L'Università degli studi della Basilicata: un caso di sviluppo locale

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zazione”. Le iniziative di collaborazione, volte fondamentalmente a fornire una risposta di natura scientifica alle specifiche esigenze locali, nonché a trasferire i risultati della ricerca accademica ai sistemi organizzativi locali così da migliorare la loro competitività, possono essere ricondotte a due principali tipologie di iniziative: quelle delle singole aree scientifico-disciplinari operanti nella Facoltà di Ingegneria e quelle di sistema promosse e gestite direttamente dalla Facoltà di Ingegneria. Alla prima tipologia – attività svolte dalle singole aree scientificodisciplinari – appartengono tutti quei progetti di ricerca e più in generale tutte quelle attività di collaborazione che i docenti afferenti alle diverse aree scientifico-disciplinari della Facoltà di Ingegneria hanno attivato e gestito. A tal proposito va fatto presente che nella Facoltà di Ingegneria operano 25 laboratori di ricerca e di didattica per un totale di 11.560 mq. A questi si aggiungono 5 laboratori pesanti di ricerca per un totale di 7.055 mq. Ed infine 1 Centro di Ricerca Interuniversitario per il Monitoraggio Ambientale – Polo della Basilicata presso il DIFA. Ciascun laboratorio di ricerca raccoglie e coordina il contributo di una o più aree scientifico-disciplinari costituendo l’interfaccia operativa con il mondo dei sistemi organizzativi e della produzione. L’attività di ciascun Laboratorio è monitorata dai Dipartimenti di afferenza. Alla seconda tipologia – attività di sistema della Facoltà di Ingegneria – appartengono tutte quelle iniziative promosse e coordinate direttamente dalla Facoltà di Ingegneria. A tal proposito va fatto presente che negli ultimi anni anche a fronte del mutamento del contesto normativo che disciplina il funzionamento degli Atenei, la Facoltà di Ingegneria ha promosso due principali iniziative: la costituzione di un Comitato di Indirizzo e l’istituzione di uno sportello Facoltà-Impresa. Il Comitato di indirizzo in coerenza con quanto previsto del DM 509/99 rappresenta tutte le parti interessate ai corsi di studio attivati dalla Facoltà di Ingegneria ed è volto ad integrare i corsi di studio della Facoltà con il tessuto socio-economico-istituzionale favorendo momenti di incontro e discussione, nonché forme di collaborazione. Invece lo sportello Facoltà- Impresa rappresenta una risposta alla necessità di integrare il mondo accademico ed in particolare della ricerca scientifica con quello dell’impresa. A tale scopo sono state stipulate delle Convenzioni Quadro con le associazioni degli industriali di Potenza e Matera. Oltre al rapporto di collaborazione con le Associazioni degli industriali di Matera e Potenza, la Facoltà di Ingegneria ha stretto rapporti di collaborazione attraverso la stipula di convenzioni quadro con il Parco Scientifico e Tecnologico della Basilicata, Basentech S.p.A., con il Consorzio Industriale di Matera e Potenza, con la Tecnoparco S.p.A., con la sede di Matera dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) e con i centri di ricerca locali. 34
2.3. Scenari, tendenze e prospettive di sviluppo Attualmente è in corso un profondo dibattito sul consolidamento dell’Università della Basilicata e di un suo eventuale potenziamento, anche nell’offerta formativa, proprio per rispondere al continuo trend di iscrizione che in circa venti anni dall’istituzione ha di fatto superato la dimensione massima di progetto, che era di 5.000 iscritti, oltrepassando la soglia delle 8.000 iscrizioni (Fig. 6). Il dibattito sembra indirizzarsi verso l’apertura di tre nuove Facoltà: Veterinaria, Farmacia, Economia 45 , ed in attesa vi è anche l’opzione della Facoltà di Architettura, come evoluzione del Corso di laurea in Ingegneria Edile- Architettura a ciclo quinquennale da aprire nel Polo di Matera 46 . Secondo i dati in nostro possesso, e considerando la propensione della domanda intera (numero degli iscritti alle Facoltà universitarie italiane residenti in Basilicata, Fig. 13), solo la Facoltà di Economia sembra avere una potenzialità di successo consistente. Ma il punto è un altro: può un ambito regionale scarsamente abitato e con bacini di utenza molto ristretti reggere una domanda di formazione universitaria che necessita cospicui investimenti e solide strutture di ricerca se non consolida quelli esistenti? O meglio per dirla con A. Bagnasco, possiamo ancora accettare l’idea «diffusa fra le élites locali (…) che senza qualche tipo di insediamento universitario, per così dire “manchi qualcosa” di indispensabile al nostro tempo»? 47 Il nodo è legato, in parte, all’attuale organizzazione legislativa delle università italiane, che non innesta una concorrenza di natura formativa, cioè di produzione e di trasmissione di conoscenza (trovandoci in presenza dello stesso valore legale del titolo), mentre sembra favorire un processo di “cannibalizzazione” dei bacini di utenza – specialmente da parte delle Università a più antica tradizione o più solida presenza – anche con forme di varia pubblicità (compresa l’offerta delle lauree ad honorem); ma, in larga parte, è legato allo spazio regionale, alle strutture universitarie presenti e alla quantità di “materiale umano” disponibile. Se in uno spazio regionale esistono diverse Università e centri di ricerca pubblici e privati robusti o di più antica tradizione e storia, la risposta più plausibile ed auspicabile è quella di forme di networking tra questi centri della conoscenza e il mondo socio-produttivo, proprio per creare masse critiche significative e sinergie robuste. Ma in quelle regioni più picco- 45. Cfr. «Ateneo, triplo fiocco rosa», Il Quotidiano, 24 giugno 2004. 46. Delibera del Consiglio di Facoltà di Ingegneria n. 8 del 30 giugno 2004. 47. A. Bagnasco, «Città in cerca di università. Le università regionali e il paradigma dello sviluppo locale», Stato e mercato, n. 3, 2004, p. 457. 35
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