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stato vedovile - famigliaviva

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ancora in cammino. È quanto ci diceva il profeta Osea, una realtà<br />

escatologica, nella quale, «come insegna Gesù, il matrimonio non<br />

esisterà più (cf Lc 20,34-36), come non esisteranno più i sacramenti<br />

o l’eucaristia. Una volta svelata la realtà, non ci sarà più bisogno dei<br />

segni che la esprimono e a cui i segni rimandano 9 .<br />

Agli ultimi tempi si accenna anche nella conclusione della<br />

solenne benedizione dello sposo e della sposa, dove il sacerdote<br />

prega così: «Padre Santo, concedi a questi tuoi figli, che per la prima<br />

volta, come sposi, comunicano alla tua mensa, di partecipare<br />

insieme al tuo convito nella gioia dei santi». «L’Eucaristia (intesa nel<br />

senso più ampio) è qui indicata come condizione per essere accolti,<br />

al di là del pellegrinaggio terreno, nel regno del Padre. Questo<br />

accenno all’«aldilà», e, fuori metafora, anche alla morte degli sposi,<br />

che a qualcuno potrà sembrare di cattivo gusto in una festa nuziale,<br />

è invece comprensibilissimo per il cristiano, abituato a vivere nella<br />

tensione del «già e non ancora», cosciente che «la nostra patria,<br />

invece, è nel cielo, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signore<br />

Gesù Cristo» (Fil 3,20)» Non solo: il cristiano, allenato pure a coniugare<br />

la propria storia sulla più ampia portata della storia della salvezza,<br />

non dovrebbe avere difficoltà a riconoscere anche in questo<br />

superamento della storia il segno della grandezza dell’amore con cui<br />

Cristo ama la Chiesa. La presenza dello Spirito e la sua grazia permettono<br />

agli sposi cristiani, come in una nuova Pentecoste, di rafforzare<br />

questa convinzione e trasformarla in dato esistenziale» 10 . E in<br />

dato esistenziale la trasforma senz’altro la persona vedova, consapevole<br />

che il proprio partner ha già concluso il proprio pellegrinaggio<br />

terreno, entrando nel regno del Padre.<br />

Chi aveva iniziato in Cristo questo cammino di coppia, non lo<br />

interrompe, ma lo continua nella nuova situazione in cui si trova (la<br />

vedovanza), offrendo l’esempio di un amore instancabile e generoso<br />

e può ancora «contribuire alla santità e all’operosità della Chiesa»<br />

(LG 41). Occorre riscoprire la propria fede. Se è facile a volte sperimentare<br />

lo smarrimento, se manca ogni prospettiva di futuro, se ci<br />

si sente soli, a livello di famiglia, a livello di società, a livello di<br />

chiesa, dobbiamo ricordare che, anche se la nostra situazione è<br />

legata alla sofferenza, siamo già nel tempo del Risorto, siamo in un<br />

tempo che viene definito del già e del non ancora, il già della prima<br />

venuta del Signore e il non ancora del suo ritorno. Per rendersene<br />

conto occorre però lo sguardo della fede: «Se avrete fede, pari a un<br />

granellino di senapa...!» (Mt 17,20). Guardiamo Maria, in silenzio,<br />

ai piedi della croce. Il suo dolore immenso non le fa perdere la fede<br />

nel Dio della vita.<br />

9 C. ROCCHETTA, «Riflessioni teologiche sulla reciprocità matrimonio - verginità», in R.<br />

BONETTI (ed.), Verginità e matrimonio. Due parabole dell’unico amore. Atti del<br />

Seminario di Studio (Loreto 4-7 settembre 1997), Ancora, Milano 1998, 84.<br />

STATO VEDOVILE: TRA PERDITA E RISORSA

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