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Marginalità e appartenenza: la funzione dell'intellettuale tra sfera ...

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essersi spesso "sot<strong>tra</strong>tto" ad una più obiettiva e meno disincantata<br />

verifica storica. Scrive infatti a questo riguardo C<strong>la</strong>udio Pavone:<br />

La polemica, <strong>tra</strong>scinatasi poi a lungo, fra i delusi e i soddisfatti del<strong>la</strong><br />

Resistenza dovrebbe partire da questo dato elementare. Se <strong>la</strong> grande<br />

utopia del<strong>la</strong> Resistenza era stata quel<strong>la</strong> di sot<strong>tra</strong>rsi al<strong>la</strong> morsa che il<br />

secolo XX sembrava aver preparato per l'uomo, a molti resistenti parve<br />

di trovarsi di fronte a un «deragliamento)) del risultato. (585)<br />

Se, infatti, come suggerisce giustamente Romolo Gobbi, il mito<br />

del<strong>la</strong> Resistenza è diventato "il mito fondante del<strong>la</strong> nazione italiana"<br />

(105), è anche vero che esso era scaturito dal<strong>la</strong> necessità impellente<br />

che il paese aveva di ridefinire <strong>la</strong> propria identità. Scrive ancora<br />

Gobbi:<br />

Così nelllItalia del secondo dopoguerra il bisogno di ricostruire<br />

un'identità nazionale, dopo il ventenni0 fascista, spinse storici e politici<br />

a confezionare un mito credibile, che assolvesse gli italiani dal senso di<br />

colpa per essere stati in grande maggioranza fascisti e per aver accet-<br />

tato l'alleanza con i nazisti. (10)<br />

Ora, se il problema in questi frangenti è, come suggerisce Edward<br />

Said, quello di "dire <strong>la</strong> verità" (15),ma una "verità non assoluta, non<br />

sublime, non conso<strong>la</strong>nte" (Fortini 33) e se allo stesso tempo bisogna<br />

giustamente cercare di riesaminare determinate problematiche<br />

storico-sociali sotto una luce diversa per smascherarne eventuali mistificazioni,<br />

è necessaria altresì un'attenta verifica storico-politica di<br />

quelle con<strong>tra</strong>ddizioni e di quelle zone d'ombra che hanno caratterizzato<br />

un periodo così controverso quale quello dell'immediato<br />

dopoguerra.<br />

Nel caso specifico del<strong>la</strong> questione di una ridefinizione del ruolo<br />

<strong>dell'intellettuale</strong> in quegli anni, di cui vorrei occuparmi in parte nel<br />

presente <strong>la</strong>voro, i1 problema risiede soprattutto nel cercare da un <strong>la</strong>to<br />

di analizzare <strong>la</strong> complessità di alcune figure catalizzanti ed emblematiche<br />

di uno specifico milieu culturale-e qui penso soprattutto a<br />

Pavese e Vittorini, ma anche a Moravia, Calvino o Pasolini-e<br />

dall'altro nel tentativo di superare le difficoltà che ancor oggi certa<br />

critica incon<strong>tra</strong> a volersi aprire a nuove interpretazioni e prospettive<br />

di ricerca che aiutino in un certo senso a "demitizzare" <strong>la</strong> figura di<br />

queste icone pubbliche, rileggendole senza datati preconcetti e riduttive<br />

categorizzazioni: "i monumenti, sia in positivo sia in negativo,suggerisce<br />

Gianni Vattimo a proposito di Pavese-sono sempre falsi,<br />

miti esposti all'inevitabile <strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> demitizzazione" (21).<br />

E il rischio non è solo quello di una rigida e stagnante cristallizazione<br />

di questi "simu<strong>la</strong>cri," ma anche quello ben più pericoloso di una<br />

loro banale strumentaliz~azione.~ Mi sembra quindi doveroso cercare<br />

di esplorare e discutere, in termini più ampi, i significati e le proble-

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