Il Rinascimento e la nascita della scienza moderna - 1
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F - LA NASCITA DELLA CULTURA LAICA E LA FILOSOFIA MODERNA<br />
10 - <strong>Il</strong> <strong>Rinascimento</strong> e <strong>la</strong> <strong>nascita</strong> del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong><br />
13 - Montaigne: “Un nuovo modo di indagare se stessi”<br />
14 –E. Fromm “Fuga dal<strong>la</strong> libertà. <strong>Il</strong> significati psico-sociale delle<br />
dottrine di Lutero e Calvino”<br />
15 - Abbagnano-Fornero “Galileo Galilei e <strong>la</strong> rivoluzione<br />
scientifica”<br />
9 - IL RINASCIMENTO E LA NASCITA DELLA SCIENZA MODERNA<br />
1. <strong>Il</strong> <strong>Rinascimento</strong><br />
2. Lo spirito scientifico del <strong>Rinascimento</strong><br />
3. Giordano Bruno: <strong>la</strong> concezione naturalista dell’uomo<br />
4. Un intellettuale di tipo nuovo: Montaigne<br />
5. La Rivoluzione scientifica<br />
1 - IL RINASCIMENTO<br />
1.1 Inquadramento storico<br />
1.2 I temi fondamentali del<strong>la</strong> nuova cultura<br />
<strong>Il</strong> termine <strong>Rinascimento</strong> indica quell'ampio e artico<strong>la</strong>to processo storico che<br />
ha profondamente rinnovato il mondo europeo, portandolo - in poco più di<br />
due secoli - dal<strong>la</strong> civiltà medievale alle soglie di quel<strong>la</strong> <strong>moderna</strong>. Per un <strong>la</strong>to,<br />
esso vede il progressivo abbandono di tutte le regole che durante il medioevo<br />
avevano costituito altrettanti limiti invalicabili all'attività umana sia teoretica sia<br />
pratica (nel campo del<strong>la</strong> morale come in quello del<strong>la</strong> metodologia scientifica, in<br />
quello del<strong>la</strong> politica come in quelli del<strong>la</strong> religione e dell'arte); per l'altro, vede il<br />
sorgere di nuove strutture economico-politiche e di nuovi valori culturali.<br />
Da un punto di vista storico-sociale il <strong>Rinascimento</strong> è caratterizzato, sul piano<br />
economico, dal<strong>la</strong> comparsa delle prime forme di economia capitalista con<br />
l’al<strong>la</strong>rgamento dell’economia di mercato che inizia a sostituire quel<strong>la</strong>, ancora<br />
prevalente, di sussistenza. La forma più innovativa del mercato è rappresentata<br />
dal mercato coloniale, mentre sul piano produttivo si assiste al<strong>la</strong> comparsa delle<br />
prime forme di produzione capitalista, con l’industria a domicilio e le prime<br />
manifatture. Queste trasformazioni favoriscono l’affermazione di una nuova<br />
c<strong>la</strong>sse sociale, <strong>la</strong> borghesia mercantile, <strong>la</strong> quale investendo i propri capitali<br />
consente <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione delle merci e finanzia l’opera di organizzazione<br />
burocratica e amministrativa dello stato centrale.<br />
Stato centrale che, durante il <strong>Rinascimento</strong>, assume le forme dello stato<br />
regionale (signorie o principati italiane) o dello stato nazionale (Francia,<br />
Inghilterra, Spagna). La formazione dello stato funge da stimolo allo sviluppo<br />
economico, poiché comporta un bisogno di risorse da parte dell’autorità centrale<br />
che stimo<strong>la</strong> <strong>la</strong> produzione, con l’introduzione di nuove tecnologie (polvere da<br />
sparo, stampa) e <strong>la</strong> comparsa di nuove tecniche finanziarie, e, comunque,<br />
l’evoluzione dell’economia.<br />
E. Bloch 1 ((1885-1977) ha così descritto il legame tra queste trasformazioni<br />
sociali e politiche, riassumibili nell’affermazione dello stato centrale e delle<br />
1 Ernest Bloch, filosofo marxista dissidente, ha avuto un notevole influsso sulle varie forme di<br />
marxismo critico e su alcune correnti di teologia protestante e cattolica del Novecento. Bloch<br />
sostiene che <strong>la</strong> speranza, cioè l’attesa del nuovo che apporta cambiamenti, è costitutiva dell’uomo<br />
IL RINASCIMENTO<br />
INQUADRAMENTO STORICO<br />
Passaggio dal _______________________<br />
all’____________________________:<br />
una nuova ____________________ e una<br />
nuova __________________________<br />
UNA NUOVA __________________<br />
- l’economia ______________________<br />
e <strong>la</strong> __________________________<br />
- lo Stato _______________________<br />
IL LEGAME TRA NUOVA ______________<br />
E NUOVA _________________________<br />
1
orghesia mercantile, e <strong>la</strong> nuova situazione culturale che si afferma con il<br />
<strong>Rinascimento</strong>: ”<strong>Il</strong> modo protocapitalistico dell'economia si fa avanti<br />
baldanzoso, dal punto di vista economico questa è l'epoca in cui <strong>la</strong> borghesia<br />
urbana cerca di spezzare il codice del feudalesimo alleandosi con <strong>la</strong> monarchia<br />
in lotta per l'affermazione del suo potere assoluto. Fu soprattutto il capitale<br />
commerciale ad assumere una nuova forma imprenditoriale: <strong>la</strong> prima banca fu<br />
fondata a Firenze dai Medici. La manifattura cominciò ad affermarsi a <strong>la</strong>tere e<br />
contro l'artigianato, prese piede il calcolo, ormai indispensabile ad un mercato<br />
che valicando le mura cittadine si avviava ad aprirsi al mondo. Era in pieno<br />
rigoglio l'economia protocapitalistica di merci, e l'Italia fu il primo luogo in<br />
cui furono spezzati i vincoli economici del feudalesimo; per questo è<br />
considerata <strong>la</strong> cul<strong>la</strong> del <strong>Rinascimento</strong>. <strong>Il</strong> nuovo si manifesta così in duplice<br />
forma: da un <strong>la</strong>to come co<strong>scienza</strong> dell'individuo sul<strong>la</strong> base dell'individualistico<br />
modo economico del capitalismo, contrapposto al modo corporativo del<br />
mercato chiuso; e dall'altro come impeto e co<strong>scienza</strong> dell'ampiezza smisurata<br />
di contro all'organica e conchiusa immagine del mondo del<strong>la</strong> società feudalteologica.<br />
Veniamo innanzitutto all'individuo, all'homo faber. Anche per l'artista si<br />
afferma l'uso del nomignolo personale. Nel singolo individuo vengono<br />
scoperte e intuite forze fino ad allora ignote: forze che non appaiono di<br />
minor rilievo di quelle che <strong>la</strong> nuova tecnica aveva, per l'identica committenza<br />
sociale, il compito di liberare. <strong>Il</strong> <strong>Rinascimento</strong> è l'epoca del<strong>la</strong> scoperta di<br />
nuovi mezzi di produzione, e proprio <strong>la</strong> Musa di Leonardo si applicava<br />
ampiamente a questa nuova tecnica. Ma l'inventore, l'audace sperimentatore<br />
è esso stesso un novum tra le forze produttive. Ciò si riflette nel<strong>la</strong><br />
sovrastruttura: anche nel teatro avanza in primo piano l'individuo; sulle<br />
maschere e i tipi fissi del<strong>la</strong> tradizione di corte prevale l'individuale dramma<br />
di carattere. L'apice è Shakespeare, nel quale fa <strong>la</strong> sua apparizione <strong>la</strong><br />
persona interessante, inconfondibile, di contro al<strong>la</strong> omogenea, composta e stilizzata<br />
aulicità degli appartenenti al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse alta e ai tipi fissi del villico e<br />
del cittadino delle rappresentazioni medievali. Dopo l'homo faber ecco l'ampiezza.<br />
Dal punto di vista geografico, con <strong>la</strong> committenza sociale del profitto<br />
abbiamo, oltre all'epoca delle scoperte, l'epoca dei Colombo e dei Magel<strong>la</strong>no<br />
con <strong>la</strong> sua prima circumnavigazione del globo, etc. In stretta re<strong>la</strong>zione con <strong>la</strong><br />
stessa committenza, <strong>la</strong> cosmologia abbandona il punto di vista geocentrico e<br />
si assiste al trionfo dell'eliocentrismo copernicano. La tesi che fosse <strong>la</strong><br />
Terra a girare attorno al sole era già stata formu<strong>la</strong>ta, nell'antichità da<br />
Archita di Taranto. Nel XIV secolo il francese Niccolo di Oresme, l'unico<br />
matematico di rango del Medioevo, avanzò anch'egli <strong>la</strong> tesi eliocentrica, sul<strong>la</strong><br />
base di un apparato di calcoli che gli esperti assicurano fosse migliore di<br />
quello di Copernico; tuttavia non esisteva ancora, all'epoca, una<br />
committenza sociale che ne rendesse auspicabile e possibile l'accoglimento.<br />
Nel <strong>Rinascimento</strong> questa committenza si fa avanti sotto forma di volontà di<br />
ampiezza e di espansione, e diviene subito evidente qualcosa che prima era<br />
considerato un paradosso privo di senso, se non era esplicitamente vietato da<br />
un'altra committenza sociale: <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del potere ecclesiastico. Questa paro<strong>la</strong><br />
si richiamava ad una tesi biblica, per <strong>la</strong> quale sole e luna sono « lumi » che<br />
ruotano attorno al<strong>la</strong> Terra. <strong>Il</strong> sistema eliocentrico si afferma dunque soltanto<br />
in ambito rinascimentale, anche se fra mille ostacoli residui, come<br />
testimoniano il rogo di Giordano Bruno e l'ultimatum a Galilei.”<br />
che non è appagato dal<strong>la</strong> realtà. La negatività del presente, che chiede di essere superata, è al<strong>la</strong><br />
base del<strong>la</strong> speranza e <strong>la</strong> rivoluzione, che porta al superamento del<strong>la</strong> negatività, realizza <strong>la</strong><br />
speranza. Bloch vede nel marxismo l’erede di tutte le utopie che hanno attraversato i secoli in<br />
mille forme diverse tra cui quel<strong>la</strong> religiosa.<br />
UNA NUOVA __________________<br />
1_________________________________<br />
struttura ______________________:<br />
- ________________________________<br />
Analisi ____________________________<br />
sovrastruttura __________________:<br />
- ________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
- __________________________________<br />
- __________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
2
Nuova società Nuova cultura<br />
_____________________________________________________ _______________________________________________________<br />
___________________________________________ _____________________________________________<br />
____________<br />
____________<br />
___________________________________________ _____________________________________________<br />
_____________________________________________________ _______________________________________________________<br />
L’affermarsi di questa nuova committenza sociale e delle nuove idee, dei<br />
nuovi modi di vedere il mondo e dei nuovi valori di cui essa si faceva<br />
portatrice è stata resa possibile o comunque si è accompagnata ad alcune<br />
trasformazioni avvenute sul piano socio-culturale, le quali hanno consentito<br />
una nuova organizzazione del<strong>la</strong> vita culturale.<br />
Una delle più significative novità di questo periodo consistette nel<strong>la</strong> <strong>nascita</strong> di<br />
nuove istituzioni culturali accanto a quelle già esistenti in età medievale, in<br />
primo luogo le vecchie università.<br />
<strong>Il</strong> luogo caratteristico del<strong>la</strong> produzione e circo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> cultura nel <strong>Rinascimento</strong><br />
fu <strong>la</strong> corte signorile. La corte assunse questa decisiva e importante<br />
funzione per diversi motivi. La profonda trasformazione culturale del nuovo ceto<br />
dirigente dell'epoca rispetto al<strong>la</strong> rozza nobiltà feudale diede origine al fenomeno<br />
del mecenatismo. Accogliendo intellettuali, poeti e artisti il principe ottenne un<br />
duplice risultato. Da un <strong>la</strong>to accrebbe il suo prestigio sociale e dall'altro poté<br />
disporre di personale intellettuale qualificato, cui affidare compiti di carattere<br />
politico e diplomatico.<br />
Presso <strong>la</strong> corte, o gravitante attorno a essa, si formarono gruppi di intellettuali che<br />
trovavano nel<strong>la</strong> protezione del principe anche <strong>la</strong> possibilità di organizzarsi in<br />
forme e istituzioni alternative rispetto a quelle del passato. È il caso delle<br />
accademie che, a partire dal Quattrocento, sorsero sempre più numerose e <strong>la</strong> cui<br />
fondazione continuò per tutto il secolo successivo.<br />
Sorte dapprima spontaneamente, informalmente e in seguito sempre più<br />
formalizzate e istituite direttamente dai principi (come, ad esempio, nel caso del<br />
Collège de France sorto nel 1531), ma comunque legate al<strong>la</strong> nuova committenza<br />
sociale, esse scalfivano il seco<strong>la</strong>re controllo del<strong>la</strong> Chiesa sul<strong>la</strong> produzione<br />
culturale 2 .<br />
Con le accademie si affermava un nuovo modo di produrre <strong>la</strong> cultura stessa;<br />
infatti, le accademie non erano scuole, come le università medioevale, bensì luoghi<br />
di dibattito fra coloro che coltivano una stessa disciplina. Dibattito che ora<br />
appariva meno condizionato dal ricorso all’auctoritas (testi sacri, Padri del<strong>la</strong><br />
Chiesa, autorità ecclesiastiche, ecc… ) che non costituivano più il criterio di<br />
verità delle teorie, in quanto era lo stesso dibattito fra gli intellettuali a<br />
determinarne il valore di verità.<br />
Anche <strong>la</strong> figura dell’intellettuale subì profonde modifiche. Infatti, durante il<br />
<strong>Rinascimento</strong> giunse a compimento il processo, già avviato durante gli ultimi<br />
secoli del Medioevo, di individualizzazione dell’intellettuale di cui par<strong>la</strong>va<br />
anche Bloch nel<strong>la</strong> citazione esaminata. Ad esempio, in campo artistico emerse <strong>la</strong><br />
figura del pittore e in seguito quel<strong>la</strong> dell’architetto e dell’ingegnere, prima<br />
confuse all’interno degli artigiani che <strong>la</strong>voravano nei cantieri edile delle grandi<br />
cattedrali. Lo stesso avvenne a livello letterario e filosofico, infatti, mentre<br />
2 È da osservare che, almeno nel periodo antecedente il Concilio di Trento (1542-1563), <strong>la</strong> corte<br />
papale svolse spesso un ruolo non diverso da quelle delle altre corti principesche, risalendo il<br />
distacco delle gerarchie ecclesiastiche dalle idee che stavano emergendo dal<strong>la</strong> nuova cultura al<br />
periodo controriformista aperto dal Concilio di Trento. L’importanza del<strong>la</strong> committenza<br />
ecclesiastica rimase comunque rilevante ancora per almeno tutto il Seicento.<br />
1 –________________________________<br />
3
durante il medioevo il filosofo era sempre il rappresentante di un certo ordine<br />
monastico e il suo modo di pensare era profondamente legato al<strong>la</strong> tradizione<br />
culturale dell’ordine a cui apparteneva e in cui avveniva <strong>la</strong> sua formazione, con<br />
il <strong>Rinascimento</strong> si assiste all’affermazione del singolo come autore del testo<br />
letterario o filosofico.<br />
Inoltre l’intellettuale, proprio in quanto svico<strong>la</strong>to dalle strutture ecclesiastiche,<br />
era sempre più spesso un <strong>la</strong>ico al sevizio, come abbiamo visto, del<strong>la</strong> nuova<br />
committenza <strong>la</strong>ica che era anche <strong>la</strong> causa di una crescita degli intellettuali; in<br />
partico<strong>la</strong>re emergevano nuove figure di tecnici (architetti e ingegneri, ad<br />
esempio, Leonardo da Vinci) che trovavano impiego in opere pubbliche sia civili<br />
che militari. A contribuire a questo al<strong>la</strong>rgamento vi era poi <strong>la</strong> burocrazia statale<br />
che richiedeva nuovi <strong>la</strong>voratori intellettuali.<br />
Anche <strong>la</strong> diffusione del<strong>la</strong> stampa a caratteri mobili provocò una serie di<br />
ripercussioni a catena, alcune delle quali riguardavano direttamente il modo di<br />
<strong>la</strong>vorare dell’intellettuale. Aumentando il numero dei libri in circo<strong>la</strong>zione e<br />
diminuendo il loro costo di produzione, rispetto all'epoca degli amanuensi,<br />
consentiva a un lettore (che evidentemente, da un punto di vista sociale,<br />
costituiva un’élite) di poter acquistare un numero di libri più elevato a un<br />
costo minore e leggerli tranquil<strong>la</strong>mente a casa propria.<br />
Questo determinò, in primo luogo, un forte incremento del mercato letterario<br />
che, da un <strong>la</strong>to, potenziò enormemente il dibattito tra gli intellettuali, in quanto<br />
autori dei testi, e, dall’altro, formò l’opinione pubblica che, promossa dal<strong>la</strong><br />
lettura, a sua volta esercitava un’influenza sul mercato editoriale. La diffusione<br />
dei libri modificò così l’ottica di chi scriveva, infatti mentre il testo medioevale<br />
Le novità socio-culturali del <strong>Rinascimento</strong><br />
1 __________________________________________________________<br />
2 - _________________________________________________________<br />
3 –La stampa<br />
4 - __________________________________________________________<br />
5 - __________________________________________________________<br />
La stampa: + libri a disposizione a minor prezzo<br />
1 - _______________________________________________________<br />
2 - _______________________________________________________<br />
A - ______________________________________ 3 - _______________________________________________________<br />
4 - _______________________________________________________<br />
5 - _______________________________________________________<br />
1 - _______________________________________________________<br />
B –socio-culturali 2 - _______________________________________________________<br />
3 - _______________________________________________________<br />
4
era prodotto per una ristretta cerchia di lettori ben conosciuta dall’autore,<br />
l’ordine monastico e l’università in cui <strong>la</strong>vorava, gli intellettuali del<br />
<strong>Rinascimento</strong> si rivolgevano a un pubblico di intellettuali, che continuava a<br />
rappresentare un’élite, ma che era diventato più vasto e in gran parte<br />
sconosciuto all’autore.<br />
Nel lungo periodo, <strong>la</strong> maggior diffusione dei libri ebbe come sua conseguenza<br />
anche una maggior omogeneizzazione delle c<strong>la</strong>ssi colte, dal momento che essi<br />
consentivano una decisamente più rapida e capil<strong>la</strong>re diffusione delle idee. L’élite<br />
dominante che sinora, soprattutto quel<strong>la</strong> civile ma spesso anche quel<strong>la</strong><br />
ecclesiastica, aveva fatta sua <strong>la</strong> stessa cultura prodotta dalle c<strong>la</strong>ssi inferiori<br />
cominciava ora a distinguersi non solo più per il monopolio del<strong>la</strong> violenza ma<br />
anche perché colta, ovvero portatrice di una cultura diversa e che, come<br />
accenneremo fra poco, si preparava a riformare quel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re.<br />
<strong>Il</strong> moltiplicarsi delle possibilità di utilizzare i libri non solo modificò il dibattito<br />
culturale ma cambiò anche in altri modi il <strong>la</strong>voro degli intellettuali.<br />
<strong>Il</strong> libro a stampa, innanzitutto, produsse una modificazione molto significativa<br />
nel<strong>la</strong> tecnica del<strong>la</strong> lettura; prima del XV secolo i libri venivano letti ad alta<br />
voce, anche dall'uomo di cultura nel chiuso del suo studio; <strong>la</strong> "lettura<br />
silenziosa", certamente favorita dal<strong>la</strong> stampa, divenne invece quel<strong>la</strong> più<br />
comune per gli uomini dei tempi moderni, conducendo a un sapere più astratto e<br />
interiorizzato, a un rapporto nuovo con <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>. Per <strong>la</strong> maggior parte degli<br />
uomini del Medioevo <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> era qualcosa di oggettivo, pronunciata di fronte<br />
a un pubblico reale o virtuale da un predicatore, da un professore, dal lettore<br />
stesso; per l'uomo moderno <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> divenne un fatto soggettivo, il muto<br />
risuonare del pensiero nel<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong>. Ciò era vero solo per chi sapeva leggere,<br />
ma il loro numero, almeno nelle città, crebbe rapidamente dal Quattrocento al<br />
Cinquecento e questo fatto non mancò di avere le più profonde conseguenze su<br />
tutti gli aspetti del<strong>la</strong> vita sociale.<br />
Disponendo contemporaneamente di più libri sul proprio tavolo, gli eruditi,<br />
come gli studenti universitari, presero l'abitudine di confrontare un libro con<br />
l'altro e di paragonare le opinioni e le informazioni. Le contraddizioni tra i vari<br />
testi divennero più visibili e più evidenti le discordanze tra le varie tradizioni:<br />
l'accettazione dell'opinione comune, che in precedenza dipendeva anche dal<strong>la</strong><br />
mancanza d'informazioni parallele, fu sostituita da un modo di pensare<br />
maggiormente critico.<br />
Un'altra importante conseguenza dell'invenzione del<strong>la</strong> stampa fu <strong>la</strong><br />
standardizzazione, cioè l'effetto determinato dall'esistenza di copie tutte<br />
identiche (o quasi) di uno stesso libro. Per <strong>la</strong> prima volta nel<strong>la</strong> storia<br />
dell'umanità, gli studiosi di una stessa epoca, in città e regioni diverse<br />
dell'Europa, poterono <strong>la</strong>vorare e discutere su copie di opere che sapevano uguali a<br />
quelle possedute dai loro colleghi: veniva meno il dubbio che un passo preso in<br />
esame e ritenuto fondamentale per una determinata interpretazione non fosse<br />
contenuto nell'esemp<strong>la</strong>re a disposizione di un altro studioso o vi fosse presente<br />
sotto forma diversa.<br />
La diffusione del<strong>la</strong> stampa favorì, inoltre, il rafforzamento di una mentalità<br />
sistematica. Di<strong>la</strong>gò, anzitutto, l'uso dell'ordine alfabetico, certo non ignoto al<strong>la</strong><br />
cultura medievale, ma non adeguatamente diffuso. La diffusione dell'ordine<br />
alfabetico fu imposta universalmente dai cataloghi di libri, che gli stampatori<br />
diffondevano per propagandare i propri prodotti, dai criteri di schedatura nelle<br />
biblioteche, dove i libri affluivano ora in misura sempre più consistente.<br />
Indubbiamente <strong>la</strong> produzione culturale dell'epoca ebbe una circo<strong>la</strong>zione e una<br />
fruizione ristrette, trovando il proprio destinatario in un pubblico prevalentemente<br />
aristocratico che per formazione culturale, gusto e possibilità economiche<br />
rappresentava una ristretta élite privilegiata. Lo stesso recupero del<br />
<strong>la</strong>tino c<strong>la</strong>ssico, ossia di una lingua ormai morta e ben lontana dal <strong>la</strong>tino<br />
"imbarbarito" eppure vivo, insegnato e utilizzato nelle scuole, il rifiuto del<br />
5
volgare e, infine, <strong>la</strong> sua ripresa nel Cinquecento ma in una forma altamente<br />
raffinata (che lo rendeva assai distante dal<strong>la</strong> lingua par<strong>la</strong>ta), possono venire<br />
assunti a testimonianza di questa separazione tra cultura e società nel<br />
<strong>Rinascimento</strong>.<br />
Si andava annunciando <strong>la</strong> separazione tra <strong>la</strong> cultura dell’élite e <strong>la</strong> cultura<br />
popo<strong>la</strong>re. In realtà in quest'epoca, <strong>la</strong> cultura popo<strong>la</strong>re, che si esprimeva<br />
soprattutto nelle feste, nell’umorismo popo<strong>la</strong>re e nel<strong>la</strong> religione popo<strong>la</strong>re, non<br />
escludeva le c<strong>la</strong>ssi alte. Come gli altri giovani, gli studenti ricoprivano un<br />
ruolo importante nel carnevale, mentre Lorenzo de' Medici, Niccolo<br />
Machiavelli e altri intellettuali fiorentini scrissero canzoni carnascialesche.<br />
Potremmo quindi affermare che, se vi erano due culture, esse non<br />
corrispondevano ancora esattamente ai due principali gruppi sociali e<br />
culturali, dotti e incolti, o dominanti e subordinati. In questo caso vi era una<br />
asimmetria fondamentale. La gente comune era effettivamente esclusa dal<strong>la</strong><br />
cultura dotta, poiché non conosceva il <strong>la</strong>tino e non aveva frequentato i luoghi<br />
dove tale cultura veniva trasmessa. D'altro canto, <strong>la</strong> gente colta poteva<br />
partecipare, e spesso lo faceva, alle manifestazioni del<strong>la</strong> cultura popo<strong>la</strong>re.<br />
Ciò però iniziava a essere disapprovato da una minoranza di intellettuali e<br />
già nei secoli XIV-XV si incontrano gruppi di uomini colti, in maggioranza<br />
ecclesiastici, che si stavano allontanando dal<strong>la</strong> cultura popo<strong>la</strong>re con<br />
l'intenzione di purificar<strong>la</strong> o di riformar<strong>la</strong>. Sembra che <strong>la</strong> maggior parte del<br />
clero amasse indossare maschere e costumi, mangiare, bere e bal<strong>la</strong>re con i<br />
propri parrocchiani durante le feste principali, destando <strong>la</strong> disapprovazione<br />
di personaggi come il Savonaro<strong>la</strong> in Italia o più tardi di Erasmo in O<strong>la</strong>nda.<br />
Essi biasimavano le feste popo<strong>la</strong>ri, perché irriverenti, e disapprovavano<br />
anche <strong>la</strong> vita religiosa quotidiana, <strong>la</strong> cui immagine e i cui riti apparivano ai<br />
loro occhi associati al<strong>la</strong> carne anziché allo spirito, all'apparenza anziché<br />
all'essenza. In luogo di quegli aspetti esteriori essi insistevano sul potere del<strong>la</strong><br />
paro<strong>la</strong> scritta e par<strong>la</strong>ta, sull'importanza dei sermoni, nonché dei trattati di<br />
devozione che, sul finire del sec. XV, cominciavano a circo<strong>la</strong>re grazie al<strong>la</strong><br />
stampa.<br />
L’ultima caratteristica dell’evoluzione delle strutture culturali rinascimentali è<br />
legata all’accelerazione del processo di europeizzazione del<strong>la</strong> civiltà occidentale<br />
con il definitivo spostamento, al<strong>la</strong> fine del <strong>Rinascimento</strong>, del suo centro<br />
dall’Europa del sud (Italia, sul piano culturale ed economico, <strong>la</strong> Spagna sul piano<br />
economico e politico) all’Europa del nord.<br />
Infatti, fino al<strong>la</strong> seconda metà del XVI secolo <strong>la</strong> vita economica e culturale<br />
europea aveva visto l’incontrastata egemonia dell’Italia. La Toscana e <strong>la</strong><br />
Lombardia erano all’avanguardia in campo produttivo , Venezia e Genova<br />
