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ORFEO 9. - Zona Editrice

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Al di là di tutto questo, comunque, fino a questo pomeriggio in cantina la mia è<br />

stata una proposta, un demo, un suggerimento per altri a seguire l’idea e a farsi<br />

operisti dell’area rock, ma ora eccomi qua stasera, a sospettare di aver fatto qualcosa<br />

che potrebbe avere un senso di per sé. Ed è un sospetto che sa di miele.<br />

Manca un finale, però. Manca un finale a due settimane dal debutto. Ho già<br />

scritto due ore di musica, io che non avevo mai prodotto una nota prima. Come<br />

posso sperare di trovare ancora un’idea, e un’idea talmente su da dare la scossa<br />

conclusiva allo spettacolo? Se solo avessi la facilità di Giovanni, guardalo lì con la<br />

sua chitarra classica e quelle dita che corrono avanti e indietro per il manico come<br />

ragni, io che invece mi devo sudare ogni nota come in miniera. E perché, quella<br />

voce? Un falsetto vibrato meraviglioso, lui e la sua passione per i Bee Gees (molto<br />

prima e molto diversi da Saturday Night Fever, quelli di Odessa per intenderci). E<br />

quelle due canzoni scritte da lui, quelle che canta in inglese, così, alla buona? Due<br />

cose perfette... A pensarci bene, com’è che non ho mai approfondito? Ma chi è<br />

questo qui che scrive delle robe così favolose? Giovanni Ullu, e poi? Nelle pause<br />

tra una prova e l’altra butta lì questi pezzi da hit parade… C’è uno che compone<br />

così e resta qui con noi a soffrire? Decido di approfondire. Una canzone lui la<br />

chiama Crazy Idea, ed è davvero molto piacevole, ma ce n’è un altra... “Giovanni,<br />

mi fai quella... come si chiama?”. “Mica ce l’ha, un nome” (ma ha una progressione<br />

armonica da incantesimo). “Me la dai? La uso per il finale, il testo lo scrivo io”.<br />

“Ok! Che problema c’è?”. Stretta di mano, come al mercato.<br />

”Eccoti alla fine”, canterà Orfeo quando ormai i giochi saranno fatti, il sortilegio<br />

sarà compiuto, la trappola sarà scattata. Per esprimere in parole quel senso di<br />

solitudine davanti all’assoluto, di nudità davanti alla solitudine, forse ho ripensato<br />

ancora alla notte del 4 agosto 1963 all’Elba, ancora alla disperazione senza possibile<br />

guarigione per la fine del mio amore dei sedici anni, o forse ancora alle strade<br />

di notte di Giorgio Gaber. Ma se c’era una musica che poteva sostenere quel canto<br />

di disperazione, quella disperazione carica di speranza, quella musica era in uno dei<br />

due pezzi che Giovanni buttava lì tra una prova e l’altra nello scantinato di viale<br />

Regina Margherita. Dell’altro brano, Crazy Idea, si appropriò anni più tardi Nicoletta<br />

Strambelli e ne fece un “evergreen” targandolo Patty Pravo – beh, sempre<br />

una di noi era, una del Piper – ma uno la rubai io, sissignori, e lo misi a sigillo di un<br />

sogno della mia vita.<br />

Pochi giorni dopo, in un night club alla moda di fianco al Viminale, davanti a un<br />

vero parterre de roi, presentammo Orfeo 9 alla stampa in una conferenza come<br />

solo Enrico Lucherini sapeva organizzarne. Pagammo ancora un piccolo pedaggio<br />

a Romeo e al suo divismo cronico (tre minuti fra quando lo presentai al pubblico e<br />

quando comparve effettivamente in scena, volevo morire) ma alla fine la spuntammo<br />

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