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pubblicazione - Agenzia Regionale di Sanità della Toscana

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interessandosi in particolare agli scambi legali e illegali tra pazienti, alle loro relazioni<br />

reciproche, alle interazioni con il personale me<strong>di</strong>co e parame<strong>di</strong>co, alle cerimonie<br />

d'ingresso, agli orari, al cibo. Da tutto ciò emerge un’analisi penetrante sull’importanza<br />

<strong>della</strong> struttura sociale nel produrre comportamenti conformati, specialmente all'interno<br />

<strong>di</strong> ambienti che Goffman etichettò come ‘istituzioni totali’, e sull’importanza <strong>di</strong><br />

interpretare la malattia mentale come una malattia prodotta socialmente e non<br />

esclusivamente biologica; da questa riflessione <strong>di</strong>scendono ulteriori concetti, come<br />

quello <strong>di</strong> ‘stigma’ e <strong>di</strong> ‘carriera morale’, fondamentali per la comprensione dei<br />

meccanismi <strong>di</strong> produzione dell’identità.<br />

Un paio <strong>di</strong> ospedali (non psichiatrici) sono il setting <strong>di</strong> ricerca scelto da Sudnow (55) per<br />

stu<strong>di</strong>are nel corso del 1963-64 i rituali <strong>di</strong> morte me<strong>di</strong>ante osservazione non partecipante<br />

parzialmente coperta. I reparti su cui Sudnow si concentra sono caratterizzati da un alto<br />

tasso <strong>di</strong> decessi, scelti appositamente al fine <strong>di</strong> poter focalizzare l’analisi sull’evento<br />

<strong>della</strong> morte e sulle sue implicazioni. Nel corso <strong>di</strong> una tipica giornata l’autore assisteva a<br />

visite me<strong>di</strong>che, a operazioni chirurgiche, allo svolgimento <strong>di</strong> autopsie, alle conversazioni<br />

in corridoio tra operatori o tra i familiari dei pazienti, oltre a osservare accuratamente le<br />

<strong>di</strong>verse attività svolte dagli infermieri. A tutto ciò fu affiancata anche la partecipazione a<br />

conferenze su alcune tematiche me<strong>di</strong>che, al fine <strong>di</strong> appropriarsi <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong><br />

conoscenze tecniche.<br />

Dal lavoro sul campo emerge come l’evento <strong>della</strong> morte in ospedale, lungi dall’essere<br />

esclusivamente un acca<strong>di</strong>mento biologico, costituisca in realtà un evento definito da<br />

pratiche operative connotate socialmente e culturalmente. Pertanto, si <strong>di</strong>stinguono tre<br />

<strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> concepire la stessa morte: biologica, clinica e sociale. Accanto alla morte<br />

biologica, che si riferisce alla cessazione dell’attività cellulare, esiste anche la morte<br />

clinica conseguente alla rilevazione, durante l’esame del paziente, <strong>di</strong> sintomi fisici che<br />

accompagnano la morte (ad esempio, negli stati terminali <strong>di</strong> malattie incurabili) e infine<br />

la morte sociale. Quest’ultima si manifesta quando, pur non essendo ancora<br />

sopravvenuta la morte biologica, il paziente ospedalizzato viene già trattato come<br />

cadavere, e vengono intraprese quelle attività cerimoniali che segnalano la fine<br />

dell'esistenza sociale (si restituiscono gli effetti personali, si informano i parenti, si<br />

organizza la liberazione del posto letto, si prendono accor<strong>di</strong> con le imprese <strong>di</strong> pompe<br />

funebri, si chiede la liberatoria per effettuare l’autopsia, e così via). Pertanto, morire non<br />

significa solo decedere biologicamente, ma acquisisce senso anche in rapporto al modo<br />

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