qui - Istituto del Nastro Azzurro
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APRILE 2010<br />
16 Ven<br />
17 Sab<br />
18 Dom - Festa dei Granatieri<br />
19 Lun<br />
20 Mar<br />
21 Merc<br />
22 Giov<br />
23 Ven<br />
24 Sab<br />
25 Dom<br />
26 Lun<br />
27 Mar<br />
28 Merc<br />
29 Giov<br />
30 Ven<br />
IL NASTRO AZZURRO<br />
L’<strong>Istituto</strong> <strong>del</strong> <strong>Nastro</strong> <strong>Azzurro</strong> ebbe un<br />
notevole incremento di iscritti e, contemporaneamente,<br />
conobbe un prestigio<br />
sempre crescente, di pari passo con<br />
le avventure coloniali italiane a partire<br />
dal 1936 in poi. Si aggiunsero<br />
anche numerosi Decorati al Valor<br />
Militare tra le fila dei volontari che<br />
parteciparono alla guerra di Spagna.<br />
La seconda guerra mondiale combattuta<br />
da un’Italia impreparata e non in grado di sostenere a<br />
lungo il caos e le privazioni di un conflitto di tale portata, vide<br />
rifulgere su tutti i fronti l’eroismo e l’abnegazione <strong>del</strong> soldato<br />
italiano. Le Decorazioni al Valor Militare furono numerose e<br />
sempre ben meritate, ma non poterono impedire l’inevitabile<br />
sconfitta, fino al triste epilogo <strong>del</strong>l’armistizio.<br />
s. Giorgio, patrono <strong>del</strong>l’Arma<br />
di Cavalleria<br />
s. Marco Evangelista, patrono dei<br />
lagunari<br />
65° anniversario <strong>del</strong>la Liberazione<br />
s. Caterina da Siena, Patrona<br />
d’Italia, d’europa e <strong>del</strong>le infermiere<br />
<strong>del</strong>la croce rossa<br />
APRILE 2010<br />
1Giov<br />
2Ven<br />
3Sab<br />
4Dom - Pasqua di Resurrezione<br />
5 Lun <strong>del</strong>l’Angelo<br />
6 Mar<br />
7Merc<br />
8Giov<br />
9Ven<br />
10 Sab<br />
11 Dom<br />
12 Lun<br />
13 Mar<br />
14 Merc<br />
15 Giov<br />
2^ Guerra Mondiale<br />
Il 1936 è indubitabilmente l’anno di massimo splendore <strong>del</strong> fascismo: la con<strong>qui</strong>sta <strong>del</strong>l’Impero aveva galvanizzato<br />
tutti gli italiani, dal Re, che ora si fregiava <strong>del</strong> titolo di “Imperatore d’Etiopia”, all’ultimo dei<br />
popolani. Se da un lato la con<strong>qui</strong>sta <strong>del</strong>l’Impero aveva fatto credere a Mussolini che l’Italia fosse una<br />
grande potenza militare, dall’altro lo aveva isolato dalle democrazie occidentali che avevano timidamente<br />
osteggiato l’impresa africana.<br />
Dopo la vittoriosa conclusione <strong>del</strong>l’impresa etiopica il regime fascista avrebbe avuto gran bisogno di un<br />
periodo di pace: per completare l’occupazione <strong>del</strong> neonato Impero, ancora in preda, nelle sue regioni<br />
periferiche, alle convulsioni <strong>del</strong>la guerriglia e <strong>del</strong> banditismo; per proseguire la normalizzazione dei rapporti<br />
con le potenze sanzioniste; per riassestare le finanze italiane, duramente provate dallo sforzo coloniale.<br />
Le dittature non amano l’ordinaria amministrazione, ma sul trionfo africano la popolarità e l’ambizione<br />
di Mussolini avrebbero potuto vivere di rendita per molto tempo. Ed è a questo punto che Adolf<br />
Hitler si schiera al fianco <strong>del</strong> duce, da lui considerato maestro e ispiratore: così nacque quell’alleanza<br />
fatale <strong>del</strong>la quale, per qualche tempo, Mussolini si illuse di essere il leader.<br />
Sopravvenne <strong>qui</strong>ndi ad impegnare il fascismo in una nuova avventura, inizialmente non voluta, e comunque non provocata, la guerra<br />
civile spagnola. La guerra di Spagna cementò quest’unione tra Italia fascista e Germania nazista, rafforzata poi dal successo personale<br />
