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ORFEO 9. - Zona Editrice

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Quando sarà il momento di dir di me stesso cose belle e buone non avrò vergogna<br />

alcuna e le dirò, ma lasciami ora accennare quelle brutte e cattive, che in<br />

questi giorni non mancano. Farei molto meglio, per esempio, a non lasciarmi abbagliare<br />

troppo dall’acquario che ti ho appena descritto. L’equilibrio è una gran<br />

bella cosa (“It’s a matter of balance” cantano i Moody Blues, appunto, ma a<br />

quanto pare non ascolto abbastanza) e bisognerebbe bilanciare lo spirito dei tempi<br />

con la vecchia pratica rozza, con l’esperienza del mestiere. Non che me ne manchino<br />

i mezzi, visto che vengo dalla gavetta seria. Ma “se vecchiaia potesse, se<br />

gioventù sapesse!”. Una certa sensazione di invincibilità, e anche l’obiettivo rotolare<br />

degli eventi in una direzione tutta panna, come se fossimo guidati da una<br />

predestinazione (lo siamo?) mi fa sorvolare su ogni necessità di critica, di selezione<br />

seria, di attenzione alla base caratteriale delle persone che sto incontrando.<br />

Visto poi che Orfeo e Narciso sono parenti stretti, hanno buon gioco su di me<br />

anche quella lusinga, quella leccatina in più; e invece, pur nel contesto mistico e<br />

floreale, dovrei continuare ad agire come un greve capogruppo di Cinecittà e a<br />

usare (virtualmente) la frusta. Ma sì, in piena montata anti-gerarchica, figurati.<br />

Tanto per spiegare il tipo di logica che sta alla base dei ragionamenti di questi<br />

giorni: alla prima occasione in cui serve mettere ai voti una proposta – non importa<br />

quale – uno del gruppo mi viene vicino con gli occhi lucidi dell’anarchico ispirato<br />

e mi dice, in perfetta convinzione: “È giusto il principio di maggioranza, ma è<br />

anche giusto che ognuno sia libero e padrone della propria vita, no? Per cui, facciamo<br />

così: votiamo le due mozioni, poi ognuno sarà libero di fare comunque<br />

quello per cui ha votato!” e mi fissa soddisfatto, entusiasta di avere appena detto la<br />

parola definitiva sul meccanismo un sacco perfettibile dell’assemblearismo. Dovrei<br />

dargli una pacca sulla spalla e rispondergli che già noi dello spettacolo siamo<br />

nell’unico ambito al mondo (insieme all’Esercito) dove la democrazia è un di più<br />

inutile e pericoloso, ora ci mancano pure gli esperimenti e l’inveramento dei paradossi.<br />

Invece no, quella è l’aria che tira, riesco pure a divertirmici, tanto più che il<br />

mio Narciso interiore è stato, solo pochi giorni prima, molto flatté dallo stesso<br />

individuo. Al momento del primo incontro (a Santa Maria, naturalmente) mi aveva<br />

salutato, sempre con il sorriso complice e l’occhio lucido, dicendomi: “Ma lo sai<br />

chi sei, tu? Tu sei una carta vincente!” e mi raccontava delle voci entusiastiche<br />

che aveva raccolto in giro sull’esito di Then an Alley. Io avevo incassato così una<br />

rara cedola gratificante di quel mio successo ma adesso finivo per farmici infinocchiare.<br />

L’ingaggio del chitarrista anarcoide avviene, e fra qualche settimana darà i suoi<br />

frutti balordi. Fortuna che a coordinare la sezione strumentale del cast (di cui il<br />

suddetto filosofo si propone come capo complesso) ho la fortuna di delegare un<br />

professionista serio, uno dei pochi che mi seguiranno e sosteranno con tutto il<br />

cuore in questa prima fase dell’avventura. Fa parte della colonia di giovani musici-<br />

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