conservavano una netta superiorità nel settore commerciale, Roma e Firenze<br />
erano le capitali dell’arte rinascimentale. A partire dal XVII secolo il nord<br />
Europa (Paesi Bassi, Francia, Inghilterra) assunse il ruolo di zona guida dello<br />
sviluppo del commercio capitalistico, allo stesso modo al<strong>la</strong> leadership dell’Italia<br />
si sostituì una sempre maggior influenza degli intellettuali e delle istituzioni del<br />
nord Europa.<br />
Infine, tale processo di europeizzazione è caratterizzato anche dal fatto che il<br />
dibattito culturale europeo perse i suoi legami di dipendenza da altre culture,<br />
come, ad esempio, quel<strong>la</strong> araba.<br />
I principali nodi emersi dal dibattito culturale di questo periodo sono costituiti<br />
dal<strong>la</strong> formazione di una nuova concezione dell’uomo, del<strong>la</strong> storia e del<strong>la</strong> natura,<br />
che emerge dal recupero del<strong>la</strong> cultura c<strong>la</strong>ssica con l’Umanesimo quattrocentesco<br />
e caratterizzano il <strong>Rinascimento</strong> vero e proprio. Inoltre, il problema religioso,<br />
con <strong>la</strong> diffusione del protestantesimo e <strong>la</strong> conseguente frattura dell’unitarietà del<br />
cristianesimo che sino ad allora aveva caratterizzato <strong>la</strong> stessa identità europea.<br />
I TEMI FONDAMENTALI DELLA<br />
NUOVA CULTURA<br />
1- _________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
3 - ________________________________<br />
6
Infine, l’e<strong>la</strong>borazione del metodo matematico-sperimentale e <strong>la</strong> <strong>nascita</strong> del<strong>la</strong><br />
<strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong>.<br />
Ci occuperemo qui del primo aspetto, rimandando per il secondo al<strong>la</strong> lettura del<br />
testo di Fromm “<strong>Il</strong> significato psicologico delle dottrine di Lutero e Calvino”, e<br />
agli argomenti successivi per il terzo.<br />
L’e<strong>la</strong>borazione di una nuova concezione dell’individuo e dell’azione come<br />
espressione dell’individualità richiese il superamento del<strong>la</strong> mentalità<br />
medioevale, in quanto in essa gli sforzi e le conquiste degli uomini in ambito<br />
mondano non avevano valore, perchè <strong>la</strong> visione dell’uomo era incentrata sul<br />
concetto di trascendenza: lo scopo del<strong>la</strong> vita era ultraterreno.<br />
L’uomo del<strong>la</strong> civiltà comunale nel suo agire pratico aveva già rotto con questa<br />
concezione trascendente del<strong>la</strong> vita: un mercante o un banchiere agivano in base<br />
alle leggi di mercato, mirando ad arricchirsi, un uomo politico non viveva il<br />
potere come servizio ai più deboli, come insegnava <strong>la</strong> chiesa, ma ricercava il<br />
potere per se stesso. L’uomo dell’ultimo medioevo non riusciva però a<br />
giustificare teoricamente ciò che faceva praticamente. La chiesa stessa veniva<br />
incontro al<strong>la</strong> contraddizione dell’uomo medioevale enfatizzando il sacramento<br />
dell’estrema unzione, che consentiva di allinearsi agli insegnamenti del<strong>la</strong> chiesa<br />
ed essere perdonati per i propri peccati.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Rinascimento</strong>, invece, prende co<strong>scienza</strong> di queste contraddizioni fra <strong>la</strong> vita<br />
vissuta e <strong>la</strong> morale e procede consapevolmente all’e<strong>la</strong>borazione di una nuova<br />
concezione dell’individuo e del<strong>la</strong> sua azione. Nell’uomo non si vede più il<br />
fedele, destinato a una vita ultraterrena, ma l’uomo che opera concretamente nel<br />
mondo e questo suo operare viene valutato non più in base ai fini ultraterreni<br />
dell’uomo, ma sul<strong>la</strong> base dei risultati che essa ottiene nel mondo terreno. Si<br />
acquisiva così una mentalità <strong>la</strong>ica che non vuol dire, ovviamente, ripudio di<br />
qualsiasi forma di religiosità ma affermazione dell'autosufficienza e del<br />
valore autonomo delle attività umane, considerate in se stesse, con un<br />
riferimento al<strong>la</strong> loro funzione in seno al<strong>la</strong> società e non più in connessione<br />
determinante con una vita futura, extrasocietaria, eterna. L'opera d'arte come<br />
<strong>la</strong> politica, <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> come <strong>la</strong> storia venivano ora valutate per se stesse,<br />
indipendentemente da qualsiasi considerazione metafisica. Come <strong>la</strong> teorizzazione<br />
politica non sentiva più il bisogno di cercare una legittimazione del<br />
potere nelle teorie “discendenti”(per cui il potere discende da Dio), ma<br />
considerava <strong>la</strong> vita civile come un valore autonomo, così libri di storia non<br />
seguirono più l'itinerario tracciato dal<strong>la</strong> Bibbia e riuscirono a par<strong>la</strong>re delle<br />
lotte politiche del recente passato senza risalire necessariamente ad Adamo ed<br />
Eva.<br />
Nel<strong>la</strong> mentalità medioevale, inoltre, il singolo si identificava completamente con<br />
l’organizzazione sociale a cui apparteneva (per il monaco il suo ordine, per gli<br />
artigiani e i mercanti <strong>la</strong> corporazione, per i contadini il vil<strong>la</strong>ggio), con il<br />
<strong>Rinascimento</strong>, invece, si afferma una concezione dell’individualità come<br />
qualcosa di diverso dal gruppo sociale di appartenenza.<br />
Andavano in questa direzione fenomeni di cui abbiamo già par<strong>la</strong>to, quali<br />
l’individualizzazione dell’intellettuale, il rapporto soggettivo con <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />
insieme con l’interiorizzazione del<strong>la</strong> cultura favoriti dal<strong>la</strong> diffusione dei libri<br />
stampati.<br />
L’individualismo, però, non si manifestava solo in quelle forti personalità di<br />
artisti, uomini politici e intellettuali, ma anche nel modo in cui si tentava di<br />
separare i sentimenti dal<strong>la</strong> partecipazione collettiva per farli diventare un sentire<br />
individuale, privato (vedi <strong>la</strong> lettura di Guarracino “La formazione dello stato<br />
moderno”a proposito del<strong>la</strong> vendetta).<br />
Per gli umanisti e per gli intellettuali del <strong>Rinascimento</strong> l’individuo, il singolo,<br />
diventa l’artefice del<strong>la</strong> propria vita e del<strong>la</strong> propria fortuna, che si realizza<br />
attraverso l’operare concreto, il <strong>la</strong>voro, che diventa <strong>la</strong> manifestazione del<strong>la</strong><br />
A –LA NUOVA CONCEZIONE DELL’________<br />
____________________<br />
<strong>Il</strong> superamento del<strong>la</strong> concezione<br />
__________________________:<br />
1 –dal valore _______________________<br />
dell’agire umano al suo valore __________<br />
_______________________<br />
l’estrema ______________________ e le<br />
_______________________ dell’uomo<br />
medioevale<br />
La mentalità _____________________<br />
dal<strong>la</strong> mentalità ______________________<br />
al<strong>la</strong> mentalità _______________________<br />
2 –dal ____________________________<br />
all’_______________________________<br />
a- _________________________________<br />
b - ________________________________<br />
c - ________________________________<br />
l’individuo come _____________________<br />
___________________________________<br />
7
personalità, del<strong>la</strong> dignità dell’uomo.<br />
La dignità dell'uomo è un tema centrale nell'Umanesimo. Nelle opere che più<br />
compiutamente esprimono questo tema, come 1'Oratio de hominis dignitate<br />
(1486) di Pico del<strong>la</strong> Mirando<strong>la</strong> (1463-1494), <strong>la</strong> dignità dell'uomo viene<br />
celebrata attraverso il valore attribuito alle arti, alle tecniche, alle dottrine di<br />
cui l'uomo si serve per vincere <strong>la</strong> natura, dare ordine al<strong>la</strong> società, accrescere <strong>la</strong><br />
propria conoscenza del mondo, apprezzare le bellezze del<strong>la</strong> vita. Nel<strong>la</strong><br />
prospettiva più filosofica di Marsilio Ficino (1433-1499) l'uomo appare<br />
addirittura come una mirabile sintesi dell'ordine universale, vero e proprio<br />
microcosmo nel quale si fondono divinità e natura. Ma sarà, come vedremo,<br />
Giordano Bruno (1548-1600), nel secolo successivo, a e<strong>la</strong>borare <strong>la</strong> più compiuta<br />
visione naturalista dell’uomo prodotta dal<strong>la</strong> cultura rinascimentale.<br />
Contemporaneamente all’esaltazione del<strong>la</strong> capacità dell’individuo, del suo essere<br />
artefice del<strong>la</strong> propria vita diventa ossessiva anche <strong>la</strong> paura del fallimento;<br />
vengono meno le sicurezze che <strong>la</strong> mentalità medioevale offriva (<strong>la</strong> possibilità di<br />
pentirsi, il riconoscersi in un gruppo sociale). L’uomo si ritrova solo di fronte al<br />
suo destino potendo avere successo come andare incontro al fallimento (per<br />
questi aspetti vedi <strong>la</strong> lettura di Fromm “<strong>Il</strong> significato psicologico delle dottrine di<br />
Lutero e Calvino”).<br />
Per quanto riguarda <strong>la</strong> storia il contributo maggiore del <strong>Rinascimento</strong> è legato<br />
al<strong>la</strong> conquista del<strong>la</strong> prospettiva storica. Lo sforzo di e<strong>la</strong>borare una nuova<br />
concezione dell’individuo era partito da un recupero del<strong>la</strong> cultura greco-romana,<br />
infatti gli umanisti 3 del XV secolo vedevano come motivo fondamentale del<strong>la</strong><br />
cultura antica l’esaltazione del<strong>la</strong> personalità nel<strong>la</strong> sua completezza, dalle sue<br />
passioni alle sue aspirazioni. Lo studio del mondo c<strong>la</strong>ssico si concretizzò<br />
nell’indagine filologica che mira a studiare i testi nel<strong>la</strong> loro forma originale; tale<br />
atteggiamento nei confronti dei testi sottintendeva un nuovo atteggiamento nei<br />
confronti del passato.<br />
Nel medioevo <strong>la</strong> prospettiva storica era completamente ignorata: l’uomo<br />
medioevale viveva il passato come contemporaneo, riconoscendo validità a ciò<br />
che esso aveva prodotto solo nel<strong>la</strong> misura in cui corrispondevano ai suoi valori e<br />
ai suoi interessi. La sfera di questi valori era, infatti, vista non come il frutto<br />
del<strong>la</strong> propria epoca, ma come qualcosa di universale, coincidente con gli<br />
interessi ed i valori degli uomini di tutte le epoche. Nel<strong>la</strong> filologia rinascimentale<br />
<strong>la</strong> ricerca dell’autenticità del testo, invece, diventa consapevolezza del<strong>la</strong> diversità<br />
fra passato e presente.<br />
Si vuole il testo non più interpo<strong>la</strong>to o deformato con pie intenzioni, bensì<br />
trascritto nel<strong>la</strong> sua originalità; non più studiato per trovarvi conferme a una<br />
concezione teologico-filosofica ben consolidata, ma per servire al<strong>la</strong> conoscenza<br />
del passato nel<strong>la</strong> sua oggettività. Una seria indagine filologica diventa, da questo<br />
punto di vista, il complemento indispensabile del ritorno al mondo c<strong>la</strong>ssico: <strong>la</strong><br />
premessa necessaria di ogni seria discussione intorno ad esso.<br />
<strong>Il</strong> filologo umanista percepisce con estrema chiarezza <strong>la</strong> differenza tra autentica<br />
cultura c<strong>la</strong>ssica e permanenza di temi c<strong>la</strong>ssici nel<strong>la</strong> cultura posteriore; coglie<br />
l'irriducibilità del mondo greco-romano a quello instaurato dal<strong>la</strong> cristianità;<br />
perde ogni illusione circa l'unità e continuità tra antico e moderno. Si rivolge<br />
insomma ai testi c<strong>la</strong>ssici, per studiarvi il pensiero degli antichi, per cercarvi il<br />
passato in quanto passato: il suo amore per <strong>la</strong> purezza del testo antico diventa<br />
3 I due termini, Umanesimo e <strong>Rinascimento</strong>, vengono usati a volte indifferentemente per<br />
segnare una periodizzazione interna al<strong>la</strong> storia europea che coincide con il passaggio dall'età<br />
medievale a quel<strong>la</strong> <strong>moderna</strong>. Più spesso invece i due termini sono usati per indicare periodi<br />
distinti. <strong>Il</strong> primo à allora riferito soprattutto al<strong>la</strong> riscoperta dei c<strong>la</strong>ssici dell'antichità, un fenomeno<br />
prevalentemente italiano che può datarsi dal<strong>la</strong> metà del XIV secolo. L'Umanesimo così<br />
inteso è una delle componenti del <strong>Rinascimento</strong> europeo, epoca che viene compresa di solito<br />
fra il 1450 e il 1530.<br />
La dignità __________________________<br />
La paura ___________________________<br />
B –LA NUOVA CONCEZIONE DELLA<br />
____________________<br />
La scoperta del<strong>la</strong> _____________________<br />
_____________________<br />
Per ________________________:<br />
passato = ___________________<br />
La ______________________________:<br />
<strong>la</strong> frattura tra _______________________<br />
tra ______________________________ e<br />
__________________________________<br />
8
consapevolezza del<strong>la</strong> diversità fra antico e presente, cioè consapevolezza del<br />
fluire del<strong>la</strong> storia.<br />
Anche se lo sforzo di cogliere il mondo antico nel<strong>la</strong> sua obiettività storica è<br />
compiuto, dagli umanisti, nel<strong>la</strong> speranza di trarne suggerimento per <strong>la</strong> risoluzione<br />
dei nuovi problemi del secolo in cui vivono, il presupposto da cui essi<br />
partono è l'esistenza di una frattura fra questi problemi e quelli dell'antichità.<br />
Tale frattura è rappresentata, secondo essi, dal pensiero medievale: e proprio<br />
<strong>la</strong> loro polemica contro il medioevo non fa che accentuare sempre più <strong>la</strong><br />
profondità del<strong>la</strong> frattura stessa, cioè rendere via via maggiore <strong>la</strong> distanza fra il<br />
presente e l'antico.<br />
Allo stesso modo nel<strong>la</strong> pittura del XV secolo si afferma una rappresentazione<br />
dello spazio completamente diversa da quel<strong>la</strong> del Medioevo. Non solo per <strong>la</strong><br />
pittura, ma per l'intera cultura medievale lo spazio era inconcepibile al di<br />
fuori dei criteri dell'ordinamento gerarchico: <strong>la</strong> dimensione alto-basso era<br />
quel<strong>la</strong> prevalente e i movimenti ascendente e discendente quelli decisivi,<br />
tanto nel<strong>la</strong> fisica rie<strong>la</strong>borata da quel<strong>la</strong> aristotelica che nel<strong>la</strong> rappresentazione<br />
simbolica offerta dal<strong>la</strong> Commedia dantesca. La discesa e l'ascesa di Gesù<br />
erano i momenti salienti del<strong>la</strong> storia del mondo, <strong>la</strong> salita in cielo o <strong>la</strong> discesa<br />
nell'inferno le alternative del destino dell'uomo. In questo spazio privo del<strong>la</strong><br />
terza dimensione, del<strong>la</strong> profondità, tutto si appiattiva intorno alle figure<br />
simboliche dei protagonisti del<strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> salvezza, rappresentate senza<br />
dare molta importanza alle proporzioni realistiche e al<strong>la</strong> natura dello sfondo,<br />
che poteva essere costituito da oggetti allegorici come il trono di maestà<br />
del<strong>la</strong> vergine Maria o semplicemente da un fondale d'oro.<br />
L’interesse per l’osservazione del mondo reale portò al<strong>la</strong> sostituzione di<br />
questo spazio simbolico con lo spazio prospettico, in cui le cose e i<br />
personaggi non sono più collocati in base al loro valore ideale, bensì in uno<br />
spazio reale anche quando si tratta di rappresentazioni sacre.<br />
La conquista del<strong>la</strong> prospettiva storica e del<strong>la</strong> prospettiva ottica costituiscono i<br />
risultati maggiori raggiunti nel <strong>Rinascimento</strong> nello sforzo di acquisire un punto<br />
di vista più oggettivo, in grado di cogliere le distanze spazio-temporali fra gli<br />
avvenimenti, fra gli oggetti e fra questi e l’osservatore.<br />
L’e<strong>la</strong>borazione di una nuova concezione del<strong>la</strong> natura fu preceduta da una<br />
ri<strong>nascita</strong> dell’interesse per <strong>la</strong> natura e per i dispositivi tecnici che consentono di<br />
utilizzar<strong>la</strong> a proprio vantaggio. L'atteggiamento tecnico-operativo condusse<br />
l'uomo a trasformare radicalmente il proprio metodo di studiare <strong>la</strong> natura,<br />
rinunciando in modo definitivo a far coincidere <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> con <strong>la</strong> ricerca di teorie<br />
generali volte a spiegare tutto l'universo. Fu <strong>la</strong> sterilità di queste teorie, ai fini<br />
del<strong>la</strong> trasformazione dei fenomeni, che dimostrò il loro scarso valore scientifico.<br />
Fu <strong>la</strong> necessità di ottenere risultati utili che costrinse gli studiosi a circoscrivere le<br />
proprie indagini, ad accontentarsi di schemi partico<strong>la</strong>ri validi per gruppi limitati<br />
di fenomeni.<br />
L'accentrarsi dell'indagine naturalistica su problemi partico<strong>la</strong>ri e concreti,<br />
anziché su teorie generali, fu soprattutto dovuto all'insistenza con cui <strong>la</strong> nuova<br />
società chiese, ai suoi uomini maggiormente preparati, di fornirle mezzi di produzione<br />
via via più efficienti, di aiutar<strong>la</strong> cioè a compiere passi sempre più rapidi<br />
sul<strong>la</strong> strada del progresso. Fu questa atmosfera di generale rinnovamento,<br />
questa continua ricerca di accrescere <strong>la</strong> potenza dell'uomo sul<strong>la</strong> natura, che pose<br />
decisamente fine all'antico divorzio tra teoria e pratica, tra <strong>scienza</strong> e tecnica. La<br />
società antica non seppe avanzare una richiesta altrettanto pressante agli<br />
scienziati alessandrini, e ciò fu una tra le cause del mancato sviluppo di<br />
tutte le possibilità insite nelle loro conoscenze teoretiche. La società del<br />
<strong>Rinascimento</strong> non commise più lo stesso errore, e con le sue fortissime istanze<br />
pratiche impedì al<strong>la</strong> nuova <strong>scienza</strong> di isterilirsi come quel<strong>la</strong> antica.<br />
Va, infine, aggiunto che furono proprio le ricerche partico<strong>la</strong>ri a porre in luce<br />
La polemica con _____________________<br />
La scoperta del<strong>la</strong> _____________________<br />
___________________________<br />
La _____________________________<br />
medievale:<br />
- alto / _________<br />
- le figure ______________________<br />
Spazio ________________________ e<br />
spazio ___________________<br />
Prospettiva _____________________ e<br />
_____________________ = ___________<br />
___________________________________<br />
C –LA NUOVA CONCEZIONE DELLA<br />
____________________<br />
L’interesse __________________________<br />
per <strong>la</strong> natura<br />
conseguenze:<br />
1 –dalle ____________________________<br />
alle ________________________________<br />
e ai _______________________________<br />
2 - ________________________________<br />
__________________________________<br />
3 - ________________________________<br />
___________________________________<br />
9
l'importanza delle matematica per lo studio dell'esperienza. Nul<strong>la</strong>, infatti, risultò<br />
più idoneo che le linee e i numeri a formu<strong>la</strong>re schemi precisi dei singoli fenomeni,<br />
a stabilire con esattezza i loro effettivi rapporti. In questo modo anche <strong>la</strong> più<br />
astratta delle scienze conosciute dall'umanità, acquistò un significato nuovo: il<br />
significato di strumento indispensabile per leggere e penetrare il grande libro<br />
del<strong>la</strong> natura.<br />
Come si cercava di svinco<strong>la</strong>re <strong>la</strong> concezione dell’uomo dall’interpretazione<br />
religiosa, così avvenne anche per <strong>la</strong> natura di cui si cercò di e<strong>la</strong>borare una nuova<br />
concezione che ne garantisse <strong>la</strong> piena autonomia. Essa nel Medioevo era vista in<br />
termini negativi come copia del mondo ideale, luogo contemporaneamente di<br />
tentazione e di espiazioni dai peccati. La si pensava organizzata gerarchicamente<br />
e l’uomo occupava il posto più alto, più vicino a Dio.<br />
La nuova concezione venne e<strong>la</strong>borata dapprima vedendo <strong>la</strong> natura, in un’ottica<br />
neop<strong>la</strong>tonica, come ciò che rive<strong>la</strong> <strong>la</strong> saggezza e <strong>la</strong> bellezza di Dio (scuo<strong>la</strong> del<strong>la</strong><br />
cattedrale di Chartres e gli umanisti). In un secondo tempo si affermò, in maghi e<br />
scienziati, una visione animista, magica del<strong>la</strong> natura come popo<strong>la</strong>ta di forze<br />
occulte, che l’uomo si illude di poter dominare, ove, è palese l'abisso con<br />
l’atteggiamento di chi nel<strong>la</strong> natura ricercava vestigie, immagini e similitudini<br />
del<strong>la</strong> divinità trascendente). Furono proprio i tentativi di porre in atto questo<br />
controllo che portarono, infine, al<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione del metodo scientifico (ad<br />
opera di Galileo).<br />
L’interesse per <strong>la</strong> natura è nel <strong>Rinascimento</strong> strettamente connesso con l’altra<br />
tematica dominante, cioè <strong>la</strong> nuova concezione dell’individuo. Questo stretto<br />
legame è dato dal fatto che l’individuo si esprime nell’azione, <strong>la</strong> quale viene<br />
ottimizzata dallo studio del<strong>la</strong> natura. Inoltre, il <strong>Rinascimento</strong> scopre <strong>la</strong><br />
dimensione naturale dell’uomo vedendolo come un elemento appartenente al<strong>la</strong><br />
natura. In una concezione magica l’uomo è visto come un microcosmo che<br />
riflette in sé gli aspetti dell’intero universo; in questa nuova ottica lo studio del<strong>la</strong><br />
natura non è più una fuga rispetto a se stessi, fuga di fronte all’interiorità o<br />
distrazione rispetto al destino ultraterreno, ma un modo per conoscersi.<br />
A –individuo espresso dall’<br />
La concezione del<strong>la</strong> natura _____________<br />
1 - ________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
3 - ________________________________<br />
Dal<strong>la</strong> concezione _____________________<br />
a Galilei:<br />
1 –umanisti:<br />
NUOVA CONCEZIONE DELLA _______________ E NUOVA CONCEZIONE DELL’_______________<br />
_____________________ ottimizzata dallo<br />
2 –LO SPIRITO SCIENTIFICO DEL RINASCIMENTO<br />
2.1 I fattori del<strong>la</strong> ri<strong>nascita</strong> degli studi scientifici<br />
2.2 La cattiva empiria e <strong>la</strong> cattiva generalizzazione<br />
2.3 Magia e <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong><br />
2.4 Le indagini scientifiche e tecniche del <strong>Rinascimento</strong><br />
Benché l’inizio del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong> coincida con <strong>la</strong> svolta metodologica<br />
imposta da Galilei nel Seicento, è indubbio che tale svolta affondi le sue radici<br />
nel<strong>la</strong> ri<strong>nascita</strong> dell’interesse scientifico avvenuto nel <strong>Rinascimento</strong>. Tra le cause<br />
di questa ri<strong>nascita</strong> vanno sicuramente annoverate, come abbiamo già detto, le<br />
sempre più precise e pressanti richieste che venivano da ogni parte rivolte ai<br />
tecnici per. rendere più efficienti i mezzi di produzione, di comunicazione, di<br />
natura =____________________________<br />
2 - ________________________________:<br />
concezione _________________________<br />
3 –Galilei:<br />
___________________________________<br />
Nuova concezione del<strong>la</strong> _______________<br />
e nuova concezione dell’_______________<br />
______________________________<br />
B –uomo = _____________________________________ un modo per ______________________<br />
non _____________________________<br />
LO SPIRITO SCIENTIFICO DEL<br />
RINASCIMENTO<br />
I FATTORI DELLA RINASCITA DEGLI STUDI<br />
SCIENTIFICI<br />
10
distruzione, ecc. ; e nel<strong>la</strong> impossibilità - da parte dei tecnici - di risolvere i nuovi<br />
problemi senza l'ausilio di meditate riflessioni, sistematicamente condotte con<br />
tutti gli strumenti teorici e pratici allora posseduti.<br />
D’altronde furono queste stesse richieste, volte a rispondere a esigenze pratiche,<br />
a determinare le caratteristiche del nuovo tipo di sapere, strettamente legato al<strong>la</strong><br />
vita pratica, e quindi un sapere volto a risolvere problemi concreti (<strong>la</strong> bonifica di<br />
un territorio, <strong>la</strong> sua difesa militare, ..). Un sapere inoltre che, almeno in parte è<br />
collettivo, in quanto nasce nelle botteghe e nelle officine ed è il frutto<br />
dell’esperienza e del<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione di generazioni di artigiani e tecnici.<br />
Questo sapere, infine, è progressivo nel<strong>la</strong> misura in cui consente di soddisfare<br />
sempre meglio le esigenze pratiche che ne stanno al<strong>la</strong> base.<br />
Un’altra causa del<strong>la</strong> ri<strong>nascita</strong> dell’interesse scientifico va connessa al<br />
rinnovato risveglio delle ricerche filologiche che misero a disposizione degli<br />
studiosi rinascimentali molte opere greche (tradotte in <strong>la</strong>tino o in lingue<br />
moderne) e <strong>la</strong>tine - fino allora ignote o mal note - di argomenti scientifici e<br />
tecnici.<br />
Con <strong>la</strong> conquista di Bisanzio da parte dei Turchi molti intellettuali giunsero in<br />
Europa, portando con sé molti di questi testi.. Venne così recuperato il<br />
patrimonio di conoscenze prodotto e sistemato dagli scienziati ellenisti che,<br />
insieme al patrimonio del<strong>la</strong> tradizione araba, costituì il punto di partenza del<strong>la</strong><br />
nuova <strong>scienza</strong>. Venne in questo modo riscoperta l’opera scientifica di Euclide<br />
(geometria), Archimede (fisica), Galeno, Ippocrate (medicina). Queste opere<br />
vennero lette però in un’ottica <strong>moderna</strong>, cercando in essi una risposta alle<br />
esigenze tecniche; ciò porto al<strong>la</strong> scoperta del<strong>la</strong> loro scarsa efficacia e<br />
