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PDF, 987 KB - La Privata Repubblica

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Ulteriormente osservando che la identità dei soggetti è invece elemento richiesto<br />

dall’art. 12 lettera b) che si fonda effettivamente su un collegamento di tipo psicologico<br />

volitivo, per cui la norma non può operare in presenza di soggetti estranei al processo<br />

volitivo medesimo. (cfr. Cass. Sez. 5^ 13/6/98; Cass. Sez. 6ì 10/7/98; Cass. Sez. 5^<br />

21/1/98; Trib Milano Sez. 6^ penale ord. 8/5/00)<br />

Il medesimo criterio di connessione di cui si è detto, opera poi tra i reati di<br />

favoreggiamento , sia personale che reale –pure oggetto del presente giudizio- ed i<br />

contestati reati di corruzione , cosicché può concludersi che la competenza territoriale<br />

correttamente appartiene al Tribunale di Milano giusto il disposto dell’art. 16 c.p.p.<br />

Peraltro quello della connessione è un criterio autonomo di determinazione della<br />

competenza , stabilito nel capo secondo del titolo primo del codice di rito cosicché<br />

risultano inconferenti le argomentazioni difensive che contestano la competenza del<br />

Tribunale di Milano, richiamandosi all’art. 11 c.p.p che dispone in punto di competenza<br />

territoriale per i procedimenti riguardanti i magistrati.<br />

Come risulta dal testo letterale , il presupposto di operatività della norma in questione -<br />

che attua il trasferimento di competenza nel caso di reati in cui siano imputati (o parti<br />

offese ) dei magistrati - è che il giudice competente , identificato secondo le norme di<br />

questo capo, appartenga ad un ufficio giudiziario compreso nel distretto in cui il<br />

magistrato esercita o ha esercitato le proprie funzioni: norma che pacificamente<br />

risponde all’esigenza di garantire l’imparzialità del giudicante.<br />

Tale presupposto e la relativa esigenza, nel caso di specie, sono assolutamente<br />

insussistenti, giacchè il giudice competente – il Tribunale di Milano- identificato per<br />

connesione, appartiene ad un ufficio giudiziario di tutt’altro distretto rispetto a quello in<br />

cui gli imputati-magistrati del presente procedimento hanno svolto o svolgono le proprie<br />

funzioni.”<br />

<strong>La</strong> contestazione suppletiva (e sulla ammissibilità e legittimità della medesima ci si<br />

richiama integralmente alle argomentazioni di cui alla ordinanza in data 19/1/2001) ha<br />

riguardato integrandola l’originaria formulazione del capo di imputazione contestato a<br />

SQUILLANTE sub A1) nonché il reato contestato sub A2) del decreto dispositivo del<br />

giudizio, indicando la violazione dell’art. 319 ter. c.p.<br />

Cosicché tale reato è divenuto indubbiamente più grave del falso in bilancio, ma senza<br />

che si sia prodotto alcun effetto sulla competenza del Tribunale di Milano.<br />

Invero quanto al reato di cui sub A) in rubrica – a prescindere dal fatto che non è noto<br />

neppure il luogo dell’accordo (che deve risultare oggettivamente certo e non frutto di<br />

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