PDF, 987 KB - La Privata Repubblica
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giudice individuato secondo i criteri previdenti, la competenza rimane ferma in capo a<br />
tale organo, nonostante la successione di leggi nel tempo o l’intervento di vicende<br />
processuali come la separazione o stralcio dell’una o dell’altra imputazione o posizione.<br />
******<br />
1) SULLA CONFIGURABILITA’ DEL REATO DI CORRUZIONE DI CUI AL<br />
CAPO A)-<br />
<strong>La</strong> difesa PREVITI, ma in particolare la difesa di SQUILLANTE Renato, nella sua<br />
discussione, ha svolto una serie di considerazioni in diritto per contestare la<br />
adeguatezza, rispetto alla norma di cui all’art. 319 c.p., della formulazione accusatoria<br />
che si articola secondo lo schema dell’accordo antecedente per promessa di messa a<br />
disposizione della funzione, cui hanno fatto seguito plurime dazioni di denaro.<br />
L’argomento essenziale speso dalle suddette difese consiste nel rilievo che non sono<br />
stati identificati, (ovvero non è stata fornita prova dell’esistenza di) atti specifici<br />
contrari ai doveri di ufficio imputabili allo SQUILLANTE e quindi non sarebbe<br />
configurabile il reato di corruzione.<br />
E’ senza dubbio vero che la norma di cui all’art. 319, anche nel testo novellato dall’art.<br />
7 della L.26/4/90 n 86 letteralmente prevede un accordo tra il pubblico ufficiale ed il<br />
privato che si sostanzi nella promessa del primo di compiere un atto contrario ai doveri<br />
di ufficio (ovvero omettere o ritardare un atto del proprio ufficio) in cambio della<br />
promessa o della consegna di denaro, o di altra utilità, da parte del secondo.<br />
Un negozio collusivo che, a tenore della stretta formulazione letterale, parrebbe dover<br />
sempre ed in ogni caso avere come riferimento un ben determinato atto specifico -in<br />
relazione al quale si forma l’accordo- che di per se sia contrario ai doveri d’ufficio;<br />
ovvero come ha precisato in più occasioni la Suprema Corte “che sia in contrasto con<br />
norme giuridiche o con istruzioni di servizio o che comunque violi i doveri di fedeltà,<br />
imparzialità ed onestà che debbono osservarsi da chiunque eserciti una pubblica<br />
funzione”<br />
Ma quid iuris allorché risulti provato che nell’accordo non vi sia l’individuazione di<br />
un atto ma bensì di un risultato giovevole al privato che promette la dazione di denaro o<br />
di altra utilità; ovvero allorché risulti che il pubblico ufficiale si è accordato di<br />
“mettersi a disposizione” ovvero di fare il possibile per realizzare quanto e quando sarà<br />
a lui richiesto, in vista di un risultato giovevole al privato che, per contro, promette e poi<br />
anche effettua dazioni di denaro?<br />
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