni


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

femmina partorisce in media<br />

8-11 piccoli l’anno.<br />

Passando, invece, alla cucina,<br />

la lepre necessita, come altra selvaggina,<br />

della giusta frollatura e<br />

della marinatura.<br />

“È un classico dei piatti di selvaggina<br />

della nostra tradizione<br />

– commenta Silvio Di Giusto,<br />

chef al ristorante Costantini di<br />

Collalto di Tarcento – la carcassa<br />

rappresenta un peso rilevante<br />

sul totale dell’animale, così che<br />

alcune parti risultano più prelibate<br />

di altre ai commensali, in<br />

particolare i <strong>lo</strong>mbi e le cosce”.<br />

Sembra, infatti, che la gente<br />

non sia più disponibile a usare le<br />

mani e succhiare le ossa. Per chi<br />

conserva, invece, la tradizione,<br />

al<strong>lo</strong>ra la lepre regala splendidi<br />

momenti di gioia per il palato.<br />

■ UOMINI & VINI<br />

“Va cucinato con il vino – continua<br />

Di Giusto – rispetto alla<br />

consuetudine, però, io utilizzo<br />

e propongo del vino bianco, in<br />

particolare il Tocai, così che il<br />

co<strong>lo</strong>re finale del piatto non risulti<br />

troppo scuro. Per ottenere un<br />

buon fondo, quale ideale intingo<strong>lo</strong><br />

per la polenta, e se la lepre<br />

è fresca nel sugo si aggiunge il<br />

fegato e, comunque, del lardo<br />

di maiale. <strong>Il</strong> tutto al cottura<br />

ultimata può essere macinato,<br />

diventando un ottimo sugo per<br />

la pasta all’uovo”.<br />

Ultimo consiglio del<strong>lo</strong> chef è<br />

legato alla pazienza: non soltanto<br />

per la cottura, quasi due ore<br />

in pentola, ma soprattutto per<br />

il consumo. Riposata in padella<br />

per una notte, la lepre è ancora<br />

più buona.<br />

Una bandiera sventola<br />

sopra Castelvecchio<br />

Le prime tracce di impianti di vini Malvasia d’Istria risalgono<br />

al 1300. Le zone di coltivazione salivano da Rovigno,<br />

Parenzo, Cittanova, fino al Carso triestino e goriziano. Certamente<br />

le colline e l’altopiano carsico sono il terroir ideale<br />

per questo vitigno che deve essere contenuto nella produzione<br />

per dare una qualità superiore. Se ne avuta ennesima<br />

conferma nella recente kermesse enogastronomica al Centro<br />

Gradina di Doberdò, realtà in prima linea per va<strong>lo</strong>rizzare<br />

l’enogastronomia d’artigianato carsico, dall’olio d’oliva al<br />

formaggio di grotta,<br />

dal miele alla Glera,<br />

dal prosciutto al Terrano.<br />

Homo Faber ha colto<br />

l’occasione per apprezzare,<br />

in compagnia<br />

d’esperti assaggiatori<br />

dell’Onav, la Malvasia<br />

2008 crù Castelvecchio<br />

di Sagrado, tanto cara<br />

a Mirella Della Valle<br />

Terraneo e famiglia,<br />

che ne hanno fatto il<br />

proprio vino bandiera.<br />

La tenuta ancora oggi<br />

ricorda antiche nobiltà<br />

e splendori, mantenendo<br />

intatto il fascino e il<br />

mistero dell’altopiano<br />

carsico, territorio di<br />

uomini duri e pionieri<br />

del “rinascimento eno-<br />

<strong>lo</strong>gico”. Tutto attorno<br />

le vigne, tra le trincee<br />

che testimoniano le 12<br />

battaglie dell’Isonzo.<br />

Azienda agricola Castelvecchio - Via Castelnuovo 2, Sagrado<br />

Telefono: 0481 99742 - info@castelvecchio.com<br />

Mirella<br />

Della Valle<br />

Terraneo<br />

// //<br />

27


28 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// AvICOLI<br />

<strong>Friuli</strong> asburgico,<br />

terra di tacchini giganti<br />

Affondano entrambe nella<br />

storia ottocentesca del<br />

<strong>Friuli</strong> asburgico ed entrambe<br />

hanno eletto un pennuto<br />

di bassa corte quale proprio simbo<strong>lo</strong><br />

gastronomico. <strong>Il</strong> tacchino,<br />

alias dindiat, è così protagonista<br />

nell’arco di due settimane di metà<br />

novembre della Fiera di San Car<strong>lo</strong><br />

ad Aiel<strong>lo</strong> e di quella in onore<br />

di Santa Elisabetta a Romans<br />

d’Isonzo. La prima fu autorizzata<br />

dall’al<strong>lo</strong>ra imperatore Federico I<br />

nel 1816. Alla fine dell’800 i <strong>lo</strong>cali<br />

del paese, anche per distinguersi<br />

dalla vicina festa di Cervignano<br />

dove si servivano piatti a base<br />

di anatra, iniziarono a proporre<br />

il tacchino. <strong>Il</strong> successo fu tale<br />

che, risultando insufficienti le<br />

cucine di <strong>lo</strong>cande e osterie, si<br />

iniziò a cuocere le cosce nei forni<br />

dei panettieri. A oltre un seco<strong>lo</strong><br />

di distanza, il dindiat rimane il<br />

protagonista, appunto, dei menu<br />

proposti durante la manifestazione,<br />

in calendario domenica<br />

8 novembre. Una ricetta ricorda<br />

proprio il periodo asburgico; si<br />

tratta del tacchino alla Radetzky,<br />

Due fiere autorizzate nell’800 da Federico I<br />

imperatore d’Austria, ad Aiel<strong>lo</strong> e a Romans,<br />

vedono protagonisti i pennuti di bassa<br />

corte, i cui campioni si sfidano anche in<br />

un’originale gara di pesatura<br />

/ / La ricetta<br />

Tacchino ripieno<br />

Ingredienti (per 4 persone): 1 tacchino, 250 gr di<br />

castagne secche, 80 gr di pane raffermo, 150 gr di<br />

salsiccia sminuzzata, 1 cipolla tritata assieme a<br />

salvia e rosmarino, 1 uovo, 100 gr di pancetta a fette,<br />

30 gr di strutto, burro, sale e pepe.<br />

Preparazione: far soffriggere per pochi muniti la<br />

cipolla, il fegato del tacchino e la salsiccia nel burro.<br />

A parte unire le castagne lessate e sbriciolate<br />

con il pane, il soffritto, il trito di erbe, l’uovo, un<br />

po’ di vino bianco. Impastare e farcire il tacchino.<br />

Chiudere il taglio, rivestire con le fette di pancetta,<br />

mettere il tacchino in una teglia con riccioli di<br />

strutto e passare in forno caldo a 170-180° cuocendo<br />

per circa 2 ore.<br />

Osteria “La Bassa” - via Grigoletti 148<br />

Pordenone - Telefono: 0434 370711<br />

L’allevatore<br />

dei Guinness<br />

dei primati<br />

rivela il suo<br />

segreto:<br />

cibo poco alla<br />

volta e spesso,<br />

acqua pulita e<br />

tante coccole<br />

il generale celebre della marcia<br />

scritta dal compositore Johann<br />

Strauss, ma anche nemico simbo<strong>lo</strong><br />

del risorgimento italiano.<br />

La ricetta è, ovviamente, tenuta<br />

ge<strong>lo</strong>samente segreta dalle donne<br />

del paese.<br />

A pochissima distanza, sempre<br />

nel <strong>Friuli</strong> che per più tempo è<br />

stato sotto i vessilli dell’aquila<br />

bicefala, anche Romans d’Isonzo<br />

dedica la festa paesana al medesimo<br />

pennuto. Qui la fiera, in<br />

programma quest’anno dal 13 al<br />

15 novembre, è dedicata a Santa<br />

Elisabetta e fu autorizzata sempre<br />

dall’imperatore Federico I nel<br />

1834. Con l’editto il paese poté<br />

allestire un mercato annuale in<br />

onore della santa d’origini ungheresi.<br />

Rispetto a un evento di carattere<br />

prettamente rurale, con tanto<br />

di mercato del bestiame, la festa<br />

si è evoluta secondo le usanze<br />

moderne, conservando però uno<br />

spazio al tacchino. A Romans,<br />

infatti, si tiene l’originale gara di<br />

pesatura degli esemplari giganti.<br />

Una sfida che impegna diversi<br />

appassionati <strong>lo</strong>cali. Uno di questi


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è Alberto Scapicchio, che dal ’99<br />

a oggi ha collezionato numerose<br />

vittorie e perfino tre record del<br />

mondo entrati nel Guinness dei<br />

primati. Nell’ultima edizione, il<br />

suo campione Martino ha portato<br />

l’ago della bilancia a 32,2 chi<strong>lo</strong>grammi.<br />

“Non avendo molto spazio,<br />

compro a ogni primavera cinque<br />

pulcini da far crescere – spiega<br />

l’allevatore amatoriale, residente<br />

a Romans, seppur oriundo foggiano<br />

– all’inizio pesano circa un<br />

chi<strong>lo</strong>grammo, ma poi crescono<br />

fino a pesi record”.<br />

■ UOMINI & VINI<br />

L’alimentazione è quella classica,<br />

ovvero granoturco spaccato,<br />

pane e un po’ di mangime. Qual<br />

è, al<strong>lo</strong>ra, il segreto della scuderia<br />

Scapicchio? “Ci vuole tanta passione<br />

– rivela il pensionato, per<br />

decenni impiegato come tecnico<br />

agrico<strong>lo</strong> in diverse aziende del<br />

posto -. I miei tacchini li cocco<strong>lo</strong><br />

ogni giorno.<br />

Do <strong>lo</strong>ro da mangiare poco alla<br />

volta e spesso, mentre in estate<br />

possono contare sempre su acqua<br />

fresca e pulita, che cambio anche<br />

tre volte al giorno. Ogni tanto mi<br />

fermo anche a parlargli”.<br />

La Malvasia ha<br />

trovato casa in laguna<br />

Dopo tanti anni d’oblio la Malvasia istriana ritrova la<br />

sua dignità e si candida ad accompagnare i miglior pescato<br />

dell’Alto Adriatico dando del fi<strong>lo</strong> da torcere alla Ribolla<br />

gialla del Collio. Portabandiera della periferia rurale di<br />

Grado è la famiglia Girardi, radicata a Boscat dal <strong>lo</strong>ntano<br />

1943; Maria e Luigi con i <strong>lo</strong>ro sette figli costituirono dal nulla<br />

l’azienda. <strong>Il</strong> clima, mitigato dalla vicinanza con il mare,<br />

assieme alla natura dei terreni, rese possibile il coronamento<br />

della passione dei Girardi: già nel 1969, con i fratelli Ermes<br />

e Franco, la famiglia coltivava ben quattro ettari di vite.<br />

Rafforzata la base produttiva e sulla scia di un’intesa armonica<br />

fra tanti fratelli, Franco può ora esprimere appieno<br />

la sua vocazione per i fornelli nell’adiacente trattoria “Alla<br />

Buona Vite”. Ermes, assieme a figli e nipoti, potenzia la vigna,<br />

la cantina e la casa vacanze. Sono tre realtà frutto di<br />

una splendida armonia in una famiglia di stampo patriarcale.<br />

Splendida la Malvasia dei Girardi, che Homo Faber<br />

ha abbinato a sardelle in savor, alici marinate e linguine<br />

all’astice, che “Alla Buona Vite” hanno sapori inimitabili.<br />

Provare per credere.<br />

Azienda Girardi - Via Dossi Loc. Boscat, Grado<br />

Telefono: 0431 88090 - info@girardi-boscat.it<br />

Ermes<br />

e Franco<br />

Girardi<br />

CASEIFICIO<br />

CASEIFICIO<br />

// //<br />

29<br />

COSEANO<br />

COSEA<br />

Ciambel<strong>lo</strong>, Valcorno, Ricotta, Burro, il Friulano, Montasio<br />

Via della Cooperazione 39 - 33030 Coseano (Udine) Tel. 0432 861152<br />

Fax 0432 861340 e-mail: info@dibidino.com - www.dibidino.com<br />

CASEIFICIO<br />

COSEANO<br />

COSEA


30 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// OvInI<br />

Eco di belati nostrani<br />

non so<strong>lo</strong> sotto le feste<br />

Nel mercato nazionale l’80%<br />

del consumo di carne di<br />

agnel<strong>lo</strong> si realizza in occasione<br />

della Pasqua. Una ‘piena’ che<br />

impone una notevole importazione<br />

dall’estero, con un conseguente<br />

ca<strong>lo</strong> della qualità media, e al<strong>lo</strong> stesso<br />

tempo un’impennata dei prezzi<br />

per la regola della domanda-offerta.<br />

È, quindi, un’abitudine molto tradizionale,<br />

ma poco <strong>lo</strong>gica. Perché,<br />

invece, non gustare e apprezzare<br />

la carne di agnel<strong>lo</strong>, magari di razze<br />

autoctone, per più mesi all’anno?<br />

<strong>Il</strong> <strong>Friuli</strong> non è un mercato frizzante<br />

di prodotti ovicaprini. Per <strong>lo</strong> meno<br />

non <strong>lo</strong> è oggi. Sfogliando le pagine<br />

della storia, infatti, si scopre che la<br />

presenza di pecore e capre è sempre<br />

stata una costante del sistema agrico<strong>lo</strong><br />

nostrano, dalla Carnia al Carso.<br />

<strong>Il</strong> <strong>lo</strong>ro latte, poi, veniva utilizzato<br />

anche mescolato a quel<strong>lo</strong> vaccino,<br />

come ricordato nella ricetta medievale<br />

del formaggio Montasio.<br />

A essere entrato nel registro dei<br />

prodotti tradizionali e a poter vantare<br />

il marchio regionale Aqua è<br />

l’agnel<strong>lo</strong> istriano, allevato sull’altipiano<br />

carsico. La razza di prove-<br />

La carne di agnel<strong>lo</strong> è un ottimo alimento<br />

in tutto l’arco dell’anno, superando l’eccesso<br />

di domanda del periodo pasquale e<br />

trovando valide risposte di qualità<br />

anche nei piccoli allevamenti <strong>lo</strong>cali<br />

/ / La ricetta<br />

Agnel<strong>lo</strong> arrosto<br />

Ingredienti (per 4 persone): 1 chi<strong>lo</strong> di polpa di agnel<strong>lo</strong><br />

a pezzi, olio d’oliva, 60 gr di lardo pestato, una cipolla<br />

affettata, 6 foglie di salvia, un mazzetto di maggiorana,<br />

un bicchiere di brodo, sale e pepe.<br />

Preparazione: in un tegame, preferibilmente<br />

di terracotta, soffriggere<br />

nell’olio il lardo, unire poi i<br />

pezzi di agnel<strong>lo</strong>, aggiungere<br />

la cipolla, la salvia e la maggiorana,<br />

quindi mescolare e<br />

lasciare insaporire. Versare il<br />

brodo poco alla volta, regolando<br />

di sale e di pepe. Continuare la<br />

cottura facendo addensare il sugo.<br />

Ristorante “Casa de Gahja” - vai Anzolet 13<br />

Budoia - Telefono: 0434 654897<br />

Razze autoctone:<br />

sul Carso si alleva<br />

la pecora istriana,<br />

mentre nelle Alpi<br />

Giulie, soprattutto<br />

nelle vallate<br />

s<strong>lo</strong>vene, pascola<br />

ancora quella<br />

plezzana<br />

nienza ha doppia valenza: sia da latte,<br />

sia da carne. Gli agnelli da latte,<br />

nati in inverno e macellati appunto<br />

per il periodo pasquale, vengono<br />

allevati sotto le madri che hanno<br />

a disposizione foraggio aziendale<br />

e un’integrazione di concentrati<br />

di origine vegetale. Le pecore, poi,<br />

vengono generalmente munte so<strong>lo</strong><br />

dopo la macellazione degli agnelli.<br />

La pecora istriana, chiamata anche<br />

carsolina, seppur molto diffusa<br />

fino al secondo conflitto mondiale<br />

è oggi annoverata tra le razze in<br />

perico<strong>lo</strong> di estinzione a causa della<br />

ridotta numerosità, complessivamente<br />

inferiore ai duemila capi.<br />

Viene allevata sia sul territorio italiano,<br />

con circa 300 capi, sia su quel<strong>lo</strong><br />

s<strong>lo</strong>veno, dove è attivo da anni un<br />

libro genea<strong>lo</strong>gico che comprende<br />

630 pecore, e anche su quel<strong>lo</strong> croato,<br />

con una popolazione attorno al<br />

migliaio di capi. S presenta come un<br />

ovino di taglia media, con altezza<br />

al garrese di 70-75 centimetri nelle<br />

femmine e 75-80 nei maschi, testa<br />

proporzionata al corpo con profi<strong>lo</strong><br />

montonino e priva di lana, a vel<strong>lo</strong><br />

grossolano a boccoli aperti, di co-


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

<strong>lo</strong>re tendenzialmente bianco con<br />

evidenti macchie nero-marroni agli<br />

arti, al muso e alla testa. Le orecchie<br />

medio-corte sono portate di lato e<br />

mai pendenti, le corna hanno la caratteristica<br />

forma a spirale aperta,<br />

spesso però assente tra le femmine.<br />

Le produzioni tipiche della pecora<br />

istriana sono appunto il latte,<br />

destinato alla trasformazione in<br />

formaggio, e l’agnel<strong>lo</strong>, macellato<br />

a partire dalle 4-5 settimane di<br />

vita, con un peso vivo variabile<br />

tra i 12 e i 24 chi<strong>lo</strong>grammi. Un<br />

tempo le greggi venivano mantenute<br />

per nove mesi all’anno al<br />

pasco<strong>lo</strong> sull’altopiano carsico,<br />

dove, fra novembre e maggio,<br />

utilizzavano i magri pascoli disponibili<br />

soprattutto della zona<br />

litoranea. Nel periodo estivo si<br />

ricorreva invece all’alpeggio. Oggi<br />

la pecora istriana si è adattata a<br />

un tipo di allevamento stanziale.<br />

Sono due gli spacci aziendali<br />

segnalati dall’Associazione per la<br />

■ UOMINI & VINI<br />

va<strong>lo</strong>rizzazione dei prodotti ovicaprini<br />

del <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia. Si<br />

tratta dell’azienda agricola Samsa<br />

(tel. 330 936836), sulle alture di<br />

Polazzo in comune di Fogliano<br />

Redipuglia, e di quella Maruccelli<br />

(tel. 040 327279) a Rupingrande.<br />

Altra specie autoctona presente<br />

da sempre lungo il confine orientale<br />

del <strong>Friuli</strong> è la pecora plezzana,<br />

originaria della conca di Plezzo<br />

nell’alta valle dell’Isonzo. Nella<br />

nostra regione, dove si è diffusa<br />

attraverso gli scambi commerciali<br />

tra le comunità che avvenivano<br />

attraverso il passo del Predil,<br />

quel<strong>lo</strong> di Uccea e le Valli del Natisone,<br />

le aree di diffusione sono<br />

quelle delle Alpi e Prealpi Giulie,<br />

in particolare della Val Resia e<br />

del Tarvisiano, con un totale di<br />

settanta capi censiti, anche se<br />

altri potrebbero risultare allevati<br />

a livel<strong>lo</strong> amatoriale. Pochissimi,<br />

comunque, rispetto alla presenza<br />

di questa pecora in passato.<br />

La frasca di Igino,<br />

patriarca della Bassa<br />

Non è stato facile sottrarre Igino Tarlao dal suo vigneto<br />

nel corso della sua 87a vendemmia. Con la complicità di<br />

Francesco, cioè suo nipote con tanto di laurea in eno<strong>lo</strong>gia,<br />

ci siamo riusciti.<br />

Non è stata semplice, la gioventù di Igino. Mezzadro prima<br />

e, a seguire, i migliori anni spesi in guerra; prove dure, che<br />

gli hanno temprato il carattere, facendo di lui un contadino<br />

d’attacco, contro le ingiustizie e i privilegi. Fu così che, fra<br />

una <strong>lo</strong>tta agraria e sindacale da un lato e il duro lavoro<br />

nei campi, oggi può fare un primo consuntivo di una vita<br />

dedicata alla famiglia e all’innovazione.<br />

Infatti, grazie anche alla perfetta sintonia con il figlio Sabino,<br />

ha arricchito l’azienda<br />

agricola di una frasca,<br />

caratterizzata da una gastronomia<br />

rurale di grande<br />

sostanza, in cui qualità<br />

delle carni (e non so<strong>lo</strong>) e<br />

prezzo fanno la differenza.<br />

Homo Faber si è goduto<br />

con il “patriarca della Bassa”<br />

una costa alla griglia<br />

memorabile proposta da<br />

Sabino, abbinandola generosamente<br />

(grazie alla<br />

disponibilità della moglie<br />

a guidare al rientro) a tre<br />

vini superbi (ma qui c’è la<br />

mano di Francesco): Pinot<br />

Francesco e Igino<br />

bianco, Malvasia e Refosco.<br />

Azienda agricola Tarlao - Via San Zili 50, Loc. Co<strong>lo</strong>mbara, Aquileia<br />

