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dalla teoria dello Sviluppo Umano alla pratica - Laboratorio Arco

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valutiamo o meno anche sulla base di qualche criterio esterno)» (Sen 1999, 25).<br />

Può accadere che più agenti, impegnandosi in un volontario coordinamento,<br />

giungano a concepire un’azione di squadra che si caratterizza in quanto sono<br />

propriamente di squadra le modalità con cui coltivare e migliorare il well-being<br />

di ciascuno (es. orchestre sinfoniche o squadre sportive). Si tratta di situazioni<br />

in cui l’interdipendenza delle azioni è talmente forte che i risultati sono beni<br />

indivisibili, il cui valore tende ad azzerarsi se viene meno il contributo di un<br />

qualsiasi membro del gruppo, anche del più vulnerabile.<br />

Assumendo che anche gli altri membri della squadra siano mossi dal medesimo<br />

criterio, l’agente sceglie l’opzione che, pur non ottimizzando sempre la sua<br />

posizione individuale, rappresenta l’ottimo se presa in congiunzione con le<br />

opzioni scelte dagli altri individui all’interno della squadra. La team-agency<br />

presuppone dunque una relazione duciaria estremamente impegnativa.<br />

La situazione cellulare in cui ciò si verica è il rapporto madre-infante.<br />

Quando una donna decide di diventare madre, sa che sta entrando in una<br />

condizione irreversibile. Il percorso maggiormente graticante è quello lungo<br />

il quale l’infante, acquisendo via via una propria agency, interagisce con la<br />

madre, ricambiando con la sua attenzione l’attenzione che riceve. Se è così,<br />

allora l’interesse della madre sta nello sviluppare l’agency del glio e quindi<br />

nell’operare in termini di team-agency: la qualità della propria vita dipende<br />

non tanto dall’esprimere al meglio la propria agency individuale di madre,<br />

quanto nel riuscire a far esprimere congiuntamente l’agency propria e quella<br />

del bambino, ossia di sviluppare la E-capability.<br />

Ma cosa accade <strong>alla</strong> team-agency quando essa incontra condizioni meno<br />

favorevoli rispetto al rapporto madre-infante? Una prima risposta ha carattere<br />

normativo e consiste nel puntare sull’human obligation. Come osserva Sen (2008,<br />

336): «la capability è un tipo di potere e sarebbe erroneo considerarla soltanto<br />

come un concetto di vantaggio umano, e non anche come un concetto centrale<br />

nella human obligation». In questa prospettiva, deve prolarsi un contesto<br />

sociale in cui la qualità dei nessi intersoggettivi sia altamente cooperativa, ed in<br />

cui gli interventi di policy siano sorretti e orientati da un’etica pubblica.<br />

Un’altra risposta, che scaturisce dall’analisi positiva, cerca di cogliere modalità<br />

e percorsi con i quali l’azione di gruppo riesce a radicare e a estendere il teamagency,<br />

trasformando la E-capability in C-capability (capability collettiva) (vedi<br />

Bellanca e Biggeri, 2010).<br />

40 L’approccio delle capability applicato <strong>alla</strong> disabilità

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