inadeguatezza e, di conseguenza, del<strong>la</strong> necessità di andare oltre al patrimonio di<br />
conoscenze avuto in eredità dagli antichi.<br />
_____________________________________________________________________________:<br />
1 - __________________________________________________________________________________________________________<br />
2 - ___________________________________________________________________________________________________________<br />
______________________________________________________________________________:<br />
1 - __________________________________________________________________________________________________________<br />
2 - ___________________________________________________________________________________________________________<br />
3 - __________________________________________________________________________________________________________<br />
G. Micheli, uno studioso contemporaneo del<strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, ha<br />
scritto che “una cattiva empiria collegata ad un’altrettanta cattiva<br />
generalizzazione sono le caratteristiche essenziali del<strong>la</strong> cultura scientifica<br />
rinascimentale: gli intellettuali tipici del periodo sono dei maghi sperimentatori<br />
come Cardano o Del<strong>la</strong> Porta che attestano in sommo grado tale <strong>la</strong>cerazione.”<br />
<strong>Il</strong> rifarsi all'esperienza diretta nell’indagine sul<strong>la</strong> natura è una conseguenza di<br />
quell'atteggiamento di maggior concretezza rivendicato dagli umanisti che si<br />
estende nell'età rinascimentale, oltre che al mondo storico e a quello dei rapporti<br />
civili e sociali tra gli uomini, anche allo studio del mondo esterno. In verità, il<br />
rapporto che l'uomo di <strong>scienza</strong> rinascimentale ha verso <strong>la</strong> natura è ancora<br />
abbastanza analogo a quello puntuale, concreto dell'esperienza comune, senza<br />
nessuna esigenza di ordine e sistematicità. La puntualità e <strong>la</strong> concretezza,<br />
ovviamente si accompagnano all'imprecisione e al<strong>la</strong> mancanza di rigore tipiche<br />
del linguaggio e dell'esperienza comuni; il controllo critico è sommario e<br />
generico e le cose più stravaganti o inconsuete, appunto perché tali, attirano<br />
LA CATTIVA EMPIRIA E LA CATTIVA<br />
GENERALIZZAZIONE<br />
SCIENZA RINASCIMENTALE =<br />
“cattiva empiria +____________________<br />
_______________________________<br />
_____________ _____________________<br />
perché:<br />
1 - empiria = ________________________<br />
2 –linguaggio ____________________<br />
11
maggiormente l'attenzione. L'entusiasmo e <strong>la</strong> passione con cui si propugnano<br />
e si conducono nuove esperienze si connette con il fatto, tipico e<br />
caratteristico, che si hanno poche esperienze effettivamente vinco<strong>la</strong>nti, in<br />
grado di dirimere una questione. « È <strong>la</strong> curiosità senza limiti, l’acutezza di<br />
visione e lo spirito d'avventura che conducono ai grandi viaggi di scoperta<br />
e alle grandi opere di descrizione. Ricorderò so<strong>la</strong>mente <strong>la</strong> scoperta dell'America,<br />
<strong>la</strong> circumnavigazione dell'Africa, <strong>la</strong> circumnavigazione del mondo che arricchiscono<br />
prodigiosamente <strong>la</strong> conoscenza dei fatti e che nutrono <strong>la</strong> curiosità per i<br />
fatti, per <strong>la</strong> ricchezza del mondo, per <strong>la</strong> varietà e <strong>la</strong> molteplicità delle cose.<br />
Ovunque sia sufficiente una raccolta di fatti e una accumu<strong>la</strong>zione di sapere<br />
ovunque non si abbia bisogno di teoria, il XVI secolo ha prodotto cose<br />
meravigliose » (Koyré 4 ).<br />
A questa fede cieca nei fatti concreti, a questo vivissimo interesse per le cose<br />
nel<strong>la</strong> loro molteplice e multiforme varietà, fa da naturale contrappunto una<br />
visione magica e animistica che rappresenta l’altro aspetto caratteristico del<strong>la</strong><br />
cultura rinascimentale: <strong>la</strong> cattiva generalizzazione. Connessa al recupero del<strong>la</strong><br />
grande tradizione p<strong>la</strong>tonica, a cui i testi c<strong>la</strong>ssici dell'occultismo si ricollegano, fa<br />
risorgere a nuova vita <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> corrispondenza tra macrocosmo e<br />
microcosmo, quel<strong>la</strong> dell'armonia del mondo e, in generale, l'idea di un<br />
universo animato in cui tutti gli elementi sono collegati fra di loro da<br />
simpatie, da nessi nascosti, da colleganze misteriose che l'uomo può cogliere<br />
in virtù di pratiche occulte per soddisfare i suoi fini di potenza. La<br />
reviviscenza del<strong>la</strong> magia presenta, nell'Umanesimo e nel <strong>Rinascimento</strong>, caratteri<br />
abbastanza diversi da quelli originari e da quelli formatisi nell'età<br />
medievale. « La distanza tra medioevo ed età nuova è <strong>la</strong> distanza medesima<br />
che corre fra un universo conchiuso, astorico, atemporale, immoto, senza<br />
possibilità, definito, ed un universo infinito, aperto, tutto possibilità. Nell'ordine<br />
del primo, il mago è so<strong>la</strong>mente <strong>la</strong> tentazione demoniaca che vuole<br />
incrinare un mondo pacificato e perfetto. Per. questo è combattuto,<br />
perseguitato, bruciato, e <strong>la</strong> magia è relegata fuori delle scienze degne dell'uomo:<br />
è solo un precipitare nell'informe, un ascoltare <strong>la</strong> seduzione del diavolo, che è <strong>la</strong><br />
seduzione del mostruoso » (E. Garin 5 ). Ora, invece, nelle discipline magiche si<br />
fanno luce due diverse tendenze. Una, che si può definire cerimoniale, in cui <strong>la</strong><br />
tradizione occultistica viene inserita in un quadro teologico molto ampio in cui<br />
è predominante il tema del<strong>la</strong> concordanza con <strong>la</strong> tradizione cristiana (Marsilio<br />
Ficino e Pico del<strong>la</strong> Mirando<strong>la</strong>). L'altra tendenza, a carattere naturalistico, trova il<br />
suo più ampio sviluppo nel pieno <strong>Rinascimento</strong> e tende a contrapporsi al<strong>la</strong> magia<br />
cerimoniale e demoniaca del medioevo: in tale senso <strong>la</strong> magia è l'apice del<strong>la</strong><br />
filosofi naturale e il mago è il ministro del<strong>la</strong> natura, colui che sollecita le forze<br />
oscure e misteriose che nel<strong>la</strong> natura operano perché abbiano luogo quegli effetti<br />
meravigliosi che il volgo reputa miracoli ( Paracelso, Cardano). La distinzione<br />
tra magia naturale e magia cerimoniale si trova già in funzione apologetica negli<br />
scrittori di occultismo del <strong>Rinascimento</strong> ed è stata ripresa dagli storici moderni<br />
che hanno visto da un <strong>la</strong>to « già albori di ricerca scientifica », dall'altro « relitti di<br />
antiche religioni e spunti di superstizioni nuove ».<br />
Infatti, i due tipi di magia si differenziano per il tipo di prassi che promuovono.<br />
Nel<strong>la</strong> magia cerimoniale <strong>la</strong> prassi è rituale e liturgica; si pensa che i riti possano<br />
modificare <strong>la</strong> volontà delle forze occulte. Nel<strong>la</strong> magia naturale invece <strong>la</strong> prassi è<br />
di tipo operativo, in quanto si cerca di e<strong>la</strong>borare tecniche in grado di sfruttare le<br />
3 –controllo critico ________________<br />
(curiosità)<br />
Causa = poche _______________________<br />
__________________<br />
___________________________________<br />
perché:<br />
prevalere concezioni ________________<br />
caratterizzate da:<br />
1__________________________________<br />
2 teoria dell’armonia __________________<br />
3__________________________________<br />
___________________________________<br />
La FIGURA DEL MAGO<br />
nel Medioevo<br />
mago ____________ l’ordine del mondo <br />
__________________________________<br />
nel <strong>Rinascimento</strong> accettazione magia<br />
2 concezioni:<br />
4 A. Koyré (1892-1964) è considerato uno dei più autorevoli storici del pensiero scientifico.<br />
L'opera storiografica di Koyré è incentrata sul<strong>la</strong> rivoluzione scientifica in astronomia e fisica e le<br />
sue ricerche in genere mirano a rilevare le influenze esercitate sulle concezioni ed il <strong>la</strong>voro dei<br />
grandi protagonisti di quel<strong>la</strong> rivoluzione dalle idee filosofiche. Egli ha visto nel<strong>la</strong> rivoluzione<br />
scientifica il passaggio dal mondo chiuso del medioevo all’universo infinito, dal mondo del<br />
pressappochismo al mondo del calcolo, del<strong>la</strong> precisione<br />
5 E. Garin (1909) studioso italiano del pensiero umanistico.<br />
A –MAGIA ___________________<br />
Quadro teologico concorde con _________<br />
___________________________________<br />
Prassi: _____________________________<br />
riti modificano ______________________<br />
costituisce un relitto di antiche _________<br />
__________________________________<br />
B –MAGIA ________________________<br />
Mago opera per ______________________<br />
___________________________________<br />
12
forze occulte per soddisfare una qualche esigenza dell’uomo.<br />
Tipico rappresentante del<strong>la</strong> magia naturale è Paracelso (1493-1541) 6 che si<br />
propose di fondare <strong>la</strong> medicina come tecnica in grado di sfruttare queste forze<br />
per curare le ma<strong>la</strong>ttie.<br />
<strong>Il</strong> quadro teorico entro cui Paracelso, come <strong>la</strong> maggioranza dei maghi, e<strong>la</strong>bora <strong>la</strong><br />
propria teoria presuppone una corrispondenza fra microcosmo e macrocosmo,<br />
caratterizzante l’intera magia naturale e le pratiche astrologiche e alchemiche.<br />
Tale teoria implica l’idea che per conoscere <strong>la</strong> parte occorre conoscere il tutto,<br />
per cui, ad esempio, per conoscere l’uomo bisogna prima conoscere <strong>la</strong> natura.<br />
Inoltre, essa consente di stabilire una corrispondenza fra l’uomo e gli altri<br />
elementi del<strong>la</strong> natura e teorizzare <strong>la</strong> possibilità di operare su di una parte per<br />
mutare quello che ad essa corrisponde in un ordine parallelo. Ciò consente,<br />
secondo Paracelso, di congiungere fra <strong>la</strong> loro medicina ed astrologia e medicina<br />
ed alchimia; <strong>la</strong> corrispondenza fra corpi celesti e parti del corpo umano, ad<br />
esempio, consente di individuare possibili influenze benefiche o malefiche degli<br />
astri e quindi di rafforzarle o prevenirle.<br />
<strong>Il</strong> nesso fra medicina e alchimia risiede invece nel parallelismo fra elementi<br />
naturali (minerali e vegetali) e corpo umano visto come un sistema di elementi<br />
chimici. Su questo parallelismo Paracelso basa <strong>la</strong> sua sperimentazione<br />
farmacologica che rappresenta l’aspetto operativo del<strong>la</strong> sua concezione magica.<br />
Pur all’interno di questo quadro interpretativo che si rifaceva al<strong>la</strong> magia, il<br />
<strong>la</strong>voro di Paracelso ha contribuito al<strong>la</strong> <strong>nascita</strong> del<strong>la</strong> <strong>moderna</strong> medicina in quanto<br />
ha introdotto alcune prospettive che resteranno tipiche del<strong>la</strong> medicina scientifica<br />
come, ad esempio, <strong>la</strong> concezione del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia come un processo naturale<br />
specifico su cui il medico può agire solo conoscendo le forze e le operazioni che<br />
<strong>la</strong> natura in essa compie. All’idea del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia come processo specifico si<br />
accompagna inoltre l’idea che su ciascuna ma<strong>la</strong>ttia funzioneranno rimedi<br />
altrettanto specifici, mentre tradizionalmente <strong>la</strong> medicina si proponeva di<br />
individuare medicine utili per tutte le ma<strong>la</strong>ttie.<br />
Per valutare il prevalere delle concezioni magiche nel<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> rinascimentale,<br />
occorre tenere conto del fatto che l’interpretazione magica era propria di tutta <strong>la</strong><br />
6 Per le opere e <strong>la</strong> vita vedi pag.<br />
PARACELSO<br />
La corrispondenza tra _________________ e _____________________ per cui:<br />
Prassi ______________________________<br />
e<strong>la</strong>borare tecniche che_________________<br />
_____________ per __________________<br />
______________________<br />
1 - ____________________________________________________________________________________________<br />
2 - ____________________________________________________________________________________________<br />
3 - ____________________________________________________________________________________________<br />
da cui:<br />
a - i rapporti tra _________________________________________________________<br />
b - rapporti tra ________________________________________________________<br />
<strong>la</strong> sperimentazione _______________________________<br />
I contributi di Paracelso al<strong>la</strong> _________________________________<br />
1 ____________________________________________________________________________________________<br />
2______________________________________________________________________________________________<br />
PARACELSO<br />
13
cultura, era parte integrante del senso comune. Nel Cinquecento tutti vedevano<br />
<strong>la</strong> natura interamente pervasa da forze di tipo magico: popolo e preti<br />
par<strong>la</strong>vano continuamente di miracoli compiuti da dio o dal demonio, streghe<br />
e stregoni eseguivano ogni giorno i più strani esorcismi; nul<strong>la</strong> di più<br />
comprensibile, dunque, che anche gli studiosi ricorressero senza alcuna<br />
ripugnanza concettuale a tipi di forze che oggi non potrebbero venire invocati<br />
se non da persone in ma<strong>la</strong> fede o visionarie.<br />
La magia naturale, però, dava alle proprie ricerche una impostazione ben<br />
diversa da quel<strong>la</strong> che stava al<strong>la</strong> base dei vari generi di esorcismi. <strong>Il</strong> mago<br />
ammetteva sì l'esistenza di fenomeni « strani » (cioè non rientranti nelle solite<br />
norme dell'esperienza quotidiana) e riteneva di poter intervenire sul<strong>la</strong> loro<br />
produzione, ma li considerava in ogni caso come naturali, cioè come effetti di<br />
forze occulte di carattere naturale e non sovrannaturale.<br />
Pur muovendosi all’interno di questo quadro teorico in seguito abbandonato<br />
dal<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, l’attività del mago rinascimentale finì per prefigurare in diversi<br />
modo l’attività dello scienziato. Già abbiamo detto che il mago non si accontenta<br />
di contemp<strong>la</strong>re passivamente i fenomeni del<strong>la</strong> natura, ma vuole modificarli. La<br />
sua non è una disciplina puramente specu<strong>la</strong>tiva; vuole essere attiva, operativa,<br />
capace di accrescere in concreto <strong>la</strong> potenza dell'uomo. Ed è presumibile che le<br />
tecniche del mago qualche successo (reale o apparente) riuscissero a<br />
conseguirlo, se tanto profonda e tanto diffusa era <strong>la</strong> fiducia in esso riposta.<br />
Egli osservava pazientemente (se pure senza sistematicità) il corso dei<br />
fenomeni; tentava di compiere autentici esperimenti (ovviamente senza condurli<br />
con « metodo scientifico »); si sforzava di tentare di connettere fra loro tali<br />
fenomeni (poniamo, <strong>la</strong> comparsa di una cometa con il verificarsi di una partico<strong>la</strong>re<br />
catastrofe), attività che rientrava abbastanza bene nel quadro di<br />
un'indagine, se non scientifica, almeno ipotetico-scientifica, e le ipotesi usate da<br />
maghi, astrologi, alchimisti apparivano, in quel secolo, perfettamente p<strong>la</strong>usibili<br />
per dare una qualche interpretazione dei pochi e disorganici risultati scoperti<br />
(interpretazione per lui p<strong>la</strong>usibile, anche se per noi pazzesca); nul<strong>la</strong> di<br />
sorprendente, quindi, se le sue indicazioni per intervenire sul<strong>la</strong> natura (per<br />
corregger<strong>la</strong>, trasformar<strong>la</strong>, ecc.) dovessero, almeno in qualche caso, risultare più<br />
efficaci delle azioni istintive dell'uomo comune non fondate su alcuna forma di<br />
« sapere »<br />
Fino a che punto possiamo dire che gli artifizi ideati dal mago e dall'alchimista<br />
fossero veramente degni del nome di tecniche? Oggi noi sappiamo, per<br />
esempio, che gli alchimisti avevano scoperto molte proprietà effettive di talune<br />
importanti sostanze chimiche e che in qualche caso queste proprietà si erano<br />
rive<strong>la</strong>te assai utili nel<strong>la</strong> preparazione di medicinali, nel<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione di metalli,<br />
ecc. Ma spesso ritroviamo accanto ad esse altre nozioni alchimistiche<br />
assolutamente inaccettabili, cui veniva tributata altrettanta fiducia. Dove<br />
passava <strong>la</strong> linea di demarcazione effettiva fra tecniche serie e tecniche non<br />
serie, fra nozioni fondate e nozioni cervellotiche?<br />
È tutt'altro che facile rispondere a questa domanda. E forse è inutile, o<br />
almeno storicamente erroneo, tentare di rispondervi. L'unica cosa da fare è<br />
prendere atto che <strong>la</strong> ricerca in quell'epoca si svolgeva veramente così e che,<br />
bene o male, essa costituì l'humus dal quale nacque l'autentica osservazione<br />
scientifica. Per studiare seriamente <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> cinquecentesca bisogna tener conto<br />
anche dei fattori irrazionali (non scientifici) in essa presenti e invece di<br />
discutere fino a che punto i loro risultati fossero veri o falsi (nel senso che lo<br />
scienziato di oggi attribuisce a questo termine), bisogna cercare di chiarire<br />
quale fu il « fatto nuovo » che a un certo momento intervenne a separare, nel<br />
MAGIA E SCIENZA MODERNA<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
14
ANALOGIE ATTIVITÀ MAGO E SCIENZIATO<br />
1 ____________________________________________________________________________________________________________<br />
2 ____________________________________________________________________________________________________________<br />
3 ____________________________________________________________________________________________________________<br />
4 ____________________________________________________________________________________________________________<br />
5 ____________________________________________________________________________________________________________<br />
complesso delle indagini sul<strong>la</strong> natura, quelle autenticamente scientifiche da quelle<br />
puramente magiche. Gli odierni storici del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> ritengono che tale fatto<br />
nuovo fu <strong>la</strong> sistematica alleanza di essa con <strong>la</strong> meccanica; di qui l'importanza<br />
centrale - per tutta <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> - del<strong>la</strong> rivoluzione delle ricerche meccaniche<br />
maturatasi nel Cinquecento e portata a termine da Galileo.<br />
Comunque, non sarebbe esatto ritenere che magia e astrologia siano state d'un<br />
tratto respinte fuori dal campo delle ricerche « serie ». Al contrario, molti<br />
continuarono a lungo a prestar loro una certa fiducia. Furono soprattutto i risultati<br />
pratici a sgreto<strong>la</strong>re questa fiducia: si vide infatti che, mentre le ricerche<br />
scientifiche razionali erano feconde di applicazioni via via maggiori, le arti occulte<br />
non portavano ad alcun effettivo successo. Risultò in tal modo sempre<br />
più chiara <strong>la</strong> frattura tra <strong>scienza</strong> e non-<strong>scienza</strong> e l'uomo finì col considerare <strong>la</strong> ricerca<br />
scientifica come l’unico strumento efficace per <strong>la</strong> conoscenza e il dominio<br />
dei fenomeni.<br />
Da un punto di vista scientifico, le due discipline che nel Cinquecento hanno<br />
avuto un progresso più notevole sono state l’astronomia e <strong>la</strong> meccanica.<br />
L’astronomia ebbe una rilevanza maggiore del<strong>la</strong> meccanica sul piano culturale,<br />
in quanto le nuove concezioni sollevavano problemi direttamente collegati al<strong>la</strong><br />
filosofia e al<strong>la</strong> teologia. Ad esempio, <strong>la</strong> scoperta che terra e cielo sono composti<br />
dal<strong>la</strong> stessa materia metteva in crisi l’idea dell’eternità del cielo in quanto sede di<br />
Dio.<br />
La cosiddetta rivoluzione astronomica ruota attorno a Copernico, le cui<br />
concezioni furono riprese da Keplero e Galilei.<br />
All’interno del dibattito che le teorie copernicane sollevarono emerse <strong>la</strong> <strong>moderna</strong><br />
concezione dell’universo eliocentrica ed infinita; il contributo filosofico<br />
maggiore fu apportato a queste teorie da Giordano Bruno.<br />
Per quanto riguarda <strong>la</strong> formazione del metodo scientifico fu sicuramente molto<br />
più importante <strong>la</strong> meccanica. La meccanica fu <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> nel<strong>la</strong> quale si<br />
affermarono per <strong>la</strong> prima volta l’esigenza del ricorso al<strong>la</strong> matematica, per<br />
un’esatta descrizione dei fenomeni, e del ricorso all’esperimento, per verificare<br />
le ipotesi. Infine, in essa si stabilì presto uno stretto legame fra conoscenza<br />
scientifica e tecnica. Nicolò Tartaglia, ad esempio, nei suoi studi dei moti partiva<br />
dall’esigenza pratica di determinare <strong>la</strong> traiettoria dei proiettili.<br />
___________________________________<br />
___________________________________<br />
LE INDAGINI SCIENTIFICHE E TECNICHE DEL<br />
RINASCIMENTO<br />
1 _________________________________<br />
+ importanza ______________________<br />
protagonisti:________________________<br />
___________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
+ importanza ________________________<br />
a - ________________________________<br />
b - ________________________________<br />
c - ________________________________<br />
15
3 –GIORDANO BRUNO<br />
3.1 La complessità di Bruno<br />
3.2 La nuova concezione del<strong>la</strong> natura<br />
3.3 La nuova concezione dell'uomo<br />
3.4 <strong>Il</strong> processo e <strong>la</strong> condanna (vedi film “Giordano Bruno”di G. Montaldo)<br />
Sia le tesi filosofiche, sia le vicende biografiche di Giordano Bruno (1548-<br />
1600) 7 sono straordinariamente complesse. Muovendo dall'originaria No<strong>la</strong> e<br />
dal convento napoletano dei domenicani, dove si svolse <strong>la</strong> sua formazione, Bruno dal<br />
momento in cui <strong>la</strong>scia l’ordine fino al rogo, percorse in lungo e in <strong>la</strong>rgo l'Europa<br />
insanguinata dalle guerre di religione, da Ginevra a Parigi, da Londra a Praga, da<br />
Francoforte a Venezia, per diffondere <strong>la</strong> propria filosofia, suscitando ovunque<br />
discussioni e accese controversie. Arrestato per ordine dell'Inquisitore veneto e<br />
tradotto a Roma con l'accusa di eresia, fu riconosciuto eretico - rifiutandosi di<br />
abiurare - condannato al rogo. La tenacia nel difendere le proprie idee e <strong>la</strong> tragica<br />
fine ne fecero nei secoli successivi un martire del<strong>la</strong> nuova <strong>scienza</strong> e del libero<br />
pensiero e un antesignano dell'autonomia del<strong>la</strong> ricerca scientifica nei confronti<br />
delle ingerenze del potere politico e religioso.<br />
Egli nelle sue continue peregrinazioni ricercava nuovi stimoli culturali; ad<br />
esempio a Parigi venne a contatto con le teorie copernicane, qui e poi a Ginevra<br />
si confrontò con i Calvinisti e a Francoforte con i Luterani. Bruno cercava un<br />
ambiente in grado di accettare le sue idee e spesso non trovandolo fu costretto,<br />
dal clima di intolleranza che regnava un pò ovunque in Europa, a fuggire.<br />
Inoltre, avendo <strong>la</strong>sciato l’ordine, Bruno doveva ricercare per il suo<br />
sostentamento l’accoglienza di un’università o <strong>la</strong> protezione di un principe o di<br />
un ricco mercante (vedi <strong>la</strong> nuova committenza <strong>la</strong>ica).<br />
Sul piano teorico questa complessità è giustificata dal fatto che nel pensiero di<br />
Giordano Bruno confluiscono , o come oggetto di polemica o come elementi<br />
costitutivi, tutte le espressioni del<strong>la</strong> filosofia cinquecentesca; ma anche gli<br />
obiettivi che <strong>la</strong> riflessione filosofica di Bruno si proponeva erano molto vasti:<br />
l’e<strong>la</strong>borazione di una nuova concezione dell’universo in sintonia con i risultati<br />
del<strong>la</strong> ricerca scientifica, in partico<strong>la</strong>re con le teorie copernicane, e l’e<strong>la</strong>borazione<br />
di un nuova concezione dell’uomo in grado di rinnovare <strong>la</strong> vita sociale e morale<br />
del<strong>la</strong> civiltà europea. In effetti il programma di Bruno non si limita a proporre un<br />
mutamento del modo di concepire il mondo fisico e <strong>la</strong> ricerca scientifica, ma propone<br />
La complessità __________________________________<br />
una riforma complessiva del<strong>la</strong> filosofia e del<strong>la</strong> vita civile europea, nel<strong>la</strong><br />
7 Per le opere e <strong>la</strong> vita vedi pag. 29<br />
GIORDANO BRUNO<br />
LA COMPLESSITÀ DI BRUNO<br />
A - ________________________________<br />
I motivi delle ________________________<br />
___________________________________<br />
1 - ________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
3 - ________________________________<br />
B - ________________________________<br />
1 - _________________________________________________________________________________________________________<br />
2 - ________________________________:<br />
a - _____________________________________________: ____________________________________________________<br />
____________________________________________________<br />
b - _____________________________________________: ____________________________________________________<br />
passività ctr ______________________<br />
16
seconda metà del Cinquecento, di<strong>la</strong>niata dalle guerre di religione.<br />
Sul piano cosmologico-metafisico, <strong>la</strong> critica di Bruno all'aristotelismo mette<br />
capo al<strong>la</strong> visione di un mondo infinito, popo<strong>la</strong>to di infiniti enti nei quali si<br />
