qui - Istituto del Nastro Azzurro
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MAGGIO 2010<br />
1 Sab<br />
2Dom<br />
3 Lun<br />
4 Mar - festa <strong>del</strong>l’Esercito Italiano<br />
5Merc<br />
6Giov<br />
7Ven<br />
8Sab<br />
9Dom<br />
10 Lun<br />
11 Mar<br />
12 Merc<br />
13 Giov<br />
14 Ven<br />
15 Sab<br />
giornata mondiale <strong>del</strong>la<br />
croce rossa<br />
158° anniversario <strong>del</strong>la<br />
polizia di stato (2 a domenica)<br />
festa <strong>del</strong>l’aviazione leggera<br />
<strong>del</strong>l’esercito<br />
IL REFERENDUM<br />
La vergogna <strong>del</strong>l’8 settembre fu addebitata<br />
da più parti al comportamento <strong>del</strong> Re<br />
Vittorio Emanuele III. Da ciò, con un lento<br />
ma inesorabile crescendo, si giunse a mettere<br />
in dubbio la legittimità stessa <strong>del</strong>la corona<br />
a governare l’Italia. Il 12 marzo 1946 il<br />
Consiglio dei Ministri decise di convocare<br />
gli italiani al referendum istituzionale che<br />
venne promulgato il successivo 18 marzo<br />
con Decreto a firma <strong>del</strong> Luogotenente<br />
Generale Umberto di Savoia. Vittorio<br />
Emanuele III, dopo lungo tergiversare,<br />
rispose abdicando il 9 maggio a favore <strong>del</strong><br />
figlio il quale, assunta la corona col nome di<br />
Umberto II confermò la promessa fatta di rispettare il volere dei cittadini,<br />
liberamente espresso, circa la scelta <strong>del</strong>la forma istituzionale. Nella giornata<br />
<strong>del</strong> 2 giugno e la mattina <strong>del</strong> 3 giugno 1946 ebbe dunque luogo il referendum<br />
per scegliere fra monarchia o repubblica. Sia pure di misura, le<br />
fonti ufficiali parlarono di una maggioranza dei voti validi in favore <strong>del</strong>la<br />
soluzione repubblicana, anche se non mancheranno ricorsi e voci di brogli.<br />
Il 10 giugno, alle ore 18:00, nella Sala <strong>del</strong>la Lupa a Montecitorio la Corte<br />
di Cassazione diede lettura dei risultati <strong>del</strong> referendum così come gli erano<br />
stati inviati dalle prefetture (la repubblica ottenne 12.717.923 voti, mentre<br />
i favorevoli alla monarchia risultarono 10.719.284), senza però procedere<br />
alla proclamazione <strong>del</strong>la repubblica e rimandando al 18 giugno il giudizio<br />
definitivo su contestazioni, proteste e reclami.<br />
La notte <strong>del</strong> 12 giugno il governo si riunì su convocazione di De Gasperi.<br />
De Gasperi aveva ricevuto in giornata una comunicazione scritta dal<br />
Quirinale nella quale il re si dichiarava intenzionato a rispettare il responso<br />
degli elettori votanti, come stabilito dal decreto di indizione <strong>del</strong> referendum,<br />
aggiungendo che avrebbe atteso il giudizio definitivo <strong>del</strong>la Corte di<br />
Cassazione secondo quanto stabilito dalla legge. La lettera, che sollevava la<br />
questione <strong>del</strong> quorum, suscitò le preoccupazioni dei ministri intenzionati<br />
alla proclamazione immediata <strong>del</strong>la repubblica, mentre, nello stesso tempo,<br />
era necessario far fronte alle crescenti proteste dei monarchici, represse<br />
sanguinosamente il giorno prima a Napoli. Lo stesso 12 giugno un’altra<br />
manifestazione monarchica era stata dispersa violentemente.<br />
Il consiglio dei ministri stabilì che, a seguito <strong>del</strong>la proclamazione dei risultati<br />
provvisori <strong>del</strong> 10 giugno, si era creato un regime transitorio e di conseguenza<br />
le funzioni di capo <strong>del</strong>lo Stato passavano ope legis al presidente <strong>del</strong><br />
consiglio. Ciò avvenne nonostante il disposto <strong>del</strong>l’art. 2 <strong>del</strong> decreto legislativo<br />
luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, che imponeva di attendere la<br />
proclamazione ufficiale da parte <strong>del</strong>la Corte di Cassazione. Il governo<br />
assunse perciò unilateralmente poteri che, fino al pronunciamento definitivo<br />
<strong>del</strong>la Cassazione, ancora non gli spettavano, deponendo di fatto<br />
Umberto II. Messo di fronte all’azione <strong>del</strong> <strong>del</strong> governo, Umberto II, volendo<br />
evitare qualsiasi possibilità di innesco di guerra civile, cosa che era nell’aria<br />
dopo i fatti di Napoli, decise di lasciare l’Italia, ma prima diramò il suo<br />
famoso proclama, nel quale parla di gesto rivoluzionario compiuto dal governo.<br />
La partenza <strong>del</strong> re dava via libera alla proclamazione senza intoppi<br />
<strong>del</strong>la forma repubblicana, dal momento che alla Corte di Cassazione non<br />
restava che avallare il fatto compiuto. Così la Corte, con dodici magistrati<br />
contro sette, stabilì che per maggioranza degli elettori votanti, prevista dalla<br />
legge istitutiva <strong>del</strong> referendum (art. 2 <strong>del</strong> decreto legislativo luogotenenziale<br />
<strong>del</strong> 16 marzo 1946, n. 98), si doveva in realtà intendere maggioranza dei<br />
