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UN INCONTRO<br />
CON GIGGI ZANAZZO<br />
Giggi Zanazzo mi fissò un appuntamento per le ore 18,30<br />
all'osteria di Giggi Pea, ai Banchi Vecchi. L'osteria in<br />
parola, uno stanzone pieno di tavoli sudici e di sedie<br />
mal ridotte, era frequentata essenzialmente dagli operai del<br />
rione, da pochissimi poeti romaneschi e da qualche vetturino.<br />
Uno di questi, un certo Peppino, lungo, magro e loquace sino<br />
all'inverosimile, aveva l'abitudine di gratificare la clientela con<br />
dei lunghi discorsi, sconclusionati senza dubbio, ma pieni di<br />
passione per Roma, e per alcuni Imperatori Romani.<br />
Quella sera, saranno state appena le 18, io mi cercai un<br />
posticino appartato nella sala, e mi sedetti dinanzi al tavolo<br />
con l'innocente intenzione di consultare alcuni appunti che avrei<br />
poi dovuto mostrare a Zanazzo.<br />
Ma Peppino non me ne lasciò il tempo; venne a sedersi<br />
tranquillamente dinanzi a me, e con un piglio di benevola superiorità,<br />
mi disse:<br />
- Ce scommetto un litro che voi séte...<br />
_ Che io sono... - interruppi, ,divertito dal buffo atteg-<br />
giamento di Peppe.<br />
- Che voi séte un poeta romanesco! Capirete- riprese,<br />
accendendosi mezzo toscano e gonfiandosi come un tacchino -<br />
a Peppe, certe cose, nun je s'annisconneno davero!<br />
_ Rallegramenti - risposi sorridendo - vedo che siete<br />
proprio un osservatOre...<br />
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