Telefono: 0431 91417 - info@tarlao.eu<br />

// //<br />

31<br />

Isola Augusta<br />

presenta<br />

Dicembre icembre 2009<br />

Degustazioni,<br />

Eventi e Promozioni<br />

La Cantina e il Chiosco<br />

...la bottiglia di vino:<br />

il rega<strong>lo</strong> perfetto per le festività natalizie<br />

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Degustazioni cibo-vino euro 3<br />

La Trattoria<br />

...gusta il Natale in compagnia<br />

Martedì 22 e Martedì 29 Dicembre<br />

<strong>Il</strong> Sushi Friulano incontra le bollicine Isola Augusta<br />

Cena degustazione vini inclusi euro 40<br />

Venerdì 18, Mercoledì 23 e Mercoledì 30 Dicembre<br />

<strong>Il</strong> pesce azzurro dell’Adriatico con i vini<br />

bianchi di Isola Augusta<br />

Cena degustazione vini inclusi euro 35<br />

Domenica 20 e Domenica 27 Dicembre<br />

A Pranzo con il Vignaio<strong>lo</strong><br />

Menu degustazione pesce vini inclusi euro 30<br />

25 Dicembre<br />

Pranzo di Natale<br />

Menu degustazione pesce vini inclusi euro 40<br />

26 Dicembre<br />

Swinging Christmas (live)<br />

Cena degustazione pesce vini inclusi euro 35<br />

31 Dicembre<br />

Capodanno in Cantina<br />

Cena degustazione pesce vini inclusi euro 65<br />

L’Agriturismo<br />

...e poi sogni d’oro<br />

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trattoria +39 0431 586283 chiuso il lunedì<br />

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(Uscita Autostrada Latisana-Lignano, S.S. per Trieste 2 km)<br />

www.isolaugusta.com


34 // SPECIALE SAPORI<br />

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Basta un pizzico di sale<br />

ed è festa con le ossa<br />

La crisi non c’entra nulla.<br />

Parlare di ossa è soltanto<br />

il giusto tributo a un ingrediente<br />

dimenticato, ma ricco di<br />

storia e sapori. La stagione ideale<br />

per far<strong>lo</strong>, poi, è proprio quella<br />

che si sta per aprire. Quella, cioè,<br />

della macellazione tradizionale<br />

del maiale e che ha il suo avvio<br />

ufficiale con la ricorrenza di<br />

Sant’Andrea a fine novembre.<br />

Secondo i ritmi della natura,<br />

infatti, un tempo con l’inizio<br />

dei primi freddi il maiale aveva<br />

raggiunto il suo peso ottimale,<br />

mentre nel camarin la scorta<br />

di insaccati dell’inverno precedente<br />

si era esaurita. Iniziando,<br />

quindi, con il vecchio detto che a<br />

“Sant’Andree il purcit su le bree”,<br />

i mesi ideali per questo tipo di<br />

specialità tradizionali giungono<br />

fino a primavera.<br />

SEguEndO I RItmI dELLA nAtuRA<br />

Tra i numerosi tagli di carne<br />

e prodotti di norcineria, oltre<br />

alle varie frattaglie purtroppo<br />

oggi sempre più rare da reperire,<br />

<strong>Il</strong> periodo dalla ricorrenza laica di<br />

Sant’Andrea e tutti i mesi freddi possono<br />

rappresentare l’occasione per rosicchiare<br />

la carne più saporita, ma anche molti altri<br />

tagli oggi purtroppo dimenticati<br />

/ / La ricetta<br />

Tocjo di purcit<br />

Ingredienti (per 4 persone): 400 gr di polpa di spalla o<br />

coscia di maiale, 200 gr di fegato, 100 gr di pancetta, 3<br />

chiodi di garofano, 4 cucchiai di pan grattato, 2 di farina,<br />

un pizzico di cannella, 2 bicchieri di vino bianco secco,<br />

la scorza di un limone grattugiata, olio, sale e pepe.<br />

Preparazione: tagliare la polpa di maiale e il fegato a<br />

dadini. Tritare la pancetta e soffriggerla con olio, unire<br />

la carne, rosolarla, bagnarla con il vino. Aggiungere<br />

il fegato e far rosolare ancora per 10 minuti. Mettere i<br />

chiodi di garofano, la cannella, il sale e continuare la<br />

cottura per 20 minuti a pentola coperta. Stemperare la<br />

farina in circa mezzo litro d’acqua aggiungendo il pane<br />

grattato, la scorza di limone e mescolare bene. Unire<br />

alle carni e lasciar cuocere per un’ora a fuoco dolce.<br />

trattoria “da nando” - via divisione Julia 14<br />

mortegliano - telefono: 0432 760187<br />

Non può<br />

mancare<br />

nel minestrone,<br />

per dare<br />

il giusto sapore<br />

al posto<br />

di qualsiasi<br />

tentazione per<br />

il glutammato<br />

neppure le ossa venivano scartate.<br />

Anzi, rappresentavano una<br />

leccornia da porre al centro di<br />

un’allegra tavolata. Infatti, per il<br />

<strong>lo</strong>ro modo di essere serviti, cioè<br />

tutti i vari pezzi assieme in una<br />

grande terrina, e per la necessità<br />

di essere rosicchiati utilizzando<br />

le mani, rappresentano senz’altro<br />

ieri come oggi occasione di<br />

festa. Dopo il ritaglio della polpa<br />

dal parte del purcitâr per preparare<br />

i diversi tipi di insaccati,<br />

rimangono sempre porzioni di<br />

carne attaccate all’osso. Anzi, il<br />

detto riferisce che proprio quella<br />

carne è la più saporita. La scelta<br />

dei tipi di ossa, poi, è molto varia,<br />

anche se si privilegiano quelle del<br />

quarto anteriore e della costata.<br />

PREPARAzIOnE SEmPLICISSImA<br />

La preparazione è semplicissima:<br />

è sufficiente immergere le<br />

ossa in acqua fredda, assieme a<br />

sale e qualche spezia, come grani<br />

di pepe, ma anche sedano, carote<br />

e cipolla. Si porta, poi, a ebollizione,<br />

abbassando quindi la fiamma


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

e facendo cuocere a fuoco lento<br />

per un paio di ore, fin quando<br />

cioè la carne non si distacca facilmente.<br />

Al momento di servire<br />

è fondamentale accompagnare<br />

con una ciottola di sale grosso,<br />

che ogni commensale cospargerà<br />

sulle ossa a piacimento.<br />

Volendo arricchire la festa, è<br />

possibile mettere nella stessa<br />

pentola anche i piedini, le orecchie<br />

e la coda del maiale. Come<br />

accompagnamento, l’ideale sono<br />

verze o fagioli in padella.<br />

quIntO E AnChE SEStO quARtO<br />

L’osso, in questo caso non soltanto<br />

di maiale, ma anche di<br />

■ uOMInI & VInI<br />

manzo, è poi importante anche<br />

per altri utilizzi. Come nel minestrone,<br />

in cui dà un tocco fondamentale,<br />

in maniera decisamente<br />

più autentica e salutare rispetto<br />

a un dado, alias glutammato di<br />

sodio. Al<strong>lo</strong> stesso modo, è possibile<br />

utilizzare anche l’osso che<br />

avanza da un prosciutto crudo,<br />

chiedendo<strong>lo</strong> specificatamente<br />

al proprio salumiere di fiducia.<br />

Provare per credere.<br />

Da non dimenticare, infine, che<br />

nella cultura contadina il midol<strong>lo</strong><br />

veniva recuperato anche per un<br />

uso esterno e medicamentoso,<br />

cioè per la preparazione di impiastri<br />

e unguenti contro i do<strong>lo</strong>ri<br />

articolari.<br />

La Ribolla gialla<br />

conquista l’alta moda<br />

Importante “fuorisa<strong>lo</strong>ne” nella Tenuta Luisa di Corona, in<br />

comune di Mariano del <strong>Friuli</strong>, in occasione dell’evento Mittelmoda<br />

2009, con prestigiosi invitati esperti di fashion design, a<br />

partire dal presiedente Matteo Marzotto. Tra gli illustri ospiti<br />

anche manager di aziende premium del settore della moda,<br />

da Levi’s, a Furla e Ancantara oltre a Elio Fiorucci e Car<strong>lo</strong><br />

Rivelli. L’evento si è svolto nella splendida sala della Torre,<br />

che offre un panorama incantevole. Affacciati su 120 ettari<br />

di terreno di proprietà, gli ospiti hanno degustato le migliori<br />

specialità gastronomiche friulane, abbinate ai vini di Tenuta<br />

Luisa. In particolare, sono stati apprezzati la Ribolla gialla<br />

brut Millesimèe, il Friulano e il Refosco dal pedunco<strong>lo</strong> rosso.<br />

Essendo iniziato il periodo della vendemmia, Davide e<br />

Michele Luisa hanno voluto regalare agli ospiti l’emozione<br />

di assaggiare in anteprima il mosto di Ribolla gialla fresca di<br />

pigiatura, prelevando<strong>lo</strong> direttamente dalle botti. Occasione<br />

unica e inconsueta che ha acceso l’entusiasmo di tutti, in<br />

particolare di Marzotto e di Elio Fiorucci.<br />

Davide Luisa e Marzotto<br />

tenuta Lusia - Via Campo sportivo, Mariano del <strong>Friuli</strong><br />

telefono: 0481 69680 - azienda@tenutaluisa.com<br />

// //<br />

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36 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// CAPRInI<br />

In <strong>Friuli</strong> ancora oggi<br />

la capra campa<br />

La presenza, ancora oggi, di<br />

diversi allevamenti caprini in<br />

<strong>Friuli</strong>, in particolare nella zona<br />

montana e pedemontana, è traccia di<br />

un passato in cui la sua complementarietà<br />

con le razze bovine consentiva<br />

un utilizzo ottimale anche dei pascoli<br />

più poveri, arricchendo con il proprio<br />

latte prodotti caseari tradizionali (<strong>lo</strong><br />

stesso formaggio Montasio) o garantendo<br />

comunque un’integrazione<br />

alla tavola delle famiglie contadine.<br />

<strong>Il</strong> passaggio da attività d’impresa<br />

a retaggio storico, però, è brevissimo.<br />

In base a un’indagine del 2007,<br />

realizzata visitando tutti gli allevamenti<br />

(meno di un centinaio) con un<br />

numero di capi superiore a venti, la<br />

consistenza numerica in regione non<br />

supera i tremila capi. I micro-allevamenti<br />

rimanenti, quasi 500, si stima<br />

abbiamo ulteriori tremila capre. A<br />

Roberto Valusso, tecnico della qualità<br />

dei prodotti alimentari di origine<br />

animale, poniamo l’interrogativo<br />

sull’eventualità dell’estinzione della<br />

capra in <strong>Friuli</strong>.<br />

“Non è una ipotesi del tutto da<br />

escludere – spiega Valusso -, l’allevamento<br />

caprino in regione conta<br />

L’allevamento, un tempo importante<br />

risorsa per le famiglie povere e per le<br />

zone agricole meno pregiate, è a rischio<br />

di estinzione, nonostante la richiesta dei<br />

suoi prodotti sia in costante aumento<br />

/ / La ricetta<br />

Crema di asparagi<br />

Ingredienti (per 4 persone): 500 gr di asparagi verdi, 500<br />

gr di asparagi bianchi, 1 cipolla, 1 cotenna di prosciutto<br />

crudo, 100 gr di ricotta di capra, 100 gr di fegato grasso<br />

d’oca, una spruzzata di brandy, una di Marsala e una di<br />

vino bianco, olio d’oliva, foglie di tarassaco, sale e pepe.<br />

Preparazione: rosolare la cipolla in poco olio assieme<br />

alla cotenna e aggiungere gli asparagi. Bagnare con il<br />

vino bianco e portare a cottura unendo brodo vegetale.<br />

Quindi, frullare il tutto. Soffriggere la cipolla con il fegato,<br />

bagnare con il brandy e il Marsala e raffreddare. Versare<br />

il fegato così preparato in un frullatore assieme alla ricotta<br />

in modo da ottenere un impasto omogeneo. Comporre il<br />

piatto disponendo al centro della crema una o più chenelle<br />

d’impasto di fegato, un fi<strong>lo</strong> d’olio e foglie di tarassaco fritte.<br />

Ristorante “Fattoria dei Gelsi” - via Lignano Sud 55<br />

Latisana - Telefono: 0431 53100<br />

Continua a<br />

crescere tra i<br />

consumatori<br />

l’attenzione per<br />

i prodotti freschi<br />

derivati dal suo<br />

latte: caprino<br />

morbido, caciotta<br />

e ricotta<br />

poche realtà impostate in maniera<br />

moderna e professionale con un indirizzo<br />

produttivo chiaro e, soprattutto,<br />

con una consistenza numerica che le<br />

renda economicamente sostenibili.<br />

Numerose sono le realtà con connotato<br />

‘amatoriale’ e molte tra queste<br />

hanno dei conduttori in età non più<br />

verde, facendo ben poco intravedere<br />

la possibilità di un passaggio di<br />

testimone alle nuove generazioni.<br />

Questa situazione non ha permesso<br />

al comparto di avere una massa critica<br />

per sviluppare alcuni servizi fondamentali<br />

per un allevamento moderno.<br />

Molti sforzi in passato sono<br />

stati fatti dalla Regione e dall’Ersa,<br />

anche in unione al Dipartimento di<br />

Scienze Animali dell’Università di<br />

Udine, per sostenere e sviluppare<br />

il comparto. Ora si sta cercando di<br />

rendere strutturale un servizio di<br />

assistenza tecnica tramite l’Associazione<br />

regionale allevatori che, a mio<br />

avviso, è il contenitore più indicato<br />

e strutturato per far<strong>lo</strong> riuscendoci”.<br />

Eppure, il mercato di consumo<br />

risulta sempre più attento ai prodotti<br />

caprini.<br />

“<strong>Il</strong> riscontro commerciale ci induce


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

per certi aspetti a essere fiduciosi<br />

– commenta il tecnico -. L’accoglienza<br />

dei formaggi caprini, in particolare<br />

di quelli freschi, continua a<br />

essere molto positiva, permettendo<br />

di rappresentare una significativa<br />

integrazione di reddito quando<br />

l’allevamento faccia parte di una<br />

azienda con attività agrituristica”.<br />

L’attenzione del mercato finale è<br />

rivolta a prodotti derivanti da questo<br />

tipo di allevamento.<br />

“Tra i consumatori continua a<br />

essere molto apprezzata la caciotta<br />

caprina, formaggio dolce, morbido,<br />

fresco e asse portante delle produzioni<br />

caprine regionali – continua<br />

Valusso -, ma non mancano estimatori<br />

per prodotti più caratterizzati<br />

quali gli stagionati di 4-6 mesi che<br />

contano su uno zocco<strong>lo</strong> duro di<br />

appassionati amanti delle emozioni<br />

forti. Continua a crescere l’attenzione<br />

per i formaggi freschissimi. Tra<br />

questi, su tutti, il caprino morbido,<br />

formaggio spalmabile dalla struttura<br />

vellutata e dal gusto piacevolmente<br />

acidu<strong>lo</strong> con le solleticanti<br />

note da caprino. Non mancano in<br />

regione begli esempi di tomini,<br />

sempre ottenuti da lavorazioni lattiche,<br />

di cacioricotte freschissime e di<br />

■ UOMINI & VINI<br />

‘primo sale’ prodotti dal connotato<br />

fortemente estivo, spesso impiegati<br />

in insalate e pastasciutte fantasiose.<br />

Da non dimenticare la ricotta dalla<br />

struttura finissima, stupenda sia<br />

da sola, sia impiegata per dolci e<br />

timballi. Non mancano, infine, possibilità<br />

di assaggiare delicatissimi<br />

gelati dal gusto particolare, ma da<br />

tutti molto apprezzato”.<br />

Infine, per i molti profani della<br />

materia qualche suggerimento<br />

pratico nella scelta e nella degustazione<br />

dei prodotti caprini.<br />

“Non è facile indicare un singo<strong>lo</strong><br />

parametro – raccomanda Valusso<br />

-. I formaggi freschi devono essere<br />

bianchissimi data la non presenza<br />

di caroteni (pigmenti naturali) nel<br />

latte della capra. Le caciotte devono<br />

presentare una pasta moderatamente<br />

aperta, con presenza cioè<br />

di occhiatura, che però non deve<br />

essere eccessiva: personalmente<br />

evito sempre le paste chiuse, normalmente<br />

scarse di emozioni sensoriali.<br />

All’assaggio si deve sentire<br />

piacevolmente il gusto di capra e<br />

la fresca dolcezza dei formaggi<br />

giovani diventa carattere vivace e<br />

maschio negli stagionati: non c’è<br />

che l’imbarazzo della scelta”.<br />

Una qualità che è<br />

il tocco d’artista di Lino<br />

Fu nel 1993 che Lino Casella, dopo gli studi e tanta pratica<br />

in altre aziende del Cividalese iniziò la sua avventura in una<br />

nota azienda di Prepotto, patria del famoso Schioppettino.<br />

Vi rimase ben 13 anni. Poi, tre anni fa, la decisione di decollare<br />

in proprio. Dopo essere entrato nei segreti del rosso<br />

autoctono in riva al<strong>lo</strong> Judrio, Lino<br />

ha iniziato ad affinare la tecnica<br />

su varietà a bacca bianca, sia in<br />

vigna, sia in cantina. Dai friulani<br />

Ribolla e Tocai ai francesi Pinot<br />

bianco e Chardonnay.<br />

La sublimazione organolettica si<br />

coglie in pieno nella “Selezione dei<br />

Roseti”, riservata a vini con una<br />

marcia in più. Lino tiene molto ai<br />

caratteri di tipicità, alla ricerca<br />

della fruttuosità, che non incida,<br />

però, su personalità e carattere.<br />

<strong>Il</strong> tocco d’artista che permette di<br />

distinguere i vini di Lino dagli altri<br />

si coglie al vo<strong>lo</strong>, grazie ad armonie<br />

fra legno e inox, lunga permanenza<br />

sui lieviti e ossigenazione<br />

controllata.<br />

Lino<br />

Casella<br />

Viticoltore Lino Casella - <strong>lo</strong>calità Albana 55, Prepotto<br />

Telefono: 0432 713429 - lino.casella@libero.it<br />

// //<br />

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38 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// fORmAggI<br />