esplica l’infinita potenza produttiva di un'unica sostanza: <strong>la</strong> materia-vita. Sul<br />
piano etico politico Bruno si presenta come portatore di una radicale riforma<br />
anticristiana del<strong>la</strong> società europea. Al<strong>la</strong> passività e al<strong>la</strong> rassegnazione, cui il<br />
cristianesimo consegna i credenti, <strong>la</strong> riforma di Bruno vuole sostituire<br />
un'umanità nuova, fiduciosa delle proprie risorse intellettuali e tecniche.<br />
La nuova concezione del<strong>la</strong> natura e<strong>la</strong>borata da Bruno si fonda su un duplice<br />
modo di intendere Dio. Dio può venir pensato, secondo Bruno, innanzitutto<br />
come mente al di sopra di tutto quindi fuori dal cosmo, ma, in quanto<br />
trascendente, Dio è allora inconoscibile; infatti, come da una statua non è<br />
possibile risalire all’autore, così dall’universo, creato da Dio, non si può arrivare<br />
a conoscere Dio. Dio perciò può essere solo oggetto di fede, conoscibile<br />
attraverso <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione. Dio può, inoltre, essere pensato come mente presente in<br />
tutte le cose, immanente e quindi conoscibile tramite <strong>la</strong> ragione.<br />
Nonostante questa ed altre concessioni al<strong>la</strong> tradizionale trascendenza divina,<br />
rintracciabili nelle suo pensiero, appare innegabile che l’atteggiamento<br />
prevalente, e comunque quello che maggiormente si connette con il resto del suo<br />
pensiero, sia <strong>la</strong> propensione, tipica del <strong>Rinascimento</strong>, a vedere il divino nel<br />
mondo.<br />
Da questo punto di vista <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> duplice natura divina, simultaneamente<br />
dentro e fuori dell’universo, appare come una sorta di “doppia verità”, volta a<br />
tentare una possibile conciliazione tra il proprio pensiero e le dottrine ufficiali<br />
del<strong>la</strong> Chiesa. Durante le prime fasi del processo, infatti, lo stesso Bruno impostò<br />
<strong>la</strong> sua difesa su questa linea, che in seguito abbandonò.<br />
In quanto mente presente in tutte le cose, Dio ne rappresenta l’artefice interno,<br />
causa e principio di tutti i fenomeni naturali. In questo modo <strong>la</strong> negazione del<strong>la</strong><br />
trascendenza divina conduce all’identificazione tra Dio e natura che consente a<br />
Bruno di giustificare l’interpretazione magica del<strong>la</strong> natura, tipica del<br />
<strong>Rinascimento</strong>.<br />
L’azione di Dio nel mondo è spiegata ricorrendo a concetti neop<strong>la</strong>tonici: Dio si<br />
rive<strong>la</strong> nel mondo come l’anima del mondo che p<strong>la</strong>sma dal di dentro <strong>la</strong> materia,<br />
agendo come forza intrinseca al<strong>la</strong> materia. La sua azione è paragonata da Bruno<br />
al seme che dal suo interno caccia fuori le radici e il fusto, quali sue potenzialità<br />
interne.<br />
Su queste base Bruno costruisce <strong>la</strong> sua critica al<strong>la</strong> teoria aristotelica del<strong>la</strong><br />
separazione tra forma e materia; critica che investe soprattutto il concetto di<br />
materia intesa dall’aristotelismo come pura potenzialità. Bruno a questo<br />
proposito osserva che non si può considerare <strong>la</strong> materia come qualcosa di<br />
inesistente di per sé, pura potenzialità, altrimenti non si spiega <strong>la</strong> sua unione con<br />
<strong>la</strong> forma. Nel<strong>la</strong> realtà in effetti, osserva ancora Bruno, non si può dare una<br />
materia senza forma, perchè risulterebbe inesistente, né ha senso concepire una<br />
forma senza materia.<br />
Bruno e<strong>la</strong>bora quindi il concetto di una materia-natura intesa come principio<br />
attivo, tensione interna, vera e propria energia produttrice, infatti forma e materia<br />
non sono due diverse sostanze ma piuttosto due aspetti di una unica sostanza che<br />
è <strong>la</strong> natura.<br />
La negazione del<strong>la</strong> trascendenza del<strong>la</strong> divinità e del<strong>la</strong> separazione tra forma e<br />
materia comportano, in Bruno, l’accettazione di una visione animistica del<strong>la</strong><br />
natura che appare come un essere animato in ogni suo frammento, dal momento<br />
che l’anima del mondo trasforma tutta <strong>la</strong> materia in materia vivente. Questa<br />
sostanziale omogeneità qualitativa del<strong>la</strong> natura, rive<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> presenza<br />
dell’anima del mondo ovunque, giustifica l’azione del<strong>la</strong> magia; infatti l’uomo, in<br />
LA NUOVA CONCEZIONE DELLA NATURA<br />
La duplice concezione di ____________:<br />
1 –come ___________________________<br />
oggetto di ___________________<br />
2 –come ___________________________<br />
oggetto ____________________________<br />
come _____________________________<br />
DIO COME ___________________________<br />
___________________________________<br />
A - Negazione trascendenza divina:<br />
1 - Identificazione<br />
___ __________ = ___________________<br />
Dio anima del _______________________<br />
2 - La rivalutazione del<strong>la</strong> ______________<br />
critiche ____________________________<br />
Natura = ____________________ = ____<br />
______________________<br />
B - ________________________________<br />
L’animismo<br />
17
quanto elemento del<strong>la</strong> natura, può inserirsi con <strong>la</strong> sua azione, volta a utilizzare le<br />
forze che animano <strong>la</strong> natura, all’interno dell’universale animazione. In questo<br />
modo l’uomo può utilizzare le forze che agiscono nel<strong>la</strong> natura.<br />
La negazione del<strong>la</strong> trascendenza di Dio rispetto al<strong>la</strong> natura si accompagna non<br />
solo a questa visione magico-animista ma anche, come vedremo,<br />
all’accettazione delle teorie copernicane, a cui Bruno non apporta alcun<br />
contributo scientifico (come farà invece Galileo), ma di cui sa cogliere le più<br />
importanti conseguenze sul piano filosofico. Dopo aver radicalmente mutato il<br />
rapporto tra Dio e il mondo, risolvendolo con l’identificazione di Dio con il<br />
mondo, <strong>la</strong> natura, Bruno può infatti costruire <strong>la</strong> sua nuova concezione<br />
dell’universo, attribuendo a quest’ultimo le stesse caratteristiche che <strong>la</strong><br />
tradizione attribuiva al<strong>la</strong> divinità, in partico<strong>la</strong>re l’infinità spazio-temporale.<br />
La negazione del<strong>la</strong> trascendenza di Dio e <strong>la</strong> sua identificazione con <strong>la</strong> natura è<br />
uno dei temi caratteristici del<strong>la</strong> cultura rinascimentale, Bruno è però il più<br />
coerente nel trarne le conseguenze per ciò che riguarda <strong>la</strong> visione dell’uomo. La<br />
concezione dell’uomo di Bruno è strettamente legata al<strong>la</strong> sua nuova concezione<br />
dell’universo che <strong>la</strong>scia cadere qualsiasi ordine gerarchico, ogni distinzione tra<br />
materia e forma, universo e Dio. Queste considerazioni che sono valide per ogni<br />
organismo, sono naturalmente valide anche per <strong>la</strong> natura dell'uomo. <strong>Il</strong> genere<br />
umano non ha alcun privilegio metafisico rispetto ad altro vivente, è anch’esso un<br />
elemento del<strong>la</strong> natura. Questo rifiuto dell’ordine gerarchico, frutto anch’esso del<strong>la</strong><br />
negazione del<strong>la</strong> trascendenza del<strong>la</strong> divinità, porta Bruno a rifiutare <strong>la</strong> concezione<br />
medioevale e a e<strong>la</strong>borare una nuova concezione antropologica naturalistica, ovvero<br />
che non fa ricorso a elementi o a forze di tipo trascendentale o metafisico.<br />
L’anima umana è principio di aggregazione, di movimento e di vita come in ogni<br />
altro essere e, individualizzata in ogni singolo uomo, non ha per sé il destino<br />
dell'immortalità: dato che so<strong>la</strong> immortale è l'anima del mondo che presiede al<strong>la</strong><br />
vicissitudine del tutto.<br />
In ogni essere l'elemento «spirituale», o anima, entra a vivificare il corpo e il tipo di<br />
organismo vivente che esce da questo connubio deriva dal tipo di corpo che è<br />
l'oggetto di questa azione. Gli istinti di ogni animale derivano dall'animazione che<br />
lo «spirito» può conferire al sistema organico di quel<strong>la</strong> struttura corporea. Nel caso<br />
dell'uomo ci troviamo di fronte ad un vivente dotato di uno strumento eccezionale -<br />
le mani - e quindi l'intelligenza che lo anima, unendosi a questo strumento, dà<br />
luogo ad un organismo che é in grado di <strong>la</strong>vorare e quindi di produrre «meravigliose<br />
invenzioni». Mani ed intelletto costituiscono dunque l'elemento specifico che<br />
individua <strong>la</strong> specie umana di fronte alle altre.<br />
Come ciò che distingue l’uomo non è il possesso di un’anima speciale, ma una<br />
determinata struttura corporea, così allo stesso modo all’uomo non è riconosciuto<br />
alcun destino certo o privilegiato (tipo <strong>la</strong> vita eterna). L’uomo è «gettato» nel<br />
contesto naturale, perché questa è <strong>la</strong> condizione di ogni altro vivente, e non c'è alcun<br />
luogo nel cosmo che sia tipicamente suo.<br />
Tuttavia l'uomo è un vivente che è in grado di provocare <strong>la</strong> diversità e l'artificio.<br />
L'intelletto e le mani sono <strong>la</strong> dotazione di un essere che può creare nel cosmo uno<br />
«spazio umano». E d'altro canto l'artificio, l'invenzione, le istituzioni non sono<br />
scopi che l'uomo può evadere, dato che essi sono tipici del<strong>la</strong> sua natura. Ogni essere<br />
è dotato di un desiderio di permanenza che lo impegna nel<strong>la</strong> sua re<strong>la</strong>zione con<br />
l'ambiente. Così l'uomo, obbedendo a questa tensione che è tipica di ogni vivente, si<br />
costruisce un suo mondo artificiale(<strong>la</strong> società, l’economia, lo stato, ...), diverso da<br />
quello naturale che gli consente di raggiungere meglio i sui scopi.<br />
Questo mondo artificiale costituisce l’unico spazio del cosmo destinato in modo<br />
privilegiato all’uomo, ma esso è una costruzione artificiale, frutto del <strong>la</strong>voro<br />
dell’uomo. Tale mondo si costruisce attraverso sedimentazioni, perfezionamenti e<br />
accumuli successivi poiché l’uomo può riconoscersi nei risultati conseguiti dal<br />
C - ________________________________<br />
L’universo _________________________<br />
(vedi pag. 23)<br />
D - LA NUOVA CONCEZIONE DELL'UOMO<br />
18
proprio genere. D’altronde <strong>la</strong> superiorità dell'uomo risiede proprio in ciò che esso è<br />
divenuto, nel mondo artificiale che si è saputo creare, in ciò che egli è diventato<br />
grazie al<strong>la</strong> sua struttura corporea.<br />
La diversità e l’artificiosità del mondo umano non implicano però alcuna frattura tra<br />
natura e civiltà, dal momento che <strong>la</strong> civiltà si presenta come il frutto delle<br />
strutture corporali dell’uomo e dell’intelligenza di cui è naturalmente dotato.<br />
Ritenendo che <strong>la</strong> civiltà costituisca una realizzazione del genere umano, e<br />
sottolineando il suo legame col passato, Bruno si avvicina al concetto di storicità<br />
del<strong>la</strong> civiltà e di progresso (un’altra delle intuizioni bruniane che ne sottolineano<br />
<strong>la</strong> modernità). In Bruno questa concezione non comporta ancora l’abbandono<br />
del<strong>la</strong> tradizionale concezione ciclica del<strong>la</strong> storia (<strong>nascita</strong>-fioritura-decadenza<br />
delle civiltà). Ciclicità del<strong>la</strong> storia che però in Bruno non implica il semplice<br />
ripetersi di situazioni precedenti, proprio perché l’uomo ha in sé <strong>la</strong> capacità<br />
promuovere e di accrescere <strong>la</strong> civiltà.<br />
All’interno del mondo artificiale che l’uomo si costruisce, e che in definitiva si<br />
identifica con <strong>la</strong> civiltà e <strong>la</strong> società, trovano posto le leggi e le istituzioni,<br />
anch’esse create dall’ uomo. Istituzioni e leggi che, in quanto creazioni<br />
dell’uomo, non possono che trovare il loro fine nel<strong>la</strong> conservazione del<strong>la</strong><br />
convivenza umana e nell’incremento del bene comune.<br />
Proprio perché ciò che è bene e ciò che è male dipende dall’essere o meno<br />
conveniente al<strong>la</strong> conservazione del<strong>la</strong> convivenza, l’azione morale perde qualsiasi<br />
carattere interiore; un’azione è giusta in quanto i suoi effetti sociali sono buoni,<br />
Universo non ___________________ Dio = ________________ e non Dio<br />
cioè favoriscano <strong>la</strong> convivenza e <strong>la</strong> tolleranza. Da questo punto di vista l’etica è<br />
________________<br />
_____________________ = senza privilegi anima = _________________________________<br />
_________________________________<br />
presupposti Uomo = 1 - elemento ________________________________<br />
concezione<br />
Uomo = anima + corpo _____________________________ +<br />
2 - nessun destino privilegiato –nessun _______________________<br />
_____________________________ = “meravigliose __________________”<br />
<strong>Il</strong> destino dell’uomo dipende ____________________________ con __________________________<br />
__________ l’uomo crea __________________________________________________________________<br />
(___________________________________________________________)<br />
Storia ______________________________________________________________________________________<br />
atropologica<br />
_____________________________________________________________________________________<br />
___________ leggi e istituzioni rego<strong>la</strong>no _________________________________________________________________<br />
sono creazioni ____________________ fine = _____________________________________________<br />
___________ valutano le azioni in base a _______________________________ bene = ___________________________<br />
male = ____________________________<br />
19
innanzitutto, per Bruno, l’esercizio politico che deve rego<strong>la</strong>re <strong>la</strong> comunità umana<br />
affinché ne venga incrementato al massimo grado il bene comune.<br />
Occorre anche sottolineare come Bruno, nei suoi continui spostamenti per<br />
l’Europa, si impegnasse concretamente nel dibattito politico; in partico<strong>la</strong>re egli<br />
appare, in Francia, molto vicino al cosiddetto “partito dei politici” che<br />
teorizzava <strong>la</strong> necessità di un’autorità centrale forte in grado di opporsi ai<br />
partico<strong>la</strong>rismi e al fanatismo religioso. <strong>Il</strong> suo soggiorno a Londra è da<br />
considerarsi, secondo alcuni storici, come il tentativo voluto da questo ambiente,<br />
e appoggiato dal re francese Enrico III, di favorire anche in Inghilterra <strong>la</strong><br />
formazione di una corrente politica moderata che avrebbe dovuto portare a<br />
un’alleanza fra le due nazioni. <strong>Il</strong> fallimento di questo disegno fu <strong>la</strong> causa<br />
dell’abbandono da parte di Bruno di Londra e, in seguito, del<strong>la</strong> stessa Francia.<br />
La giustificazione naturalistica e quindi <strong>la</strong>ica dell’uomo, del<strong>la</strong> società, del<strong>la</strong><br />
civiltà, del<strong>la</strong> storia, del<strong>la</strong> politica e del<strong>la</strong> morale rappresenta un’intuizione che<br />
non verrà colta all’epoca di Bruno, ma sarà ripresa so<strong>la</strong> dal<strong>la</strong> cultura<br />
contemporanea. Ad esempio, <strong>la</strong> concezione dell’uomo come caratterizzata dal<strong>la</strong><br />
sua struttura fisica è condivisa dall’antropologia culturale <strong>moderna</strong>, come nel<br />
nostro senso comune è presente anche l’idea del<strong>la</strong> società come frutto del <strong>la</strong>voro<br />
dell’uomo. L’idea del<strong>la</strong> civiltà e del<strong>la</strong> storia come un accumulo di progresso<br />
verrà riconosciuta solo a partire dall’Ottocento ad opera di Hegel, Marx e<br />
Positivisti.<br />
Bruno è perfettamente cosciente del contrasto fra <strong>la</strong> sua concezione e quel<strong>la</strong> del<br />
cristianesimo sia cattolico che protestante; ai suoi occhi i valori affermati dal<br />
cristianesimo appaiono opposti a quelli propri dell’umanità. L'operosità<br />
intellettuale e manuale è ciò che rende umana <strong>la</strong> vita dell'uomo; che, anzi, gli<br />
permette di "indiarsi", di farsi egli stesso Dio, in quanto coartefice del<strong>la</strong> realtà,<br />
poiché autore del mondo umano. L'operosità è dunque <strong>la</strong> virtù umana per<br />
eccellenza e l'ozio con <strong>la</strong> rassegnazione sono i vizi più gravi, che fanno<br />
rassomigliare l'uomo ai bruti. All’opposto con l'affermazione del cristianesimo<br />
ha avuto avvio un processo degenerativo, le cui radici affondano nel<strong>la</strong><br />
predicazione di Cristo e, soprattutto, di Paolo di Tarso. I fondatori del<strong>la</strong> civiltà<br />
cristiana, infatti, predicando l'ascolto passivo e obbediente del<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>, l'umiltà,<br />
<strong>la</strong> rassegnazione, hanno avviato un ciclo storico in cui l'operosità intellettuale e<br />
manuale dell'uomo, invece di essere esaltata, è divenuta oggetto di spregio.<br />
L’elogio dell’ascolto passivo, <strong>la</strong> valorizzazione dell’orecchio, contrapposto al<strong>la</strong><br />
mano quale simbolo del<strong>la</strong> operosità, costituiscono ciò che Bruno indica<br />
polemicamente come <strong>la</strong> “santa asinità”, ovvero il modello antropologico<br />
dell’uomo cristiano.<br />
Nel Protestantesimo Bruno vede l’epilogo del<strong>la</strong> passività imposta dal<br />
cristianesimo. Infatti, Lutero negando il libero arbitrio e conseguentemente il<br />
valore delle opere nel<strong>la</strong> conquista del<strong>la</strong> salvezza e attaccandosi al significato<br />
letterale delle Scritture, non fa che esaltare al suo massimo grado<br />
l’atteggiamento passivo che caratterizza l’intero cristianesimo.<br />
Al cristianesimo, “cattiva”religione, Bruno oppone una religione “buona”che<br />
non pretende <strong>la</strong> rinuncia a quanto di più proprio ha l’uomo, ma anzi valorizza<br />
<strong>la</strong> sua naturale operosità.<br />
In alcuni testi Bruno identifica tale religione in quel<strong>la</strong> degli antichi egizi così<br />
come è stata tramandata, secondo lui, dai testi dell’ermetismo. D’altra parte<br />
Bruno appare convinto che tutte le religioni rive<strong>la</strong>te abbiano <strong>la</strong> loro ragione<br />
d’essere in quanto costituiscono una guida morale ai popoli rozzi e ignoranti.<br />
Ai pochi, e cioè ai filosofi, che riescono a guidarsi secondo ragione è destinata<br />
invece una religione puramente naturale, ovvero non positiva, senza testi scritti e<br />
organizzazioni gerarchiche. Questa religiosità si concretizza in un atteggiamento<br />
interiore che Bruno definisce di eroico furore. Si tratta di una forza interiore che<br />
spinge l’uomo a liberarsi dal<strong>la</strong> passività, dal<strong>la</strong> supina accettazione di “essere una<br />
cosa nel mondo”, dal<strong>la</strong> “santa asinità” per conquistare <strong>la</strong> piena consapevolezza<br />
LA POLEMICA CONTRO IL _______________<br />
__________________________________<br />
(mano)<br />
farsi Dio perché ____________________<br />
vs<br />
____________________<br />
__________________________________<br />
(_________________________)<br />
ascolto passivo, ___________________<br />
e _____________________________<br />
Protestantesimo epilogo del<strong>la</strong> ___________<br />
perché:<br />
1 - ________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
La funzione delle ____________________<br />
________________________________<br />
La religione _________________________<br />
Eroico _____________________<br />
vs<br />
_________________________________<br />
20
di se stesso e delle sue capacità. <strong>Il</strong> raggiungimento di questa consapevolezza non<br />
è il risultato di un pacato ragionamento, ma è il frutto di un’avventura estrema<br />
dell’intelligenza, non di un suo uso equilibrato (in questo senso Bruno usa il<br />
termine furioso, ovvero folle). È, inoltre, un’avventura eroica nel senso<br />
etimologico del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, cioè amorosa, poiché coinvolge l’intera personalità<br />
dell’uomo intelletto e volontà, ragione e passione.<br />
La consapevolezza che viene raggiunta con l’eroico furore è innanzitutto un<br />
prendere co<strong>scienza</strong> che essendo una parte del tutto l’uomo è egli stesso una<br />
divinità, in quanto <strong>la</strong> capacità di conoscere e di operare sono poteri divini. La<br />
forza che spinge l’uomo in questa avventura, in questa impresa conoscitiva è,<br />
non <strong>la</strong> grazia divina, ma appunto l’eroico furore, una forza interiore che trova in<br />
se stessa <strong>la</strong> sua giustificazione non avendo alcun bisogno di un premio finale.<br />
<strong>Il</strong> concetto di eroico furore appare perfettamente coerente con l’etica attivistica<br />
di Bruno: in quanto s<strong>la</strong>ncio eroico esso è il culmine dell’attivo operare<br />
dell’uomo; in quanto immedesimazione in Dio, è spinta ad operare come Dio.<br />
4 - UN INTELLETTUALE DI TIPO NUOVO: MONTAIGNE<br />
5.1 L’autore dei Saggi<br />
5.2 Stile dell’opera e natura dell’oggetto<br />
5.3 La realtà mutevole e partico<strong>la</strong>re<br />
5.4 <strong>Il</strong> riferimento all’io narrante: <strong>la</strong> filosofia come autobiografia<br />
5.5 Una visione re<strong>la</strong>tivista<br />
5.6 Montaigne scopritore del moderno<br />
Nel processo di formazione del<strong>la</strong> modernità come consapevole presa di distanze<br />
dal passato e come nuova centralità assunta dal soggetto, si inquadra il pensiero<br />
di Michel Eyquem de Montaigne (1533-1592) 8 , figura esemp<strong>la</strong>re del nuovo<br />
clima culturale cinquecentesco: da un <strong>la</strong>to, testimone del<strong>la</strong> crisi dei valori e delle<br />
conoscenze tradizionali prodotta dai grandi rivolgimenti del secolo XVI;<br />
dall'altro, promotore di modello di saggezza, in cui <strong>la</strong> sensibilità umanistica<br />
verso il mondo c<strong>la</strong>ssico si intreccia con percezione del<strong>la</strong> sua distanza dal<br />
presente e in cui <strong>la</strong> emerge <strong>la</strong> centralità dell’esperienza del soggetto.<br />
Le vicende biografiche e intellettuali di Montaigne sono indice di un'esperienza<br />
aperta a varie interessi, in bilico fra <strong>la</strong> presenza nel<strong>la</strong> vita pubblica e il ritiro nel<br />
privato. Educato secondo principi umanistici, Montaigne si dedica agli studi di<br />
diritto, ma conta amicizie soprattutto fra letterati e poeti. La sua vita alterna<br />
momenti di partecipazione agli eventi del tempo (nel 1581 è nominato sindaco<br />
di Bordeaux) a periodi di meditazione nel castello di famiglia (a Montaigne, nei<br />
pressi di Bordeaux). Qui, fra il 1572 e il 1573, Montaigne inizia <strong>la</strong> scrittura del<strong>la</strong><br />
sua opera più celebre, i Saggi (Essais), pubblicati in prima edizione nel 1580, più<br />
volte ristampati e ampliati negli anni successivi.<br />
La paro<strong>la</strong> francese essai, prima di designare uno specifico genere letterario,<br />
significava, al tempo di Montaigne: esercizio, preludio, prova, tentativo,<br />
tentazione. Così pure il verbo essaier: tastare, verificare, gustare, provare,<br />
indurre in tentazione, intraprendere, esporsi a un pericolo, correre un rischio,<br />
pesare, calco<strong>la</strong>re, prender lo s<strong>la</strong>ncio.<br />
Montaigne sfrutta davvero mirabilmente questa ambiguità e ricchezza semantica<br />
del termine per piegare <strong>la</strong> propria scrittura, <strong>moderna</strong>mente libera da impacci<br />
8 Per le opere e <strong>la</strong> vita vedi pag. 30<br />
Eroico ______________________<br />
vs<br />
_________________________________<br />
UN INTELLETTUALE DI TIPO NUOVO:<br />
MONTAIGNE<br />
i _____________<br />
L’AUTORE DEI SAGGI<br />
STILE DELL’OPERA E NATURA DELL’OGGETTO<br />
<strong>Il</strong> significato originario di _____________<br />
il __________________________<br />
21
etorici e da forme chiuse e codificate, al<strong>la</strong> inedita materia del saggio.<br />
Si è par<strong>la</strong>to di frammentarismo a proposito dello stile dei Saggi. In effetti<br />
Montaigne dà uno svolgimento estremamente libero e aperto al<strong>la</strong> propria<br />
materia. Raramente i titoli dei singoli saggi corrispondono agli argomenti trattati,<br />
che possono essere i più disparati. Può capitare che l'argomento principale venga<br />
ben presto abbandonato, per inseguireI spunti o associazioni suggerite da una<br />
paro<strong>la</strong> o da un concetto. Questi continui excursus non fanno però mai perdere il<br />
filo del discorso che ritorna, per passaggi a volte sfumati e quasi impercettibili,<br />
sotto <strong>la</strong> penna dell' autore.<br />
Egli stesso paragona <strong>la</strong> propria scrittura a un "vagabondaggio", a un cammino<br />
intrapreso senza una direzione precisa, ma che finisce sempre per riportarci a<br />
qualche luogo familiare. <strong>Il</strong> frammentarismo saggistico è in stretto rapporto con<br />
lo scetticismo di Montaigne.<br />
Con non ce<strong>la</strong>ta ironia egli se <strong>la</strong> prende con quegli autori dogmatici che<br />
pretendono di poter tutto comprendere e spiegare: «Prendo a caso il primo<br />
argomento. Tutti mi vanno ugualmente bene. E non mi propongo di trattarli per<br />
intero. Infatti non vedo il tutto di nul<strong>la</strong>. E non lo vedono nemmeno quelli che<br />
promettono di farcelo vedere».<br />
<strong>Il</strong> gusto del frammento non obbedisce solo a una scelta estetica o stilistica, ma<br />
corrisponde al<strong>la</strong> natura dell'oggetto da indagare. <strong>Il</strong> frammento corrisponde cioè a<br />
una consapevole autolimitazione dello sguardo, suggerita dal<strong>la</strong> prudenza chiaroveggente<br />
del suo scetticismo: «se <strong>la</strong> mia anima potesse stabilizzarsi — scrive<br />
Montaigne — non mi saggerei, mi risolverei».<br />
I Saggi accompagnano il lettore al<strong>la</strong> scoperta di un mondo in continua<br />
trasformazione, «incerto e vacil<strong>la</strong>nte». Le grandi sintesi del<strong>la</strong> Sco<strong>la</strong>stica, ma<br />