di Mussolini nelle trattative che condussero al Patto di Monaco (1938) ed al Patto d’Acciaio siglato l’anno dopo. Ma se i due<br />
dittatori sembravano procedere in pieno accordo (si pensi alle leggi razziali <strong>del</strong> 1938), nell’animo di Mussolini andava maturando<br />
nei confronti <strong>del</strong> Fuhrer un complesso d’inferiorità che gli fece perdere quel fiuto al quale doveva i suoi maggiori successi. Quando<br />
Hitler invade la Polonia nel 1939, Mussolini proclama la non belligeranza, quando l’anno successivo la Francia è in ginocchio, egli<br />
entra in guerra per partecipare al banchetto dei vincitori, poi conduce un esercito male armato e peggio comandato in una velleitaria<br />
guerra parallela che condurrà ai disastri di Africa, Grecia e Russia. Agli inizi <strong>del</strong> 1943 è ormai chiaro che l’Italia è sconfitta:<br />
Vittorio Emanuele III aveva già avviato prudenti contatti con gli Alleati per trovare una via d’uscita dal conflitto, ma sarà lo stesso<br />
fascismo che si autoaffonderà clamorosamente il 25 luglio quando il Gran Consiglio provocherà la caduta di Mussolini e il suo arresto<br />
da parte <strong>del</strong> re. Ma se il regime si era sciolto come neve al sole, la guerra - almeno secondo il proclama di Badoglio, nuovo capo<br />
<strong>del</strong> governo - «continuava». Era una finzione alla quale Hitler non abboccò e che lo spinse a inviare in Italia sempre più truppe.<br />
L’armistizio <strong>del</strong>l’8 settembre e il precipitoso spostamento di Vittorio Emanuele III e <strong>del</strong> Governo a Brindisi, che somigliò molto a<br />
una vera e propria fuga da Roma, non sorpresero nessuno; sorpresero soltanto le migliaia e migliaia di soldati italiani lasciati senza<br />
ordini ed esposti alla violenta reazione tedesca.<br />
I soldati italiani, dopo l’immane sbandamento, reagirono con coraggio e abnegazione e, posti davanti ad una scelta difficilissima, si<br />
fecero guidare dall’istinto <strong>del</strong>la giovane età: la maggioranza rimase fe<strong>del</strong>e al giuramento prestato alla Corona e andò a rinfoltire le<br />
fila <strong>del</strong>le rinate Forze Armate <strong>del</strong> sud. Alcuni, molti, scelsero la<br />
Repubblica Sociale <strong>del</strong> nord.<br />
Era l’inizio <strong>del</strong>la guerra civile che insanguinò l’Italia quando «era<br />
tagliata in due» (secondo un’incisiva definizione di Benedetto<br />
Croce. Fino al 25 aprile, e oltre, si combatté tra italiani una guerra<br />
disperata e feroce in nome - come sostenevano su fronti opposti<br />
repubblichini e partigiani - <strong>del</strong>l’onore, <strong>del</strong>la dignità e <strong>del</strong>la<br />
libertà. Tralasciando una tradizione storiografica che parla solo<br />
di «guerra di Liberazione» è bene tener presente che l’Italia ha<br />
combattuto una guerra civile che, pur non raggiungendo gli<br />
orrori di quella spagnola, aveva provocato nel Paese una spaccatura<br />
che ancora oggi si ripropone in politica. Un Mussolini abulico,<br />
impotente e malato fu costretto da Hitler - pena un’occupazione<br />
ancora più feroce - a costituire una repubblica priva di<br />
un’autonomia reale, il cui unico compito era quello di aiutare i<br />
tedeschi nella repressione <strong>del</strong>le forze partigiane. Il Regno <strong>del</strong><br />
Sud, da parte sua, cercò, collaborando con gli Alleati, di assicurare<br />
all’Italia il famoso «biglietto di ritorno» tra le grandi democrazie.<br />
Fu una guerra dura in cui «pietà era morta»: fucilazioni,<br />
rappresaglie, orrori e vendette private da entrambe le parti.