La nuova stagione<br />

delle casere d’alta quota<br />

<strong>Il</strong> terremoto del ’76 poteva segnare<br />

l’atto conclusivo della<br />

<strong>lo</strong>ro epopea, ma interventi<br />

di ristrutturazione e oggi una<br />

nuova generazione di malgari sta<br />

rilanciando l’allevamento d’alta<br />

quota. Qualche pezzo, però, del<br />

patrimonio caseario rischia comunque<br />

di essere perso. Secondo<br />

un censimento in inizio ’900, in<br />

Carnia e Canal del Ferro risultavano<br />

attive 215 malghe, dove<br />

monticavano non meno di 18.700<br />

capi di bestiame. Non soltanto<br />

bovini, ma anche pecore e capre.<br />

“Oggi, nella stessa zona, si contano<br />

115 malghe monticate – spiega<br />

il tecnico Ersa Ennio Pittino -, di<br />

cui solamente una quarantina trasforma<br />

il latte in prodotti caseari:<br />

formaggio, burro, ricotta fresca e<br />

affumicata. Per quanto riguarda<br />

il bestiame, nel 2008 in alpeggio<br />

c’erano circa 3.800 capi bovini,<br />

840 caprini e 5.300 ovini, compresi<br />

i greggi transumanti”.<br />

Le casere rimaste attive sono state<br />

ristrutturate e si avvalgono oggi<br />

anche delle più recenti tecno<strong>lo</strong>gie<br />

per la caseificazione.<br />

“Se da un lato la modernizzazione<br />

in malga può garantire elevati<br />

Nell’area montana una quarantina<br />

di malghe trasforma ancora il latte in<br />

prodotti caseari; molte di esse, ristrutturate<br />

negli ultimi anni, sono gestite da giovani<br />

in grado di innovare la tradizione<br />

/ / La ricetta<br />

Tortelli alle erbe<br />

Ingredienti (per 4 persone): per la pasta 200 gr farina, 70 gr di acqua<br />

tiepida, 50 gr di erbe di campo cotte a vapore e tritate finemente,<br />

sale; per il ripieno 30 gr di noci sminuzzate e passate al burro, 100<br />

gr di ricotta fresca, 50 gr di formaggio latteria 3 mesi sminuzzato,<br />

20 gr di formaggio stravecchio grattugiato, un uovo, sale, pepe.<br />

Preparazione: preparare la pasta e coprirla con un canovaccio,<br />

lasciandola riposare per 10 minuti. Preparare il ripieno passando<br />

al burro le noci sminuzzate, amalgamarle poi con tutti gli altri<br />

ingredienti a freddo. Dalla pasta ricavare una sfoglia da ritagliare<br />

a quadrati. Con un cucchiaino, disporre il ripieno su ognuno.<br />

Richiuderli a foggia di tortel<strong>lo</strong>. Cuocere i tortelli in acqua salata<br />

per 5–6 minuti. Scolare e saltarli in padella con burro e salvia. Disporli<br />

nel piatto sopra a uno strato di crema ottenuta sciogliendo al<br />

fuoco il formaggio, del latte e un pizzico di farina passata al burro.<br />

Antica osteria “Stella D’Oro” - Via Tolmezzo 6<br />

Villa di Verzegnis - Telefono: 0433 2699<br />

<strong>Il</strong> formadi<br />

di mont<br />

si riconosce<br />

per il co<strong>lo</strong>re<br />

paglierino<br />

e il sapore<br />

intenso con<br />

una leggera<br />

nota amara<br />

standard qualitativi e costanza<br />

produttiva – continua Pittino -,<br />

dall’altro si perdono progressivamente<br />

tutti quei fattori di tipicità<br />

legati al passato: le caldaie in rame<br />

sospese, il riscaldamento a legna,<br />

la maturazione e stagionatura<br />

dei formaggi nei vecchi celârs,<br />

sono tutti elementi che contribuiscono<br />

a formare aromi e sapori<br />

irripetibili”.<br />

Si rischia di lasciarsi alle spalle,<br />

però, qualche prodotto. Se resistono<br />

all’omo<strong>lo</strong>gazione esempi<br />

come il formadi frant, il formadi<br />

salât e il formai dal cit, altri sono<br />

a rischio di estinzione, come l’ont<br />

cioè burro cotto, la scuete frante<br />

e il cuincîr entrambi varianti di<br />

ricotta acidificata e aromatizzata.<br />

<strong>Il</strong> prodotto principe delle malghe,<br />

comunque, rimane il classico<br />

formadi di mont di varia stagionatura.<br />

Come è possibile, però,<br />

riconoscere quel<strong>lo</strong> autentico?<br />

La massima garanzia è data dal<br />

recarsi direttamente in quota.<br />

Oppure, affidarsi a vista, olfatto<br />

e gusto. Peculiare è l’utilizzo,<br />

oltre al latte della mungitura serale<br />

parzialmente scremato e di<br />

quel<strong>lo</strong> del mattino intero, anche


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

di latte caprino, che non supera il<br />

15 per cento. Al palato il sapore è<br />

pronunciato, con un fondo leggermente<br />

amaro. <strong>Il</strong> co<strong>lo</strong>re, inoltre, è<br />

gial<strong>lo</strong> paglierino intenso, grazie<br />

all’erba fresca dei pascoli d’alta<br />

quota.<br />

“Nel corso di questi anni si è<br />

assistito a un progressivo cambio<br />

generazionale nell’allevamento<br />

■ UOMINI & VINI<br />

in montagna e nella conduzione<br />

degli alpeggi – conclude Pittino -.<br />

Lo spirito deve essere il perseguimento<br />

dell’innovazione nel rispetto<br />

della tradizione. Una tradizione<br />

rappresentata dal prodotto, le cui<br />

caratteristiche organolettiche non<br />

devono segnare discontinuità con<br />

quanto è andato affermandosi nel<br />

tempo”.<br />

Un rosso di prestigio<br />

nella terra dei bianchi<br />

Dalla sua terra d’origine, cioè quella bordolese, pare sia<br />

sbarcato in <strong>Friuli</strong> attorno al 1868 e che ambasciatore della<br />

miglior Francia fosse quel Graf de La Tour che proprio<br />

quell’anno impalmò la nobile Elvine Ritter de Zahoni, proprietaria<br />

della Tenuta Villa Russiz di Capriva. Vero è, poi,<br />

che il Cabernet franc trovò una grossa concorrenza proprio<br />

in quel Mer<strong>lo</strong>t che, per la sua continuità (non soffre infatti di<br />

quell’acinellatura che è pato<strong>lo</strong>gica nel Franc) e l’assenza di<br />

note troppo erbacee si è diffuso nel Vigneto <strong>Friuli</strong> in maggior<br />

qualità e quantità.<br />

<strong>Il</strong> Cabernet franc nel Collio del grandi bianchi si è ben<br />

ritagliato uno spazio dignitoso e se il Cabernet sauvignon<br />

continuerà la propria agonia, causata dal mal dell’esca,<br />

di certo riprenderà quota a scapito del cugino. Lo farà di<br />

sicuro se i vari vignaioli impareranno a far<strong>lo</strong> come l’enotecnica<br />

Sandra Turco di Dolegna del Collio, fiera erede di<br />

una cultura rurale tramandatale da nonna Gisella prima<br />

e da papà Dino dopo (tuttora al suo fianco), garantendo<br />

al casato un presente e futuro solido non soltanto quale<br />

vignaiola professionalmente affermata, ma anche quale<br />

mamma affettuosa.<br />

Sandra e Dino Turco<br />

Azienda agricola Dino Turco - <strong>lo</strong>calità Perilla 2, Dolegna del Collio<br />

Telefono: 0481 639976 - sandraturco@libero.it<br />

// //<br />

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40 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// fORmAggI<br />

Note morbide e piccanti<br />

del formadi frant<br />

Del maiale non si butta via<br />

niente e, così, anche del<br />

formaggio. Forme avariate,<br />

impossibili da stagionare<br />

e da vendere ritornano a nuova<br />

vita grazie alla ricetta del formadi<br />

frant. La ricetta, diffusa in Carnia,<br />

è antica e, appunto, consente di riutilizzare<br />

i formaggi difettati, che<br />

non possono cioò essere commercializzati<br />

normalmente. Un tempo<br />

era una soluzione adottata dalle<br />

famiglie e destinata al consumo<br />

domestico, tant’è che non esistono<br />

dettagliate testimonianze scritte<br />

codificate.<br />

Da qualche anno, però, ha preso<br />

piede anche nella produzione casearia<br />

destinata al pubblico, tanto<br />

che possiamo trovare oggi il formadi<br />

frant in numerosi spacci, ma<br />

anche gastronomie e nei menu dei<br />

ristoranti, dai monti alla pianura.<br />

Una visibilità indubbiamente<br />

meritata, che anche S<strong>lo</strong>w Food<br />

ha riconosciuto, dedicandogli un<br />

proprio presidio.<br />

Come viene preparato? <strong>Il</strong> procedimento<br />

è molto semplice. Le<br />

forme o porzioni di formaggio<br />

Frutto dell’antica cultura del “nulla<br />

va mai sprecato”, ridando dignità a<br />

prodotti diffettati e non vendibili, è ideale<br />

accompagnato da mieli e mostarde assieme<br />

a polenta arrostita e anche a patate lesse<br />

/ / La ricetta<br />

Triango<strong>lo</strong>ni con noci<br />

Ingredienti (per 6 persone): pasta fatta in casa, 200 gr<br />

di formadi frant, 200 gr di ricotta fresca, 50 gr di noci<br />

sgusciate, una noce di burro.<br />

Preparazione: lavorare con un cucchiaio di legno il<br />

formadi frant con la ricotta e le noci passate al mixer. Se<br />

la crema risulta troppo dura ammorbidire con un po’ di<br />

latte, mentre se è troppo forte aggiungere ancora un po’<br />

di ricotta fresca. Tagliare la pasta a quadretti abbastanza<br />

grandi, circa 8 centimetri di lato, adagiarvi sopra un<br />

cucchiaino di impasto e chiudere la pasta in modo che si<br />

formi un triangolane. Pressar<strong>lo</strong> bene ai bordi. Cuocere in<br />

abbondante acqua salata e poi saltarli nel burro, leggermente<br />

imbiondito, nel quale sono state precedentemente<br />

aggiunte un po’ di noci macinate grossolanamente.<br />

Albergo Riglarhaus - frazione Lateis 3<br />

Sauris - Telefono: 0433 86049 o 86013<br />

Vengono<br />

utilizzate<br />

forme di<br />

diversa<br />

stagionatura<br />

sminuzzate,<br />

cui si aggiunge<br />

latte, panna,<br />

sale e pepe<br />

difettato, che presentano cioè<br />

rigonfiamenti o spaccature prima<br />

dell’aggressione da parte delle<br />

muffe, anche di diversa stagionatura,<br />

vengono sminuzzate. Quelle<br />

più fresche a pezzetti, mentre<br />

quelle più vecchie anche grattugiate.<br />

<strong>Il</strong> tutto, poi, si amalgama<br />

assieme a latte, panna, sale e pepe.<br />

Quest’impasto reso omogeneo<br />

normalmente viene, quindi, messo<br />

nelle fascere da latteria, così da<br />

ridargli la forma consueta, ma può<br />

essere ristampato anche in altri<br />

contenitori.<br />

Lasciato riposare per un paio<br />

di giorni, il formadi frant passa,<br />

infine, alla nuova stagionatura,<br />

che può durare anche una quarantina<br />

di giorni. <strong>Il</strong> sapore di questo<br />

prodotto si caratterizza per l’abbinamento<br />

di morbidezza dato dalla<br />

panna e, al<strong>lo</strong> stesso tempo, di note<br />

piccanti frutto sia della varia stagionature<br />

delle forme di origine<br />

sia del pepe. Proprio per questo,<br />

può essere consumato sia diventando<br />

ingrediente per diverse<br />

ricette sia tal quale, magari assieme<br />

a un fetta di polenta arrostita


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

oppure come vuole la tradizione<br />

più autentica con patate lesse. Proposto<br />

su un tagliare di formaggi,<br />

merita di essere accompagnato<br />

anche con mostarde, gelatine di<br />

vino o miele, nei cui casi anche<br />

il <strong>Friuli</strong> ha ormai maturato una<br />

ampia e qualificata proposta.<br />

È utile, però, anche per arricchire<br />

diverse pietanze. Per esempio,<br />

vista la stagione in corso per mantecare<br />

un risotto o un orzotto alla<br />

zucca, oppure per insaporire il<br />

ripieno dei cjarsons.<br />

Nell’orizzonte <strong>lo</strong>cale, però, non<br />

mancano varianti peculiari. Come<br />

quella che troviamo in Val Tra-<br />

■ UOMINI & VINI<br />

montina. Qui l’antica cultura del<br />

“nulla va mai sprecato” ha generato<br />

il formai dal cit. Esiste una<br />

forte somiglianza con il formadi<br />

frant, tipico delle vallate solcate<br />

dalle acque che confluiscono nel<br />

Tagliamento. A Tramonti di Sopra,<br />

però, l’impasto viene posto nel cit,<br />

ovvero in un vaso originariamente<br />

realizzato in pietra. Viene consumato<br />

senza stagionatura, così<br />

che la sua morbidezza <strong>lo</strong> rende<br />

facilmente spalmabile.<br />

Un cugino si trova anche sul<br />

Carso: un formaggio ricomposto e<br />

ristagionato in cui prevale il forte<br />

sapore del pepe.<br />

Un uvaggio che è<br />

già diventato leggenda<br />

Nel 1960 Franco Ceschin, grande eno<strong>lo</strong>go veneto, si trasferisce<br />

in <strong>Friuli</strong> e nel 1973, con la moglie Carla realizza<br />

il suo sogno: un’azienda tutta sua dove potersi esprimere<br />

liberamente mettendo a frutto l’esperienza di tanti anni<br />

di lavoro. La Viarte (in friulano è la primavera) è il nome<br />

dell’azienda, 35 ettari, di cui 25 vitati e il resto a bosco, a<br />

un’altitudine media di 150 metri sul livel<strong>lo</strong> del mare, in<br />

un’ottima esposizione verso levante, a caval<strong>lo</strong> dei comuni<br />

di Corno di Rosazzo e Prepotto.<br />

L’azienda, ora condotta e lanciata dal figlio ed eno<strong>lo</strong>go<br />

Giulio con la sua vulcanica moglie Federica, propone sia i<br />

vini da monovitigno che da uvaggi per cogliere le sinergie tra<br />

i vari vitigni. Fra questi il “Liende” (la friulana leggenda).<br />

Prodotto con uve Tocai Friulano, Pinot bianco, Sauvignon,<br />

Riesling e un po’ di Ribolla Gialla. La produzione è di 13-<br />

15mila bottiglie.<br />

Franco e Carla<br />

Ceschin<br />

Azienda agricola La Viarte - <strong>lo</strong>calità Novacuzzo 51, Prepotto<br />

Telefono: 0432 759458 - laviarte@laviarte.it<br />

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41


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<strong>lo</strong> specialista delle birre di qualità,<br />

per il successo del tuo <strong>lo</strong>cale<br />

e la soddisfazione dei vostri clienti.<br />

Ampia gamma di birra belga.


44 // SPECIALE SAPORI<br />

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// mOzzARELLA<br />

Fresca e delicata,<br />

ma è una falsa magra<br />

È<br />

tra i formaggi più consumati<br />

dalle famiglie friulane,<br />

soprattutto nel periodo<br />

estivo, e anche se è figlia della<br />

tradizione centro-meridionale<br />

è, ormai, entrata a far parte<br />

della produzione di tutti i caseifici<br />

regionali. Parliamo della<br />

mozzarella, di origine vaccina<br />

oppure, più raramente, di vera<br />

bufala. <strong>Il</strong> suo sapore fresco e delicato,<br />

però, non deve ingannare:<br />

è una falsa magra. La differenza<br />

rispetto agli altri prodotti caseari,<br />

infatti, sta soltanto nella fase<br />

della filatura: la cagliata, dopo<br />

breve maturazione, viene resa<br />

filante in acqua calda e, datale<br />

la forma desiderata, rassodata in<br />

quella fredda.<br />

SOLO LAttE IntERO<br />

“Si utilizza il latte intero, esattamente<br />

come per gli altri formaggi”<br />

spiega il tecnico dell’Ersa,<br />

Giordano Chiopris. Pochi<br />

sanno, per esempio, che la mozzarella<br />

è più grassa del Montasio<br />

stagionato. Come può essere? <strong>Il</strong><br />

<strong>Il</strong> formaggio a pasta filata, di latte<br />

vaccino ma anche bufalino, è ormai<br />

entrato a far parte della produzione di<br />

tutti i caseifici friulani, ma il suo apporto<br />

di grassi è superiore a quel<strong>lo</strong> che si crede<br />

/ / La ricetta<br />

Caramelle San Daniele<br />

Ingredienti (per 4 persone): 200 gr di pasta sfoglia, 200<br />

gr di fontina valdostana, 250 gr di prosciutto di San<br />

Daniele, 100 gr di funghi champignons, 1 mozzarella,<br />

1 cucchiaio di origano fresco, 1 uovo, un pizzico di sale.<br />

Preparazione: tirare la pasta sfoglia e ricavare rettangoli<br />

della lunghezza di 10 centimetri e larghi 7 centimetri<br />

circa. Tritare gli ingredienti restanti e mescolarli assieme.<br />

Con questa farcia riempire i rettangoli di sfoglia precedentemente<br />

spennellati con dell’uovo, è importante che<br />

la farcia non arrivi fino ai bordi altrimenti non si riuscirà a<br />

dare la forma desiderata. Arrotolare la pasta stringendola<br />

ai bordi in modo da ottenere delle caramelle di sfoglia.<br />

Adagiare le caramelle sulla placca con carta da forno e<br />

cucinarle a 200 gradi per 25-30 minuti. Servire ben calde.<br />

Agriturismo “Casale Fornace” - via udine 70<br />

Porpetto - telefono: 0431 620680<br />

Anche<br />

in regione<br />

si allevano<br />

le bufale:<br />

a Flambruzzo<br />

un’azienda<br />

ne conta<br />

addirittura<br />

500 capi<br />

‘nostrano’, infatti, viene preparato<br />

con la mungitura del mattino,<br />

ma anche con quella della sera<br />

prima, scremata per affioramento.<br />

Inoltre, la stagionatura e il<br />

lento lavoro microbico consentono<br />

una sorta di predigestione,<br />

rendendo così più digeribili le<br />

proteine del formaggio.<br />

mIStA O In PuREzzA<br />

Prima della diffusione del “fior<br />

di latte”, la vera mozzarella è<br />

sempre stata prodotta con latte<br />

di bufala. Da alcuni anni la sua<br />

produzione è apparsa anche in<br />

<strong>Friuli</strong>. <strong>Il</strong> più grande caseificio<br />

regionale, Latterie friulane di<br />

Campoformido, ha lanciato una<br />

mozzarella a latte misto, ribattezzata<br />

commercialmente la<br />

“Prelibata”, ma è un allevamento<br />

bufalino di Frambruzzo di Rivignano<br />

a produrre la mozzarella<br />

in purezza. È quel<strong>lo</strong> di Giorgio<br />

Rodighiero che tre anni fa ha<br />

deciso di convertire la sua azienda<br />

zootecnica al rustico bovino.<br />

Oggi ha ben 500 capi e, grazie


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

al picco<strong>lo</strong> caseificio aziendale,<br />

è riuscito a chiudere il cerchio<br />

della produzione, specializzandosi<br />

appunto nella produzione<br />

di mozzarella di pura bufala,<br />

seppur proponga anche ricotte,<br />

caciotte e provole con <strong>lo</strong> stesso<br />

latte.<br />

AnImALE RuStICO<br />

“La bufala è un animale facilmente<br />

adattabile – spiega<br />

Rodighiero – vive fino a 30 anni,<br />

■ uOmInI & VInI<br />

resiste bene alle malattie ed è<br />

molto fertile. Un capo, in media,<br />

produce 7-8 litri di latte al giorno<br />

per 270 giorni all’anno”.<br />

Per realizzare la mozzarella<br />

l’allevatore friulano ha scelto un<br />

casaro casertano. Oggi riesce a<br />

produrne 150 chi<strong>lo</strong>grammi al<br />

giorno. “Ma la richiesta è molto<br />

superiore” rivela. La vendita, a<br />

13 euro al chi<strong>lo</strong>grammi, viene<br />

fatta direttamente al<strong>lo</strong> spaccio<br />

aziendale, oppure a gastronomie<br />

e ristoranti.<br />

Le bollicine di Stefano<br />

lanciano la sfida ai classici<br />

Non dai proliferanti Ribolla spumante dovrebbero guardarsi<br />

il Prosecco e <strong>lo</strong> Champagne. Ben altra è la concorrenza!<br />

Metti assieme uve non crude né stramature di Pinot bianco<br />

e Chardonnay; ne ricavi una base spumante non magra né<br />

troppo alcolica, ma decisamente strutturata. L’affidi a Rodolfo<br />

Rizzi, eno<strong>lo</strong>go della Cantina produttori di Cormòns,<br />

che la guida in ogni fase di uno “charmat lungo”, ovvero<br />

fermentazione in autoclave. <strong>Il</strong> brut che ne deriva rasenta<br />

un “classico” giovane di grande spessore.<br />

Giovane protagonista di questa suggestiva scuola cormonese<br />

è l’eno<strong>lo</strong>go Stefano Bastiani che a Borgo Savaian,<br />

assieme a papà Mario, mamma Marinella, alla sorella<br />

(dottoressa in eno<strong>lo</strong>gia e laboratorista) Rosanna, sotto l’occhio<br />

vigile di nonna Nella, ha ristrutturato le vigne e poi la<br />

cantina, creando un mix di pregi estetici e funzionalità, nel<br />

cui ambito è stata ricavata anche una sala d’appassimento<br />

che rappresenta il fiore all’occhiel<strong>lo</strong> aziendale. Creatività,<br />

entusiasmo e professionalità: tutta qui la ricetta di Stefano,<br />

le cui attenzioni spaziano dai vitigni autoctoni ai francesi e<br />

ora anche alle bollicine.<br />

Stefano Bastiani<br />

Azienda Borgo Savain - via Savain 36, Cormons<br />

telefono: 0481 60725 - stefano.bastiani@libero.it<br />

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Trattoria<br />

Da Nando<br />

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ENOTECA • VENDITA VINI<br />

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Via Divisione Julia, 4 - 33050 Mortegliano (UD)<br />

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www.danando.it - Chiuso Martedì e Domenica sera