anche l'armoniosa visione delle cose, tipica del pensiero umanisticorinascimentale,<br />
si sfaldano di fronte al<strong>la</strong> presa di co<strong>scienza</strong> che <strong>la</strong> realtà non è<br />
altro che oscil<strong>la</strong>zione senza fine. Lo dimostra <strong>la</strong> caduta di antiche certezze,<br />
messe in crisi dalle scoperte geografiche, e lo dimostrano i mutamenti in corso<br />
nell'Europa del tempo.<br />
<strong>Il</strong> cambiamento non è uno stato transitorio, a cui segua una fase di<br />
stabilizzazione del mondo umano; più o meno forte, esso è un fattore<br />
permanente. Ciò significa, sul piano del<strong>la</strong> conoscenza, che non è possibile<br />
raggiungere alcuna verità o certezza definitiva; ogni conoscenza umana si basa<br />
su fondamenti empirici, dunque parziali, così che nessuna affermazione può<br />
essere ritenuta sicura e vinco<strong>la</strong>nte.<br />
Montaigne dichiara allora il suo scetticismo nei confronti delle sistemazioni<br />
concettuali che pretendono di cogliere <strong>la</strong> realtà in un quadro unitario fondato<br />
sul<strong>la</strong> ragione, come avevano sostenuto gli stoici (di cui Montaigne, peraltro,<br />
condivide alcune tesi di fondo). Al<strong>la</strong> ragione stoica egli rimprovera <strong>la</strong> pretesa di<br />
valere come principio-guida universale, capace di indicare a tutti gli individui<br />
ugualmente <strong>la</strong> via del<strong>la</strong> liberazione, quando invece essa è condizionata dalle<br />
eredità storiche, dalle consuetudini prevalenti, dagli influssi geografici. La natura,<br />
che secondo lo stoicismo costituisce un sicuro punto di riferimento per l'agire<br />
umano (il principio del «vivere secondo natura» o «secondo ragione», al<strong>la</strong> base<br />
dell'etica stoica), si dissolve in una pluralità di nature, cioè di usanze, di modi di<br />
essere, di comportamenti pratici.<br />
Anche <strong>la</strong> pretesa umanistica di fare dell'uomo il centro dell'universo si infrange<br />
contro l'inconsistenza di ogni immagine universale dell'uomo stesso; nel<strong>la</strong> realtà<br />
esistono solo individui concreti, collocati ciascuno in un determinato spazio e in<br />
un determinato tempo. E se ogni uomo porta nel proprio io interiore idee, affetti,<br />
sensazioni, che sono gli elementi costitutivi del<strong>la</strong> condizione umana, in cui tutti<br />
gli uomini sono accomunati, non per questo esiste l'uomo inteso in senso<br />
universale, come una forma per sé sussistente al di là degli individui concreti, i<br />
<strong>la</strong> scrittura come ___________________<br />
Stile e _____________________________<br />
LA REALTÀ MUTEVOLE E PARTICOLARE<br />
Realtà = __________________________<br />
<strong>Il</strong> _______________________________<br />
come fattore permanente = conoscenza<br />
umana _________________<br />
dal quadro __________________ al<strong>la</strong><br />
___________________________<br />
individui e _______________________<br />
22
soli che davvero esistono.<br />
Perciò Montaigne ritrova l'uomo attraverso se stesso, consapevole tuttavia di<br />
essere solo una parte — una piccolissima parte, nel<strong>la</strong> sua singo<strong>la</strong>rità — dei vasti<br />
insiemi in cui è compreso l'individuo: <strong>la</strong> natura, <strong>la</strong> società, il tempo storico che<br />
diviene. Da qui discende il carattere autobiografico del<strong>la</strong> filosofia come è da lui<br />
intesa: un continuo chiarimento dell'esistenza, di cui è protagonista l'io singolo,<br />
personale e irripetibile.<br />
Si comprende allora <strong>la</strong> presentazione che Montaigne fa dei suoi Saggi come di<br />
un autoritratto, dove <strong>la</strong> propria esperienza privata è il fondamento su cui si<br />
costruisce un'immagine ricca, variegata, anche contraddittoria dell'uomo,<br />
un'immagine in continuo sviluppo, perché continua mente messa al<strong>la</strong> prova nel<br />
susseguirsi di esperienze diverse. Al centro dell'autoritratto è l'uomo interiore,<br />
libero dai condizionamenti esterni, volto al<strong>la</strong> ricerca di una nuova<br />
consapevolezza di sé, secondo il principio socratico del «conosci te stesso».<br />
<strong>Il</strong> protagonista onnipresente e unico degli Essais è Michel de Montaigne, sia<br />
quando par<strong>la</strong> del suo amore per i viaggi o del modo di amministrare <strong>la</strong> casa, sia<br />
che commenti o discuta le più disparate e curiose questioni di storia, letteratura,<br />
filosofia, estetica o morale.<br />
In ogni caso ciò che è in gioco è il suo modo personale e soggettivo di reagire di<br />
fronte ai fatti o alle altrui opinioni; solo l'anima, scopo e oggetto dell'analisi<br />
mondana dell'individuo da parte di se stesso, è al centro delle sue considerazioni.<br />
Da questo punto di vista si può ritenere Montaigne l'erede seco<strong>la</strong>re di<br />
sant'Agostino e di Petrarca.<br />
La filosofia così intesa non è fine a se stessa: secondo un orientamento<br />
ispirazione stoica, il suo scopo è <strong>la</strong> conquista del<strong>la</strong> saggezza, che significa<br />
l'autocontrollo, dell'anima, l'equilibrio delle passioni e degli impulsi soggettivi,<br />
<strong>la</strong> liberazione dagli affanni quotidiani e dalle convenzioni sociali che producono<br />
timori e desideri artificiosi, l'emancipazione dalle paure, fra cui soprattutto<br />
quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> morte.<br />
<strong>Il</strong> problema del<strong>la</strong> morte, serenamente accettata al di fuori di considerazioni<br />
conso<strong>la</strong>torie di natura religiosa, che vedono nell'aldilà il vero fine dell'esistenza<br />
umana, è centrale nei Saggi:filosofare — scrive Montaigne — è imparare a<br />
morire; non è necessario fare appello a una realtà trascendente per dare un senso<br />
all'esistenza umana, che trova <strong>la</strong> propria realizzazione e il proprio valore<br />
unicamente in se stessa.<br />
In tal modo Montaigne tende a condividere gli obiettivi di natura etica che lo<br />
stoicismo, e in generale le filosofie postaristoteliche, avevano formu<strong>la</strong>to, pur non<br />
aderendo al<strong>la</strong> concezione metafisica dello stoicismo e in partico<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> dottrina<br />
di un Logos universale che permea <strong>la</strong> realtà. Stoicismo, scetticismo e socratismo<br />
non sono d'altronde dottrine alle quali il filosofo rimanga incatenato, bensì<br />
orientamenti di pensiero attraverso i quali Montaigne si muove liberamente,<br />
attingendo di volta in volta spunti e motivi tipici per meglio delineare <strong>la</strong><br />
condizione umana in questo mondo. Socratico è, oltre al modo di ragionare di sé,<br />
il carattere aperto e volutamente mai conclusivo del<strong>la</strong> sua riflessione.<br />
Nel<strong>la</strong> formazione dei principi-base del pensiero di Montaigne — l'incessante<br />
oscil<strong>la</strong>re delle cose, l'impossibilità di ogni conoscenza totale e definitiva, il<br />
significato dell'individuo concreto e del<strong>la</strong> sua esperienza — assumono un valore<br />
rilevante le scoperte geografiche.<br />
Le notizie sul continente americano, sugli uomini che lo abitano, sulle loro leggi<br />
e consuetudini sono oggetto di dibattito all'interno del<strong>la</strong> cultura europea, che si<br />
divide nel giudizio sulle popo<strong>la</strong>zioni indigene d'America, da un <strong>la</strong>to bol<strong>la</strong>ndole<br />
IL RIFERIMENTO ALL’IO NARRANTE: LA<br />
FILOSOFIA COME AUTOBIOGRAFIA<br />
Filosofia = io ______________ che<br />
chiarisce ________________________<br />
<strong>la</strong> centralità dell’____________________<br />
_____________________________<br />
Montaigne, ________________________,<br />
________________________<br />
Scopo del<strong>la</strong> filosofia =_______________ =<br />
- autocontrollo<br />
- liberazione da:<br />
____________ _____________________<br />
____ _____________________________<br />
__ _______________(___________)<br />
stoicismo, ______________________ e<br />
____________________ in Montaigne<br />
UNA VISIONE RELATIVISTA<br />
Le _______________________________<br />
giudizio __________________________:<br />
a - ________________________________<br />
23
come selvagge, una sorta di sottospecie umana che giustifica <strong>la</strong> sua riduzione in<br />
schiavitù da parte dei conquistatori europei, dall'altra vedendole semplicemente<br />
come “altre”, diverse rispetto agli europei. Su questa seconda linea si colloca<br />
Montaigne, per il quale <strong>la</strong> scoperta di popoli finora sconosciuti impone di<br />
ripensare l'idea che i valori morali riconosciuti dal<strong>la</strong> tradizione siano eterni e<br />
immutabili, universalmente validi per tutti gli uomini.<br />
Da qui nasce <strong>la</strong> critica al<strong>la</strong> presunta universalità dei valori propri del<strong>la</strong> cultura<br />
europea e al<strong>la</strong> pretesa dei “conquistatori”di qualificare come barbarie tutto ciò<br />
che si distingue dal costume europeo. L'umanità — dichiara Montaigne sul<strong>la</strong><br />
base delle nuove conoscenze — si esprime in molte e varie forme; perciò non è<br />
corretto definire “barbarie”(in quanto opposto di civiltà) regole e consuetudini<br />
che non corrispondono ai nostri principi e modelli di comportamento, né è lecito<br />
giudicare i popoli appena scoperti in base al punto di vista europeo e cristiano.<br />
La conseguenza che ne deriva sul piano teorico è di grande rilievo: i principi e i<br />
modelli in cui si identifica una civiltà non hanno valore assoluto e lo stesso<br />
giudizio su principi e modelli dipende dall'angolo visuale da cui li si guarda. In<br />
questo senso <strong>la</strong> posizione di Montaigne rappresenta una forma di re<strong>la</strong>tivismo.<br />
Montaigne porta così in luce un tema che assumerà valore centrale nel<strong>la</strong> cultura<br />
<strong>moderna</strong>, quello del “diverso”, che nasce dal<strong>la</strong> constatazione dell'esistenza di<br />
popoli diversi, dotati di altri costumi e che si richiamano a differenti valori. Si<br />
tratta del<strong>la</strong> ripresa di una tematica già introdotta nel pensiero antico dai sofisti,<br />
ma che ora assume maggiore peso per <strong>la</strong> consapevolezza tutta <strong>moderna</strong> che gli<br />
spazi popo<strong>la</strong>ti dal<strong>la</strong> presenza umana sono enormemente più ampi di quelli fino<br />
allora ipotizzati e che proprio per questo <strong>la</strong> varietà dei modi di vita è destinata a<br />
rive<strong>la</strong>rsi sempre più ampia e sfaccettata.<br />
Grazie al<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong> del<strong>la</strong> diversità, si possono allora confrontare, senza<br />
pregiudizi, leggi e costumi del<strong>la</strong> propria civiltà con quelli di civiltà diverse, ma si<br />
può anche guardare al mondo di cui si è parte da un altro angolo visuale, quello<br />
appunto di chi è diverso, ricavandone un'immagine più ricca e complessa, fuori<br />
dagli schemi usuali.<br />
Secondo <strong>la</strong> definizione fornita da Hegel 9 il moderno consiste in una conversione<br />
dal cielo al<strong>la</strong> terra, mettendo in luce come <strong>la</strong> differenza più evidente –almeno in<br />
prima analisi –tra l’età medievale e quel<strong>la</strong> <strong>moderna</strong> sia da rintracciarsi in una<br />
diversa concezione del mondano e del terreno: mero teatro in cui si vedono<br />
all’opera le qualità dei singoli individui che così possono guadagnarsi l’accesso<br />
al<strong>la</strong> vita eterna, il mondo terreno, infestato dai mali e dal<strong>la</strong> presenza di un<br />
diavolo che ci tenta in ogni istante, è per i Medioevali una semplice anticamera<br />
al vero mondo celeste, di fronte al quale il nostro perde ogni valore. Al contrario,<br />
nell’età <strong>moderna</strong> gli uomini tornano coi piedi per terra, abbandonando i nebbiosi<br />
cieli del<strong>la</strong> vita eterna e prendendo co<strong>scienza</strong> di come quello in cui<br />
quotidianamente si trovano a vivere sia il mondo reale, con l’inevitabile<br />
conseguenza che <strong>la</strong> prospettiva teocentrica cede il passo a quel<strong>la</strong> antropocentrica,<br />
le certezze rive<strong>la</strong>te dai Testi sacri vengono sostituite da una ragione che –<br />
ridestatasi dopo il lungo letargo medievale, in cui era relegata al ruolo di ancil<strong>la</strong><br />
theologiae –torna ad essere socraticamente curiosa di tutto. Ma <strong>la</strong> conversione<br />
di cui par<strong>la</strong> Hegel non consiste esclusivamente in un abbandono dei cieli del<strong>la</strong><br />
religione, ma anche di quelli –altrettanto nebulosi distanti dal<strong>la</strong> vita reale –del<strong>la</strong><br />
metafisica e delle sue certezze inattaccabili: le categorie p<strong>la</strong>tonico-aristoteliche<br />
del vero e del falso, del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto assolutamente<br />
intesi si fanno in disparte e il loro posto è ora occupato da nuovi parametri<br />
b - _________________________<br />
<strong>la</strong> critica __________________________<br />
____________________________<br />
<strong>Il</strong> _______________________________<br />
La co<strong>scienza</strong> del<strong>la</strong> ___________________<br />
MONTAIGNE SCOPRITORE DEL MODERNO<br />
Moderno =<br />
9 G. W. F. Hegel (1770-1831), filosofo tedesco, massimo rappresentante dell’idealismo, considerato il primo grande<br />
autore del<strong>la</strong> filosofia contemporanea.<br />
(1) dal<strong>la</strong> prospettiva __________________<br />
al<strong>la</strong> prospettiva _____________________<br />
(dai ___________ al<strong>la</strong> ________________)<br />
(2) dalle ___________________________<br />
__________________________________<br />
24
saldamente legati al<strong>la</strong> vita nel<strong>la</strong> quale siamo immersi: subentrano le mondane<br />
categorie dell’utile, del conveniente, del vantaggioso, tutte accomunate da una<br />
rinuncia al<strong>la</strong> pretesa di cogliere il mondo quale effettivamente è, e<br />
dall’accettazione di una più modesta e risicata prospettiva che renda conto di che<br />
cosa è al singolo utile di volta in volta. In una tale ottica, le categorie totalizzanti<br />
adottate dal<strong>la</strong> metafisica, tanto quello p<strong>la</strong>tonico-aristotelica quanto quello<br />
cristiana, risultano a dir poco chimeriche ed illusorie, fantastiche e inapplicabili<br />
al<strong>la</strong> realtà, quasi come se nel<strong>la</strong> ricerca p<strong>la</strong>tonica e aristotelica delle essenze<br />
universali si fossero perse di vista le entità individuali che popo<strong>la</strong>no il mondo<br />
reale.<br />
È con Montaigne che si spa<strong>la</strong>ncano le porte del moderno, concepito –seguendo<br />
<strong>la</strong> definizione hegeliana –come ritorno sul<strong>la</strong> terra, ma anche come rifiuto di quel<br />
principio di autorità a cui costantemente ricorrevano i Medioevali e come trionfo<br />
del dubbio sul<strong>la</strong> certezza metafisica, aspetto, questo, da cui scaturisce un<br />
necessario privilegiamento per le piccole conoscenze che quotidianamente<br />
facciamo nel<strong>la</strong> nostra personale esperienza di contro alle grandi quanto illusorie<br />
certezze metafisiche di comprendere in toto <strong>la</strong> struttura del mondo.<br />
Montaigne segna realmente il passaggio dai cieli (sia del divino sia del<strong>la</strong><br />
metafisica) al<strong>la</strong> terra su cui ci troviamo gettati a condurre <strong>la</strong> nostra esistenza, un<br />
passaggio che si palesa come trapasso dalle forme chiuse del sapere metafisico<br />
ad un pensiero che si forgia nel contatto con <strong>la</strong> vita, e che mai oblia le riflessioni<br />
dei predecessori. È solo Montaigne che compie quest’operazione in modo<br />
radicale, fino all’estrema conseguenza di un dubbio che arriva ad erodere anche<br />
le certezze che maggiormente paiono tali: egli infatti libera l’uomo tanto dalle<br />
catene del divino quanto da quelle del<strong>la</strong> metafisica, proponendoci l’immagine di<br />
un mondo caotico in cui le certezze vengono a mancare e anche quelle che<br />
unanimemente vengono considerate tali non sfuggono ai martel<strong>la</strong>nti colpi del<br />
dubbio.<br />
5 –LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA<br />
5.1 Un’interpretazione del<strong>la</strong> rivoluzione scientifica: il cambiamento di<br />
paradigma<br />
5.2 <strong>Il</strong> vecchio paradigma: l’universo aristotelico-tolemaico<br />
5.3 <strong>Il</strong> nuovo paradigma: l’universo di Copernico e Bruno<br />
5.4 L’interpretazione di Freud del<strong>la</strong> rivoluzione copernicana<br />
Fino al<strong>la</strong> prima metà del ‘900 è stata predominante <strong>la</strong> concezione del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong><br />
come un sapere cumu<strong>la</strong>tivo, che cresce in modo lineare, senza grosse fratture, in<br />
quanto <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> scopre una verità valida per sempre, fondata esclusivamente su<br />
principi razionali dimostrabili e verificabili.<br />
Questa concezione è stata oggetto del<strong>la</strong> critica epistemologica del<strong>la</strong> seconda<br />
metà del ‘900, quando si è venuta affermando l’idea che l’evoluzione del<strong>la</strong><br />
<strong>scienza</strong> non è solo determinata da nuove dimostrazioni ed esperimenti, ma<br />
dipende anche da altri fattori.<br />
Nel 1962 l’epistemologo e storico del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> T. Kuhn pubblicò “La struttura<br />
delle rivoluzioni scientifiche”in cui sosteneva che <strong>la</strong> verità scientifica ha basi<br />
consensuali e convenzionali, subendo il condizionamento di fattori sociali. Kuhn<br />
ha cercato di dimostrare le sue teorie analizzando <strong>la</strong> rivoluzione astronomica<br />
copernicana del Cinquecento e l’introduzione delle teorie di Einstein all’inizio<br />
del ‘900 come momenti di cambiamento delle convinzioni precedenti.<br />
Secondo Kuhn <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> è determinata dai comportamenti che vengono adattati<br />
dai gruppi di ricercatori, visti come un gruppo sociale che agisce sul<strong>la</strong> base di un<br />
Montaigne e il __________________<br />
( ) il rifiuto _____________________ e<br />
______________________________ =<br />
_____________________ ___________<br />
__________________________<br />
LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA<br />
UN’INTERPRETAZIONE DELLA RIVOLUZIONE<br />
SCIENTIFICA: IL CAMBIAMENTO DI<br />
PARADIGMA<br />
25
determinato paradigma.<br />
<strong>Il</strong> paradigma è, per Kuhn, ciò che indica il modello interpretativo dei fenomeni<br />
che <strong>la</strong> comunità degli scienziati accetta come scientifico e sul<strong>la</strong> cui base conduce<br />
<strong>la</strong> propria attività.<br />
visione tradizionale:<br />
L’EVOLUZIONE DELLA SCIENZA<br />
<strong>scienza</strong> = sapere _____________________ che cresce per _______________________________________<br />
visione novecentesca:<br />
l’importanza __________________________________________________________<br />
T. Khun: l’importanza ______________________________________________________________<br />
Tesi___________ = _________________________________________________________________________________________<br />
Concetti: 1 –__________________ : ___________________________________________________________________________<br />
2 - ____________________:___________________________________________________________________________<br />
3 - ____________________:___________________________________________________________________________<br />
4 -_____________________:___________________________________________________________________________<br />
Se, ad esempio, Galileo avesse continuato a credere nel modello di universo<br />
proposto dal<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> del suo tempo, cioè quello aristotelico-tolemaico, non<br />
avrebbe mai visto nelle macchie lunari delle montagne, evidenziando così il fatto<br />
che Terra e Luna si somigliassero.<br />
La <strong>scienza</strong> che accetta un determinato paradigma è detta ‘<strong>scienza</strong> normale’, ed<br />
ha successo nel<strong>la</strong> misura in cui riesce a risolvere i problemi che si pone<br />
all’interno del paradigma.<br />
La comparsa di anomalie, problemi irrisolvibili, provoca un periodo di crisi che<br />
sfocia in una rivoluzione scientifica. Durante questa rivoluzione avviene una<br />
rottura nell’evoluzione del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> che porta all’affermazione di un nuovo<br />
paradigma.<br />
L’esistenza di anomalie porta gli scienziati a riconoscere che <strong>la</strong> natura vio<strong>la</strong> le<br />
loro aspettative, basate sul paradigma da essi accettato. È necessario quindi<br />
e<strong>la</strong>borare un nuovo paradigma che faccia divenire spiegabile e normale ciò che<br />
nel vecchio non lo era.<br />
La rivoluzione astronomica può essere vista come una rivoluzione che ha<br />
imposto un nuovo paradigma, e<strong>la</strong>borato da scienziati quali Copernico, Keplero,<br />
Galilei e da filosofi quali,ad esempio, Giordano Bruno. Questa rivoluzione<br />
costituisce una rivoluzione non solo dal punto di vista strettamente astronomico,<br />
ma ha cambiato in modo radicale <strong>la</strong> concezione dell’universo, mettendo in crisi<br />
le convinzioni filosofiche e teologiche. Per questo è considerato uno dei<br />
momenti chiave del passaggio dal Medioevo all’età <strong>moderna</strong>.<br />
<strong>Il</strong> cambiamento di paradigma è stato descritto come il passaggio da una<br />
concezione dell’universo chiuso e finito a una concezione che lo vede invece<br />
aperto e infinito.<br />
<strong>Il</strong> vecchio paradigma era costituito dal<strong>la</strong> concezione aristotelico-tolemaica,<br />
e<strong>la</strong>borata da Tolomeo (II sec d.c.) sul<strong>la</strong> base delle teorie di Aristotele e rafforzata<br />
dal<strong>la</strong> sua sostanziale concordia con <strong>la</strong> visione cristiana.<br />
La rivoluzione ______________________<br />
come ______________________________<br />
dall’universo _______________________<br />
all’universo _________________________<br />
IL VECCHIO PARADIGMA: L’UNIVERSO<br />
ARISTOTELICO-TOLEMAICO<br />
1 - ________________________________<br />
2 - ________________________________<br />
26
L’universo veniva concepito come unico, finito, fatto di sfere concentriche,<br />
geocentrico, e diviso in due parti qualitativamente diverse.<br />
L’universo era unico, cioè il solo esistente, sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> teoria aristotelica dei<br />
luoghi naturali, per cui ciascuna cosa dell’universo aveva un suo posto dove<br />
risiedere. Non vi potevano perciò essere più mondi, perché vi sarebbero stati più<br />
luoghi per le cose. L’universo era chiuso, una sfera circondata dal cielo delle<br />
stelle fisse. Era inoltre finito, proprio perché racchiuso nel<strong>la</strong> sfera. L’universo<br />
era costituito da sfere concentriche, intese come qualcosa di tangibile a cui erano<br />
appiccicati i pianeti. Al centro del<strong>la</strong> sfera vi era <strong>la</strong> terra.<br />
Infine, l’universo era considerato qualitativamente distinto in due parti: una<br />
perfetta, cioè i cieli e le sfere concentriche, il mondo sopralunare, e una<br />
imperfetta, <strong>la</strong> terra. <strong>Il</strong> mondo sopralunare era costituito da etere, indistruttibile ed<br />
eterno, a cui era contrapposta le terra come luogo del<strong>la</strong> corruzione.<br />
L’unico suo movimento era quello circo<strong>la</strong>re considerato come perfetto perché<br />
privo di principio e di fine.<br />
Questo modello era condiviso dagli scienziati, in quanto conforme al senso<br />
comune, cioè al<strong>la</strong> percezione che abbiamo del movimento degli astri, e al<strong>la</strong><br />
mentalità filosofica, che era portata a pensare all’universo come qualcosa di<br />
gerarchico, disposto verso uno scopo, un fine.<br />
Infine, questa concezione si sposava con quel<strong>la</strong> cristiana, in quanto confermava<br />
quanto scritto nelle sacre scritture, ed era consona al<strong>la</strong> sua visione del mondo in<br />
quanto dava all’uomo e al<strong>la</strong> terra un ruolo centrale nell’universo e rispettava<br />
l’idea del<strong>la</strong> creazione del<strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione e del<strong>la</strong> redenzione.<br />
Copernico propose per <strong>la</strong> prima volta non tanto un intero nuovo paradigma, ma<br />
<strong>la</strong> sua tesi principale. Un paradigma, infatti, non si propone inizialmente come<br />
una visione completamente diversa, ma conservava ancora legami con il vecchio<br />
paradigma. La sua completa affermazione finirà col rompere anche questi<br />
legami, quando cioè verranno esplicate tutte le potenzialità contenute nell’ipotesi<br />
centrale del nuovo paradigma.<br />
Copernico riteneva che <strong>la</strong> dottrina tolemaica fosse errata in quanto troppo<br />
complessa. Si mise perciò al<strong>la</strong> ricerca di ipotesi alternative, scoprendo nei testi<br />
antichi <strong>la</strong> tesi eliocentrica. Egli fece propria questa ipotesi in quanto si persuase<br />
che essa avrebbe comportato una notevole semplificazione nel calcolo<br />
matematico del movimento degli astri, pur non potendo<strong>la</strong> dimostrare.<br />
Su queste basi Copernico propose un nuovo modello dell’universo, non più<br />
geocentrico ma eliocentrico. Attorno al sole giravano i pianeti, inclusa <strong>la</strong> Terra,<br />
ciascun pianeta girava su se stesso, dando l’illusione del moto apparente del<br />
Sole.<br />
Accanto a queste novità, Copernico conservò alcune idee del vecchio paradigma,<br />
legate alle caratteristiche dell’universo e al tipo di spiegazione.<br />
Così, ad esempio, Copernico concepisce ancora l’universo come sferico, chiuso<br />
e unico. Anche alcune spiegazioni che utilizza per giustificare <strong>la</strong> sua tesi sono<br />
simili a quelli che venivano utilizzate per giustificare il vecchio paradigma. Ad<br />
esempio, il Sole deve stare al centro dell’universo perché è stato creato per<br />
l’uomo, oppure il movimento dei pianeti è circo<strong>la</strong>re anche per Copernico perché<br />
