dalla teoria dello Sviluppo Umano alla pratica - Laboratorio Arco
dalla teoria dello Sviluppo Umano alla pratica - Laboratorio Arco
dalla teoria dello Sviluppo Umano alla pratica - Laboratorio Arco
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
In terzo luogo, il principio contribuisce a orientare gli interventi della policy:<br />
nei riguardi di una dotazione che fosse dispreferita da tutti, occorrerebbe<br />
eettuare trasferimenti di risorse – sia di quelle acquisite socialmente, di solito<br />
più facilmente spostabili, sia di alcune tra quelle legate <strong>alla</strong> persona, che però<br />
siano esse pure socialmente implementabili – no al punto in cui il principio<br />
non venisse rispettato. Immaginiamo di classicare le persone con disabilità<br />
in dieci tipi e che, nella situazione sociale iniziale, il principio di diversità non<br />
dominata manca per otto tipi su dieci. Il policy-maker può operare su entrambi<br />
i versanti: trasferire risorse direttamente verso le persone con disabilità, ed<br />
impegnare risorse per modicare la percezione sociale della disabilità. L’esito di<br />
una policy ecace sarà, poniamo, che, nella situazione nale, soltanto per tre<br />
tipi di disabilità, quelle più gravi, il principio rimane non soddisfatto.<br />
In quarto luogo, è un principio conforme all’approccio delle capability, in quanto,<br />
se il policy-maker vuole rendere preferibile per qualcuno la dotazione totale<br />
della persona svantaggiata, ad altro non sta puntando se non all’<strong>alla</strong>rgamento<br />
<strong>dello</strong> spazio delle capability di quella persona. Se egli riesce nel suo proposito, e<br />
qualcuno giunge a preferire le dotazioni della persona svantaggiata, raggiunge<br />
un risultato politico cruciale: in termini di discriminazione e di stigmatizzazione,<br />
quella persona non è più “fuori dal gioco sociale”, bensì viene riconosciuta e può<br />
perno essere scelta. Peraltro, ottenuto ciò, il policy-maker tocca anche il limite<br />
del principio: infatti, in punto di logica, basta che una Carla qualsiasi preferisca<br />
la dotazione globale di Bice a quella di Alberto, anché cada la giusticazione<br />
ad eettuare ulteriori trasferimenti di risorse verso Bice. Van Parijs (2000, 77)<br />
sostiene che qui il principio deve cedere il passo ad altri criteri di valutazione e<br />
di (eventuale) intervento. Ciò appare corretto, tranne quando esiste una “risorsa<br />
decisiva”. Poiché questo è probabilmente, rispetto al nostro tema, il caso più<br />
rilevante, volgiamoci ad esso.<br />
Come si è ricordato, una dotazione totale domina un’altra se incorpora tutte le<br />
risorse socialmente più vantaggiose. Ma una dotazione domina un’altra anche<br />
qualora, prescindendo <strong>d<strong>alla</strong></strong> qualità e quantità delle rimanenti risorse, contiene<br />
un’eventuale “risorsa decisiva” (o lessicograca). Quest’ultima è tale che, se<br />
Bice la possiede meno di Alberto, ciò basta anché Carla dispreferisca l’intera<br />
dotazione di Bice, quale che essa sia. Ipotizziamo che, in certi contesti socioculturali,<br />
la disabilità sia, in quest’accezione, una risorsa decisiva e quindi rende<br />
la dotazione di una persona con disabilità sempre dispreferita. In questo caso,<br />
il proposito della policy sta nel (tentare di) rendere più variegate e pluralistiche<br />
le scale di valore dei membri della società. Sarebbe infatti auspicabile che non<br />
tutti concordassero nel porre sempre e comunque al primo posto una certa<br />
risorsa. In altre parole, il policy maker deve lavorare per cambiare l’immaginario<br />
collettivo. Se, nell’auto rappresentazione che un gruppo elabora, la disabilità<br />
assolve la funzione di risorsa decisiva, non siamo davanti ad un fenomeno che<br />
42 L’approccio delle capability applicato <strong>alla</strong> disabilità