46 // SPECIALE SAPORI<br />

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// ORtAggI<br />

Sostanziosa ricchezza<br />

della carne dei poveri<br />

Era la carne dei poveri.<br />

Un alimento, cioè, che<br />

consentiva un apporto di<br />

proteine, pur in scarsità di quelle<br />

animali, tant’è che narrano le<br />

cronache fino agli Anni ’20 ogni<br />

friulano consumava in media<br />

15 chi<strong>lo</strong>grammi di fagioli ogni<br />

anno.<br />

Oggi, le statistiche, invece, parlano<br />

di circa tre chili. Però, secoli<br />

di selezioni <strong>lo</strong>cali, spesso spontanee<br />

e inconsapevoli, hanno<br />

creato un patrimonio botanico<br />

ampio e che un lavoro dell’Ersa,<br />

durante oltre venticinque anni,<br />

ha salvato dall’oblio. Sono ben<br />

144 le varietà censite. Alla fine<br />

sei di esse con caratteristiche<br />

più valide sotto l’aspetto agronomico<br />

sono state addirittura<br />

iscritte al registro nazionale.<br />

Cinque di <strong>lo</strong>ro sono rampicanti<br />

e una nana e si distinguono per<br />

la maggiore facilità di assorbire<br />

l’acqua dell’ammol<strong>lo</strong>, per l’avere<br />

una pellicola superficiale molto<br />

sottile, per la maggiore resistenza<br />

ad alcune malattie della pianta<br />

e per l’essere più produttive.<br />

I fagioli danno un ampio apporto di<br />

proteine, ferro e minerali, e se abbinati a<br />

patate, verdure e orzo rappresentano un<br />

piatto completo ed equilibrato, come per<br />

esempio il più friulano dei minestroni<br />

/ / La ricetta<br />

Musetto e fagioli<br />

Ingredienti (per 6 persone): 2 musetti, 250 gr di fagioli<br />

secchi, una cipolla tritata, 3 foglie di salvia, 3<br />

cucchiai di olio extravergine d’oliva, 20 gr di burro,<br />

sale e pepe.<br />

Preparazione: mettere a bagno la sera prima i fagioli<br />

in acqua fredda con un po’ di bicarbonato, il giorno<br />

dopo scolarli e versarli in un tegame, coprirli con<br />

acqua fredda e farli cuocere adagio. A parte soffriggere<br />

in olio e burro il trito di cipolla e la salvia.<br />

Unire il sugo ai fagioli quando sono quasi cotti. Intanto<br />

cuocere a parte i musetti. Quando sono pronti<br />

aggiungere il brodo dei musetti, ben sgrassato, ai<br />

fagioli. Tagliare i musetti a fette, unirli ai fagioli e<br />

servire il tutto caldissimo.<br />

Osteria “dal nono Primo” - piazza Primo maggio 15<br />

nogaredo di Prato - telefono: 340 5391697<br />

Una ricerca<br />

condotta<br />

dall’Ersa<br />

nell’arco di oltre<br />

25 anni<br />

ha individuato<br />

le varietà<br />

autoctone<br />

dei legumi<br />

Eppure, sulle tavole dei friulani<br />

si stima che soltanto il 30% dei<br />

fagioli sia di provenienza <strong>lo</strong>cale.<br />

<strong>Il</strong> resto è d’importazione da altre<br />

regioni italiane o dall’estero.<br />

tESORI dI mOntAgnA<br />

Accanto a questa imponente<br />

ricerca istituzionale, sono diverse<br />

le iniziative nate negli ultimi<br />

anni per va<strong>lo</strong>rizzare le colture<br />

<strong>lo</strong>cali. La Val Pesarina, oltre che<br />

per gli oro<strong>lo</strong>gi, è celebre per le<br />

sue antiche varietà di legumi.<br />

Così, nell’Alta Valle del Torre<br />

da alcuni anni si sta cercando<br />

di va<strong>lo</strong>rizzare la filiera corta<br />

su due varietà <strong>lo</strong>cali, tipiche di<br />

Platischis e di Prosenicco.<br />

fRESCO OPPuRE SECCO<br />

Nella consuetudine di un tempo,<br />

raramente il fagio<strong>lo</strong> veniva<br />

consumato fresco. Normalmente,<br />

veniva essiccato per essere<br />

utilizzato durante tutto l’inverno.<br />

Sul come, invece, frequente<br />

era unito a minestre, polentine e


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

farinate quale elemento di arricchimento<br />

proteico, abbinando<strong>lo</strong><br />

quindi al mais, alla zucca, ad<br />

altre verdure e ai cerali in genere.<br />

L’abbinamento migliore, però, è<br />

nel più tipico dei minestroni friulani.<br />

Quel<strong>lo</strong>, cioè, in cui l’unione<br />

di patate, orzo e appunto fagioli<br />

genera un piatto completo ed<br />

equilibrato sotto l’aspetto nutrizionale.<br />

Basti pensare, dati alla<br />

mano, che per il fabbisogno di<br />

un adulto che svolge un’attività<br />

fisica moderata un abbondante<br />

piatto di minestrone garantisce<br />

un terzo delle ca<strong>lo</strong>rie necessarie,<br />

più della metà di proteine, un<br />

quinto dei grassi, quasi tutto il<br />

fosforo, magnesio e ferro, più<br />

■ UOMINI & VINI<br />

della metà di calcio, metà della<br />

vitamina B1.<br />

La ricetta è rimasta immutata<br />

per secoli, seppur la sperimentazione<br />

in cucina abbia portato<br />

qualche chef anche a proporre il<br />

minestrone “scomposto”, da bere<br />

in bicchierino con gli ingredienti<br />

separati e a strati. La versione<br />

domestica, comunque, contempla<br />

un leggero soffritto, con<br />

cipolla e carota. Dentro, quindi,<br />

fagioli, patate e acqua. Qualche<br />

aroma dell’orto e, quindi, l’orzo<br />

lasciato ammollare in acqua.<br />

Secondo i puristi, il minestrone<br />

deve essere così denso che il cucchiaio<br />

infilato rimane in piedi.<br />

Senza più segreti la<br />

nascita del Vin di Uchi<br />

<strong>Il</strong> Vin di Uchì è originario della zona di San Giorgio della<br />

Richinvelda, ottenuto unendo un quarto di Pa<strong>lo</strong>mba, un<br />

quarto di Cordenossa e due quarti di Refosco Gentile. La Pa<strong>lo</strong>mba<br />

prende il nome dal co<strong>lo</strong>re rosso vinoso dei peduncoli<br />

dei grappoli a maturazione. Questo vitigno venne importato<br />

nei secoli scorsi dalla famiglia dei conti di Spilimbergo. La<br />

Cordenossa è un vitigno presente specialmente nella zona<br />

di San Vito al Tagliamento. Di origine antica dà un vino<br />

con un ottimo corredo aromatico e antocianico, ma con<br />

poco nerbo. <strong>Il</strong> Refosco Gentile è coltivato in prevalenza sulla<br />

Destra Tagliamento, nella zona di San Vito. Homo faber ha<br />

degustato questo originale uvaggio assieme ai fratelli Tondat<br />

di Domanins che, con altri vignaioli, hanno in programma<br />

un “Forum vin di Uchì” il prossimo 10 ottobre. L’azienda<br />

Tondat coltiva una ventina di ettari a vigneto e frutteto. I<br />

vigneti sono coltivati con il sistema “guyot”. In cantina c’è il<br />

metodo “Ganimede” sistema di vinificazione tutto “made in<br />

<strong>Friuli</strong>” usato per la crio-macerazione di tutti i vini, prima<br />

del processo di affinamento in botti di acciaio e legno.<br />

I fratelli<br />

Tondat<br />

Azienda Tondat - via San Martino 10/c, San Giorgio della Richinvelda<br />

Telefono: 0427-94315 - info@tondat.it<br />

// //<br />

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48 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// ORtAggI<br />

Gioiel<strong>lo</strong> dell’orto<br />

mediterraneo<br />

La <strong>lo</strong>ro stagione, naturale<br />

ovviamente, è al giro di boa.<br />

Quale migliore occasione,<br />

quindi, per fare il pieno a tavola<br />

di melanzane, che in mercati e supermercati<br />

toccano in queste settimane<br />

i minimi di prezzo. È uno<br />

degli ortaggi estivi per eccellenza,<br />

frequente nei piatti tradizionali di<br />

tutto il Mediterraneo. Proprio in<br />

quest’area, infatti, ha avuto ampio<br />

sviluppo colturale dopo essere<br />

stata introdotta in epoca medievale<br />

dall’Asia meridionale a opera,<br />

probabilmente, degli arabi. Tonda,<br />

ovale, allungata, ma sempre dal<br />

caratteristico co<strong>lo</strong>re nero-violaceo<br />

(ma esistono anche varietà chiare,<br />

addirittura bianche, o rossastre),<br />

troviamo spesso la melanzana<br />

anche negli orti friulani, seppur<br />

pretenda per l’intero periodo vegetativo,<br />

che va dalla tarda primavera<br />

alla fine dell’estate, temperature<br />

medio-alte, sia di giorno, sia anche<br />

di notte. La pianta, cioè, entra in<br />

sofferenza al di sotto dei 12 gradi.<br />

Tra le caratteristiche gastronomiche<br />

principali, quella di poter<br />

essere consumata soltanto cotta.<br />

Abbondanti e a buon prezzo, soprattutto nel<br />

periodo estivo, le melanzane rappresentano<br />

un ingrediente importante per i menu<br />

vegetariani: fritte per gli stomaci robusti,<br />

oppure alla griglia o spadellate con aromi<br />

/ / La ricetta<br />

Ravioli di astice<br />

Ingredienti (per 4 persone): 1 astice da 400 gr, una manciata di<br />

pomodori secchi, 1 etto e mezzo di ricotta di capra, 1 melanzana<br />

tagliata a cubetti, pasta fatta in casa, fiori di tarassaco.<br />

Preparazione: cuocere l’astice, lasciar<strong>lo</strong> raffreddare<br />

ed estrarne la polpa. Tagliare a cubetti i pomodori<br />

secchi e la melanzana e saltarli in padella con<br />

olio, pepe e sale. Aggiungere la ricotta.<br />

Tirare la pasta e ricavarne dei cer cerchi.<br />

Riempirli Riempirli con l’impasto l’impasto e e<br />

chiudere. A parte preparare<br />

la salsa salsa di tarassaco con i<br />

fiori, un cipol<strong>lo</strong>tto, sedano,<br />

alice sotto sale. Servire sul<br />

ravio<strong>lo</strong> caldo.<br />

Ristorante “Ai tre canai” - via Udine 36<br />

Marano Lagunare - telefono: 0431 67020<br />

La polpa<br />

spugnosa<br />

ha una<br />

grande<br />

capacità<br />

di assorbire<br />

i condimenti<br />

diventando<br />

molto saporita<br />

Cruda, infatti, oltre che sgradevole<br />

può essere anche tossica a causa<br />

della presenza nella sua polpa della<br />

solanina. Proprio la polpa, però,<br />

grazie al suo tessuto spugnoso, è<br />

in grado di assorbire molto bene i<br />

grassi, così che l’ortaggio si presta<br />

a piatti ricchi, sostanziosi e, quindi,<br />

saporiti. Spesso, così, nei ricettari<br />

finiscono fritte o alla parmigiana.<br />

Nulla di più sostanzioso e di meno<br />

“estivo”, però. La duttilità di preparazione<br />

consente, comunque,<br />

soluzioni anche meno ca<strong>lo</strong>riche.<br />

IntROdOttA I dAgLI ARAbI<br />

Una la suggerisce <strong>lo</strong> chef di mare<br />

Giorgio Busdon, con una tartara di<br />

tonno accompagnata da una capo<br />

nata di melanzane. L’ortaggio va<br />

lavato, pelato e tagliato a dadini,<br />

per poi essere saltato in padella<br />

con un soffritto di cipolla spruz- spruz<br />

zata zata con con aceto, aceto, assieme a olive<br />

tagliuzzate, uvetta, pinoli, un po’<br />

di peperoncino, capperi e aromi<br />

dell’orto tritati. <strong>Il</strong> pesce, invece, va<br />

tagliato a dadini a crudo e condito<br />

con senape e foglie di timo.


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

Rimanendo sempre in tema ittico,<br />

un’altra ricetta con medesima<br />

firma s’intitola ravioli di cefa<strong>lo</strong> e<br />

melanzane. <strong>Il</strong> ripieno, infatti, è<br />

fatto con una dadolata<br />

sottile del<br />

pesce sfilettato e<br />

dell’ortaggio, spadellato<br />

il tutto con<br />

olio e aglio.<br />

In ogni caso, le<br />

melanzane si sposano<br />

sempre bene<br />

con spezie e aromi<br />

vari. A partire<br />

dalla ricetta più<br />

semplice e digeribile,<br />

quale la cottura alla griglia o<br />

alla piastra, per poi finire condite<br />

in un intingo<strong>lo</strong> di olio, aglio e, a<br />

piacere, origano, basilico oppure<br />

anche un trito misto assieme a<br />

■ UOMINI & VINI<br />

maggiorana e menta.<br />

Sempre grigliate, possono essere<br />

utilizzare per una parmigiana<br />

più leggera, oppure per realizzare<br />

degli involtini<br />

caldi o freddi. Tagliate<br />

a crudo nel<br />

senso della lunghezzadiventano,<br />

poi, un’ottima<br />

base per ripieni di<br />

carne, sola o assieme<br />

a riso. Una<br />

dadolata di melanzana<br />

e sedano,<br />

con un pizzico di<br />

peperoncino brasata<br />

all’aceto balsamico, infine,<br />

può risultare un ottimo contorno<br />

oppure un sugo adeguato per<br />

un’ultima ve<strong>lo</strong>ce pastasciutta<br />

estiva.<br />

Quel Pigno<strong>lo</strong> di Ermacora<br />

sulla collina di Ipplis<br />

Quando i primi Ermacora, nel 1922 scelsero la collina di<br />

Ipplis per piantare le <strong>lo</strong>ro vigne, crearono i presupposti per<br />

la nascita di vini di gran pregio. A ogni varietà viene riservata<br />

un’attenzione ad hoc: i vitigni rossi, come il Pigno<strong>lo</strong><br />

che richiedono una piena maturazione, occupano i versanti<br />

dove il terreno è più magro e soleggiato. Una conduzione<br />

familiare con un ricco patrimonio di cultura e tradizioni,<br />

nel rispetto della terra e dei suoi tempi. Da Ermacora il vino<br />

nasce nel modo più naturale, vendemmiando ancora con le<br />

mani e lavorando secondo le tradizionali tecniche di vinificazione.<br />

L’uva che entra in cantina, acquista personalità,<br />

grazie alle particolari cure dedicate a ogni varietà. È nel<br />

borgo di Ipplis che Dario, già presidente del Consorzio dei<br />

Colli Orientali e di recente nominato presidente regionale<br />

Coldiretti, e Luciano Ermacora conducono la <strong>lo</strong>ro azienda<br />

vitivinicola, cui i giornalisti dell’Arga, guidati dal presidente<br />

Car<strong>lo</strong> Morandini, hanno fatto visita dedicando proprio al<br />

Pigno<strong>lo</strong> un supplemento d’attenzione.<br />

I giornalisti dell’Arga visitano l’azienda<br />

Azienda agricola Ermacora - Via Solzaredo 9, Ipplis di Premariacco<br />

Telefono: 0432 716250 - info@ermacora.it<br />

// //<br />

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50 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// ORtAggI<br />

Rosso, gial<strong>lo</strong> o verde<br />

e il piatto è un quadro<br />

La varietà dei <strong>lo</strong>ro co<strong>lo</strong>ri stimola<br />

la fantasia in cucina.<br />

In estate non possono mancare<br />

nei menu di casa oppure al<br />

ristorante, crudi in insalata, come<br />

grigliati oppure in tante altre<br />

ricette. Originari dell’America meridionale,<br />

i peperoni hanno ormai<br />

una diffusione g<strong>lo</strong>bale e sono frequentemente<br />

presenti anche negli<br />

orti casalinghi friulani. Rispetto<br />

ai cugini piccanti, i peperoncini<br />

(anch’essa una grande e variegata<br />

famiglia), hanno una scarsa o<br />

assente presenza di capsaicina, il<br />

principio attivo che arde il palato.<br />

Vantano, però, un alto contenuto<br />

di vitamina C, tanto che è consigliabile<br />

un <strong>lo</strong>ro consumo a crudo,<br />

per esempio affettai sottilmente<br />

nell’insalata, per garantire il fabbisogno<br />

quotidiano con meno di<br />

un etto.<br />

COnSumO gIORnALIERO<br />

Una pennellata di rosso, gial<strong>lo</strong> e<br />

verde, quindi, nei piatti dell’estate.<br />

Qualche piccola differenza in base<br />

al co<strong>lo</strong>re c’è. I peperoni verdi, in<br />

<strong>Il</strong> peperone è un ingrediente tipico<br />

delle ricette estive, utilizzato a crudo<br />

nell’insalata, oppure assieme a carne o<br />

pesce, ma anche ripieno, anche se la sua<br />

vera vocazione, però, è essere grigliato<br />

/ / La ricetta<br />

Calamaro ripieno<br />

Ingredienti (per 4 persone): 1 chi<strong>lo</strong> e mezzo di calamari<br />

nostrani di taglia media, 1/4 di peperone all’agro, 3<br />

spicchi d’aglio, 100 gr di pane grattugiato, prezzemo<strong>lo</strong><br />

tritato fine, 10 centilitri di vino bianco secco, 10 centilitri<br />

di olio d’oliva, 1 peperoncino.<br />

Preparazione: pulire dalla cartilagine e dalla vescica<br />

nera i calamari. Dividere le teste dai latticini e dai<br />

tentacoli, tritare questi ultimi e porli in un tegame<br />

con l’olio d’oliva, peperone, agli e peperoncino tritati,<br />

rosolare il tutto. Riempire le teste dei calamari con il<br />

composto soffritto, sistemarli in una pirofila imburrata,<br />

mettere a pioggia il pane grattugiato e un pizzico di<br />

prezzemo<strong>lo</strong>, bagnare con olio d’oliva e una spruzzata di<br />

vino bianco. Passare in forno a 180° per circa 20 minuti.<br />

Ristorante “Ferarut” - via Cavour 34<br />

Rivignano - telefono: 0432 775039<br />

Quelli<br />

dolci hanno<br />

un’alta<br />

quantità<br />

di vitamina C,<br />

ma anche<br />

di acqua e<br />

pochissime<br />

ca<strong>lo</strong>rie<br />

particolare, sono quelli colti dalla<br />

pianta ancora immaturi, prima<br />

cioè di rivelarsi gialli, più teneri<br />

e succosi, oppure rossi, più croccanti.<br />

Questo ortaggio è composto<br />

in massima parte da acqua (vantando<br />

quindi anche pochissime<br />

ca<strong>lo</strong>rie). Per sceglier<strong>lo</strong> sul bancone<br />

del supermercato, quindi, bisogna<br />

prestare attenzione che la superficie<br />

non presenti ammaccature o<br />

raggrinzimenti, segno che ormai<br />

il suo tempo è passato ed è meglio<br />

lasciar<strong>lo</strong> lì.<br />

IL dILEmmA dELLA buCCIA<br />

Per la preparazione in cucina,<br />

poi, uno dei grandi dilemmi è<br />

rappresentato dalla sottile e fastidiosa<br />

buccia. Si può scottare i<br />

peperoni alla fiamma del fornel<strong>lo</strong>,<br />

oppure direttamente nel forno per<br />

qualche minuto. Quando sono<br />

ancora caldi si possono mettere<br />

dentro un sacchetto di plastica,<br />

che si saturerà di umidità, rendendo<br />

ancora più facile l’operazione<br />

di spelatura. Un suggerimento<br />

molto pratico e poco conosciuto.