questo è il moto perfetto. Infine, Copernico rimane legato al<strong>la</strong> concezione del<strong>la</strong><br />
divisione in due parti, una migliore e una peggiore.<br />
La scientificità del sistema proposto da Copernico richiese invece l’abbandono<br />
dell’idea che l’universo fosse perfetto. Fu Keplero che, ipotizzando orbite<br />
ellittiche e non circo<strong>la</strong>ri, abbandonò definitivamente quest’idea di perfezione.<br />
Nonostante Copernico non abbandoni del tutto il vecchio paradigma e<br />
nonostante <strong>la</strong> sua teoria fosse stata presentata da un teologo protestante, che<br />
scrisse <strong>la</strong> prefazione al suo libro, come una pura ipotesi matematica, e non tanto<br />
come un modello realistico, le sue teorie vennero fortemente osteggiate<br />
3 - ________________________________<br />
4 - ________________________________<br />
5 - ________________________________<br />
6 - ________________________________<br />
7 - ________________________________<br />
accettato perché conforme a :<br />
a –_______________________________<br />
b - _______________________________<br />
c - ________________________________<br />
1- _______________________________<br />
2 - _______________________________<br />
LA FORMAZIONE DEL NUOVO PARADIGMA:<br />
1 –COPERNICO<br />
DA COPERNICO A GALILEI<br />
La tesi _____________________________<br />
__________________________________:<br />
il modello __________________________<br />
I legami ____________________________<br />
a- ________________________________<br />
- universo ________________________<br />
- _______________________________<br />
b - _______________________________<br />
2 - ________________________<br />
Le orbite _________________________ e<br />
l’abbandono ________________________<br />
___________________________________<br />
27
dall’ambiente culturale e scientifico, fortemente impregnato di aristotelismo.<br />
Le teorie copernicane erano scientificamente limitate; questi limiti erano<br />
rappresentati dal fatto che, dal punto di vista matematico, esse erano ancora più<br />
complesse del modello precedente.<br />
Inoltre, questa nuova ipotesi si scontrava con problemi di fisica che <strong>la</strong> <strong>scienza</strong><br />
non era ancora in grado di risolvere, che diventavano altrettanti motivi di rifiuto<br />
da parte degli oppositori. Essi si chiedevano come poteva <strong>la</strong> rotazione terrestre<br />
non provocare il <strong>la</strong>ncio di ciò che <strong>la</strong> ricopre (per forza centrifuga), oppure come<br />
mai, se <strong>la</strong> terra ruota verso est, un sasso <strong>la</strong>nciato da una torre non cade un po’più<br />
a ovest del<strong>la</strong> terra<br />
A molti di questi problemi darà una risposta Galilei, così, ad esempio, <strong>la</strong> sua<br />
scoperta del pianeta Urano comportò una semplificazione del calcolo delle<br />
orbite p<strong>la</strong>netarie.<br />
I limiti scientifici sollevati dimostrano come l’accettazione di un paradigma da<br />
parte di una comunità scientifica non si basa solo sul<strong>la</strong> scientificità dello stesso.<br />
La scientificità si afferma allora anche in base a fattori extra scientifici. Tra<br />
questi fattori ha un ruolo importante <strong>la</strong> committenza sociale. Perché una teoria si<br />
affermi occorre che esista una c<strong>la</strong>sse sociale disposta ad accettar<strong>la</strong>, cioè che sia<br />
legata agli interessi e al<strong>la</strong> visione del<strong>la</strong> vita di un gruppo sociale. Nel ‘500 questo<br />
gruppo disposto a far proprie le nuove teorie era <strong>la</strong> borghesia mercantile, in<br />
quanto queste risultavano coerenti a un atteggiamento più <strong>la</strong>ico e meno religioso.<br />
L’accettazione di una teoria avviene ancora prima del<strong>la</strong> sua completa<br />
dimostrazione e impegna <strong>la</strong> comunità scientifica a ricercare i dati che <strong>la</strong><br />
confermano. Lo scienziato incomincia a vedere ciò che il vecchio paradigma gli<br />
precludeva . Ne è un esempio ancora una volta <strong>la</strong> scoperta di Urano, ricercato<br />
per confermare l’ipotesi copernicana. Al<strong>la</strong> conferma scientifica delle nuove<br />
teorie diedero un importante contributo Galileo, Keplero e Newton.<br />
Oltre agli ostacoli scientifici, <strong>la</strong> teoria copernicana era osteggiata dalle<br />
convinzioni religiose e filosofiche dominanti. La teoria copernicana infatti,<br />
contraddiceva <strong>la</strong> Bibbia, che presupponeva un sistema geocentrico , e una serie<br />
di credenze condivise dal Cristianesimo, quali ad esempio l’ascensione. I<br />
protestanti, più legati al<strong>la</strong> lettura testuale delle sacre scritture, reagirono<br />
immediatamente e le condannarono (fu Lutero stesso a farlo). La chiesa cattolica<br />
inizialmente non prese posizioni e il libro di Copernico fu messo all‘indice solo<br />
all’inizio del ‘600. Nel<strong>la</strong> condanna dei cattolici ebbero un peso predominante le<br />
conclusioni radicali che Bruno trasse dal paradigma copernicano.<br />
Bruno è stato colui che sul piano filosofico ha rotto i legami con il vecchio<br />
paradigma . Egli abbandonò <strong>la</strong> convinzione che il sistema so<strong>la</strong>re fosse l’unico a<br />
costituire l’universo, chiuso e finito.<br />
Bruno accettò il sistema copernicano traendone alcune conclusioni, non tanto<br />
sul<strong>la</strong> base di dati, ma di dimostrazioni logiche, il suo è quindi un atteggiamento<br />
pre-scientifico. Lo schema generale del suo ragionamento è marcatamente<br />
teologico e si fonda su questo modello: siccome il mondo ha come sua causa un<br />
essere infinito, non può che essere a sua volta infinito, in quanto solo in questo<br />
modo è degno del suo creatore.<br />
Bruno abbatte i limiti dell’universo. Egli sostiene che gli uomini vivendo in città<br />
cinte di mura, hanno immaginato che anche l’universo fosse chiuso.<br />
L’universo contiene una moltitudine di sistemi so<strong>la</strong>ri, alcuni di questi mondi<br />
sono migliori del nostro e alti peggiori. Esiste un’unica struttura, uguale per il<br />
cielo e <strong>la</strong> terra . Dal momento che l’universo intero deriva da un’unica mente,<br />
non è possibile che vi sia una discriminazione gerarchica tra le diverse parti di<br />
esso. Proprio perché l’universo ha un’unica struttura, e lo spazio deve essere<br />
considerato omogeneo, è possibile applicare ad esso le stesse regole<br />
geometriche.<br />
Queste caratteristiche sono riassumibili e sostenute dal<strong>la</strong> tesi per cui l’universo è<br />
infinito. Proprio perché infinito , agli occhi di Bruno, esso è anche divino, per<br />
I limiti del nuovo paradigma:<br />
a - ________________________________<br />
b - ________________________________<br />
L’accettazione del ___________________<br />
e i _______________________________<br />
<strong>la</strong> ________________________________<br />
L’accettazione del ___________________<br />
e _________________________________<br />
Religione e _______________________<br />
come scontro di ____________________<br />
3 - ______________________<br />
L’abbandono dell’idea ________________<br />
___________________________________<br />
L’atteggiamento non _________________<br />
di Bruno<br />
Un universo ______________________<br />
e _________________________________<br />
28
cui Dio viene identificato con l’universo, secondo una teoria tipica del<br />
<strong>Rinascimento</strong>.<br />
Sulle basi dell‘ipotesi copernicana e delle intuizioni di Bruno <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> ha<br />
costruito una visione dell’universo che è stata quel<strong>la</strong> predominante fino al ‘900.<br />
<strong>Il</strong> sistema so<strong>la</strong>re è solo uno fra i miliardi di sistemi che compongono <strong>la</strong> nostra<br />
ga<strong>la</strong>ssia (<strong>la</strong> via <strong>la</strong>ttea) che a sua volta è una fra i miliardi di ga<strong>la</strong>ssie. All’ipotesi<br />
che possano esistere altri mondi abitati non si è ancora data risposta.<br />
Nel corso del ‘900 <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> ha abbandonato l’idea che l’universo sia infinito,<br />
e sul<strong>la</strong> base delle teorie del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività le più recenti ipotesi sono tornate a<br />
riproporre un universo finito. Infatti, per <strong>la</strong> cosmologia contemporanea <strong>la</strong><br />
materia generata dal big bang si incurverebbe su se stessa in un’implosione , per<br />
cui il mondo sarebbe finito e rappresentabile come una sfera illimitatamente<br />
percorribile.<br />
Freud , il fondatore del<strong>la</strong> psicoanalisi , il ramo del<strong>la</strong> psicologia che ha avuto i più<br />
importanti effetti sul<strong>la</strong> cultura del ‘900, ha interpretato lo sviluppo del<strong>la</strong> cultura<br />
<strong>moderna</strong> come un processo di perdita del narcisismo umano. <strong>Il</strong> narcisismo<br />
costituisce l’atteggiamento di un individuo che si innamora di se stesso. Sul<br />
piano culturale il narcisismo si esprime, ad esempio, nel<strong>la</strong> supposta centralità<br />
dell’uomo di chi lo vede come l’oggetto principale del creato.<br />
Secondo Freud le teorie copernicane hanno iniziato il processo di distruzione del<br />
narcisismo culturale togliendo l’illusione che al<strong>la</strong> terra fosse riservato il posto<br />
centrale dell’universo. La cultura dell’Ottocento avrebbe fatto compiere altri<br />
due importanti passi di questo processo, rappresentanti dall’opera di Darwin e<br />
Marx. Darwin ha infatti distrutto <strong>la</strong> convinzione che vi sia una differenza<br />
fondamentale fra l’uomo e gli animali. Marx ha invece distrutto <strong>la</strong> convinzione<br />
che <strong>la</strong> storia dell’uomo è determinata dal<strong>la</strong> volontà dell’uomo e/o da forze ideali,<br />
sostenendo che essa è determinata dalle condizioni economiche e sociali.<br />
L’ultimo passaggio del processo di perdita del narcisismo è costituito dall’opera<br />
di Freud stesso, che ha distrutto <strong>la</strong> convinzione che il comportamento umano sia<br />
determinato da forze razionali, dimostrando come esso sia retto da fattori<br />
inconsci.<br />
Vitae opere:<br />
Paracelso<br />
Dall’universo _______________________<br />
all’universo che _____________________<br />
__________________________________<br />
4 –GALILEO GALILEI<br />
(vedi dispensa successiva)<br />
L’INTERPRETAZIONE DI FREUD DELLA<br />
RIVOLUZIONE COPERNICANA<br />
Cultura <strong>moderna</strong> = ___________________<br />
___________________________________<br />
1 –Copernico<br />
abbandono del<strong>la</strong> convinzione che ______<br />
___________________________________<br />
2 –________________<br />
abbandono del<strong>la</strong> convinzione che ______<br />
___________________________________<br />
3 –______________________<br />
abbandono del<strong>la</strong> convinzione che ______<br />
___________________________________<br />
4–________________________<br />
abbandono del<strong>la</strong> convinzione che ______<br />
___________________________________<br />
Philippus Aurelius Teophrastus Bombastus von Hoenheim nacque in Svizzera nel 1493, medico ed alchimista, dotato<br />
di una forte personalità e di un'altrettanto forte arroganza. La sua vita fu estremamente movimentata, ma difficile da<br />
ricostruire perché notoriamente Paracelso abbellì <strong>la</strong> sua biografia di partico<strong>la</strong>ri inventati e avventurosi. Secondo quanto<br />
lui dice dopo aver <strong>la</strong>vorato nelle miniere in Germania e in Ungheria, dove apprese i segreti dei metalli, intraprese lunghi<br />
vagabondaggi che lo portarono in Italia, soggiornando a Torino e poi in Spagna, in Germania, in Inghilterra, in Svezia,<br />
in Polonia, in Transilvania; mete p<strong>la</strong>usibili, mentre è molto meno probabile che, come egli stesso dice, sia stato in India<br />
e in Cina. Pare che si recò anche in Russia, al<strong>la</strong> ricerca delle miniere dei Tartari, dove sarebbe stato fatto prigioniero dal<br />
Khan, che gli avrebbe sve<strong>la</strong>to dei segreti.<br />
Molto importante fu per lui l'esperienza di medico militare, prima durante <strong>la</strong> guerra veneziana, più tardi in Danimarca e<br />
in Svezia. Tornato in Germania, <strong>la</strong> sua fama aumentò rapidamente, tanto che gli fu offerta <strong>la</strong> cattedra di medicina<br />
all'università di Basilea.<br />
Paracelso, nello stesso anno, fece bruciare pubblicamente dai suoi studenti i testi di Galeno ed Avicenna, bol<strong>la</strong>ndoli<br />
come ignoranti in materia medica, e sostenendo che ognuno possiede dentro di sé le doti necessarie per esplorare il<br />
mondo. Poco dopo iniziò a perdere anche quel<strong>la</strong> stima e fiducia da parte degli studenti che fino ad allora lo avevano<br />
salvato dal rischio di allontanamento dall'ambiente universitario. La sua opposizione aperta sia al<strong>la</strong> medicina<br />
tradizionale sia al<strong>la</strong> nuova medicina nata tra Italia e Francia e <strong>la</strong> sua indole polemica lo portarono a perdere il <strong>la</strong>voro<br />
29
fisso di insegnante presso l'Università di Basilea. Lasciò infatti <strong>la</strong> città nel gennaio del 1528. Dopo aver passato i<br />
restanti anni del<strong>la</strong> sua vita a vagare di città in città, morì a Salisburgo il 24 settembre 1541.<br />
Giordano Bruno<br />
Intorno ai quindici anni Filippo Bruno (1548-1600) entra nell'ordine dei domenicani assumendo il nome di Giordano.<br />
Ha inizio allora una multiforme esperienza di vita che fa di Bruno una personalità dalle molte facce: il frate ribelle, il<br />
filosofo che, rompendo con <strong>la</strong> tradizione, abbraccia entusiasta le nuove teorie astronomiche e teorizza <strong>la</strong> pluralità dei<br />
mondi, il mago e il sapiente legato al<strong>la</strong> tradizione ermetica, il riformatore politico, l'eretico e il martire dell'Inquisizione.<br />
I contrasti con le autorità religiose, che lo porteranno poi a un drammatico processo sotto l'accusa di eresia e al<strong>la</strong><br />
condanna a morte, compaiono già nel periodo di noviziato, quando il giovane Bruno viene denunciato all'Inquisizione<br />
dal suo superiore per avere tolto dal<strong>la</strong> cel<strong>la</strong> le immagini dei santi conservando solo il crocifisso. I dubbi su alcune verità<br />
del<strong>la</strong> religione cristiana — <strong>la</strong> Trinità e l'Incarnazione — lo mettono in aperto contrasto con l'ambiente ecclesiastico; nel<br />
1576, sospettato di eresia, abbandona l'ordine e fugge nell'Italia settentrionale.<br />
Da lì comincia un lungo vagabondaggio attraverso l'Europa: Si reca a Ginevra, dove per breve tempo aderisce al<br />
calvinismo, quindi a Tolosa e a Parigi, dove pubblica le sue prime opere, sull'arte del<strong>la</strong> memoria e <strong>la</strong> commedia <strong>Il</strong><br />
cande<strong>la</strong>io (1582). Da Parigi va in Inghilterra al seguito dell'ambasciatore francese, soggiorna a Londra e a Oxford, dove<br />
insegna. A Londra viene introdotto a corte, conosce <strong>la</strong> regina Elisabetta I, forse svolge attività di informatore al servizio<br />
del suo governo.<br />
Ritornato a Parigi, è costretto a trasferirsi nelle terre del l'Impero per l'ostilità degli ambienti universitari di tradizione<br />
aristotelica, da lui pubblicamente attaccati. Insegna a Marburgo, a Wittenberg (<strong>la</strong> città di Lutero), a Praga, Francoforte,<br />
dove porta a termine i poemi <strong>la</strong>tini (15901591). In Germania si occupa di astrologia, approfondisce gli studi sul<strong>la</strong> magia<br />
e sull'arte del<strong>la</strong> memoria, pubblicando su questi argomenti alcuni scritti in cui indaga sul rapporto fra l'uomo e i demoni<br />
e sul ruolo dell'immaginazione come strumento utile per il dominio sul<strong>la</strong> natura.<br />
Dopo un soggiorno a Zurigo, rientra in Italia, accettando l'invito del patrizio veneziano Giovanni Mocenigo, che vuole<br />
essere istruito da lui nelle arti magico-ermetiche. L'Italia è una terra pericolosa per chi non osserva l'ortodossia cattolica,<br />
a causa del controllo stringente esercitato dall'Inquisizione, ma nel<strong>la</strong> Repubblica di Venezia, che conduce una politica<br />
culturale re<strong>la</strong>tivamente aperta, Bruno pensa di essere al sicuro. Anzi, come dichiarerà più tardi nel corso del processo,<br />
egli accetta l'invito di Mocenigo, intenzionato a riconciliarsi con <strong>la</strong> Chiesa, <strong>la</strong>sciandosi alle spalle <strong>la</strong> scomoda<br />
condizione di scomunicato.<br />
Ma nel 1592, denunciato all'Inquisizione per eresia dallo stesso Mocenigo, viene arrestato e rinchiuso nel carcere di<br />
Venezia, dove rimane per circa nove mesi. <strong>Il</strong> processo, basato sul<strong>la</strong> so<strong>la</strong> denuncia del Mocenigo, sta per avviarsi verso<br />
l'assoluzione o una lieve condanna, quando interviene una richiesta dell'Inquisizione romana per trasferire il<br />
procedimento a Roma. Dopo avere in un primo tempo opposto rifiuto, Venezia consegna l'eretico all'Inquisizione<br />
romana, nelle cui carceri Bruno entra il 27 febbraio 1593. Ai ripetuti inviti a ritrattare <strong>la</strong> sua dottrina, egli risponde con<br />
un rifiuto; viene quindi condannato e arso vivo il 17 febbraio 1600 in Campo dei Fiori a Roma.<br />
Michel Montaigne<br />
Michel Eyquem, signore di Montaigne, nasce l'ultimo giorno di febbraio 1533 nel castello paterno, posto al confine tra<br />
il Périgord e <strong>la</strong> Guyenne. Appartiene a una famiglia di modesta e recente nobiltà, arricchitasi grazie al commercio.<br />
Compie gli studi primari nel College de Guyenne a Bordeaux e successivamente studia diritto a Périgueux e Toulouse.<br />
A ventun anni è consigliere al<strong>la</strong> Cour des Aides di Périgueux e quindi al Par<strong>la</strong>mento di Bordeaux, dove mantiene <strong>la</strong><br />
carica sino al 1570, svolgendo anche limitati incarichi di Corte. Nel 1558 incontra l'umanista Etienne de La Boétie, con<br />
cui stringe una memorabile amicizia, di cui <strong>la</strong>scia una testimonianza commovente negli Essais. Dopo <strong>la</strong> morte prematura<br />
dell'amico carissimo (1563), seguita da quel<strong>la</strong> del padre (1568), Montaigne abbandona nel 1570 <strong>la</strong> carica al<br />
Par<strong>la</strong>mento e si ritira a vita privata nel suo castello, dove raccoglie in una torre una ricca biblioteca. Inizia senza un<br />
piano preciso <strong>la</strong> stesura degli Essais, che avranno diverse edizioni (nel 1580, nel 1582 e nel 1588).<br />
Nel 1580-81 compie un lungo viaggio in Europa e partico<strong>la</strong>rmente in Italia, di cui dà un resoconto nel (postumo)<br />
Journal de voyage en Italie, prototipo del<strong>la</strong> letteratura di viaggio del "Grand Tour".<br />
Tra il 1581 e il 1588 riprende gli incarichi pubblici, accettando <strong>la</strong> nomina a sindaco di Bordeaux, tenendosi tuttavia in<br />
disparte dai turbolenti avvenimenti politici del<strong>la</strong> Francia di quegli anni tragici. Cattolico convinto, nonostante il suo<br />
scetticismo filosofico, mantiene in politica un atteggiamento rigidamente realista e conservatore.<br />
Muore il 13 settembre 1592.<br />
30
13 –MONTAIGNE: “UN NUOVO MODO DI INDAGARE SE STESSI”<br />
Se <strong>la</strong> mia anima potesse stabilizzarsi, non mi saggerei<br />
L’interiorità si coltiva nel<strong>la</strong> solitudine<br />
La forza del<strong>la</strong> consuetudine<br />
Barbarie e civiltà<br />
Gli altri formano l'uomo; io lo descrivo, e ne presento un esemp<strong>la</strong>re assai mal<br />
formato, e tale che se dovessi model<strong>la</strong>rlo di nuovo lo farei in verità molto diverso<br />
da quello che è 10 . Ma ormai è fatto. Ora, i segni del<strong>la</strong> mia pittura sono sempre<br />
fedeli, benché cambino e varino. II mondo non è che una continua altalena. Tutte le<br />
cose vi oscil<strong>la</strong>no senza posa: <strong>la</strong> terra, le rocce del Caucaso, le piramidi d'Egitto, e<br />
per il movimento generale e per il loro proprio. La stessa costanza non è altro che<br />
un movimento più debole. Io non posso fissare il mio oggetto. Esso procede incerto<br />
e vacil<strong>la</strong>nte, per una naturale ebbrezza. Io lo prendo in questo punto, com'è,<br />
nell'istante in cui m'interesso a lui. Non descrivo l'essere. Descrivo il passaggio:<br />
non un passaggio da una età all'altra o, come dice il popolo, di sette in sette anni,<br />
ma di giorno in giorno, di minuto in minuto. Bisogna che adatti <strong>la</strong> mia descrizione<br />
al momento. Potrei cambiare da un momento all'altro, non solo per caso, ma anche<br />
per intenzione. È una registrazione di diversi e mutevoli eventi e di idee incerte e<br />
talvolta contrarie: sia che io stesso sia diverso, sia che io colga gli oggetti secondo<br />
altri aspetti e considerazioni. Tant'è che forse mi contraddico, ma <strong>la</strong> verità non <strong>la</strong><br />
contraddico mai. Se <strong>la</strong> mia anima potesse stabilizzarsi, non mi saggerei, mi<br />
risolverei: essa è sempre in tirocinio e in prova.<br />
Io espongo una vita umile e senza splendore, ma è lo stesso. Tutta <strong>la</strong> filosofia<br />
morale si applica benissimo a una vita comune e privata, come a una vita di più<br />
ricca sostanza; ogni uomo porta in sé <strong>la</strong> forma intera dell'umana condizione.<br />
Gli autori si presentano al popolo con qualche segno partico<strong>la</strong>re ed esteriore; io, per<br />
primo, col mio essere universale, come Michel de Montaigne, non come<br />
grammatico o poeta o giureconsulto. Se <strong>la</strong> gente si <strong>la</strong>menta perché parlo troppo di<br />
me, io invece mi <strong>la</strong>mento perché essa nemmeno pensa a se stessa.<br />
Ma è ragionevole che, così privato nel<strong>la</strong> vita, io pretenda di rendermi pubblico<br />
nel<strong>la</strong> conoscenza altrui? Ed è ragionevole inoltre che io presenti al mondo, dove <strong>la</strong><br />
forma e l'arte hanno tanto credito e autorità, dei prodotti di natura nudi e crudi, e<br />
per giunta di una natura assai deboluccia? Non è come fare un muro senza pietra, o<br />
qualcosa di simile, fabbricar dei libri senza <strong>scienza</strong> e senz'arte? Le fantasie del<strong>la</strong><br />
musica sono guidate dall'arte, le mie dal caso. Per lo meno io son conforme al<strong>la</strong><br />
rego<strong>la</strong> nel fatto che mai uomo trattò un soggetto che comprendesse e conoscesse<br />
meglio di quanto io faccia con quello che ho intrapreso, e che in questo io sono<br />
l'uomo più competente che ci sia; in secondo luogo, che mai alcuno penetrò più a<br />
fondo <strong>la</strong> sua materia e ne esaminò più minuziosamente le artico<strong>la</strong>zioni e<br />
diramazioni; e non arrivò più esattamente e completamente al fine che si era<br />
proposto nel suo <strong>la</strong>voro 11 . Per condurlo a termine non ho bisogno di mettervi altro<br />
10 Gli Essais sono stati definiti il libro più personale che fosse mai stato scritto, fino a quel momento, nel<strong>la</strong><br />
letteratura universale. Né i modelli c<strong>la</strong>ssici dell’autobiografia, né i precedenti cristiani del<strong>la</strong> confessione o<br />
del soliloquio , sembrano giustificare l'originalità di aver posto ai centro di un'opera letteraria l'autoritratto di<br />
un uomo del tutto ordinario, di una vita privata spoglia di eventi o di circostanze eccezionali. Montaigne è<br />
consapevole di contravvenire a un'antica rego<strong>la</strong> di convenienza morale e letteraria: quel<strong>la</strong> che vieta all'autore<br />
di par<strong>la</strong>re di sé, a meno che non si tratti di un personaggio illustre, intento a fissare per iscritto <strong>la</strong> propria virtus,<br />
al fine di offrire un esempio al<strong>la</strong> posterità. Ma quel<strong>la</strong> che sembra a prima vista una deplorevole vanità o<br />
una vio<strong>la</strong>zione delle regole del bon ton letterario, è agli occhi di Montaigne <strong>la</strong> via più diretta per raggiungere<br />
il suo intento filosofico: <strong>la</strong> conoscenza e <strong>la</strong> descrizione dell'uomo, così come esso è di fatto.<br />
11 La duplice mobilità — dell'oggetto in perpetua metamorfosi, e del soggetto, che muta di continuo il suo punto di<br />
vista, per meglio aderire all'oggetto — sembra trovare un provvisorio punto di accordo e di stabilità in un caso:<br />
31
che <strong>la</strong> fedeltà; e questa c'è, <strong>la</strong> più sincera e pura che si possa trovare. Io dico <strong>la</strong><br />
verità, non quanto voglio, ma quanto oso dir<strong>la</strong>; e l'oso un po' di più invecchiando,<br />
poiché mi sembra che l'uso conceda a quest'età una maggiore libertà di<br />
chiacchierare e una maggiore indiscrezione nel par<strong>la</strong>re di sé 12 . Qui noi andiamo<br />
d'accordo e allo stesso passo: il mio libro ed io. Altrove si può considerare e<br />
accusare l'opera separatamente dall'artefice; qui no: chi tocca l'uno, tocca l'altra.<br />
Chi ne giudicherà senza conoscerlo, farà più torto a se stesso che a me: chi l'avrà<br />
conosciuto, mi avrà soddisfatto completamente. Felice oltre il mio merito se<br />
dell'approvazione pubblica mi tocchi solo questa parte, di far sentire alle persone<br />
d'ingegno che sarei stato capace di trarre profitto dal<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, se l'avessi avuta, e<br />
che avrei meritato che <strong>la</strong> memoria 13 mi servisse meglio.<br />
Giustifichiamo qui ciò che dico spesso, che mi pento raramente e che <strong>la</strong> mia<br />
co<strong>scienza</strong> è contenta di sé, non come del<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong> d'un angelo o d'un cavallo, ma<br />
come del<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong> d'un uomo, aggiungendo sempre questo ritornello, non un<br />
ritornello di convenienza, ma di semplice ed essenziale sottomissione : che parlo da<br />
curioso e da ignorante, riferendomi per decidere, puramente e semplicemente, alle<br />
credenze comuni e legittime. Non insegno, racconto.<br />
Non c'è cosa tanto poco socievole e tanto socievole come l'uomo: questo per vizio,<br />
quello per natura. …<br />
Lasciamo da parte il vecchio confronto tra <strong>la</strong> vita solitaria e l'attiva; quanto poi a<br />
quel bel detto sotto il quale si nascondono l'ambizione e <strong>la</strong> cupidigia, e cioè che<br />
