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PDF, 987 KB - La Privata Repubblica

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di parte, con disquisizioni lessicali e linguistiche e con rifiuto altrettanto preconcetto di<br />

considerare le più che ragionevoli spiegazioni via via fornite ed assolutamente<br />

convincenti; in particolare:<br />

- sui rapporti di servizio ad uso interno, stilati da chi aveva contatto con la fonte o per<br />

finalità particolari, come la famosa nota datata 3/8/95, stilata come riepilogo sommario<br />

della vicenda da rapportare al Generale Comandante per spiegare l’esplosione di un<br />

colpo di arma da fuoco da parte del Capitano Martino e con il sottinteso scopo (dando<br />

conto di tutte le persone che erano a conoscenza della esistenza della fonte e<br />

dell’assunta decisione di formalizzare il suo dire) di verificare se eventualmente vi<br />

fosse, all’interno della stessa Guardia di Finanza, un canale di “fuga di notizie”;<br />

- sulla consegna dell’altrettanto famoso appunto “Caro maggiore… da parte della<br />

Ariosto (su cui la stessa è stata pure lungamente sentita, spiegando come fosse frutto di<br />

suoi motivati timori di una ritorsione effettuabile , con manovre sui procedimenti aperti<br />

e che la vedevano coinvolta, e per cui chiedeva attenzione e controllo) che Falorni ha<br />

dichiarato di non aver neppure ben compreso.<br />

Mentre Martino ha spiegato il perché ebbe a riferirlo al P.M., il quale si limitò a dire<br />

che andava appurato se vi fossero prove di manovre in atto o se si trattasse di timori<br />

personali, nonché di “tranquillizzare” la teste dicendo che avrebbe potuto parlarne agli<br />

stessi magistrati che la sentivano.<br />

E così fece il capitano Martino, indicando all’Ariosto che poteva parlarne in occasione<br />

dell’audizione prevista per una certa data .<br />

<strong>La</strong> vicenda finì lì, e non è ravvisabile alcuna anomalia nel comportamento dell’Ufficiale<br />

di P.G che ha tenuto un atteggiamento corretto di informazione del P.M. e nello stesso<br />

tempo di attenzione nei confronti di una teste che era già stata oggetto di atti di<br />

intimidazione.<br />

Peraltro è palesemente evidente come l’appunto “Caro Maggiore” -sia in sé, sia alla luce<br />

delle spiegazioni fornite dalla Ariosto- costituisca uno sfogo e una mera invocazione di<br />

aiuto di una teste emotivamente agitata e preoccupata, la quale si è rivolta alle persone<br />

che le erano vicine e la tutelavano, e che soprattutto si è acquietata di fronte alla<br />

rassicurazione derivante dalla esplicitazione alle Autorità dei suoi timori.<br />

Anche in questo caso lo scrupolo di approfondimento cognitivo da parte del Tribunale,<br />

è risultato utile, in quanto è emerso chiaramente come solo una preconcetta visione di<br />

parte giustifichi le troppe volte dichiarata, da parte delle difese, falsità degli ufficiali di<br />

P.G.<br />

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