voti validi. Il motivo per cui il governo non volle attendere la seduta <strong>del</strong>la<br />
Corte di Cassazione fissata per il 18 giugno non è mai stato chiarito. Da<br />
parte monarchica si sostiene che il governo non volle dare il tempo alla<br />
Suprema Corte di ricontrollare le schede elettorali, ricontrollo che, si<br />
sostiene, avrebbe portato alla luce eventuali brogli.<br />
IL NASTRO AZZURRO<br />
Malgrado gli eventi politicomilitari<br />
successivi all’8 settembre<br />
1943, l’<strong>Istituto</strong> <strong>del</strong><br />
<strong>Nastro</strong> <strong>Azzurro</strong> non fu mai<br />
sciolto e la sua vita non subì<br />
interruzioni, pur essendo<br />
avvenuta una certa dispersione<br />
di soci che attenuò, per<br />
qualche tempo, l’attività<br />
<strong>del</strong>le Federazioni, Sezioni e<br />
Gruppi.<br />
IL PROCLAMA<br />
«Italiani!<br />
Nell’assumere la Luogotenenza Generale <strong>del</strong> Regno<br />
prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato<br />
al voto <strong>del</strong> popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale<br />
<strong>del</strong>lo Stato. E uguale affermazione ho fatto<br />
subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso<br />
le decisioni <strong>del</strong>la Corte Suprema di Cassazione, alla<br />
quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione<br />
dei risultati definitivi <strong>del</strong> referendum.<br />
Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali<br />
fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di<br />
pronunciare entro il 18 giugno il giudizio sui reclami e di<br />
far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di<br />
fronte alla questione sollevata e non risolta sul modo di<br />
calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che<br />
era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di<br />
Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale<br />
repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.<br />
Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi ed al<br />
potere indipendente e sovrano <strong>del</strong>la Magistratura, il<br />
governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo,<br />
con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli<br />
spettano e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento<br />
di sangue o di subire la violenza.<br />
Italiani! Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica<br />
guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa<br />
unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta<br />
ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano<br />
risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido<br />
che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di<br />
libertà sono una <strong>del</strong>le glorie d’Italia, potrà dire la sua<br />
libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso,<br />
né rendermi complice <strong>del</strong>l’illegalità che il Governo ha<br />
commesso, lascio il suolo <strong>del</strong> mio Paese, nella speranza di<br />
scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori.<br />
Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse <strong>del</strong>la<br />
Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare<br />
la mia protesta contro la violenza che si è compiuta;<br />
protesta nel nome <strong>del</strong>la Corona e di tutto il popolo, entro<br />
e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino<br />
deciso nel rispetto <strong>del</strong>la legge e in modo che venisse<br />
dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.<br />
A tutti coloro che ancora conservano fe<strong>del</strong>tà alla<br />
Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all’ingiustizia,<br />
io ricordo il mio esempio, e rivolgo l’esortazione a<br />
voler evitare l’acuirsi di dissensi che minaccerebbero<br />
l’unità <strong>del</strong> Paese, frutto <strong>del</strong>la fede e <strong>del</strong> sacrificio dei<br />
nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni<br />
<strong>del</strong> trattato di pace. Con animo colmo di dolore, ma<br />
con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per<br />
adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino<br />
sciolti dal giuramento di fe<strong>del</strong>tà al Re, non da<br />
quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che<br />
vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove.<br />
Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome<br />
d’Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani. Qualunque sorte<br />
attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di<br />
me come sul più devoto dei suoi figli. Viva l’Italia!<br />
Umberto<br />
Roma, 13 giugno 1946»<br />
MAGGIO 2010<br />
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21 Ven<br />
22 Sab<br />
23 Dom<br />
Festa <strong>del</strong>l’arma trasporti e<br />
materiali<br />
24 Lun - Festa <strong>del</strong>l’Arma di Fanteria<br />
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30 Dom<br />
31 Lun