non siamo nati per <strong>la</strong> nostra vita privata, ma per quel<strong>la</strong> pubblica, rimettiamoci coraggiosamente<br />
a quelli che sono in ballo; e ne risponda <strong>la</strong> loro co<strong>scienza</strong> se, al<br />
contrario, i gradi, le cariche e tutti gli intrighi del mondo si ricercano piuttosto per<br />
trarre dal pubblico il proprio partico<strong>la</strong>re profitto. I mezzi disonesti con i quali lo si<br />
persegue nel nostro secolo 14 , mostrano bene che il fine non vale di più.<br />
Rispondiamo all'ambizione che è proprio essa a darci il gusto del<strong>la</strong> solitudine: infatti,<br />
che altro fugge più del<strong>la</strong> società? Che altro cerca più del<strong>la</strong> sua libertà? Si può<br />
fare del bene e del male dappertutto: tuttavia, se è vero il detto di Biante 15 , che i<br />
cattivi sono <strong>la</strong> maggior parte, o quello che dice l'Ecclesiaste, che fra mille non ce<br />
n'è uno buono,<br />
Rari quippe boni: numero vix sunt totidem,<br />
quot<br />
Thebarum porte, vel divitis ostia Nili<br />
quello appunto in cui soggetto e oggetto coincidono, nel<strong>la</strong> pittura di sé da parte dell'io. Ciò comporta una<br />
caratteristica trasposizione dell'io soggettivo dell'autore (Michel de Montaigne nell'io narrativo degli<br />
Essais, fino a provocare una perfetta coincidenza (apertamente rivendicata) dell'autore con il suo libro, che<br />
conterrà il suo più vero, soggettivo e oggettivo, privato e pubblico a un tempo.<br />
Per tale via, Montaigne è stato il primo filosofo moderno (questo è appunto dei possibili significati del<strong>la</strong><br />
modernità) a utilizzare <strong>la</strong> propria vita come terreno di un esperimento metafisico: <strong>la</strong> trasformazione dell'io<br />
singolo privato in io universale, <strong>la</strong> elevazione del fatto umano e biografico in significato. Qui sta anche <strong>la</strong><br />
radicalità del suo scetticismo: che non è l'abdicazione al<strong>la</strong> conoscenza, ma un'enorme estensione dei suoi<br />
compiti epistemologici e dei suoi confini antropologici.<br />
12 Montaigne introduce qui il motivo, assai ricorrente negli Essais, del<strong>la</strong> vecchiaia e lo fa con un intento (come gli<br />
accade spesso) autoabbassamento ironico. La vecchiaia non è più (come nel De Senectute di Cicerone) l’età<br />
del<strong>la</strong> saggezza e del<strong>la</strong> virtù, ma del<strong>la</strong> debolezza e del<strong>la</strong> indiscreta loque<strong>la</strong>.<br />
13 Montaigne si <strong>la</strong>menta frequentemente negli Essais, del<strong>la</strong> propria memoria difettosa, cui imputa <strong>la</strong> responsabilità dei<br />
suoi scarsi progressi nel campo del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>. Anche qui, come nel caso del motivo del<strong>la</strong> vecchiaia,<strong>la</strong>"sincerità" biografica si<br />
presta dl'uso raffinato dell'ironia letteraria. Confessando il proprio difetto di memoria Montaigne esprime in realtà un rifiuto<br />
polemico delle regole del<strong>la</strong> retorica, di cui <strong>la</strong> memorizzazione era una componentefondamentale.<br />
14 Montaigne visse durante <strong>la</strong> prima fase delle sanguinose guerre religiose europee.<br />
15 Uno dei sette savi del<strong>la</strong> Grecia.<br />
32
il contagio è pericolosissimo nel<strong>la</strong> fol<strong>la</strong>. Bisogna o imitare i viziosi o odiarli.<br />
Ambedue le cose sono pericolose, e assomigliar loro perché sono molti, e odiarne<br />
molti, perché sono dissimili. ...<br />
Ora, lo scopo, io credo, è sempre uno: vivere più piacevolmente e a proprio agio.<br />
Ma non sempre se ne cerca bene <strong>la</strong> strada. Spesso si pensa di aver abbandonato le<br />
preoccupazioni, e le abbiamo soltanto cambiate. Non c'è meno travaglio nel<br />
governo di una famiglia che in quello di un intero Stato; di qualunque cosa l'anima<br />
si occupi, ne è tutta presa; e, per essere meno importanti, le occupazioni<br />
domestiche non sono meno importune. Inoltre, per il fatto di esserci liberati dal<strong>la</strong><br />
corte e dal mercato, non ci siamo con questo liberati dai principali tormenti del<strong>la</strong><br />
nostra vita,<br />
ratio et prudentia curas,<br />
Non locus effusi <strong>la</strong>te maris arbiter, aufert 16<br />
L'ambizione, <strong>la</strong> cupidigia, l'irresolutezza, <strong>la</strong> paura e le concupiscenze non ci<br />
abbandonano perché cambiamo contrada.<br />
Et post equitem sedet atra cura 17 .<br />
Esse ci seguono spesso fin nei chiostri e nelle scuole di filosofia. Né i deserti, né le<br />
grotte, né il cilicio, né i digiuni ce ne liberano.<br />
Fu detto a Socrate che un tale non si era per niente emendato durante un viaggio: «<br />
Lo credo bene, » diss'egli « si era portato con sé». …<br />
Se in primo luogo non liberiamo noi stessi e <strong>la</strong> nostra anima dal peso che<br />
l'opprime, il movimento <strong>la</strong> schiaccerà ancora di più; come in una nave i carichi<br />
dànno meno impiccio quando sono ben stivati. Fate più male che bene<br />
all'amma<strong>la</strong>to, facendogli cambiar posto. ... Per cui non basta l'essersi allontanati<br />
dal<strong>la</strong> gente; non basta cambiar luogo, bisogna allontanarsi dalle inclinazioni<br />
comuni che esistono in noi; bisogna sequestrarsi e iso<strong>la</strong>rsi da se stessi.<br />
Rupi iam vincu<strong>la</strong> dicas:<br />
Nam luctata canis nodum arripit; attamen illi,<br />
Cum fugit, a collo trahitur pars longa catenae. 18<br />
Noi ci portiamo appresso le nostre catene: questa non è libertà piena, noi volgiamo<br />
ancora gli occhi verso quello che abbiamo <strong>la</strong>sciato, ne abbiamo piena <strong>la</strong> fantasia.<br />
…<br />
<strong>Il</strong> nostro male ci afferra nell'anima : ora, essa non pub sfuggire a se stessa.<br />
Così bisogna emendar<strong>la</strong> e rinchiuder<strong>la</strong> in sé: è <strong>la</strong> vera solitudine, del<strong>la</strong> quale si può<br />
godere in mezzo alle città e alle corti dei re; ma <strong>la</strong> si gode più comodamente in<br />
disparte. …<br />
Certo l'uomo di senno non ha perduto nul<strong>la</strong> se ha se stesso. Quando <strong>la</strong> città di No<strong>la</strong><br />
fu distrutta dai barbari, Paolino, che ne era vescovo, pur avendo perso tutto ed<br />
essendo loro prigioniero, pregava Dio così: « Signore, preservami dal sentire<br />
questa perdita, poiché tu sai che essi non hanno ancora toccato nul<strong>la</strong> di ciò che è<br />
mio ». Le ricchezze che lo facevano ricco e i beni che lo facevano buono erano<br />
ancora intatti. Ecco che cosa vuol dire sceglier bene i tesori che possano essere<br />
esenti da danno, e nasconderli in luogo dove non vada alcuno e tale che non possa<br />
16<br />
«Sono <strong>la</strong> ragione e <strong>la</strong> saggezza che ci tolgono gli affanni, non un luogo che domina una vasta distesa di<br />
mare ». Orazio, Epistole, I, XI, 25-26.<br />
17<br />
« E l'oscuro affanno siede dietro al cavaliere ». Id., Odi, III, i, 40.<br />
18<br />
« Ho spezzato le mie catene, dirai: come il cane, dopo una lunga lotta, spezza il nodo che lo tiene<br />
legato, mentre fugge, trascina, attaccata al collo, una lunga parte del<strong>la</strong> catena ». Persio, v, 158-60.<br />
33
esser tradito che da noi stessi. Bisogna avere moglie, figli, sostanze, e soprattutto <strong>la</strong><br />
salute, se si può; ma non attaccarvisi in maniera che ne dipenda <strong>la</strong> nostra felicità.<br />
Bisogna riservarsi una retrobottega tutta nostra, del tutto indipendente, nel<strong>la</strong> quale<br />
stabilire <strong>la</strong> nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e <strong>la</strong> nostra solitudine. Là<br />
noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi, e tanto privatamente che<br />
nessuna conversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo; ivi discorrere e<br />
ridere come se fossimo senza moglie, senza figli e senza sostanze, senza seguito e<br />
senza servitori, affinché, quando verrà il momento di perderli, non ci riesca nuovo<br />
il farne a meno. Noi abbiamo un'anima capace di ripiegarsi in se stessa; essa può<br />
farsi compagnia; ha i mezzi per assalire e per difendere, per ricevere e per donare;<br />
non dobbiamo temere di marcire d'ozio noioso in questa solitudine.<br />
in solis sis tibi turba loci 19<br />
… Nelle nostre azioni abituali, fra mille non ce n'è una che ci riguardi. Colui che tu<br />
vedi arrampicarsi in cima alle rovine di quel muro, furioso e fuor di sé, bersaglio di<br />
tante archibugiate; e quell'altro, tutto pieno di cicatrici, smorto e pallido per <strong>la</strong><br />
fame, deciso a crepare piuttosto che aprirgli <strong>la</strong> porta, pensi che lo facciano per se<br />
stessi? Lo fanno per un tale che forse non videro mai, e che non si dà alcuna pena<br />
del fatto loro, immerso frattanto nell'ozio e nelle delizie. E questi, tutto catarroso,<br />
cisposo e sporco, che vedi uscire dopo mezzanotte da uno studio, pensi forse che<br />
cerchi fra i libri come diventare migliore, più contento e più saggio? Niente affatto.<br />
O ci morirà, o insegnerà al<strong>la</strong> posterità <strong>la</strong> misura dei versi di P<strong>la</strong>uto e <strong>la</strong> vera<br />
ortografia d'una paro<strong>la</strong> <strong>la</strong>tina. Chi non scambierebbe volentieri <strong>la</strong> salute, il riposo e<br />
<strong>la</strong> vita con <strong>la</strong> fama e <strong>la</strong> gloria, <strong>la</strong> più inutile, vana e falsa moneta che sia in uso fra<br />
noi? …<br />
Vah! quemquamne hominem in animum instituere,<br />
aut<br />
Parare, quod sit charius quam ipse est sibi? 20<br />
… Noi lodiamo un cavallo in quanto è vigoroso e svelto, … non per <strong>la</strong> sua<br />
bardatura; un levriero per <strong>la</strong> sua velocità, non per il suo col<strong>la</strong>re; un uccello per le<br />
sue ali, non per le sue correggiole e i suoi sonagli. Perché allo stesso modo non stiriamo<br />
un uomo per ciò che è suo? Egli ha un gran seguito, un bel pa<strong>la</strong>zzo, tanto di<br />
credito, tanto di rendita: tutto questo è intorno a lui, non in lui. Voi non comprate<br />
un gatto in un sacco. Se contrattate un cavallo, gli togliete <strong>la</strong> bardatura, lo guardate<br />
nudo e allo scoperto …<br />
Perché quando valutate un uomo, lo valutate tutto avvolto e infagottato? Ci mostra<br />
soltanto le parti che non sono in alcun modo sue, e ci nasconde quelle attraverso le<br />
quali soltanto si può davvero giudicare quanto vale. È il valore del<strong>la</strong> spada che vi<br />
interessa, non quello del fodero: non ne dareste forse un quattrino, se lo aveste<br />
spogliato. Bisogna giudicarlo per se stesso, non per i suoi ornamenti. E, come dice<br />
molto argutamente un antico: «sapete perché lo stimate grande? Voi considerate<br />
anche l'altezza degli zoccoli». La base non fa parte del<strong>la</strong> statua. Misuratelo senza i<br />
suoi trampoli; che metta da parte ricchezze e onori, che si presenti in camicia.<br />
19 C. Montaigne cita un verso del poeta <strong>la</strong>tino Tibullo: «Nel<strong>la</strong> solitudine sii per te stesso una fol<strong>la</strong>», che<br />
compendia il senso delle sua riflessioni sul<strong>la</strong> vita interiore, sul<strong>la</strong> solitudine come spazio di libertà personale,<br />
sul colloquio intimo che l'anima può intrattenere con se stessa, sulle risorse che ogni individuo ritrova<br />
guardando dentro di sé, nel profondo del proprio io. La solitudine è intesa come un buon ritiro nel privato,<br />
che tute<strong>la</strong> ciò che l'individuo ha in sé di più prezioso.<br />
20 « Come è mai possibile che uno si metta in testa e si convinca che qualcosa gli è più caro di se stesso?<br />
». Terenzio, Adelphoe, 38-39.<br />
34
Le leggi del<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong>, che noi diciamo nascere dal<strong>la</strong> natura, nascono dal<strong>la</strong><br />
consuetudine; ciascuno, infatti, venerando intimamente le opinioni e gli usi<br />
approvati e accolti intorno a lui, non può disfarsene senza rimorso né conformarvisi<br />
senza soddisfazione 21 .<br />
In passato, quando gli abitanti di Creta volevano maledire qualcuno, pregavano gli<br />
dèi di assoggettarlo a qualche cattiva abitudine.<br />
Ma il principale effetto del<strong>la</strong> sua potenza è che essa ci afferra e ci stringe in modo<br />
che a ma<strong>la</strong>pena possiamo riaverci dal<strong>la</strong> sua stretta e rientrare in noi stessi per<br />
discorrere e ragionare dei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col <strong>la</strong>tte fin<br />
dal<strong>la</strong> <strong>nascita</strong> e il volto del mondo si presenta siffatto al nostro primo sguardo,<br />
sembra che noi siamo nati a condizione di seguire quel cammino. E le idee comuni<br />
che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse nell'anima dal seme dei<br />
nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali.<br />
Per cui accade che quello che è fuori dei cardini del<strong>la</strong> consuetudine, lo si giudica<br />
fuori dei cardini del<strong>la</strong> ragione; Dio sa quanto irragionevolmente, per lo più. Se,<br />
come abbiamo imparato a fare noi che ci studiamo, ognuno che ode una sentenza<br />
giusta guardasse subito in che modo essa lo riguarda espressamente, troverebbe che<br />
non è tanto un buon detto, quanto un buon colpo di frusta all'abituale stoltezza del<br />
suo ragionare. Ma si accolgono gli ammonimenti del<strong>la</strong> verità e i suoi precetti come<br />
se fossero rivolti agli altri, e mai a noi stessi; e invece di applicarli ai propri<br />
costumi, ognuno li mette a dormire nel<strong>la</strong> sua memoria, molto scioccamente e<br />
inutilmente. Torniamo all'imperio del<strong>la</strong> consuetudine.<br />
I popoli allevati nel<strong>la</strong> libertà e nell'autogoverno considerano ogni altra forma di<br />
governo mostruosa e contro natura. Quelli che sono abituati al<strong>la</strong> monarchia, fanno<br />
lo stesso. E qualsiasi possibilità di cambiamento <strong>la</strong> fortuna offra loro, perfino<br />
quando si siano liberati con gran difficoltà dal fastidio d'un padrone, si precipitano<br />
a ristabilirne uno nuovo con altrettante difficoltà, perché non possono risolversi a<br />
prendere in odio l'autorità. [...]<br />
Chi vorrà liberarsi da questo acerrimo pregiudizio del<strong>la</strong> consuetudine troverà molte<br />
cose accettate con sicurezza scevra di dubbio, che non hanno altro sostegno che <strong>la</strong><br />
barba bianca e le rughe dell'uso che le accompagna: ma, strappata questa maschera,<br />
riconducendo le cose al<strong>la</strong> verità e al<strong>la</strong> ragione, sentirà il suo giudizio come tutto<br />
sconvolto, e tuttavia rimesso in ben più saldo assetto. [...]<br />
Quanto alle cose indifferenti, come i vestiti, quando si vorranno ricondurre al loro<br />
vero scopo, che è l'utilità e <strong>la</strong> comodità del corpo, da cui dipende <strong>la</strong> loro eleganza e<br />
convenienza originaria, fra i più mostruosi che secondo me si possano immaginare,<br />
metterei fra gli altri i nostri berretti quadrati, quel<strong>la</strong> lunga coda di velluto<br />
pieghettato che pende dal capo delle nostre donne con <strong>la</strong> sua guarnizione<br />
variopinta, e quel<strong>la</strong> vana e inutile copia d'un membro che non possiamo neppure<br />
nominare con decenza, e del<strong>la</strong> quale tuttavia facciamo mostra e parata in pubblico<br />
Queste considerazioni non distolgono tutta uomo di senno dal seguire lo stile 22 .<br />
21 <strong>Il</strong> pensiero politico di Montaigne è altrettanto distante dal razionalismo dei sostenitori del diritto<br />
naturale e dall'utopismo del pensiero rivoluzionario. All'asserita esistenza di leggi eterne, iscritte nel<strong>la</strong><br />
natura stessa dell'uomo, oppone <strong>la</strong> considerazione delle differenze di fatto assunte dal diritto nei diversi<br />
popoli, a seconda delle età, delle condizioni, delle mentalità ecc. Tali differenze fanno dubitare<br />
dell'esistenza stessa di una "natura umana" comune. Per Montaigne il diritto si costituisce interamente di<br />
principi positivi, che vanno concepiti storicamente non come semplici sviluppi di un'ide eterna. Non è <strong>la</strong><br />
ragione a fondare il diritto, ma sono le consuetudini sociale nel<strong>la</strong> loro origine empirica e arbitraria a<br />
trovarvi una giustificazione razionale a posteriori. I principi del diritto sono normativi non per <strong>la</strong> loro<br />
legittimità ma per l'autorità del<strong>la</strong> loro esistenza Nessuna legge generale del resto basterebbe a prevedere e<br />
a rego<strong>la</strong>re i modo fisso e definitivo l'infinita variabilità delle azioni degli uomini.<br />
22 Montaigne vi afferma — con impressionanti accenti di modernità — l'origine sociale, dal costume, del<strong>la</strong><br />
stessa co<strong>scienza</strong> morale degli individui. La forza di costrizione sociale del costume — «l'imperio del<strong>la</strong><br />
consuetudine» — è tale da far ritenere "razionali" solo quei comportamenti che rientrano nell'ambito<br />
espressamente previsto e rego<strong>la</strong>to dalle sue leggi non scritte. L'atteggiamento di Montaigne di fronte al<strong>la</strong><br />
società appare però duplice. Da un <strong>la</strong>to, sul piano teorico, egli è critico nel denunciare il carattere di<br />
35
comune: anzi, al contrario, mi sembra che tutte le fogge personali e partico<strong>la</strong>ri<br />
derivino piuttosto da follia o da affettazione ambiziosa che da vera ragione; e che il<br />
saggio debba nell'intimo separar <strong>la</strong> sua anima dal<strong>la</strong> fol<strong>la</strong> e mantener<strong>la</strong> libera e<br />
capace di giudicare liberamente le cose; ma quanto all'esteriore, debba seguire<br />
interamente i modi e le forme acquisite. La società non sa che farsene dei nostri<br />
pensieri; ma quello che resta, cioè le nostre azioni, il nostro <strong>la</strong>voro, i nostri beni e<br />
<strong>la</strong> nostra propria vita, bisogna prestarlo e abbandonarlo al suo servizio e alle<br />
opinioni comuni: così quel buono e grande Socrate rifiutò di salvarsi <strong>la</strong> vita con<br />
disobbedienza a un magistrato, e proprio a un magistrato assai ingiusto equo.<br />
Ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non<br />
abbiamo altro punto di riferimento per <strong>la</strong> verità e <strong>la</strong> ragione che l'esempio e l'idea<br />
delle opinioni e degli usi del Paese in cui siamo 23 . Qui c'è sempre <strong>la</strong> perfetta<br />
religione, il perfetto governo, l'uso perfetto e compiuto di ogni cosa. Essi (gli<br />
indigeni americani) sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo selvatici i<br />
frutti che <strong>la</strong> natura ha prodotto da sé nel suo naturale sviluppo: <strong>la</strong>ddove, in verità,<br />
sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e distorti dall'ordine generale<br />
che dovremmo piuttosto chiamare selvatici. In quelle sono vive e vigorose le vere e<br />
più utili e naturali virtù e proprietà, che invece noi abbiamo imbastardite in questi,<br />
soltanto per adattarle al nostro gusto corrotto. E nondimeno il sapore medesimo e <strong>la</strong><br />
delicatezza di diversi frutti di quelle regioni, che non sono stati coltivati, sembrano<br />
eccellenti al nostro gusto, in confronto ai nostri. Non c'è ragione che l'arte guadagni<br />
il punto d'onore sul<strong>la</strong> nostra grande e potente madre natura. Abbiamo tanto<br />
sovraccaricato <strong>la</strong> bellezza e <strong>la</strong> ricchezza delle sue opere con le nostre invenzioni,<br />
che l'abbiamo soffocata del tutto. Tant'è vero che dovunque riluce <strong>la</strong> sua purezza,<br />
essa fa straordinariamente vergognare le nostre vane e frivole imprese,<br />
Et veniunt ederae sponte sua melius,<br />
Surgit et in solis formosior arbutus antris,<br />
"pregiudizio" di tali comportamenti consuetudinari. L'autenticità dell'io va difesa e rivendicata contro<br />
ogni finzione imposta dal<strong>la</strong> "maschera" sociale. Ma d'altro <strong>la</strong>to, sul piano pratico, egli è sufficientemente<br />
realista da ritenere che le società sono organismi complessi e fragili, che non si fondano sul<strong>la</strong> ragione o<br />
sulle idee dei filosofi, ma sul<strong>la</strong> forza di coesione dei costumi ereditati e delle regole sperimentate nell'uso.<br />
Opporre al<strong>la</strong> forza delle consuetudini <strong>la</strong> propria saggezza individuale e privata sarebbe <strong>la</strong> peggiore pazzia.<br />
E poco saggio sarebbe pretendere di affermare <strong>la</strong> propria individualità originale, rifiutandosi di adeguarsi<br />
alle consuetudini in ciò che vi è sottomesso per definizione, come fogge degli abiti e <strong>la</strong> moda.<br />
<strong>Il</strong> comportamento del saggio dell'uomo di senno sarà perciò coerente con quel<strong>la</strong> dialettica di appartenenza<br />
e distinzione, di sottomissione critica o ironica al costume e di salvaguardia del<strong>la</strong> propria individualità,<br />
al<strong>la</strong> quale Montaigne si è sempre sforzato di adeguare i propri atti privati e pubblici.<br />
23 Nel<strong>la</strong> critica delle certezze tradizionali, condotta da Montaigne nei Saggi, uno dei principali bersagli<br />
polemici è <strong>la</strong> tesi del<strong>la</strong> centralità del<strong>la</strong> cultura europea nel mondo. La scoperta dell'America, rive<strong>la</strong>ndo<br />
l'esistenza di consuetudini e regole morali diverse da quelle praticate nei Paesi europei, porta<br />
necessariamente ad affermare l'esistenza di più culture e conseguentemente <strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività dei valori di cui<br />
ciascuna è portatrice. Tuttavia, manca per lo più <strong>la</strong> consapevolezza di questo fenomeno; ogni gruppo<br />
umano tende a identificare i propri valori con i valori in assoluto, definendo barbari quelli che non gli<br />
appartengono. Bisogna perciò ripensare il rapporto civiltà-barbarie ed e<strong>la</strong>borare il concetto del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività<br />
delle culture.<br />
Agli occhi disincantati di Montaigne, il confine, fino a quel momento netto, fra i due ambiti — <strong>la</strong> civiltà,<br />
<strong>la</strong> barbarie — si fa più problematico e si delinea addirittura un capovolgimento delle valutazioni correnti,<br />
una sorta di scambio dei ruoli. Chi sono i veri selvaggi? Gli indigeni americani che hanno fondato <strong>la</strong> loro<br />
società sulle leggi naturali, su regole semplici e chiare, senza imporre meccanismi artificiosi, cercando di<br />
limitare i danni prodotti dall'accumulo delle proprietà, dalle guerre, dalle rigide gerarchie? Oppure gli<br />
europei, <strong>la</strong> cui civiltà <strong>la</strong>scia <strong>la</strong>rgo spazio a comportamenti dominati dall'ambizione, dal<strong>la</strong> brama di<br />
ricchezze e di potere, dal<strong>la</strong> violenza?<br />
La risposta di Montaigne, nel mettere a fuoco il concetto di re<strong>la</strong>tività delle culture, è a tutto vantaggio<br />
degli indigeni americani<br />
36
Et volucres nul<strong>la</strong> dulcius arte canunt 24 .<br />
Tutti i nostri forzi non possono arrivare nemmeno a riprodurre il nido del più<br />
piccolo uccellino, <strong>la</strong> sua tessitura, <strong>la</strong> sua bellezza e l'utilità del suo uso, e nemmeno<br />
<strong>la</strong> te<strong>la</strong> del miserabile ragno. Tutte le cose, dice P<strong>la</strong>tone, sono prodotte dal<strong>la</strong> natura,<br />
o dal caso, o dall'arte; le più grandi e le più belle dall'una o dall'altra delle prime<br />
due cause; le più piccole e imperfette dall'ultima.<br />
Quei popoli dunque mi sembrano barbari in quanto sono stati in scarsa misura<br />
model<strong>la</strong>ti dallo spirito umano, e sono ancora molto vicini al<strong>la</strong> loro semplicità<br />
originaria. Li governano sempre le leggi naturali, non ancora troppo imbastardite<br />
dalle nostre; ma con tale purezza che talvolta mi dispiace che non se ne sia avuta<br />
nozione prima, quando c'erano uomini che avrebbero saputo giudicarne meglio di<br />
noi. Mi dispiace che Licurgo e P<strong>la</strong>tone non ne abbiano avuta conoscenza; perché<br />
mi sembra che quello che noi vediamo per esperienza in quei popoli oltrepassi non<br />
solo tutte le descrizioni con cui <strong>la</strong> poesia ha abbellito l'età dell'oro, e tutte le sue<br />
immagini atte a raffigurare una felice condizione umana, ma anche <strong>la</strong> concezione e<br />
il desiderio medesimo del<strong>la</strong> filosofia. Essi non poterono immaginare un'ingenuità<br />
tanto pura e semplice quale noi vediamo per esperienza; né poterono credere che <strong>la</strong><br />
nostra società potesse mantenersi con così pochi artifici e legami umani. È un<br />
popolo, direi a P<strong>la</strong>tone, nel quale non esiste nessuna sorta di traffici; nessuna<br />
conoscenza delle lettere; nessuna <strong>scienza</strong> dei numeri; nessun nome di magistrato,<br />
né di gerarchia politica; nessuna usanza di servitù, di ricchezza o di povertà, nessun<br />
contratto; nessuna successione; nessuna spartizione; nessuna occupazione se non<br />
dilettevole; nessun rispetto del<strong>la</strong> parente<strong>la</strong> se non quello ordinario; nessun vestito;<br />
nessuna agricoltura; nessun metallo; nessun uso di vino o grano. Le parole stesse<br />
che significano menzogna, tradimento, dissimu<strong>la</strong>zione, avarizia, invidia,<br />
diffamazione, perdono, non si sono mai udite. Quanto lontana da questa perfezione<br />
egli troverebbe <strong>la</strong> repubblica che ha immaginato: «viri a diis recentes» 25 .<br />
da M. de Montaigne, Saggi a cura di Fausta Garavini, Adelphi, Mi<strong>la</strong>no 1966, (estratti da<br />
1067- 1070, 310-317, 140-155, 272-274)<br />
24 «L'edera viene meglio senza essere coltivata, ed il corbezzolo cresce più bello nelle grotte solitarie, e il<br />
canto degli uccelli è più dolce se manca d'artificio», Properzio, Elegie, I, II, 10-11 e 14. Capovolgendo gli<br />
schemi usuali, Montaigne rileva che i presunti selvaggi sono selvaggi solo nel senso in cui si dice<br />
selvatico un frutto spontaneo, naturale, mentre si dovrebbero più propriamente dire selvatici (nel senso di<br />