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

Oltre a finire crudi in insalata,<br />

come già detto, è molto ampio il<br />

<strong>lo</strong>ro utilizzo. Si abbinano bene sia<br />

alla carne, per esempio con pol<strong>lo</strong><br />

o coniglio in umido, sia al pesce.<br />

Un esempio è una padellata<br />

di moscardini, saltati con olio,<br />

aglio e cipolla, sfumati con il vino<br />

bianco e arricchiti con peperoni<br />

variegati tagliati a fettine sottili.<br />

Qualche pomodoro pelato va a<br />

completare la tavo<strong>lo</strong>zza di co<strong>lo</strong>ri,<br />

pronta a essere servita in tavola.<br />

Guai a dimenticare, poi, i peperoni<br />

ripieni, sia con sola carne, sia<br />

mescolata a riso lessato; cotti, poi,<br />

■ UOMINI & VINI<br />

al forno oppure in padella con un<br />

fondo di sugo di pomodoro.<br />

La soluzione più tradizionale,<br />

comunque, rimane quella grigliata<br />

(o più semplicemente alla<br />

piastra).<br />

Puliti, lavati e sezionati, i peperoni<br />

vanno cotti fino a rimanere al<br />

dente, per evitare che al palato alla<br />

fine risultino come una poltiglia.<br />

Conditi con olio, aglio e prezzemo<strong>lo</strong>,<br />

ma anche basilico o origano, è<br />

meglio se vengono dimenticati per<br />

un giorno, in frigorifero oppure in<br />

cantina. <strong>Il</strong> risultato è indubbiamente<br />

superlativo.<br />

L’eleganza si avverte<br />

dalla vigna alla cantina<br />

Non c’è che dire: dove Loretto Pali mette mano la più semplice<br />

espressione rurale ritrova dignità, finezza e un tocco<br />

d’eleganza e sostanza assieme. Vuoi la scelta accurata dei<br />

prodotti artigianali, vuoi la bontà dei vini Doc delle sue<br />

aziende “La Boatina” di Cormòns e “Castel<strong>lo</strong> di Spessa” di<br />

Capriva. Per chiudere in bellezza con una buona grappa o<br />

distillato, pure della Pali Wines. Vuoi, infine, la professionalità<br />

dei collaboratori, in particolare il factotum Bojan<br />

Mrevlje, e gestori, come una bella e brava “signora del vino”<br />

quale Susanna, cioè la moglie di Bojan, che costituisce il<br />

va<strong>lo</strong>re aggiunto della “Saletta del gusto” posta in sito <strong>lo</strong>gisticamente<br />

felice a mezza strada fra Cormòns e Corona di<br />

Mariano del <strong>Friuli</strong>. Susanna organizza qui incontri a tema;<br />

memorabile una recente kermesse dedicata ai formaggi di<br />

malga della Carnia. Ospite e protagonista dell’incontro il<br />

casaro Natale Sebastiano Crivellaro di Lateis di Sauris,<br />

che nell’occasione ha guidato la degustazione di ricotta<br />

affumicata da latte vaccino e caprino, formaggio caprino<br />

stagionato, “Asìn” salato e “Formadi frant”. Homo Faber<br />

ha potuto apprezzare, in questa e altre occasioni, sia un<br />

importante Sauvignon 2007, sia un Mer<strong>lo</strong>t 2004 di rara<br />

potenza, che suggerisce a chi se ne intende.<br />

Susanna Mrevlje<br />

Azienda agricola “La Boatina” - via Corona 62, Cormons<br />

Telefono: 0481 639309 - info@paliwines.com<br />

// //<br />

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52 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// ORtAggI<br />

Un quarto di nobiltà<br />

per la brovada<br />

La brovada ha conquistato un<br />

quarto di nobiltà. L’inimitabile<br />

prodotto friulano può<br />

fregiarsi della Denominazione di<br />

origine protetta. L’obiettivo principale<br />

è quel<strong>lo</strong> di va<strong>lo</strong>rizzare la<br />

produzione <strong>lo</strong>cale della rapa fatta<br />

macerare nella vinaccia, unico<br />

esempio del genere sul<strong>lo</strong> scenario<br />

gastronomico europeo (<strong>lo</strong> stesso<br />

nome non ha corrispondenza linguistica<br />

neppure in italiano), ma<br />

anche per dare maggiori garanzie<br />

ai consumatori sull’autenticità del<br />

prodotto. Infatti, non sono mancati<br />

di recente tentativi di imitazione,<br />

in particolare di provenienza s<strong>lo</strong>vena<br />

e veneta.<br />

Secondo il disciplinare, seguito<br />

dal tecnico Cisae Antonella Fantin<br />

e proposto dall’Associazione<br />

di produttori, guidata da Fulvio<br />

Mansutti, la Dop identifica un<br />

prodotto ottenuto dalla trasformazione<br />

dell’ecotipo <strong>lo</strong>cale ‘rapa<br />

da brovada’. Si tratta di una varietà<br />

<strong>lo</strong>cale regolarmente registrata.<br />

Attualmente viene coltivata in<br />

regione su una superficie di 60-70<br />

ettari, con una resa massima di 45<br />

tonnellate a ettaro. Proprio la sua<br />

coltivazione ha registrato negli<br />

L’inimitabile prodotto friulano, citato già<br />

dai romani, è giunto al riconoscimento<br />

europeo, aprendo interessanti prospettive<br />

per gli agricoltori e dando maggiori<br />

garanzie sull’origine ai consumatori finali<br />

/ / La ricetta<br />

Muset<br />

Ingredienti (per 4 persone): 300 gr di musetto; per la<br />

brovada 1 rapa di circa 200 gr, 1/4 di spicchio d’aglio, 1/4<br />

di cipolla, un bicchiere di vino rosso, 3 cucchiai di pepe.<br />

Preparazione: mettere a bollire<br />

il musetto in una pentola<br />

con dell’acqua. A bol<strong>lo</strong>re abbassare<br />

la fiamma e cuocere<br />

per 3 ore. Quando il musetto<br />

è ben cotto metter<strong>lo</strong> sul piatto<br />

da portata togliendo il budel<strong>lo</strong>.<br />

In una pentola rosolare l’aglio e la cipolla tritata, unire<br />

poi la rapa grattugiata, il pepe, il vino. Coprire il tutto<br />

d’acqua e far andare a fuoco lento fino a evaporazione<br />

di quest’ultima. Togliere dal fuoco e servire.<br />

Prosciutteria “Dall’Ava 33 cento” - Piazza Bolzano 1<br />

Udine - telefono: 0432 299455<br />

La rapa ha un<br />

cic<strong>lo</strong> vegetativo<br />

molto breve,<br />

dopo il raccolto<br />

viene messa a<br />

macerare fino a<br />

un mese con la<br />

vinaccia di uva a<br />

bacca rossa<br />

ultimi anni un tal<strong>lo</strong>ne di Achille, a<br />

causa dell’infestazione di afidi portatori<br />

di malattie per le piante, che<br />

ne hanno compromesso il raccolto.<br />

Si tratta di un evento ricorrente in<br />

media ogni dieci anni, in coincidenza<br />

con annate particolarmente<br />

calde. Una delle soluzioni indicate<br />

dai tecnici, riguarda la coltivazione<br />

ad altitudini maggiori rispetto<br />

alla pianura, come sperimentato<br />

nella pedemontana, in particolare<br />

nella zona di Cimolais, dove le<br />

escursioni termiche consentono<br />

un control<strong>lo</strong> della popolazione dei<br />

parassiti.<br />

Dopo il raccolto le rape, lavate e<br />

mondate, vengono poste a macerare<br />

con la vinaccia di uva a bacca<br />

rossa (che in passato rappresentava<br />

la quasi totalità dei vitigni <strong>lo</strong>cali)<br />

per un periodo tra le tre settimane<br />

e il mese. Si compie, così, un<br />

processo di fermentazione che ne<br />

garantisce la conservazione e conferisce<br />

a prodotto il caratteristico<br />

sapore. Quindi, vengono pelate<br />

e grattugiate e sono pronte per il<br />

consumo.<br />

<strong>Il</strong> va<strong>lo</strong>re storico della brovada è<br />

millenario. Infatti, ha rappresentato<br />

un alimento fondamentale


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

per le tavole dei contadini friulani,<br />

prima della diffusione del mais e<br />

della patata. Già nei ricettari degli<br />

antichi romani si suggeriva l’acidificazione<br />

della rapa per garantirne<br />

la conservabilità. Diversi sono, poi,<br />

i documenti di epoca medievale<br />

che testimoniano questa tecnica<br />

diffusa nei territori patriarcali.<br />

A livel<strong>lo</strong> scientifico è fondamentale<br />

la relazione di Filippo Re,<br />

docente all’università di Bo<strong>lo</strong>gna,<br />

datata addirittura 1810.<br />

“Siccome la copia delle rape in<br />

<strong>Friuli</strong> è generalmente grande, si<br />

renderebbe impossibile di consumarle<br />

prima che divengano<br />

moscie; <strong>lo</strong> che accade per <strong>lo</strong> più<br />

intorno a Natale, se non si avesse<br />

ritrovato anche il mezzo di conservar<br />

la <strong>lo</strong>ro freschezza” scriveva,<br />

appunto.<br />

La brovada, quindi, ha svolto un<br />

ruo<strong>lo</strong> importante nell’alimentazione<br />

dei friulani. Grazie al suo cic<strong>lo</strong><br />

vegetativo molto breve, appena di<br />

90 giorni, poteva essere seminata<br />

■ UOMINI & VINI<br />

dopo il raccolto di frumento o di<br />

orzo e, grazie alla conservazione,<br />

diventava un ingrediente fondamentale<br />

nel periodo invernale.<br />

Oggi rappresenta, però, una coltivazione<br />

di nicchia. I produttori<br />

sono qualche decina e la richiesta<br />

del mercato di consumo è ridotta,<br />

a causa del cambiamento delle<br />

abitudini e dei gusti gastronomici.<br />

Eppure, rappresenta un abbinamento<br />

fondamentale con tante<br />

altre specialità friulane, a partire<br />

dal muset o altri insaccati freschi<br />

e carni grasse, in quanto le sue<br />

caratteristiche acidule consentono<br />

un’armonia di sensazioni al<br />

palato. Tutta da riscoprire, poi,<br />

è la minestra con la brovada,<br />

antesignana della diffusa jota,<br />

piatto simbo<strong>lo</strong> dell’area giuliana,<br />

che però nel corso della storia ha<br />

adottato l’austriaco crauto, che<br />

oltre alla materia prima (cavo<strong>lo</strong><br />

cappuccio) è diverso anche per il<br />

procedimento di fermentazione<br />

(del tipo ma<strong>lo</strong>lattica).<br />

La passione per i passiti<br />

genera sospiri in bottiglia<br />

<strong>Il</strong> primo vigneto è stato messo a dimora nel 1984 da Lino,<br />

marito dell’attuale proprietaria, Annamaria Mauro. Oggi i<br />

filari si estendono su una superficie di 3,5 ettari in tre comuni<br />

(Tricesimo, Tarcento e Reana del Rojale) e due zone Doc,<br />

<strong>Friuli</strong> Grave e Colli Orientali del <strong>Friuli</strong>. Questa è l’attuale<br />

conformazione dell’azienda vitivinicola “La Volparie”,<br />

realtà cresciuta negli anni e che predilige, oltre ai classici<br />

vini friulani, la produzione di vini ottenuti dopo lungo appassimento<br />

e affinati in piccole botti di legno. Le bottiglie<br />

più richieste sono quelle di Picolit e di “Suspir”, un Verduzzo<br />

passito che è il fiore all’occhiel<strong>lo</strong> della produzione aziendale.<br />

Nella gamma non mancano i vini tradizionali come il Friulano,<br />

due Cabernet e<br />

Refoschi vari.<br />

La produzione è di<br />

550 quintali d’uva<br />

all’anno, pari a 140<br />

ettolitri di vino commercializzato<br />

in bottiglie<br />

(per una media<br />

di novemila confezioni)<br />

oppure sfuso. Per<br />

quanto riguarda i progetti<br />

futuri, la titolare<br />

dell’azienda intende<br />

ampliare la linea di<br />

prodotti e realizzare<br />

una saletta di degustazione<br />

come naturale<br />

continuazione della<br />

cantina.<br />

Annamaria Mauro<br />

e il marito Lino<br />

Azienda La Volparie - via San Martino 4, Zompitta di Reana del Rojale<br />

Telefono: 0432 882881 - lavolparie@libero.it<br />

// //<br />

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54 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// COndImEntI<br />

Ritrovata l’essenza<br />

dell’ont dimenticato<br />

Qualche ortodosso di diete<br />

salutiste potrebbe rabbrividire.<br />

Qualche concessione<br />

alimentare, però, rende la<br />

vita più piacevole. Soprattutto se,<br />

prima, sfatiamo i luoghi comuni.<br />

Protagonista di una pagina di<br />

storia casearia ancora da leggere<br />

dal grande pubblico è l’ont, ovvero<br />

il burro sciolto, cotto, purificato<br />

e fatto nuovamente solidificare.<br />

Non si tratta semplicemente di<br />

un metodo di conservazione del<br />

burro, ma di una vera e propria<br />

trasformazione in un nuovo prodotto,<br />

con tutta la sua dignità<br />

organolettica e gastronomica.<br />

Trae origine dalle consuetudini<br />

di malga e delle latterie turnarie.<br />

La maggior parte del latte munto<br />

in quota veniva utilizzato per<br />

la produzione del formaggio e<br />

della ricotta da affumicare. In<br />

questa maniera era garantita la<br />

conservabilità dei prodotti fino<br />

al <strong>lo</strong>ro trasferimento a valle, per<br />

il consumo durante le stagioni<br />

di magra e per la vendita in altri<br />

mercati. In tale contesto, però,<br />

il burro rappresentava l’anel<strong>lo</strong><br />

<strong>Il</strong> salvataggio di un condimento nobile a<br />

lunga conservazione ottenuto dal burro<br />

sciolto, cotto, purificato e fatto nuovamente<br />

solidificare per diventare un nuovo prodotto<br />

con una propria identità e dignità<br />

/ / La ricetta<br />

Oca sotto l’ont<br />

Ingredienti (per 4 persone): un chi<strong>lo</strong> e mezzo di oca, 600 gr di zucca<br />

a dadini, 200 gr di mele a dadini, 200 gr di cipolla a julienne,<br />

150 gr di aceto, 150 gr di zucchero, 5 gr di senape, 3 gr di chiodi<br />

di garofano, sale grosso, rosmarino, salvia, burro chiarificato.<br />

Preparazione: tagliare l’oca a pezzi, rosolarla nel burro chiarificato,<br />

unire le erbe aromatiche e il sale, coprire la carne con il<br />

resto del burro e far cuocere per un’ora a fiamma bassissima.<br />

Far raffreddare e sistemare il tutto in contenitori di vetro, adatti<br />

a conservare l’oca a lungo in ambiente freddo. Preparare la<br />

mostarda mettendo tutti gli ingredienti in una casseruola di<br />

rame, far prendere bol<strong>lo</strong>re e proseguire la cottura molto lentamente,<br />

fino a completo assorbimento del liquido. Servire i<br />

pezzi d’oca, riscaldati nel <strong>lo</strong>ro grasso, asciugati dalla mostarda<br />

e accompagnati da funghi e verdure invernali in agrodolce.<br />

Hotel “Villa Policreti” - via IV novembre 13<br />

Castel d’Aviano - telefono: 0434 677169<br />

Conservato in<br />

vasetti di vetro, si<br />

mantiene anche<br />

per dieci mesi,<br />

utilizzando<strong>lo</strong> poi per<br />

ricette tradizionali,<br />

per condire per<br />

esempio gnocchi<br />

e cjarsons<br />

debole di tutta la filiera.<br />

“Una volta non esistevano frigoriferi<br />

e l’esigua quantità di burro<br />

destinato al consumo fresco e<br />

immediato veniva conservata per<br />

immersione nell’acqua, in bacinelle<br />

di rame stagnato” spiega il<br />

tecnico dell’Ersa, Ennio Pittino,<br />

che sull’argomento ha svolto una<br />

lunga e metico<strong>lo</strong>sa ricerca.<br />

“La procedura per ottenere l’ont<br />

sembra molto semplice – spiega<br />

Pittino -. Innanzitutto, bisogna<br />

seguire le fasi lunari e svolgere<br />

la lavorazione nell’ultimo quarto<br />

(vieri di lune), altrimenti durante<br />

il riscaldamento si sviluppa un<br />

eccesso di schiuma e c’è il rischio<br />

che si formi un nucleo bianco<br />

al centro della massa durante il<br />

raffreddamento”.<br />

Preso il panetto di burro, ricavato<br />

dalla panna cruda di affioramento,<br />

<strong>lo</strong> si taglia a dadi, ponendoli<br />

in un recipiente di rame.<br />

Lo si porta a una temperatura<br />

moderata, sufficiente alla fusione,<br />

per poi aumentare di intensità<br />

fino alla creazione di una leggera<br />

schiuma. Attorno ai 100 gradi


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

inizia l’ebollizione che porta alla<br />

chiarificazione. A questo punto<br />

l’acqua contenuta nel grasso evapora<br />

e i residui proteici si aggregano<br />

e precipitano sul fondo. <strong>Il</strong> burro<br />

si è, così, purificato, ha assunto<br />

il co<strong>lo</strong>re del miele ed è diventato<br />

ont. Prima che si raffreddi <strong>lo</strong> si<br />

versa nella tradizionale piere dal<br />

ont, oppure in vasetti di vetro a<br />

chiusura ermetica dove, in breve,<br />

tornerà al<strong>lo</strong> stato solido e untuoso,<br />

pronto per l’uso. Posto al fresco in<br />

cantina, il prodotto ha una durata<br />

anche di dieci mesi.<br />

L’ont è più salutare del burro. Non<br />

è un paradosso, ma la conclusione<br />

cui è giunto Pittino dopo aver condotto<br />

ricerche microbio<strong>lo</strong>giche.<br />

“Quando si riscalda una piccola<br />

quantità di burro fresco in un tegame,<br />

è facile raggiungere il punto<br />

di fumo e notare la formazione di<br />

residui neri – spiega -. Con l’ont<br />

questo non accade, perché l’acqua<br />

e le proteine sono in pratica<br />

assenti e il punto di fumo, rispetto<br />

■ UOMINI & VINI<br />

al burro fresco, si attesta su va<strong>lo</strong>ri<br />

ben più elevati”.<br />

Oggi la produzione a scopo commerciale<br />

è ridotta a pochi esempi<br />

in tutta la regione. Uno di questi<br />

è l’azienda della famiglia Gortani<br />

che, stagionalmente, alleva la propria<br />

mandria di sola razza Bruna<br />

alpina a malga Pozôf sul monte<br />

Zoncolan e a Mereto di Capito<strong>lo</strong>,<br />

alle porte di Palmanova. Da una<br />

quindicina di anni ha ripreso la<br />

produzione dell’ont, partendo da<br />

burro di affioramento. Lo confeziona,<br />

poi, in vasetti da 180 e da<br />

380 grammi proponendo<strong>lo</strong> nel<br />

proprio spaccio aziendale e in alcune<br />

botteghe partner. <strong>Il</strong> formato<br />

di taglia maggiore costa sui 7 euro.<br />

L’utilizzo in cucina è ideale come<br />

condimento per gli gnocchi, per i<br />

cjarsons carnici o per gli strucchi<br />

delle Valli del Natisone. Più in<br />

generare, però, è un valido sostituto<br />

del comune burro, andando<br />

a insaporire dando un tocco di<br />

personalità a carni e sughi.<br />

Ad Aquileia Sauvignon<br />

da ben tre generazioni<br />

L’azienda vede la sua origine nel 1924, quando Giovanni<br />

Battista Donda lascia Scodovacca e con la famiglia si insedia<br />

in Aquileia acquistando 13 ettari di terreno in una<br />

campagna caratterizzata da pioppi, gelsi, ontani e soprattutto<br />

dalla vicinanza del microclima lagunare. Nei decenni<br />

successivi il figlio Bruno ne continua sapientemente il lavoro,<br />

dedicandosi con passione alla coltivazione della vite e alla<br />

produzione di un ottimo vino.<br />

Tre generazioni di viticoltori: Giovanni Battista, il figlio<br />

Bruno, che con la nuova famiglia ne continua sapientemente<br />

il lavoro, e in anni recenti il nipote Giovanni,<br />

“Gianni” cioè il nuovo proprietario,<br />

protagonista dell’attuale felice<br />

stagione tesa alla qualità assoluta.<br />

<strong>Il</strong> vino bandiera di Gianni è il Sauvignon.<br />

Dal co<strong>lo</strong>re gial<strong>lo</strong> paglierino tendente<br />

al verdogno<strong>lo</strong>, è caratterizzato<br />

da forza, struttura e inconfondibile<br />

classe accanto a una lieve morbidezza.<br />

Ha un aroma prorompente tipico che<br />

ricorda la salvia, la menta, il peperone<br />

e il fior di sambuco. In bocca è vivido<br />

e freschissimo, dalla struttura degna<br />

di nota. Da attendere, poiché merita.<br />

Servito a una temperatura di 10° C è<br />

ideale per accompagnare primi piatti<br />

speziati, crêpes, salmone, pesce, creme,<br />

minestre, asparagi, formaggi di media<br />

stagionatura e prosciutto crudo.<br />

Gianni<br />

Donda<br />

Azienda agricola Donda - via Manlio Acidino, 4 - Aquileia<br />

Telefono: 0431 91185 - info@vinidonda.it<br />

IL MARCHIO<br />

“SOLO DI<br />

PEZZATA ROSSA”:<br />

un ritorno alle<br />

antiche tradizioni casearie,<br />

uno scrigno di delizie<br />

gastronomiche<br />

per il consumatore<br />

La Pezzata Rossa Italiana, una<br />

volta denominata Friulana, trova<br />

la sua culla d’origine proprio<br />

nella nostra Regione, tanto che<br />

può essere definita la razza dei<br />

nostri padri. Inizialmente impiegata<br />

principalmente per il lavoro nei<br />

campi, forniva alla famiglia contadina<br />

anche carne, latte e quindi<br />

formaggi; una razza che ha un<br />

forte legame storico con il <strong>Friuli</strong>,<br />

che sicuramente ha contribuito in<br />

maniera significativa all’economia<br />

delle famiglie friulane.Dal 2008 le<br />

produzioni di latte e dei suoi derivati<br />

nonché quelle di carne ottenute<br />

da soggetti di Pezzata Rossa<br />

Italiana possono essere contrassegnate,<br />

previo il rispetto di un apposito<br />

disciplinare, con il marchio<br />

“So<strong>lo</strong> di Pezzata Rossa Italiana”.<br />

Per quanto riguarda le produzioni<br />

casearie, il disciplinare prevede<br />

che queste debbano essere ottenute<br />

esclusivamente da latte crudo<br />

(non pastorizzato) munto da<br />

bovine Pezzate Rosse iscritte al<br />

Libro Genea<strong>lo</strong>gico e con la sola<br />

aggiunta di caglio e sale, come<br />

tradizionalmente si faceva nelle<br />

numerose latterie turnarie che<br />

una volta erano presenti su tutto<br />

il territorio Friulano e si fa ancora<br />

in quelle realtà ancora attive. I foraggi<br />

sono prevalentemente prodotti<br />

dal<strong>lo</strong> sfalcio di prati <strong>lo</strong>cali,<br />

come pure i mangimi, utilizzati in<br />

maniera limitata, sono costituiti<br />

da mais e orzo prodotti in azienda.<br />

Riguardo alla produzione di<br />

carne il disciplinare regola in particolare<br />

i tempi di macellazione e<br />

la successiva frollatura che devono<br />

essere adeguate alle peculiari<br />

caratteristiche della carne di<br />

Pezzata Rossa Italiana.<strong>Il</strong> marchio<br />

mira a va<strong>lo</strong>rizzare questi prodotti<br />

e a diversificarli dalle produzioni<br />

di massa, dando ai consumatori,<br />

grazie ai controlli individuali effettuati<br />

dal sistema delle Associazioni<br />

Allevatori, ulteriori garanzie<br />

riguardo alla qualità dei prodotti<br />

finiti.<br />

// //<br />

55<br />

I PRODOTTI “SOLO DI PEZZATA ROSSA<br />

ITALIANA” LI POTETE TROVARE DA:<br />

Là di Cjastelan<br />

Via San Osvaldo, 57 – Udine – tel. 339 6428668<br />

Latteria Sociale di Palse<br />

via Gabelli, 1 - Palse di Porcia (PN)<br />

tel. 0434 551266<br />

Latteria Sociale Turnaria di Brazzacco<br />

Via Strada del Val, 17 - Brazzacco di Moruzzo (UD)<br />

tel. 348 3638700<br />

Lattera Sociale Turnaria di Trivignano<br />

Via Udine 4 - Trivignano (UD) - tel. 349 1261606<br />

Zoff Giuseppe<br />

Via Parini, 18 - Borgnano di Cormons (GO)<br />

tel. 0481 67204<br />

NEI SEGUENTI RISTORANTI POTRETE TROVA-<br />

RE DELIZIOSI PIATTI A BASE DI CARNE E FOR-<br />

MAGGI “SOLO DI PEZZATA ROSSA ITALIANA”<br />

“Al Contadino” Via Pozzuo<strong>lo</strong>, 204 – Udine<br />

Tel. 0432 237493<br />

“Al Cacciatore” Via C.li Paludo Sinistra, 9 –<br />

Palazzo<strong>lo</strong> del<strong>lo</strong> Stella (UD) - Tel. 0431 58152<br />

“Antica Bettola da Marisa” Via Coseano, 1<br />

Loc. Rodeano Basso - Rive D’Arcano (UD) -<br />

Tel. 0432 807060<br />

“La luna sul Raut” Via Valdestali, 4-Frisanco<br />

(PN) - Tel. 0427 784405<br />

“Osteria al Collio” Via Aquileia 86 - Udine -<br />

Tel. 0432 500311<br />

Presso l’Associazione Nazionale Allevatori<br />

bovini di razza Pezzata Rossa Italiana sono<br />

disponibili, su prenotazione, pacchi carne formato<br />

famiglia (10 kg circa). Per chi è interessato<br />

contattare l’Associazione al numero 0432<br />

224103 o 338 7417520 oppure all’indirizzo<br />

e-mail: carne @pezzatarossa.com<br />

Formaggi e carne “So<strong>lo</strong> di Pezzata Rossa Italiana”:<br />

i sapori della nostra tradizione<br />

ASSAGGIATELI E NON LI LASCERETE PIÙ!


