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stato vedovile - famigliaviva

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nonima stanza d’ospedale. Oggi pare che il tentativo sia quello di<br />

ottenere l’esatto contrario: la morte va evitata, va nascosta a se<br />

stessi e a chi ci sta vicino.<br />

Quando capita di parlarne spontaneamente pensiamo a lei con<br />

il giusto timore, consapevoli di essere di fronte a un mistero, ma vi è<br />

un altro tipo di timore sul quale è opportuno riflettere: quello che<br />

come un muro s’innalza tra chi, suo malgrado, è direttamente toccato<br />

dall’esperienza della morte e del lutto e chi invece la vede passare<br />

accanto assistendovi come uno spettatore. Avvicinarsi al dolore altrui<br />

non è facile. Comporta una sorta di contaminazione con il dolore<br />

stesso cui spesso si reagisce con una imbarazzante e non sempre corretta<br />

“compassione” intesa però nella sua accezione più negativa.<br />

Certo tutti ci auguriamo di non morire di qui a pochi giorni<br />

ma, se questo fatto che fa parte della vita ci fosse posto accanto<br />

come un silenzioso compagno di viaggio, come reagiremmo?<br />

La società sembra risponderci con un benevolo sorriso: “la<br />

morte? Non esiste! E per ora è meglio non angustiarsi!”<br />

Il prototipo della famiglia perfetta, quella che la mattina fa<br />

colazione con i biscotti pan di stelle o che va festante al Mc<br />

Donald’s, ha occupato prepotentemente il posto della semplice quotidianità<br />

che è fatta di alti e bassi, d’umori più o meno buoni o di<br />

problemi più o meno grandi e naturalmente anche di gioie. Per i più<br />

chi non si adegua al tipo di famiglia formato pubblicità, rischia di<br />

sentirsi fuori posto. In quest’ottica è spontaneo pensare che “normali”<br />

siano coloro i quali si adattano perfettamente ad un modello<br />

preconfezionato dal “creativo di turno”.<br />

Quando però un dramma colpisce la famiglia Mulino Bianco<br />

nessuno sa cosa fare, nessuno sa cosa dire, perché questo non era in<br />

programma!<br />

Parlare della morte non è mai facile anche se si è sperimentata<br />

in prima persona. Mi auguro di avere la delicatezza e al contempo<br />

l’incisività necessarie affinché queste parole siano un valido aiuto<br />

per comprendere la complessa realtà di una “famiglia vedova”.<br />

Anch’io ho vissuto in famiglia l’esperienza del lutto. Mio<br />

marito è morto circa sei anni fa in un incidente stradale. Abbiamo<br />

tre bambine, che al momento della sua morte avevano: sei, quattro<br />

e un anno. La vita è stata immediatamente durissima per svariati<br />

motivi di ordine pratico, ma non solo.<br />

La mia storia credo sia simile a quella di tante altre donne che<br />

si sono viste portar via nel giro di pochi minuti i progetti e i sogni di<br />

tutta una vita.<br />

La famiglia, i bambini, il lavoro; il quadro intero di una vita,<br />

completamente distrutto. Pur non desiderandolo, ci si trova un<br />

brutto giorno a dover disegnare da capo un’opera d’arte che si pensava<br />

fosse ormai già definita. Pensiamo alla tavolozza di un artista<br />

piena di colori messi confusamente uno accanto all’altro.<br />

STATO VEDOVILE: TRA PERDITA E RISORSA

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