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convinto del risultato, mentre mi preparo a far partire la prima di quattro pizze di<br />
venti minuti ciascuna ho qualche serio dubbio sulla possibilità che tutte quelle<br />
persone radunate nel salone-teatro della villa abbiano modo di reggere una narrazione<br />
per sole orecchie, e così lunga, senza morire di noia. Il fatto che Anna<br />
Proclemer sia un’accanita melomane mozartiana non mi tranquillizza affatto, anzi.<br />
Ma la cosa va. Nelle luci soffuse che ho organizzato non vedo ciondolamenti di<br />
teste o sbadigli. Alla fine vengono lunghi applausi sinceri. E solo due giorni dopo<br />
(tempi incredibili per la Rai) mi arriva nella buca delle lettere la dimostrazione più<br />
tangibile della soddisfazione di Mario Raimondo: un assegno da un milione (mai<br />
visto in vita mia) con la commissione della sceneggiatura. Pezzo di carta non fu<br />
mai guardato più a lungo e con più amore, per poi tramutarsi in altro oggetto<br />
destino di venerazione totale: Peppe, fotografo anarchico residente tra via Garibaldi<br />
e via della Lungara, vero monumento locale (passate di lì oggi, trent’anni dopo,<br />
e vi transiterà davanti tale e quale, svettante dal suo metro e cinquantacinque) ha<br />
messo in vendita il suo Guzzi 500 Superalce, leggenda di motocicletta degli anni<br />
Quaranta, quella che portava gli alpini su dove neanche i muli arrivavano...<br />
(No, non sto tradendo Oscuro Eroe. La mia dolce Lambretta dei dolcissimi<br />
giorni elbani fu prestata una notte d’inverno del 1969 ad Alberto Dentice –<br />
Vivandiere al Sistina, ricordate? – e lui se la fece rubare lasciandola aperta sotto<br />
casa. La ritrovai al deposito della polizia, impilata tristemente come da uno<br />
sfasciacarrozze. Le mancava la ruota anteriore. Costava 5.000 Lire. 5.000 Lire?<br />
Addio Oscuro Eroe).<br />
Sul Guzzi (quel Guzzi) ci si sente imbattibili. Il passeggero posteriore siede su<br />
una sella separata e rialzata di trenta centimetri, visto che in guerra doveva poter<br />
sparare da sopra la testa del pilota. Su quello strapuntino volante Paola fa una<br />
figura dell’altro mondo. Per me è l’equivalente della Mercedes Benz per Janis<br />
Joplin. È un premio vero.<br />
Secondo la prassi quando la Rai produceva un film vero e proprio (una pellicola<br />
abilitata al passaggio nelle sale cinematografiche), bisognava che un produttore<br />
esterno, di fiducia (che avesse già collaborato in modo soddisfacente con viale<br />
Mazzini) appaltasse la lavorazione. Avrebbe poi agito come un produttore normale,<br />
ma usando il denaro dell’Ente. La scelta cadde su Mario Orfini, un affermato<br />
fotografo che, passato alla regìa e alla produzione, aveva già realizzato con lo<br />
stesso settore sperimentale – ma per il ramo diretto da Italo Moscati – un proprio<br />
film, Explosion, interpretato da una splendida giovanissima Laura Belli. La Eidoscope<br />
di Orfini si associò a Ettore Rosbok, altro giovane produttore, imparentato con gli<br />
Agnelli, titolare della Mount Street, e assieme le due produzioni diedero il via alla<br />
preparazione del film da Orfeo 9 nell’estate del 1972.<br />
La scrivania dietro la quale potei sedermi e cominciare a scrutinare centinaia di<br />
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