56 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// PAnIERE LOCALE<br />

Nuovo quintetto<br />

di gioielli nostrani<br />

Cinque ulteriori specialità<br />

tipiche friulane sono entrate<br />

a far parte dell’elenco<br />

nazionale dei prodotti agroalimentari<br />

tradizionali. Si tratta delle<br />

grappe alle erbe e ai piccoli frutti<br />

di bosco, da sempre realizzate e<br />

conservate nelle case della Carnia.<br />

Salvia, genziana, assenzio, lampone,<br />

mirtil<strong>lo</strong>, ma anche radicchio di<br />

monte e molti altri sono gli ingredienti<br />

che finiscono a macerare<br />

nella grappa di vinaccia, trasferendo<br />

nel liquore le proprie virtù<br />

e aromi. Relativamente la tecnica<br />

di produzione: una volta raccolte<br />

e pulite, le erbe o i frutti vengono<br />

posti a macerare nella grappa di<br />

vinaccia per un periodo che va<br />

dalle due settimane al mese.<br />

<strong>Il</strong> recipiente in vetro viene posto<br />

in ambiente caldo e, spesso, anche<br />

al sole. Dopo il filtraccio, il distillato<br />

aromatizzato viene lasciato<br />

riposare almeno un ulteriore<br />

mese e, quindi, imbottigliato per<br />

il consumo.<br />

Giusto riconoscimento, poi,<br />

per l’aceto, in particolare quel<strong>lo</strong><br />

prodotto partendo da vini autoc-<br />

L’elenco dei prodotti tradizionali<br />

riconosciuti dall’elenco nazionale si<br />

arricchisce di altre cinque specialità<br />

regionali: grappe aromatizzate, aceto,<br />

brocco<strong>lo</strong>, gnochi de susini e strucchi lessi<br />

/ / La ricetta<br />

Insalata di montagna<br />

Ingredienti (per 4 persone): 150 gr di valeriana, ½ chi<strong>lo</strong><br />

di asparagi verdi, 4 uova sode, 120 grammi di speck,<br />

50 gr di ricotta affumicata, olio extravergine, aceto<br />

balsamico, sale.<br />

Preparazione: pulire la valeriana, lessare<br />

le punte degli asparagi e le uova.<br />

In una padella mettere <strong>lo</strong> speck<br />

perché diventi croccante. Grattugiare<br />

la ricotta. In una ciotola<br />

emulsionare olio, aceto e sale<br />

e condire la valeriana. Unire le<br />

uova tagliate a spicchi, <strong>lo</strong> speck a<br />

pezzetti, gli asparagi e la ricotta e<br />

condire, infine, con l’emulsione.<br />

Ristorante “niù” - via nazionale 40<br />

tavagnacco - telefono: 0432 484739<br />

Non so<strong>lo</strong><br />

varietà<br />

vegetali<br />

come il<br />

cavo<strong>lo</strong><br />

brocco<strong>lo</strong>,<br />

ma anche<br />

piatti del<br />

terriotorio<br />

toni, come il Friulano (Tocai) e la<br />

Ribolla gialla, bianchi molto aromatici<br />

e profumati che trasmettono<br />

simili caratteristiche anche<br />

al <strong>lo</strong>ro ‘derivato’. Non tutti gli<br />

aceti sono, infatti, uguali e, così,<br />

ognuno merita un abbinamento<br />

particolare nel suo utilizzo in<br />

cucina. La produzione di quel<strong>lo</strong><br />

tradizionale richiede un buon<br />

vino di partenza, vinificato da<br />

un mosto fatto macerare a lungo<br />

con le bucce, affinché possa arricchirsi<br />

di tutti gli aromi. Quindi,<br />

a primavera viene posto nelle<br />

botticelle di rovere assieme alla<br />

madre. L’aceto può invecchiare<br />

anche fino a cinque anni. Sembra,<br />

quindi, aprirsi la strada a una giusta<br />

rivalutazione di un prodotto<br />

snobbato o dato troppo spesso<br />

per scontato.<br />

dALL’ORtO ALLA CAntInA<br />

Entra a far parte dell’elenco nazionale<br />

anche il cavo<strong>lo</strong> brocco<strong>lo</strong>,<br />

in particolare le varietà coltivate<br />

fin dall’800 nel comune di Castelnovo<br />

del <strong>Friuli</strong> e nei territori della


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

Val Cosa, negli orti di Orzano in<br />

comune di Remanzacco e in quel<strong>lo</strong><br />

di Reana del Rojale. La semina<br />

avviene all’inizio dell’estate e<br />

dopo un paio di mesi le piantine<br />

sono pronte per il trapianto. La<br />

raccolta, invece, inizia da fine<br />

novembre, dopo le prime gelate<br />

che contribuiscono a rendere più<br />

teneri le fibre.<br />

RICEttARI mIttELEuROPEI<br />

Bollino istituzionale anche per<br />

due piatti tradizionali. Si tratta dei<br />

gnochi de susini, storicamente diffusi<br />

sia in provincia di Gorizia sia<br />

in quella di Trieste. Sono, in verità<br />

di antica origine boema, trapian-<br />

■ uOmINI & VINI<br />

tati nella nostra regione durante il<br />

periodo asburgico. Giocando tra il<br />

dolce e il salato, si tratta di gnocchi<br />

ripieni con prugne e conditi con<br />

burro fuso e pan grattato.<br />

Infine, entrano nell’elenco anche<br />

gli strucchi lessi, tipici delle<br />

Valli del Natisone. Si tratta di una<br />

sorta di ravio<strong>lo</strong> dolce a forma,<br />

normalmente, di mezza luna. <strong>Il</strong><br />

ripieno di frutta secca irrorata<br />

da grappa viene racchiusa da una<br />

sottile sfoglia fatta con farina di<br />

frumento e patate. Dopo la bollitura<br />

vengono serviti con burro<br />

fuso, zucchero e cannella. Sono<br />

diverse, comunque, le varianti<br />

alla ricetta in base alle vallate e<br />

ai borghi.<br />

I Comelli perpetuano la<br />

leggenda del Ramando<strong>lo</strong><br />

Se il vino di Ramando<strong>lo</strong>, nel <strong>lo</strong>ntano 1409, fu molto<br />

apprezzato da Papa Gregorio XII al Concilio di Cividale,<br />

possiamo ben capire i motivi per cui nel 2001 è stato<br />

elevato a Doc Garantita. Per saperne di più la Pro Loco<br />

di Sagrado ha dedicato al cru una giornata di lavori,<br />

con una conferenza dell’agronomo Claudio Fabbro e con<br />

un approfondimento pratico a cura del presidente del<br />

Consorzio di tutela, Pao<strong>lo</strong> Comelli. Comelli ha guidato<br />

il gruppo tra ai vigneti e, poi, ha tenuto una lezione di<br />

abbinamenti di vari passiti di consorziati presso la trattoria<br />

adiacente alla chiesetta di Ramando<strong>lo</strong>, con prosciutto<br />

affumicato, lardo, trota, formaggi erborinati e foie gras i<br />

gusti di questi passiti che ricordano nei profumi e sapori<br />

i datteri, i fichi secchi, le albicocche, l’uva sultanina, il<br />

miele. Gran finale nell’agriturismo “I Comelli” di Nimis<br />

ha premiato, accanto alla cucina contadina di famiglia,<br />

uno splendido Friulano Cof 2008 con tale ricchezza di<br />

profumi (mandorla amara e fiori di sambuco a dimostrare<br />

una certa parentela con il Sauvignon) che ha davvero<br />

sorpreso gli enoturisti isontini. Ciò a conferma delle potenzialità<br />

di questa piccola oasi vitivinicola, da cui nasce<br />

l’inimitabile passito.<br />

Azienda agricola “I Comelli” - Largo Diaz, 8 - Nimis<br />

telefono: 0432 790685 - info@icomelli.com<br />

La famiglia Comelli<br />

// //<br />

57


58 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// SALSE<br />

La piccante senape<br />

è anche un fiore<br />

<strong>Il</strong> gusto intenso e piccante<br />

della vita. La senape, o mostarda,<br />

è una delle salse più<br />

frequenti nei frigoriferi domestici<br />

e ricorrente anche in diversi abbinamenti<br />

con piatti nostrani di<br />

ispirazione mitteleuropea. La sua<br />

storia è molto antica, in quanto<br />

era già conosciuta dai romani.<br />

Loro chiamavano questa salsa<br />

“mustum ardens”, facendo riferimento<br />

proprio alla sensazione che<br />

sprigiona nel palato, e veniva preparata<br />

con il vino cotto unito poi ai<br />

semi della senape. È, infatti, prima<br />

di tutto una pianta, originaria del<br />

continente asiatico dove veniva<br />

coltivata già cinque millenni fa.<br />

Della pianta si utilizzano i semi,<br />

che si presentano di dimensioni<br />

piccolissime, ma sono commestibili<br />

anche le foglie preparate<br />

alla maniera degli spinaci, di cui<br />

ricordano vagamente il sapore.<br />

Ritornando alla storia della gastronomia,<br />

i romani diffusero in<br />

tutto l’impero il mosto ardente,<br />

che fu adottato in particolare<br />

dalle mense francesi e inglesi,<br />

con il termine rispettivamente<br />

di moutarde e mustard, la cui ricetta<br />

viene ricordata per la prima<br />

Conosciuta fin dall’antichità con il nome<br />

di mustum ardens preparato al tempo<br />

con semi in polvere e vino cotto, viene<br />

chiamata anche mostarda e si abbina alle<br />

carni, meglio se lesse, e perfino al pesce<br />

/ / La ricetta<br />

Fagottini di cernia<br />

Ingredienti: per il ripieno 2 filetti di cernia, cipolla, aglio, carota,<br />

sedano, al<strong>lo</strong>ro, sale e pepe; per le crespelle 3 uova, ½ litro di latte, 5<br />

cucchiai di farina; per la salsa ½ litro di latte, 40 gr di burro, 25 gr<br />

di farina, 1 cucchiaio di senape, 1 pizzico di zafferano, 1 cucchiaio<br />

di panna da cucina, 1 cucchiaio di polpa di cernia ben frullata.<br />

Preparazione: preparare le crepelle in un padellino. Nel frattempo<br />

padellare la cernia, già pulita e sfilettata, con aglio,<br />

cipolla, sedano, carota sale e pepe. Bagnare con il vino bianco<br />

e portare a cottura con il fumetto ottenuto con le spine e la<br />

testa della cernia. Sminuzzare il pesce, riempire le crespelle e<br />

formare dei fagottini fermandoli con uno steccone. Disporli su<br />

una placca imburrata, irrorarli con il burro fuso, cospargere<br />

di formaggio grana e gratinarli al forno per circa 10 minuti.<br />

Adagiarli sul piatto da portata su un lettino di salsa alla senape.<br />

Ristorante “Alle Griglie” - via Lignano Nord 143<br />

Latisana - Telefono: 0431 55058<br />

Non può<br />

mancare nelle<br />

dispense<br />

domestiche per<br />

insaporire tanti<br />

piatti, secondo<br />

la migliore<br />

tradizione<br />

mitteleuropea<br />

volta in documenti del 1200. Nel<br />

medioevo fu in parte soppiantata<br />

dalle ‘nuove’ spezie provenienti<br />

dall’Asia, come il pepe, la cannella<br />

e i chiodi di garofano. La<br />

mostarda, però, era entrata nel<br />

patrimonio culinario francese e<br />

da questa fu reintrodotta in Italia<br />

nel ‘600, dove la ricetta di base<br />

venne sviluppata aggiungendo<br />

zucchero e frutta, dando così vita<br />

alla celebre tradizione tipica di<br />

diverse zone padane.<br />

Esistono diversi tipi di piante<br />

di senape, quelle utilizzate in<br />

cucina sono la senape bianca, che<br />

produce semi più grossi e bianchi,<br />

e la senape scura, i cui semi sono<br />

marroni-nerastri. In entrambi i<br />

casi i semi sono molto piccoli (1-2<br />

millimetri di diametro) e non producono<br />

alcun odore e non hanno<br />

un sapore particolare. Triturando<br />

i semi si produce la farina di senape<br />

o senape in polvere. La senape<br />

in polvere, quando opportunamente<br />

trattata, assume un odore<br />

pungente e un sapore molto forte<br />

e caratteristico, aspro e irritante.<br />

La polvere viene, quindi, impastata<br />

secondo diverse ricette, la<br />

più frequente è quella con acqua,


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

zucchero, sale, farina di grano ed<br />

eventualmente aceto.<br />

Sia i semi che le mostarde, al<br />

pari del peperoncino, provocano<br />

un aumento della secrezione<br />

gastro-intestinale, per cui è bene<br />

evitare l’abuso per non incorrere<br />

in infiammazioni dell’apparato<br />

digerente.<br />

La pasta di senape veniva un tempo<br />

applicata sulla pelle per calmare<br />

i do<strong>lo</strong>ri reumatici e muscolari,<br />

proprio grazie alla proprietà di<br />

stimolare il flusso sanguigno. La<br />

senape è un ingrediente importante<br />

poiché è in grado di insaporire<br />

in modo incredibile tutte le<br />

preparazioni senza apportare una<br />

quantità significativa di ca<strong>lo</strong>rie. Si<br />

abbina molto bene a carni grasse,<br />

meglio se lessate, a insaccati bolliti,<br />

come i wurstel, ma anche al<br />

celebre prosciutto cotto triestino,<br />

accompagnato anche dal kren. <strong>Il</strong><br />

principio di utilizzare la senape<br />

prima della cottura è frequente<br />

■ UOMINI & VINI<br />

anche negli arrosti, come quel<strong>lo</strong><br />

di carré sempre di maiale. Stessa<br />

cosa, però, la si può fare anche<br />

con il coniglio, che, tagliato a pezzi<br />

e dopo aver<strong>lo</strong> fatto rosolare in<br />

padella affinché espella il liquido<br />

dal sapore selvatico, viene cotto in<br />

umido assieme a verdure e appunto<br />

alla piccante salsa.<br />

È possibile, poi, utilizzare la senape<br />

anche con il pesce. È il caso<br />

dell’orata che, pulita, squamata<br />

ed eviscerata, viene condita internamente<br />

proprio con la senape<br />

prima di essere cotta alla griglia.<br />

Grandezza che nasce dall’umiltà.<br />

Si potrebbe così definire, alla<br />

fine, il sapore di questa salsa. Anche<br />

perché è <strong>lo</strong> stesso Vange<strong>lo</strong> che<br />

utilizza questo ingrediente per<br />

una metafora dedicata alla forza<br />

del Cristianesimo: “Egli è come un<br />

granel<strong>lo</strong> di senape che, quando si<br />

semina in terra è il più picco<strong>lo</strong> di<br />

tutti i semi, ma poi cresce e diventa<br />

il maggiore di tutti i legumi”.<br />

Quando il Friulano<br />

è firmato Ferlat<br />

Se il giovane eno<strong>lo</strong>go Moreno ha colto più facilmente l’opportunità<br />

di poter creare attorno al nuovo nome Friulano un’ immagine<br />

utile per spazzare via annose polemiche sulla primogenitura<br />

del Tocai, papà Silvano, <strong>lo</strong>ttatore convinto contro tutto ciò che<br />

sa di ingiusto, non ne è ancora tanto convinto. Ciò che mette<br />

<strong>lo</strong>ro due d’accordo è, comunque, l’alta qualità del <strong>lo</strong>ro prodotto<br />

bandiera, un vino bianco tutta personalità e piacevoli retrogusti<br />

di mandorla amara cui non sono estranei i certosini periodici<br />

passaggi di Silvano nella vigna ai piedi del Collio cormonese.<br />

L’azienda dei Ferlat si trova, infatti, in borgo Savaian, in una<br />

zona da sempre considerata una piccola oasi mitteleuropea.<br />

Troviamo uomini seri, operosi, ordinati e soprattutto legati a<br />

tradizioni sane, puntualmente tramandate da generazioni fino<br />

ai giovani d’oggi. Così è anche per Moreno, tecnico di punta in<br />

una grande e storica azienda, ma che, nelle pieghe del suo lavoro<br />

primario, puntualmente s’affianca a papà Silvano e mamma<br />

Maurizia per tenere alto il nome dell’azienda.<br />

Azienda agricola Silvano Ferlat - Via Savain 1/2, Cormons<br />

Telefono: 0481 61367 - morenoferlat@libero.it<br />

Silvano e<br />

Moreno Ferlat<br />

// //<br />

59<br />

L’Azienda Agricola<br />

e Agrituristica<br />

La tradizone offre<br />

ospitalità durante tutto<br />

l’anno in 7 camere<br />

comfortevoli.<br />

Inoltre da giovedì a<br />

domenica e nei giorni<br />

festivi si possono gustare<br />

i piatti tipici della<br />

cucina friulana.<br />

La tradizione è situata<br />

in una zona tranquilla,<br />

immersa nel verde, ai<br />

piedi del Carso Isontino.<br />

Ottimo punto di partenza<br />

per escursioni a piedi e<br />

percorsi in mountain bike.<br />

ORARIO<br />

Ristoro Agriturismo:<br />

gio. - sab. 18.30 - 22.30<br />

dom. 11.30 - 22.30


60 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// COndImEntI<br />

Sommelier dell’olio<br />

di un uliveto riscoperto<br />

Assaggiatori patentati. È<br />

possibile diventar<strong>lo</strong>, non<br />

soltanto per il vino, ma anche<br />

per l’olio, perché degustar<strong>lo</strong> è<br />

una vera e propria arte. L’iniziativa<br />

è dell’Ersa, l’agenzia regionale di<br />

sviluppo agrario, che per il prossimo<br />

mese di gennaio ha organizzato<br />

un corso intensivo, appunto, per<br />

assaggiatori di olio extravergine<br />

d’oliva. L’iniziativa è alla quarta<br />

edizione ed è aperta a una trentina<br />

di partecipanti, che dovranno<br />

presentare domanda entro la metà<br />

di dicembre. Alla fine del corso,<br />

strutturato su 36 ore distribuite su<br />

cinque giornate secondo uno schema<br />

didattico internazionale e ospitato<br />

a villa Chiozza di Scodavacca<br />

di Cervignano, sarà riconosciuto<br />

un attestato. I neo assaggiatori,<br />

successivamente, partecipando<br />

nell’arco di tre anni a venti sedute<br />

di degustazione certificate potranno<br />

iscriversi al<strong>lo</strong> specifico albo<br />

tenuto dalla Camera di commercio.<br />

In <strong>Friuli</strong>, negli ultimi anni, è<br />

cresciuta e si è diffusa la cultura<br />

dell’olio, sull’onda anche di un<br />

aumento della superficie coltiva-<br />

<strong>Il</strong> raccolto, dell’annata 2009, darà alla fine<br />

1.400 quintali, quasi tutti extravergine,<br />

però in gran parte ancora destinati<br />

all’autoconsumo; per apprezzarne le<br />

qualità l’Ersa organizza un nuovo corso<br />

/ / La ricetta<br />

Risotto ai fiori di zucca<br />

Ingredienti (per 4 persone): 160 gr di finferli, 60 gr di fiori di zucca,<br />

30 gr di sca<strong>lo</strong>gno, 30 gr di burro, 5 dl di brodo vegetale, 50 gr di<br />

porro; per la pastella 1 tuor<strong>lo</strong> d’uovo, 2 dl di acqua gelata, 110 gr<br />

di farina, olio extravergine; per le verdure 50 gr di patate, 10 gr di<br />

carote, 20 gr di finferli, cerfoglio, 20 gamberetti sgusciati.<br />

Preparazione: tostare il riso nel burro bagnando<strong>lo</strong> col brodo.<br />

Aggiungere i fiori di zucca, i finferli e cuocere per 20 minuti. Mantecar<strong>lo</strong><br />

con Montasio grattugiato. Sbattere il tuor<strong>lo</strong>, unirvi l’acqua;<br />

aggiungere 100 gr di farina e formare una pastella. Grattugiare le<br />

patate, le carote e i funghi a scaglie sottili; tritare il cerfoglio, unirvi<br />

i gamberi e spolverizzare con farina. Unire un po’ di pastella per<br />

tempura, mescolare, formare delle polpettine e friggere. Infarinare<br />

i funghi rimasti, immergerli nella pastella e friggerli. Unire il risotto<br />

con la tempura guarnendo con la julienne di porro fritto.<br />

Osteria “Alle Volte” - Via mercatovecchio 4<br />

Udine - telefono 0432 502800<br />

I consigli<br />

dell’esperto:<br />

per l’assaggio<br />

deve essere<br />

tiepido<br />

e spalmato su<br />

lingua e palato,<br />

prima di<br />

strippare<br />

ta. Ogni anno, infatti, circa trenta<br />

nuovi ettari vengono destinato<br />

a uliveto e, ormai, l’olivicoltura<br />

accanto al radicamento a Trieste,<br />

dove vanta una produzione Dop, è<br />

stata riscoperta anche nella Pedemontana<br />

friulana.<br />

La produzione regionale quest’anno<br />

ha raggiunto i 10mila quintali<br />

di olive, che consentiranno di ottenere<br />

1.400 quintali di olio, quasi<br />

tutto extravergine. Però, circa 900<br />

quintali sono destinati all’autoconsumo<br />

familiare, mentre il resto<br />

verrà immesso sul mercato di alta<br />

gamma. Un canale che, si spera,<br />

possa continuare a crescere, vista<br />

l’alta qualità già raggiunta dagli olivicoltori<br />

<strong>lo</strong>cali. Oltre ad armoniosi<br />

blend, vengono imbottigliati anche<br />

oli monovarietali, come quel<strong>lo</strong><br />

dell’autoctona Bianchera, dalle note<br />

amare adatte a sposarsi con le carni<br />

rosse alla griglia.<br />

“<strong>Il</strong> 2009 è un’ottima annata – spiega<br />

il tecnico dell’Ersa Ennio Scarbo<strong>lo</strong>,<br />

commentando il raccolto che<br />

si sta completando proprio in questi<br />

giorni -. L’ulivo non soffre i periodi<br />

siccitosi e gli attacchi della mosca


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

sono rimasti sotto control<strong>lo</strong>, grazie<br />

all’adozione di metodi bio<strong>lo</strong>gici”.<br />

Qualche settimana per il processo<br />

di filtraggio e l’olio nuovo<br />

sarà pronto. Guai, però, a far<strong>lo</strong><br />

invecchiare. A differenza di certi<br />

vini, infatti, l’olio non va fatto<br />

attendere. <strong>Il</strong> periodo migliore per<br />

godere a pieno delle sue fragranze<br />

sarà Natale. Come va assaggiato in<br />

modo professionale?<br />

“Si utilizza un bicchierino blu,<br />

affinché il co<strong>lo</strong>re non influisca sul<br />

■ UOMINI & VINI<br />

giudizio finale – rivela Scarbo<strong>lo</strong> -;<br />

la temperatura ottimale è di 27-28<br />

gradi. Si passa all’analisi olfattiva,<br />

in grado di individuare fino a dieci<br />

diversi difetti, da sentori di muffa a<br />

quelli di morchia. Quindi, si beve<br />

un sorso pari a un cucchiaio da<br />

minestra, <strong>lo</strong> si spalma sul palato<br />

e sulla lingua e <strong>lo</strong> si ‘strippa’ aspirando<br />

forte l’aria attraverso i denti,<br />

così che tutte le parti sensoriali<br />

della bocca possano valutare i sapori<br />

dell’olio”.<br />

Buon equilibrio e forte<br />

personalità di Zegla<br />

Che dire di Cormòns, Città del Vino di frontiera, che già non<br />

sia stato detto o scritto? Molto ancora ci sarebbe, anche perché<br />

la <strong>lo</strong>cale enoteca cooperativa ha tanti e tali risorse e creatività<br />

che sa tirare fuori dal cilindro iniziative a getto continuo. <strong>Il</strong><br />

va<strong>lo</strong>re aggiunto del Collio cormonese sono probabilmente i<br />

suoi crù e fra questi uno attualmente in gran spolvero è proprio<br />

Zegla (Ceg<strong>lo</strong> in s<strong>lo</strong>veno) che inizia dopo il bivio Plessiva-Novali<br />

e finisce in quel di Medana. Facile ora parlarne senza i confini.<br />

Pepi Princic e il figlio e Maurizio hanno convissuto con tale<br />

realtà per decenni e si sono ritagliati una nicchia vitivinicola<br />

personalizzata. Non votati né all’uvaggio bianco totale, né al<br />

monovitigno con eccessiva fruttuosità, vanno avanti per la<br />

propria strada del tutto personale.<br />

Ventuno ettari, di cui otto a vigna, a 90,l’azienda si è data<br />

una prima mossa in vigna nel 1991 e una seconda, in cantina,<br />

nel 1995. Nel 1997 assume la denominazione Ronco di Zegla<br />

per evitare confusioni da varie omonimie, frequenti nel Collio.<br />

Maurizio punta a vendemmia tardive ed esce con vini non<br />

d’annata. Controcorrente, decisamente. Ne hanno scritto, in<br />

occasione del Vinitaly, in questi termini: “difficile non simpatizzare<br />

con questo ragazzone di campagna a nome Maurizio<br />

Princic. Su al confine, in <strong>lo</strong>calità Zegla di Cormons, partorisce<br />

vini quali figli legittimi delle sue idee, idee da sempre fondate<br />

sulla ricerca della piena maturità, quando non surmaturità,<br />

delle uve, per renderne un profi<strong>lo</strong> grasso e dolce, alcolico e<br />

strutturato”.<br />

I suoi 2005 ammettono contrasto e finezza, meno surmaturazione,<br />

e guadagnano in fruibilità. Molto buono in prospettiva<br />

è apparso il Collio Chardonnay 2005, ma anche il Collio Pinot<br />

Grigio 2005 e il Collio Tocai 2005 non scherzano.<br />

Azienda agricola Princic - Località Zegla, 1 - Cormons<br />

Telefono: 0481 61155 - mauriziozegla@libero.it<br />

Maurizio<br />

Princic<br />

a Vinitaly<br />

// //<br />

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62 // SPECIALE SAPORI<br />

www.ilfriuli.it<br />

// SuCChI<br />

A ogni stagione<br />

sciroppi ricostituenti<br />

Dissetanti, rilassanti, depuranti.<br />

Sono gli sciroppi naturali<br />

della tradizione friulana e,<br />

in particolare, delle vallate carniche<br />

dove la necessità ha generato nel corso<br />

dei secoli una cultura fitoterapica,<br />

oggi purtroppo in via di estinzione. <strong>Il</strong><br />

<strong>lo</strong>ro consumo, ovviamente, è legato<br />

alla stagionalità, ma la possibilità<br />

di estrarre l’essenza di una pianta o<br />

un frutto consente di prolungare il<br />

consumo, e quindi i suoi effetti benefici,<br />

per la maggior parte dell’anno.<br />

Quanto mai opportuno in primavera,<br />

quando cioè il corpo ha accumulato<br />

notevoli tossine durante il periodo<br />

invernale, dovute dal vivere necessariamente<br />

al chiuso al consumo di<br />

prodotti a lunga conservazione (ieri<br />

più di oggi). Meglio degli integratori<br />

vitaminici sintetici sempre più di<br />

moda.<br />

Una delle varietà meno conosciute<br />

al grande pubblico di consumo, ma<br />

indubbiamente tra le più virtuose, è <strong>lo</strong><br />

sciroppo di olivel<strong>lo</strong> spinoso. Si tratta<br />

di una pianta che cresce nei terreni<br />

più avari della montagna carnica,<br />

cioè sui greti ciotto<strong>lo</strong>si dei torrenti e<br />

sui pendii franosi, sviluppandosi per<br />

Virtù concentrate nelle soluzioni preparate<br />

secondo tradizione con bacche, fiori e foglie,<br />

che è possibile conservare lungo tutto l’arco<br />

dell’anno per il benessere del corpo, meglio<br />

degli integratori sintetici tanto alla moda<br />

/ / La ricetta<br />

Semifreddo alla menta<br />

Ingredienti (per 4 persone): 5 tuorli d’uovo, 250 gr<br />

di zucchero, 1 litro di panna liquida, 5 albumi, 1 dl<br />

di sciroppo di menta, 75 gr di cioccolato fondente,<br />

foglie di menta.<br />

Preparazione: montare i tuorli con <strong>lo</strong> zucchero,<br />

aggiungere <strong>lo</strong> sciroppo alla menta e le scagliette<br />

di cioccolato. Mescolare bene. A parte montare<br />

la panna e aggiungerla al composto, quindi inserire<br />

delicatamente gli albumi già montati a neve.<br />

Rivestito uno stampo da plum-cake con carta da<br />

forno, riempire con la crema e porre in congelatore<br />

almeno per 6 ore. Al momento di servire tagliare a<br />

tranci, servendo con un ciuffo di panna e con foglie<br />

di menta.<br />

Albergo ristorante “Sa<strong>lo</strong>n” - vaia Peresson 70<br />

Arta Terme - Telefono: 0433 92003 o 929201<br />

Le innumerevoli<br />

proprietà della<br />

natura: l’olivel<strong>lo</strong><br />

spinoso è ricco<br />

di vitamina<br />

C, il tarassaco<br />

è depurante,<br />

mentre il sambuco<br />

combatte la tosse<br />

un’altezza di massimo due metri.<br />

L’arbusto, chiamato in marilenghe<br />

appunto scirop di pomulis di gleria,<br />

dà piccole bacche di forma ovale e<br />

di co<strong>lo</strong>re arancione. La caratteristica<br />

peculiare è che vantano un alto contenuto<br />

di vitamina C, tanto che in<br />

passato in alcune vallate si era sviluppata<br />

l’attività di raccolta per vendere<br />

il prodotto alle case farmaceutiche.<br />

Queste bacche, quando sono ben<br />

mature, vengono schiacciate, macerate<br />

e strizzate. <strong>Il</strong> succo che se ne<br />

ottiene viene filtrato e quindi bollito<br />

assieme a zucchero, così da ottenerne<br />

un prezioso sciroppo che può essere<br />

consumato allungando<strong>lo</strong> con acqua.<br />

Si ottiene, così, una bibita ricostituente<br />

e adatta come coadiuvante in<br />

occasione di raffreddori, stanchezza,<br />

stress e convalescenza.<br />

La stessa tecnica di produzione<br />

del<strong>lo</strong> sciroppo di olivel<strong>lo</strong> spinoso<br />

vale anche per altri frutti di bosco,<br />

dai lamponi ai mirtilli, fino anche al<br />

ribes, nelle due varietà rosso e nero.<br />

Pianta tipicamente primaverile e<br />

dotata di notevoli virtù depuranti,<br />

invece, è il tarassaco (tale), diffusa<br />

in prati stabili e fossati. Le foglie gio-


www.ilfriuli.it SPECIALE SAPORI<br />

vani vengono mangiate in insalata,<br />

mentre un tempo venivano anche<br />

condite con siero inacidito del latte<br />

e lardo soffritto. Quelle meno tenere,<br />

invece, sono adatte a essere lessate e<br />

saltate in padella con burro e aglio.<br />

Molto virtuosa, poi, è la radice, che<br />

viene raccolta da maggio a novembre<br />

e, dopo cotta, consente di acquisire<br />

notevoli proprietà diuretiche, depurative<br />

e stimolanti il metabolismo<br />

intestinale. Stesse virtù che possono<br />

essere trasmesse attraverso <strong>lo</strong> sciroppo.<br />

In questo caso vengono utilizzati<br />

i fiori gialli della pianta. Dopo la raccolta,<br />

vengono puliti e bolliti assieme<br />

a succo di limone. Dopo il filtraggio, si<br />

procede a una seconda bollitura assieme<br />

al<strong>lo</strong> zucchero, così da ottenere<br />

un concentrato di co<strong>lo</strong>re gial<strong>lo</strong> chiaro<br />

e dalla consistenza sciropposa, da<br />

allungare per il consumo con acqua<br />

fresca. Dissetante e, all’occorrenza,<br />

■ UOMINI & VINI<br />

emolliente contro la tosse è, poi, <strong>lo</strong><br />

sciroppo di sambuco. In questo caso<br />

esistono due varianti, in base alla<br />

parte della pianta che viene utilizzata.<br />

Si possono, infatti, cogliere i fiori<br />

(ottimi anche freschi fritti in pastella)<br />

che vengono fatto bollire assieme ad<br />

acqua, zucchero e succo di limone.<br />

La soluzione, una volta raffreddata,<br />

viene quindi filtrata e imbottigliata.<br />

Altrimenti, si possono utilizzare<br />

le bacche di sambuco, colte quando<br />

sono al culmine della maturazione.<br />

Una volta sgranate, devono rimanere<br />

a macerare per qualche giorno. Vengono,<br />

quindi, strizzate e il succo che<br />

se ne ottiene, come nelle altre ricette,<br />

va bollito con acqua e zucchero, ma<br />

anche con qualche aroma racchiuso<br />

per comodità in un sacchettino di<br />

tela. Si utilizzano, in particolare, foglie<br />

di menta, melissa, erba cedrina<br />

e scorze di limone.<br />

I Lestani imbottigliano<br />

l’essenza delle Terre rosse<br />

I Lestani sono agricoltori da sempre e la storia della <strong>lo</strong>ro famiglia<br />

è sempre stata legata alla campagna. <strong>Il</strong> cambiamento viene<br />

segnato da Franco che grazie a un’intuizione, geniale quanto<br />

rischiosa per quei tempi, si avventura nella coltivazione dell’actinidia<br />

(kiwi). Era il 1980 e il primo impianto misurava 2.000 metri<br />

quadrati di terreno; da qui, poi, si è costituito un picco<strong>lo</strong> vivaio,<br />

cui nel 1985 è seguito un altro impianto di un ettaro e mezzo e,<br />

poi, un altro ancora e così via fino all’attuale conformazione.<br />

È nel 1997, però, che le<br />

cose cambiano ancora,<br />

con il figlio Adamo<br />

che, dopo il dip<strong>lo</strong>ma<br />

in agraria, sceglie di<br />

lavorare nell’azienda<br />

di famiglia e la battezza<br />

“Terre rosse” per<br />

ricordare il caratteristico<br />

co<strong>lo</strong>re delle nostre<br />

terre ricche di elementi<br />

ferrosi. Con Adamo le<br />

attività si intensificano:<br />

vengono impiantati altri<br />

tre appezzamenti di<br />

kiwi, vengono ammodernati<br />

quelli vecchi,<br />

Adamo Lestani<br />

introducendo sistemi antibrina per preservare i frutti dalle<br />

gelate primaverili, vengono installati sistemi di microirrigazione<br />

computerizzata per il risparmio dell’acqua e attuati metodi di<br />

fertirrigazione, nonché seguita con attenzione la commercializzazione<br />

in Italia e all’estero. Per Adamo, però, non è sufficiente<br />

tutto questo. <strong>Il</strong> grande sogno nel cassetto di Adamo da pochi<br />

anni ha trovato la sua realizzazione con l’impianto di varietà di<br />

vite francesi e autoctone, tra cui spicca per personalità e bontà il<br />

Refosco, un grande rosso violaceo, in sintonia con le terre rosse.<br />

Azienda agricola “Terre rosse” - Via XXV Aprile, 24 - Cuccana di Bicinicco<br />

Telefono: 0432 990102 - terrerosse@virgilio.it<br />

// //<br />

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64 // SPECIALE SAPORI<br />

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// dOLCI<br />

Frutta in vasetto<br />

per ogni stagione<br />

Come è possibile gustare la<br />

dolcezza della frutta tutto<br />

l’anno, anche d’inverno,<br />

facendo finta per una volta di non<br />

avere a disposizione magazzini<br />

frigo, importazioni dall’altro<br />

emisfero, additivi etilici e altre<br />

soluzioni tecno<strong>lo</strong>giche attuali?<br />

Trasformando la stessa frutta in<br />

marmellate, ovviamente. <strong>Il</strong> <strong>Friuli</strong><br />

ha un grande patrimonio in vasetto,<br />

con varianti anche inconsuete.<br />

Occhio sempre all’etichetta,<br />

però. C’è il rischio che nelle marmellate<br />

industriali ci sia ben poca<br />

frutta e che gli ingredienti prevalenti<br />

siano, invece, zucchero e la<br />

pectina, ovvero un addensante<br />

comunque naturale estratto dalle<br />

mele.<br />

Chi non ne usa affatto, per esempio,<br />

è l’azienda di Uberto Pecol di<br />

Raveo che coltiva piccoli frutti e<br />

ortaggi in tre ettari.<br />

“I frutti di bosco sono un alimento<br />

che si deperisce rapidamente, a<br />

differenza di mele o pere – spiega -,<br />

così, le famiglie da sempre hanno<br />

escogitato dei metodi per la <strong>lo</strong>ro<br />

conservazione nel tempo, in par-<br />

I sapori dell’estate si possono prolungare<br />

anche nelle altre stagioni grazie alle<br />

marmellate casalinghe, anche meno<br />

consuete come quelle di olivel<strong>lo</strong> spinoso,<br />

castagne e perfino di fagioli<br />

/ / La ricetta<br />

Carpaccio di maialino<br />

Ingredienti (per 4 persone): 500 gr di filetto di maialino,<br />

2 mele, 1/4 di litro di vino bianco secco, estratto<br />

d’ulivel<strong>lo</strong>, timo fresco, sale e pepe, farina 00, olio<br />

d’oliva, marmellata d’ulivel<strong>lo</strong>.<br />

Preparazione: tagliare il filetto di maialino del<strong>lo</strong><br />

spessore di circa 2 millimetri, infarinar<strong>lo</strong> e scottar<strong>lo</strong><br />

leggermente in una padella unta con olio d’oliva,<br />

aggiungere l’estratto di ulivel<strong>lo</strong> precedentemente<br />

diluito nel vino bianco e il timo fresco, salare e<br />

pepare, lasciar rapprendere il sugo. Servire lasciando<br />

le fette rialzate. Accompagnare la portata<br />

con spicchi di mele sbollentati e posti a ventagli,<br />

un cucchiaino di marmellata di ulivel<strong>lo</strong> e un paio<br />

di rametti di timo.<br />

Trattoria “Antica Cooperativa” - via Matteotti 5<br />

Tolmezzo - Telefono: 0433 44720<br />

Occhio<br />

all’etichetta:<br />

i prodotti<br />

industriali<br />

hanno una<br />

quantità<br />

prevalente<br />

di zucchero<br />

e pectina<br />

ticolare per il periodo invernale”.<br />

In Carnia c’è una lunga tradizione,<br />

così, di sciroppi di frutta. Tra<br />

questi, peculiare di queste vallate<br />

è <strong>lo</strong> sciroppo di olivel<strong>lo</strong> spinoso,<br />

ottenuto da una bacca selvatica<br />

che cresce tra le pietraie e che vanta<br />

un alto contenuto di vitamina C.<br />

“Altro vantaggio degli sciroppi<br />

– aggiunge Pecol – è che sono un<br />

prodotto utilizzabile in maniera<br />

universale: qualche goccia è sufficiente<br />

per aromatizzare bevande,<br />

dolci, yogurt e gelati”.<br />

Principio che vale anche per le<br />

marmellate. Termine generico e<br />

che spesso viene confuso con le<br />

confetture e le creme. Si tratta,<br />

comunque, di tre soluzioni tra<br />

<strong>lo</strong>ro simili. Nell’azienda artigianale<br />

di Raveo le confetture si<br />

distinguono per la presenza di<br />

frutta a pezzi, mentre le marmellate<br />

hanno una consistenza più<br />

fine partendo dalla polpa. Infine,<br />

le creme sono preparate partendo<br />

da una base di purea di mele, cui<br />

viene aggiunto del succo o del<strong>lo</strong><br />

sciroppo. Come nel caso di quel<strong>lo</strong><br />

con olivel<strong>lo</strong> spinoso oppure con


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il sambuco. In questo caso, per<br />

esaltare il suo sapore, la quantità<br />

di zucchero utilizzato è minima,<br />

circa un terzo del peso totale e,<br />

quindi, ben al di sotto del 50%<br />

previsto dalla normativa vigente.<br />

Non mancano altre soluzioni<br />

originali. Come la marmellata<br />

di fragole e rabarbaro, in cui la<br />

radice conferisce un retrogusto<br />

amarogno<strong>lo</strong> che compensa il<br />

dolce a volte stucchevole del picco<strong>lo</strong><br />

frutto.<br />

■ UOMINI & VINI<br />

Spostandosi in altre valli del<br />

<strong>Friuli</strong>, non va dimenticata la<br />

marmellata di castagne, magari<br />

con una la varietà autoctona, la<br />

Canaluta delle Valli del Natisone,<br />

aggiungendo ai frutti sbollentati e<br />

pelati anche latte e zucchero.<br />

Una marmellata che non ti<br />

aspetti, invece, è quella di fagioli<br />

preparata in Val Pesarina,<br />

celebre oltre che l’arte oro<strong>lo</strong>giaia<br />

anche per le varietà autoctone di<br />

legumi.<br />

La forza di una famiglia<br />

unita dalla stessa passione<br />

Nel cuore dei Colli Orientali del <strong>Friuli</strong>, a Prepotto, il bisnonno<br />

di Valerio, Luigi Marinig, già possessore di una piccola<br />

azienda agricola, ne acquistò una seconda nel <strong>lo</strong>ntano 1921,<br />

trasferendovi la propria esperienza di viticoltore. Un’attività<br />

condotta con impegno e passione, oggi portata avanti<br />

con la stessa dedizione da Valerio, enotecnico, il quarto<br />

della generazione Marinig, che segue con professionalità il<br />

lavoro in vigneto e in cantina. Otto sono gli ettari vitati su<br />

un territorio collinare, dove la particolare conformazione<br />

morfo<strong>lo</strong>gica e climatica ha da sempre creato i presupposti<br />

per una coltivazione di qualità. Inoltre, la cura, l’attenzione<br />

e l’artigianalità nel<strong>lo</strong> svolgimento delle attività lavorative<br />

contribuiscono a risultati di eccellente livel<strong>lo</strong>. La cantina è<br />

stata ristrutturata nel 1993, riorganizzando la parte tecnica<br />

per le operazioni di vinificazione, i <strong>lo</strong>cali destinati all’invecchiamento<br />

e l’annessa sala di degustazione. La famiglia<br />

segue direttamente tutte le fasi produttive: dalla cura delle<br />

vigne alla commercializzazione diretta e promozione del<br />

prodotto finito. Una squadra saldamente unita, sempre attenta<br />

alla qualità, unendo, sempre e ovunque, i segreti della<br />

migliore tradizione alle più moderne soluzioni tecno<strong>lo</strong>giche.<br />

Assieme a Valerio ci sono la moglie Michela, laureata in<br />

economia e commercio, il papà Sergio e la mamma Marisa,<br />

profonda conoscitrice di una manualità rurale a 360 gradi.<br />

Nelle pieghe dell’attività aziendale Marisa (Cavaliere della<br />

Repubblica quale donatrice plurima di sangue assieme a<br />

Sergio) si gode due splendidi nipotini, quali Alessia e Simone.<br />

Sono essi il va<strong>lo</strong>re aggiunto di questa bell’azienda che ha<br />

un passato concreto, un presente di immagine e sostanza<br />

e, grazie agli ultimi ‘arrivi’, si è garantita anche un futuro.<br />

La famiglia Marinig<br />

Azienda agricola Valerio Marinig - Via Bro<strong>lo</strong>, 41 - Prepotto<br />

Telefono: 0432 713012 - info@marinig.it<br />

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66 // SPECIALE SAPORI<br />

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// dOLCI<br />

L’ape salvata ci regala<br />

un miele memorabile<br />

Annata da incorniciare per<br />

il miele di acacia, che può<br />

vantare qualità e quantità<br />

che non si vedeva da vent’anni.<br />

Dopo anni drammatici per le<br />

api che a causa degli insetticidi<br />

utilizzati nella concia del mais e<br />

ora messi al bando hanno subito<br />

una vera e propria decimazione,<br />

il 2009 sarà archiviato per la<br />

riscossa del settore e dai buoni<br />

risultati in termini qualitativi e<br />

quantitativi.<br />

“Due parametri che, a differenza<br />

del vino, vanno sempre di<br />

pari passo” spiega Moreno Greatti,<br />

responsabile del laboratori<br />

apistico regionale. Entrando nel<br />

dettaglio delle diverse varietà, il<br />

miele principe è appunto quel<strong>lo</strong><br />

di acacia, grazie a una fioritura<br />

lunga delle piante e un ottimo<br />

clima nel mese di maggio. Nella<br />

norma quel<strong>lo</strong> di tarassaco, tipico<br />

della bassa pianura.<br />

Anno di riscoperta, invece, per<br />

la colza, ritornata nei campi dopo<br />

decenni di oblio, che si presenta<br />

come un miele con alto contenuto<br />

di glucosio e quindi di facile so-<br />

Ottima annata, il 2009, per la varietà di<br />

acacia, bene il millefiori di montagna,<br />

ritorna quel<strong>lo</strong> di melata ed è stato<br />

riscoperto quel<strong>lo</strong> di colza: qualità e<br />

quantità dopo alcuni anni terribili<br />

/ / La ricetta<br />

Frittelle di mele<br />

Ingredienti (per 4 persone): 2 mele, 250 gr di farina, 1<br />

uovo, 80 gr di zucchero, 80 gr di uvetta, 125 gr di latte,<br />

25 gr di pinoli, lievito, sale e aromi.<br />

Preparazione: montare le<br />

uova con <strong>lo</strong> zucchero, aggiungere<br />

poi uvetta, pinoli,<br />

aromi, sale, latte e, alla fine,<br />

incorporare la farina con il<br />

lievito. Nel frattempo sbucciare<br />

le mele, tagliarle a fette<br />

e immergerle nella pastella.<br />

Friggerle in olio ben caldo.<br />

Quando sono cotte si cospargono<br />

di zucchero o di miele.<br />

Ristorante “La Co<strong>lo</strong>mbara” - via San Zilli 42<br />

Aquileia - Telefono: 0431 91513 o 919560<br />

L’originale<br />

storia<br />

di Andrea<br />

D’Orlando,<br />

dalle arnie<br />

della Carnia<br />

all’Olimpo<br />

dei concorsi<br />

nazionali<br />

lidificazione. Annata nella media<br />

anche per quel<strong>lo</strong> di marasca, vero<br />

e proprio cameo del Carso. Buona<br />

fioritura per il tiglio e pessima,<br />

invece, per il castagno, due varietà<br />

che solitamente comunque<br />

vengono mescolate. Scarso, poi, il<br />

raccolto del millefiori di pianura<br />

a causa di un’estate molto calda<br />

e asciutta. Medio alto, invece, il<br />

risultato del millefiori di montagna,<br />

in quanto le api hanno potuto<br />

rifornirsi agevolmente nei prati<br />

di alta quota. Infine, dopo anni<br />

di assenza è ritornato il miele di<br />

melata, tipico della zona boschiva<br />

dei Colli Orientali e dell’area delle<br />

risorgive.<br />

Tra i circa 1.600 professionisti e<br />

appassionati attivi in <strong>Friuli</strong>, che<br />

gestiscono 26mila alveari per una<br />

capacità produttiva di circa ottomila<br />

quintali all’anno, un giovane<br />

di Villa Santina è salito recentemente<br />

agli onori della cronaca<br />

nazionale. Andrea D’Orlando ha,<br />

infatti, vinto il premio “Franci” di<br />

Montalcino, uno dei più prestigiosi<br />

riconoscimenti italiani. La<br />

sua, però, è una storia particolare.


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Oltre che per la giovane età, ha<br />

35 anni, il suo rimane ancora<br />

un hobby, visto che lavora nella<br />

cartiera di Tolmezzo. Dieci anni<br />

fa, concluso il periodo di leva, ha<br />

riscoperto una vecchia passione<br />

di famiglia, quella appunto per<br />

le api e il miele. Iniziata l’attività<br />

con un’arnia, oggi ne gestisce<br />

circa 25.<br />

“Ho iniziato a partecipare a concorsi<br />

per migliorarmi e capire dai<br />

giudizi e dalle critiche come potevo<br />

migliorare” spiega D’Orlando.<br />

■ UOMINI & VINI<br />

A porta<strong>lo</strong> alla vittoria è stato un<br />

miele di acacia, che ha colpito la<br />

giuria per il suo co<strong>lo</strong>re particolarmente<br />

chiaro, ma soprattutto per<br />

un sapore persistente, seppur non<br />

sia molto profumato. <strong>Il</strong> giovane<br />

apicoltore carnico <strong>lo</strong> ha raccolto<br />

dalle arnie portate in pianura<br />

nel periodo primaverile. Le ha<br />

poste, infatti, in un boschetto<br />

di Rive d’Arcano. Un picco<strong>lo</strong> appezzamento<br />

che, però, da tempo<br />

immemore è famoso nella zona<br />

per le sue acacie.<br />

Splendido Schioppettino<br />

di artigianato enoico<br />

Si chiama Giovanni Venica e rappresenta la quarta generazione<br />

documentata di coltivatori diretti in Craoretto<br />

di Prepotto nei Colli Orientali del <strong>Friuli</strong>, patria di quel<br />

meraviglioso vino rosso che è <strong>lo</strong> Schioppettino. 120 anni<br />

fa il bisnonno piantò le prime viti. Dunque, da Giovanni a<br />

Domenico, da papà Silvio a Giovanni (42 anni compiuti il 16<br />

maggio), che da un quarto di seco<strong>lo</strong> ha iniziato a rivoltare<br />

queste terre.<br />

Ha iniziato da adolescente, Giovanni e ora conduce orgogliosamente,<br />

assieme a Federica, oltre 8 ettari di vigneto<br />

specializzato, con viti allevate a “Guyot“. Produce vini di<br />

artigianato intelligente, potremmo ribattezzarli.<br />

I bianchi denotano freschezza, poiché le vasche d’acciaio<br />

inox non invadono le sensazioni organolettiche . Splendido<br />

il suo Schioppettino!<br />

<strong>Il</strong> sapere far buon vino e presentar<strong>lo</strong> bene a Giovanni deriva<br />

dagli insegnamenti prima dei genitori Silvio ed Evelina,<br />

poi dalla creatività di Federica , mix di accoglienza, cortesia,<br />

disponibilità al dia<strong>lo</strong>go. Lavorando assieme a tempo<br />

pieno, hanno ridato dignità a una realtà importante che<br />

in tempi passati aveva pensato so<strong>lo</strong> al fare e un po’ meno<br />

all’immagine.<br />

Ecco, al<strong>lo</strong>ra, che dalle stalle obsolete è nato un delizioso<br />

agriturismo, per la gioia di un’utenza mitteleuropea che già<br />

scalpita per soggiornarvi. La struttura è stata inaugurata<br />

nei giorni scorsi, presenti autorità, vertici di Coldiretti e tanti<br />

amici che Giovanni ha saputo crearsi in anni di serio lavoro<br />

e che ben volentieri hanno brindato con questo rosso autoctono<br />

di Prepotto, senza nostalgia alcuna per il tradizionale<br />

botto da spumante, Prosecco o Champagne che dir si voglia.<br />

L’inaugurazione dell’agriturismo<br />

Azienda agricola Venica - Località Craoretto, 19 - Prepotto<br />

Telefono: 0432 713166 - az.venica.giovanni@virgilio.it<br />

// //<br />

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68 // SPECIALE SAPORI<br />

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// bEvAndE<br />

Birre stagionali<br />

agli aromi friulani<br />

Dalla passione per il boccale<br />

a una produzione artigianale<br />

di qualità. Per due<br />

friulani appassionati della birra di<br />

qualità il passo è stato molto breve.<br />

Nella galassia di micro-birrifici<br />

sorti negli ultimi anni anche nella<br />

nostra regione, se ne contano<br />

almeno una ventina, alcuni di<br />

essi realizzano una produzione<br />

esclusivamente in bottiglia, senza<br />

contare su spine, galletti e altre forme<br />

di ristorazione. Una sfida nella<br />

sfida, con la speranza di un salto<br />

culturale che porti i <strong>lo</strong>cali, a partire<br />

da quelli più rinomati, a proporre<br />

ai propri ospiti oltre alla carta dei<br />

vini anche quella delle birre.<br />

La passione di Domenico Francescon<br />

di Cavasso Nuovo nasce<br />

almeno un quarto di seco<strong>lo</strong> fa,<br />

quando inizio a “farsi la birra in<br />

casa”. Un’esperienza decisamente<br />

pionieristica: per esempio, si preparava<br />

il malto da so<strong>lo</strong> e andava<br />

per i campi alla ricerca del luppo<strong>lo</strong><br />

selvatico. Con la pensione, di mestiere<br />

era artigiano edile, ha deciso<br />

di intraprendere una seconda vita,<br />

passando “dalla malta al malto”.<br />

I produttori artigianali <strong>lo</strong>cali utilizzano<br />

ingredienti freschi, dai fiori di sambuco,<br />

alla zucca, passando per il me<strong>lo</strong> e per il<br />

figo moro, realizzando così bottiglie da<br />

pasto oppure da meditazione<br />

/ / La ricetta<br />

Costine di maiale<br />

Ingredienti (per 4 persone): 1 chi<strong>lo</strong> di coste di maiale, erba<br />

cipollina, timo, maggiorana, rosmarino, salvia, sale e pepe,<br />

1 cipolla, 2 bicchieri di birra, 500 gr di verze, 2 spicchi d’aglio,<br />

olio extravergine di oliva.<br />

Preparazione: aprire le costine a libro, lasciando l’osso attaccato<br />

alla carne. Salare e pepare e cospargere con abbondanti erbe.<br />

Quindi arrotolare fino all’osso, legare e porle su una placca oleate<br />

con la cipolla tagliata fina. Cucinare in forno per circa un’ora<br />

bagnando con la birra. A cottura ultimata, frullare il fondo di<br />

cottura ottenuto. Preparazione delle verze: far soffriggere l’aglio<br />

in olio d’oliva. Aggiungere le verze tagliate e precedentemente<br />

lavate. Salare e pepare. Cucinare fino a cottura al dente. Aggiungere<br />

qualche cucchiaio di fondo di cottura delle costine. Porre sul<br />

piatto la verza, le costine tagliate a una a una e la salsa.<br />

Locanda “Al Castel<strong>lo</strong>” - via del Castel<strong>lo</strong> 12<br />

Cividale - Telefono: 0432 733242 o 700901<br />

La storia<br />

di due<br />

passioni<br />

diventate<br />

sfide d’impresa<br />

nel segno<br />

della qualità<br />

ai piedi<br />

della Prealpi<br />

Ecco che nel febbraio del 2008 è<br />

nata la “Bire di Meni”, all’interno di<br />

un picco<strong>lo</strong> stabilimento in grado di<br />

produrre 100mila bottiglie all’anno.<br />

Attualmente la sua capacità<br />

produttiva è della metà e propone<br />

sei varietà di birra tutto l’anno, cui<br />

si aggiungono quelle stagionali. È<br />

in questo ultimo caso che si sprigiona<br />

tutta la creatività e l’attaccamento<br />

con gli ingredienti <strong>lo</strong>cali<br />

di Meni. Propone, infatti, quella<br />

di ciliegie, di fiori di sambuco, di<br />

fragole, di zucca, di castagna e la<br />

birra di Natale, molto speziata ovvero<br />

con miele, al<strong>lo</strong>ro e ginepro. Da<br />

quest’anno, inoltre, a partire dal 12<br />

ottobre, sarà disponibile anche la<br />

birra di mele, fatta con le varietà<br />

‘antiche’ della Pedemontana.<br />

La tecnica rispetta l’ortodossia:<br />

gli ingredienti freschi vengono aggiunti<br />

nella cotta, cioè la bollitura<br />

prima della fermentazione. Dopo<br />

il filtraggio, la birra subisce una<br />

seconda fermentazione in bottiglia.<br />

La gradazione finale va da 5,2<br />

fino a 13 gradi, quest’ultima varietà<br />

considerata quasi un vino d’orzo.<br />

Nulla di più. Stessa pratica adot-


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tata dal birrificio Valscura di Sarone<br />

di Caneva. Renata Danieli, con<br />

una lunga esperienza dietro al bancone,<br />

assieme al marito Gabriele<br />

Mazzer, impiantista appunto di<br />

birrifici, hanno raccolto la sfida<br />

imprenditoriale due anni e mezzo<br />

fa. <strong>Il</strong> luogo scelto è quel<strong>lo</strong> delle<br />

sorgenti del Livenza, coscienti che<br />

alla base di un’ottima birra ci deve<br />

essere un’acqua eccezionalmente<br />

pura. I <strong>lo</strong>ro impianti consentono<br />

■ UOMINI & VINI<br />

fino a 7 cotte al mese, per circa<br />

1.200 litri l’una.<br />

Anche <strong>lo</strong>ro hanno scelto di destinare<br />

la produzione esclusivamente<br />

alla bottiglia, sull’esempio<br />

della tradizione belga. Birre sia da<br />

pasto, sia da meditazione nel <strong>lo</strong>ro<br />

cata<strong>lo</strong>go, comprese ovviamente<br />

quelle stagionali. Tra poco è tempo<br />

di quella di castagne, ma il vero<br />

gioiel<strong>lo</strong> della Valscura è la birra al<br />

figo moro di Caneva.<br />

A Valvasone il profumo<br />

dei fiori finisce nel calice<br />

Per chi ama ritrovare nel bicchiere profumi f<strong>lo</strong>reali d’altri<br />

tempi una tappa d’obbligo è “Borgo delle Oche”. La tenuta<br />

prende il nome dalla borgata medievale in cui è situata in<br />

centro a Valvasone, bellissimo paese della Destra Tagliamento,<br />

in piena zona Grave del <strong>Friuli</strong>. Da sempre, la passione di<br />

Luisa Menini per la vigna l’ha portata a seguire l’azienda<br />

dopo la maturità e, con il tempo, a comprendere il va<strong>lo</strong>re di<br />

quel<strong>lo</strong> che ritiene giustamente sia un patrimonio culturale.<br />

La fortuna di incontrare e sposare Nicola Pittini, eno<strong>lo</strong>go<br />

molto attento e rigoroso, ha potenziato la passione e il desiderio<br />

di costruire una filiera produttiva completa con la<br />

trasformazione delle uve prodotte in azienda. Nicola e Luisa<br />

hanno voluto lanciare una sfida, convinti che va<strong>lo</strong>rizzando<br />

i vitigni adatti alla zona, come Mer<strong>lo</strong>t, Refosco e Traminer<br />

aromatico, e con una corretta gestione del vigneto si possano<br />

ottenere prodotti di notevole qualità, caratteristica conseguente<br />

all’ottima vocazione di questi terreni. Corretta gestione<br />

del vigneto significa per <strong>lo</strong>ro una riduzione del carico<br />

di gemme in potatura secca e, in primavera, equilibrio delle<br />

viti mediante concimazioni soltanto se e dove necessario,<br />

tanto lavoro manuale in ogni fase, che si possono permettere<br />

ancora grazie alle ridotte dimensioni dell’azienda (sette gli<br />

ettari vitati).<br />

Eccezionale il <strong>lo</strong>ro Traminer 2008, un blasonato “tre stelle”<br />

nella Guida ai vini <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia, presentato recentemente<br />

in un’esclusiva serata al prestigioso ristorante “Paradiso”<br />

di Pocenia, sublimatosi con il risotto agli urticions;<br />

questa e altre erbe sono state oggetto di una vera e propria<br />

“lectio magistralis” del giornalista e fitoterapeuta cividalese<br />

Franco Fornasaro. E il Traminer di Borgo delle Oche è stata<br />

una coinvolgente armonia di petali di viola e di rosa che ha<br />

lasciato davvero il segno.<br />

Franco Fornasaro assieme a Luisa e Nicola Pittini<br />

Azienda vinicola “Borgo delle Oche” - Borgo Alpi, 5 - Valvasone<br />

Telefono: 0434 899398 - info@borgodelleoche.it<br />

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via Terza Armata, 117/1<br />

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S.S. Pontebbana Km 143<br />

Tel. 0432 884056<br />

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via Divisione Julia, 23<br />

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