cattivi) i frutti innaturali, risultato di varie operazioni manipo<strong>la</strong>torie, messe in atto per andare incontro ai<br />
gusti artificiosi degli europei.<br />
25 «Uomini or ora usciti dalle mani degli dèi», Seneca, Epistole, 90. Esaltando gli indigeni delle nuove<br />
terre in contrapposizione agli uomini del Vecchio Mondo, Montaigne ne idealizza il modello di vita,<br />
semplice e puro, incontaminato, libero dalle eccessive costruzioni/costrizioni del<strong>la</strong> civiltà; né <strong>la</strong> poesia,<br />
descrivendo in termini super<strong>la</strong>tivi l'età dell'oro, né <strong>la</strong> filosofia, prospettando l'idea utopica di uno stato<br />
perfetto, sono mai riusciti a dare l’idea di una felice condizione umana come quel<strong>la</strong> incarnata<br />
dagli indigeni del Nuovo Mondo. Di qui il rimpianto per il fatto che uomini dal pensiero profondo come<br />
Licurgo e P<strong>la</strong>tone, i quali si sono occupati dello il primo come legis<strong>la</strong>tore, il secondo come teorico<br />
politico, non abbiano potuto conoscere questa realtà di uomini che vivono secondo le pure leggi naturali.<br />
Con le sue considerazioni, Montaigne contribuì al<strong>la</strong> <strong>nascita</strong> del mito del buon selvaggio, cioè' di un uomo<br />
primitivo fondamentalmente buono semplice e naturale, non contaminato dai vizi del<strong>la</strong> civiltà. Al<strong>la</strong><br />
formazione dell'idea del buon selvaggio, oltre alle notizie giunte in seguito alle prime scoperte<br />
geografiche, contribuisce <strong>la</strong> valorizzazione del<strong>la</strong> natura, tipica del pensiero rinascimentale.<br />
37
14 - E. FROMM: IL SIGNIFICATO PSICO-SOCIALE DELLE DOTTRINE DI<br />
LUTERO E CALVINO.<br />
1. <strong>Il</strong> mondo medioevale e il <strong>Rinascimento</strong><br />
2. <strong>Il</strong> periodo del<strong>la</strong> Riforma<br />
3. Conclusioni<br />
1. <strong>Il</strong> mondo medioevale e il <strong>Rinascimento</strong><br />
Esamineremo anzitutto <strong>la</strong> situazione economica e sociale dell'Europa, soprattutto di<br />
quel<strong>la</strong> centrale, all'inizio del sedicesimo secolo, e poi analizzeremo le ripercussioni<br />
che questa situazione ebbe sul<strong>la</strong> personalità degli uomini di quell'epoca, il rapporto<br />
tra gli insegnamenti di Lutero e Calvino e questi fattori psicologici, e il rapporto tra<br />
queste nuove dottrine religiose e lo spirito del capitalismo.<br />
Nel<strong>la</strong> società medioevale l'organizzazione economica del<strong>la</strong> società era piuttosto<br />
statica. Gli artigiani si erano stretti in corporazioni già sin dal tardo Medioevo.<br />
Ogni maestro aveva sotto di sé uno o due apprendisti, e il numero dei maestri era<br />
proporzionato più o meno alle esigenze del<strong>la</strong> comunità. Pur essendocene sempre<br />
alcuni che dovevano lottare duramente per guadagnarsi da vivere, nel complesso i<br />
membri del<strong>la</strong> corporazione erano sicuri di poter vivere con il <strong>la</strong>voro delle loro<br />
mani. Se facevano sedie, scarpe, pane, selle di buona qualità, potevano essere sicuri<br />
che questo bastava ad assicurargli una tranquil<strong>la</strong> esistenza al livello che <strong>la</strong><br />
tradizione assegnava al<strong>la</strong> loro posizione sociale. Potevano affidarsi alle loro «buone<br />
opere», se usiamo il termine non nel suo significato teologico, ma nel suo<br />
elementare significato economico. Le corporazioni bloccavano <strong>la</strong> possibilità di una<br />
dura concorrenza tra i loro membri, e costringevano al<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione in materia<br />
di acquisto delle materie prime, di tecniche di produzione e di prezzi dei prodotti.<br />
Reagendo ad una certa tendenza all'idealizzazione del sistema corporativo e in<br />
genere di tutta <strong>la</strong> vita medioevale, alcuni storici hanno fatto osservare che le<br />
corporazioni erano sempre pervase da uno spirito monopolistico, volto a proteggere<br />
i vecchi membri e a escludere i nuovi venuti. La maggior parte degli autori,<br />
tuttavia, riconosce che le corporazioni, anche se si vuole evitare di idealizzarle, si<br />
fondavano sul<strong>la</strong> mutua col<strong>la</strong>borazione o offrivano ai loro membri una re<strong>la</strong>tiva<br />
sicurezza.<br />
Arriviamo così a un punto essenziale per <strong>la</strong> comprensione del<strong>la</strong> posizione<br />
dell'individuo nel<strong>la</strong> società medioevale: il pensiero etico sulle attività economiche,<br />
espresso non solo nelle dottrine del<strong>la</strong> Chiesa cattolica, ma anche nelle leggi civili.<br />
… .<br />
… I postu<strong>la</strong>ti fondamentali del<strong>la</strong> vita economica erano due; «Che gli interessi<br />
economici sono subordinati al vero fine del<strong>la</strong> vita, che è <strong>la</strong> salvezza. E che <strong>la</strong><br />
condotta economica è un aspetto del<strong>la</strong> condotta personale condizionato, come gli<br />
altri aspetti, dalle norme morali ».<br />
Queste vedute, pur esprimendo delle norme e non un quadro esatto del<strong>la</strong> realtà<br />
del<strong>la</strong> vita economica, rispecchiavano in qualche misura il reale spirito del<strong>la</strong> società<br />
medioevale.<br />
La re<strong>la</strong>tiva stabilità del<strong>la</strong> posizione degli artigiani e dei mercanti, caratteristica del<strong>la</strong><br />
città medioevale, venne minata a poco a poco nel tardo Medioevo, finché venne<br />
meno del tutto nel sedicesimo secolo. Già nel quattordicesimo secolo - e anche<br />
prima - si era delineata una sempre maggiore differenziazione all'interno delle<br />
corporazioni, che continuò nonostante gli sforzi per arrestar<strong>la</strong>. Alcuni membri del<strong>la</strong><br />
corporazione possedevano più capitale degli altri e impiegavano cinque o sei<br />
<strong>la</strong>voranti invece di uno o due. Assai presto certe corporazioni accolsero solo<br />
persone fornite di una certa quantità di capitale. Altre corporazioni divennero<br />
potenti monopoli volti a trarre ogni possibile vantaggio dal<strong>la</strong> loro posizione<br />
monopolistica e a sfruttare al massimo il cliente. Viceversa molti membri di<br />
corporazione si impoverirono e dovettero cercare di guadagnare denaro fuori del<strong>la</strong><br />
38
loro occupazione tradizionale; spesso divennero anche piccoli commercianti. Molti<br />
di loro avevano perso <strong>la</strong> loro indipendenza e sicurezza economica, mentre ancora si<br />
aggrappavano disperatamente all'ideale tradizionale dell'indipendenza economica.<br />
Quello che si è detto a proposito del crescente sviluppo capitalistico delle<br />
corporazioni di mestiere è ancor più evidente nel commercio. Mentre il commercio<br />
medioevale era stato per lo più una picco<strong>la</strong> attività intercomunale, nel<br />
quattordicesimo e nel quindicesimo secolo crebbero rapidamente il commercio<br />
nazionale e quello internazionale.<br />
All'indignazione e al<strong>la</strong> rabbia del piccolo mercante contro i monopoli è stata data<br />
eloquente espressione da Lutero nel pamphlet "Sul commercio e l'usura" stampato<br />
nel 1524, «Essi control<strong>la</strong>no tutte le merci e praticano spudoratamente tutti i trucchi<br />
che abbiamo menzionato; alzano e abbassano i prezzi a loro talento, opprimendo e<br />
rovinando tutti i piccoli mercanti, come il luccio fa nell'acqua con il pesce piccolo,<br />
quasi fossero padroni delle creature di Dio e sciolti da tutte le leggi del<strong>la</strong> fede e<br />
dell'amore».<br />
Questo sviluppo, tuttavia, aveva su ciascuna c<strong>la</strong>sse effetti diversi. Per i poveri delle<br />
città, gli operai e gli apprendisti significava crescente sfruttamento e<br />
impoverimento; anche per i contadini comportava una maggiore pressione<br />
economica e personale; <strong>la</strong> bassa nobiltà si trovava davanti al<strong>la</strong> rovina, sebbene in<br />
modo diverso. Mentre per queste c<strong>la</strong>ssi il nuovo sviluppo era in sostanza un<br />
mutamento in peggio, <strong>la</strong> situazione era molto più complicata per <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media<br />
urbana. Abbiamo già par<strong>la</strong>to del<strong>la</strong> crescente differenziazione avvenuta nei suoi<br />
ranghi. Vasti settori di questa c<strong>la</strong>sse vennero a trovarsi in una posizione sempre<br />
peggiore. Molti artigiani e piccoli commercianti dovevano affrontare <strong>la</strong> superiore<br />
potenza dei monopolisti e di altri concorrenti forniti di maggiore capitale, e fu<br />
sempre più difficile per loro restare indipendenti. Spesso si trovavano a lottare con<br />
forze soverchianti, e per molti di loro era una lotta disperata.<br />
Altri settori del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media erano più prosperi e partecipavano al<strong>la</strong> generale<br />
spinta verso l'alto del capitalismo in ascesa.<br />
Ma <strong>la</strong> crescente importanza del capitale, del mercato e del<strong>la</strong> concorrenza rendeva<br />
insicura, iso<strong>la</strong>ta e piena di ansietà anche <strong>la</strong> situazione personale di questi ultimi.<br />
<strong>Il</strong> fatto che il capitale assumesse un'importanza decisiva significava che una forza<br />
sovrapersonale determinava il loro destino economico e quindi il loro destino<br />
personale.<br />
La crescente importanza del<strong>la</strong> concorrenza era, in questo contesto, un altro fattore<br />
di rilievo. Certamente <strong>la</strong> concorrenza non era del tutto mancata nel<strong>la</strong> società<br />
medioevale, ma il sistema economico feudale si fondava sul principio del<strong>la</strong><br />
col<strong>la</strong>borazione ed era governato - o imprigionato - da norme che frenavano <strong>la</strong><br />
concorrenza. Con l'ascesa del capitalismo questi principi medioevali cedettero<br />
sempre più al principio dell'iniziativa individuale. Ogni individuo doveva tentare <strong>la</strong><br />
sorte: doveva nuotare o andare a fondo. Gli altri non erano alleati a lui in una<br />
comune iniziativa, e perciò diventavano concorrenti, e spesso gli si poneva <strong>la</strong> scelta<br />
di distruggerli o di venirne distrutto.<br />
Naturalmente l'importanza del capitale, del mercato e del<strong>la</strong> concorrenza individuale<br />
non era, nel sedicesimo secolo, grande come doveva diventare in seguito. Però tutti<br />
gli elementi decisivi del capitalismo moderno erano a quel tempo già comparsi, e<br />
così pure il loro effetto psicologico sull'individuo.<br />
Oltre a questo aspetto del quadro ce n'era un altro: il capitalismo liberava<br />
l'individuo. Liberava l'uomo dall'irreggimentazione del sistema corporativo; gli<br />
consentiva di reggersi con le proprie forze e di tentare <strong>la</strong> sorte. Egli diventò<br />
padrone del suo destino: suo era il rischio, e suo il guadagno. Lo sforzo individuale<br />
poteva portarlo al successo e all'indipendenza economica. <strong>Il</strong> denaro divenne il<br />
grande livel<strong>la</strong>tore degli uomini e si dimostrò più potente del<strong>la</strong> <strong>nascita</strong> e del<strong>la</strong> casta.<br />
Questo aspetto del capitalismo cominciava appena a delinearsi in quel primo<br />
periodo che abbiamo esaminato. Giocava una parte più importante nei confronti del<br />
piccolo gruppo di ricchi capitalisti che in quelli del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media urbana. E<br />
39
tuttavia, sia pur nel<strong>la</strong> misura in cui incideva a quel punto, ebbe un effetto<br />
importante nel foggiare <strong>la</strong> personalità dell'individuo.<br />
Se cerchiamo ora di riassumere il nostro esame dell'effetto che ebbero<br />
sull'individuo le trasformazioni sociali ed economiche dei secoli quindicesimo e<br />
sedicesimo, arriviamo al quadro seguente.<br />
Troviamo <strong>la</strong> stessa libertà ambigua che abbiamo notato in precedenza. L'individuo<br />
è liberato dal<strong>la</strong> schiavitù dei vincoli economici e politici. Ha anche incrementato <strong>la</strong><br />
sua libertà positiva grazie al ruolo attivo ed indipendente che deve svolgere nel<br />
nuovo sistema. Ma al tempo stesso vengono meno quei vincoli che solevano dargli<br />
sicurezza e un sentimento di appartenenza. La vita non viene più vissuta in un<br />
mondo chiuso ruotante intorno all'uomo; il mondo è diventato illimitato e al tempo<br />
stesso minaccioso. Perdendo il suo posto fisso in un mondo chiuso, l'uomo perde<br />
anche <strong>la</strong> risposta sul significato del<strong>la</strong> sua vita; <strong>la</strong> conseguenza è che comincia a<br />
sorgergli il dubbio su se stesso e sullo scopo del<strong>la</strong> vita. E' minacciato da possenti<br />
forze sovrapersonali: il capitale e il mercato. <strong>Il</strong> rapporto con i suoi simili, ora che<br />
questi sono diventati tutti potenziali concorrenti, è diventato un rapporto di ostilità<br />
e di estraneità: egli è libero, ossia è solo, iso<strong>la</strong>to, minacciato da tutte le parti. Non<br />
avendo <strong>la</strong> ricchezza o il potere che aveva il capitalista del <strong>Rinascimento</strong>, e avendo<br />
per di più perduto il senso dell'unità con gli uomini e l'universo, è sopraffatto dal<br />
senso del<strong>la</strong> sua personale nullità e impotenza. <strong>Il</strong> paradiso è perduto per sempre,<br />
l'individuo è restato solo ad affrontare il mondo: un estraneo gettato in un mondo<br />
illimitato e minaccioso. La nuova libertà è destinata a creare un profondo<br />
sentimento di insicurezza, impotenza, dubbio, solitudine e ansietà. Questi<br />
sentimenti debbono essere alleviati se l'individuo deve operare con successo.<br />
2. <strong>Il</strong> periodo del<strong>la</strong> Riforma<br />
II luteranesimo e il calvinismo nacquero a questo punto del processo di sviluppo.<br />
Le nuove religioni non erano le religioni di una ricca c<strong>la</strong>sse superiore, ma quelle<br />
del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media urbana, dei poveri delle città e dei contadini. Facevano appello a<br />
questi gruppi, in quanto davano espressione a un nuovo sentimento di impotenza e<br />
ansietà da cui i loro membri erano pervasi. Ma le nuove dottrine religiose non si<br />
limitarono a esprimere eloquentemente i sentimenti suscitati da un ordine<br />
economico in corso di trasformazione. Con i loro insegnamenti li acuirono e al<br />
tempo stesso offrirono soluzioni che consentivano all'individuo di far fronte a<br />
un'insicurezza altrimenti intollerabile.<br />
Prima di passare ad analizzare il significato sociale e psicologico delle nuove<br />
dottrine religiose, alcune considerazioni sul metodo da noi seguito possono<br />
contribuire al<strong>la</strong> comprensione di questa analisi.<br />
Studiando il significato psicologico di una dottrina religiosa o politica, dobbiamo<br />
anzitutto tenere presente che l'analisi psicologica non comporta un giudizio sul<strong>la</strong><br />
verità del<strong>la</strong> dottrina analizzata. Quest'ultima questione può esser risolta soltanto<br />
considerando <strong>la</strong> struttura logica del problema stesso. L'analisi delle motivazioni<br />
psicologiche, sottostanti a certe dottrine o idee, non può mai sostituire il giudizio<br />
razionale sul<strong>la</strong> validità del<strong>la</strong> dottrina e sui valori che essa implica, tuttavia una<br />
siffatta analisi può portare a una migliore comprensione del significato reale di una<br />
dottrina e quindi influenzare il giudizio di valore.<br />
Ciò che l'analisi psicologica delle dottrine può indicare sono le motivazioni<br />
soggettive che rendono una persona consapevole di certi problemi e le fanno<br />
cercare delle soluzioni in certe direzioni. Ogni genere di pensiero, vero o falso che<br />
sia, quando è qualcosa di più di una conformità superficiale ad idee convenzionali,<br />
è motivato dai bisogni e dagli interessi soggettivi dell'individuo che pensa. Può<br />
accadere che taluni interessi vengano soddisfatti dal<strong>la</strong> scoperta del<strong>la</strong> verità, e che<br />
altri lo siano dal<strong>la</strong> sua distruzione. Ma in entrambi i casi, le motivazioni<br />
psicologiche sono incentivi importanti al fine di arrivare a certe conclusioni-<br />
Possiamo dire anzi che le idee, che non sono radicate in forti esigenze del<strong>la</strong><br />
40
personalità, avranno scarsa influenza sulle azioni e su tutta <strong>la</strong> vita del<strong>la</strong> persona<br />
interessata.<br />
Se analizziamo le dottrine religiose e politiche con riferimento al loro significato<br />
psicologico, dobbiamo distinguere due problemi. Possiamo studiare <strong>la</strong> struttura del<br />
carattere dell'individuo che crea una nuova dottrina, e cercare di comprendere quali<br />
tratti del<strong>la</strong> sua personalità spieghino <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re direzione del suo pensiero. In<br />
concreto ciò significa, ad esempio, che dobbiamo analizzare <strong>la</strong> struttura del<br />
carattere di Lutero o Calvino per scoprire quali tendenze del<strong>la</strong> loro personalità li<br />
abbiano fatti arrivare a certe conclusioni, e li abbiano spinti a formu<strong>la</strong>re certe<br />
dottrine. L'altro problema è lo studio dei moventi psicologici, non del creatore di<br />
una dottrina, ma del gruppo sociale a cui <strong>la</strong> dottrina fa appello. L'influenza di una<br />
dottrina o di un'idea dipende dal<strong>la</strong> misura in cui fa appello alle esigenze psichiche<br />
presenti nel<strong>la</strong> struttura del carattere di coloro a cui si rivolge. Solo se l'idea<br />
risponde a potenti esigenze psicologiche di certi gruppi sociali, diventerà una<br />
potente forza storica.<br />
Questi due problemi, <strong>la</strong> psicologia del capo e quel<strong>la</strong> dei seguaci, sono naturalmente<br />
strettamente intrecciati. Se le stesse idee li attirano, <strong>la</strong> loro struttura di carattere<br />
deve essere simile sotto molti importanti riguardi. A parte certi fattori, come<br />
l'eccezionale disposizione del capo al pensiero e all'azione, <strong>la</strong> struttura del carattere<br />
di questo rispecchierà di solito in forma più estrema e netta <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re struttura<br />
del<strong>la</strong> personalità di coloro a cui le sue dottrine si rivolgono; egli può arrivare ad<br />
una formu<strong>la</strong>zione più chiara e più esplicita di certe idee alle quali i suoi seguaci<br />
sono già psicologicamente preparati.<br />
Nel<strong>la</strong> nostra analisi del significato psicologico delle dottrine del protestantesimo e<br />
del calvinismo non esaminiamo le personalità di Lutero e Calvino, ma <strong>la</strong> situazione<br />
psicologica delle c<strong>la</strong>ssi sociali a cui le loro idee si indirizzavano. Voglio solo<br />
ricordare rapidamente, prima di passare all'esame del<strong>la</strong> teologia di Lutero, che<br />
questi, come uomo, era un tipico rappresentante del «carattere autoritario» di cui<br />
diremo più avanti. Essendo stato allevato da un padre eccezionalmente severo, e<br />
avendo conosciuto da bambino ben poco amore e sicurezza, <strong>la</strong> sua personalità era<br />
<strong>la</strong>cerata da una costante ambivalenza verso l'autorità; <strong>la</strong> odiava e le si ribel<strong>la</strong>va, ma<br />
al tempo stesso l'ammirava e tendeva a sottomettervisi. Durante tutta <strong>la</strong> sua vita ci<br />
fu sempre un'autorità a cui si opponeva e un'altra che invece ammirava: nel<strong>la</strong><br />
gioventù il padre e i suoi superiori nel monastero, successivamente il Papa e i<br />
principi. Era pervaso da un sentimento violento del<strong>la</strong> solitudine, dell'impotenza e<br />
del<strong>la</strong> malvagità, e al tempo stesso dal<strong>la</strong> passione di dominare. Era torturato da<br />
dubbi come può esserlo soltanto un carattere autoritario, ed era costantemente al<strong>la</strong><br />
ricerca di qualcosa che potesse dargli sicurezza interiore e liberarlo da questa<br />
tortura dell'incertezza.<br />
Odiava gli altri, specialmente il «volgo», odiava se stesso, odiava <strong>la</strong> vita; e da tutto<br />
questo odio nasceva un desiderio violento e disperato d'esser amato. Tutto il suo<br />
essere era pervaso dal<strong>la</strong> paura, dal dubbio, dall'iso<strong>la</strong>mento interiore, e su questa<br />
base personale egli era destinato a diventare il pa<strong>la</strong>dino di gruppi sociali che<br />
psicologicamente si trovavano in una posizione molto simile al<strong>la</strong> sua.<br />
Un'altra considerazione sul metodo dell'analisi che seguirà cade opportuna. Ogni<br />
analisi psicologica dei pensieri di un individuo o di un'ideologia mira al<strong>la</strong><br />
comprensione delle radici psicologiche da cui scaturiscono questi pensieri o queste<br />
idee.<br />
La prima condizione per un'analisi di questo genere è di comprendere pienamente il<br />
contesto logico di un'idea, e quello che il suo autore consapevolmente vuole dire.<br />
Tuttavia, noi sappiamo che spesso un individuo, anche se è soggettivamente<br />
sincero, può esser spinto inconsciamente da un movente diverso da quello da cui si<br />
ritiene spinto; che può usare un concetto che implica logicamente un certo<br />
significato e che per lui, inconsciamente, significa qualcosa di diverso da questo<br />
significato «ufficiale». Inoltre, sappiamo che può tentare di armonizzare certe<br />
contraddizioni del suo sentimento per mezzo di una costruzione ideologica, o che<br />
41
può tentare di ce<strong>la</strong>re un'idea che vuol reprimere per mezzo di una razionalizzazione<br />
che esprime proprio il suo contrario. La comprensione del funzionamento degli<br />
elementi inconsci ci ha insegnato ad esser scettici verso le parole e a non prenderle<br />
al loro valore nominale.<br />
… Un esempio del<strong>la</strong> differenza tra il significato consapevolmente dato a un<br />
pensiero e il suo reale significato psicologico può esser tratto dall'analisi delle<br />
dottrine di Lutero di cui ci stiamo occupando in questo capitolo.<br />
Si dice che il suo rapporto con Dio sia un rapporto di sottomissione dovuta<br />
all'impotenza dell'uomo. Egli stesso dice che questa sottomissione è volontaria, e<br />
che deriva non dal<strong>la</strong> paura, ma dall'amore. E allora, si potrebbe obiettare sul piano<br />
logico, questa non è sottomissione. Invece, psicologicamente, dall'intera struttura<br />
del pensiero di Lutero deriva che questo genere di amore o di fede è realmente<br />
sottomissione; che benché egli consciamente pensi al carattere volontario e<br />
amorevole del<strong>la</strong> sua «sottomissione» a Dio, è pervaso da un sentimento di<br />
impotenza e peccaminosità che rende il suo rapporto con Dio un rapporto di<br />
sottomissione (proprio come <strong>la</strong> dipendenza masochistica di una persona da un'altra<br />
viene spesso concepita consciamente come «amore»).<br />
… Riteniamo che certe contraddizioni del suo sistema possano esser comprese solo<br />
per mezzo dell'analisi del significato psicologico dei suoi concetti.<br />
Se vogliamo comprendere quello che contenevano di nuovo le dottrine del<strong>la</strong><br />
Riforma dobbiamo anzitutto considerare quello che c'era di essenziale nel<strong>la</strong><br />
teologia del<strong>la</strong> Chiesa medioevale.<br />
Certi principi erano caratteristici del<strong>la</strong> teologia cattolica durante il lungo periodo<br />
precedente al<strong>la</strong> Riforma: <strong>la</strong> dottrina che <strong>la</strong> natura dell'uomo, quantunque corrotta<br />
dal peccato di Adamo, aspira spontaneamente al bene; che <strong>la</strong> volontà dell'uomo è<br />
libera di desiderare il bene; che l'impegno dell'individuo giova al<strong>la</strong> sua salvezza; e<br />
che il peccatore può essere salvato per mezzo dei sacramenti del<strong>la</strong> Chiesa, fondati<br />
sui meriti del<strong>la</strong> morte di Cristo.<br />
S. Tommaso, pur insegnando una dottrina di predestinazione, non ha mai cessato di<br />
insistere sul<strong>la</strong> libertà del volere come una delle sue dottrine fondamentali. Per<br />
superare il contrasto tra <strong>la</strong> dottrina del<strong>la</strong> libertà e quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> predestinazione, è<br />
costretto a usare le costruzioni più complicate; ma benché queste costruzioni non<br />
sembrino risolvere soddisfacentemente le contraddizioni, egli non rinnega <strong>la</strong><br />
dottrina del<strong>la</strong> libertà del volere e dello sforzo umano come utile al<strong>la</strong> salvezza<br />
dell'individuo, anche se <strong>la</strong> volontà può aver bisogno del sostegno del<strong>la</strong> grazia di<br />
Dio .<br />
Sul<strong>la</strong> libertà del volere S. Tommaso dice che sarebbe in contraddizione con<br />
l'essenza del<strong>la</strong> natura divina e di quel<strong>la</strong> umana ritenere che l'uomo non sia libero di<br />
decidere e che non abbia anzi persino <strong>la</strong> libertà di rifiutare <strong>la</strong> grazia offertagli da<br />
Dio.<br />
<strong>Il</strong> sistema di Lutero, nel<strong>la</strong> misura in cui differisce dal<strong>la</strong> tradizione cattolica,<br />
presenta due aspetti, uno dei quali è stato messo in evidenza più dell'altro nel<br />
quadro delle dottrine luterane che di solito viene presentato nei paesi protestanti.<br />
Questo aspetto è che egli ha dato all'uomo indipendenza in materia religiosa, che ha<br />
tolto al<strong>la</strong> Chiesa <strong>la</strong> sua autorità e l'ha data all'individuo; che il suo concetto di fede<br />
e salvezza implica l'esperienza individuale soggettiva, in cui tutta <strong>la</strong> responsabilità<br />
appartiene all'individuo e non interviene un'autorità in grado di dargli ciò che da<br />
solo non può ottenere. Ci sono buone ragioni per lodare questo aspetto delle<br />
dottrine di Lutero e Calvino, poiché è una delle fonti dello sviluppo del<strong>la</strong> libertà<br />
politica e spirituale del<strong>la</strong> società <strong>moderna</strong>; uno sviluppo che, soprattutto nei paesi<br />
anglosassoni, è strettamente legato alle idee del puritanesimo.<br />
L'altro aspetto del<strong>la</strong> libertà <strong>moderna</strong> è l'iso<strong>la</strong>mento e l'impotenza in cui ha gettato<br />
l'individuo, e questo aspetto ha le sue radici nel protestantesimo non meno di quello<br />
dell'indipendenza.<br />
Dato che questo libro tratta soprattutto del<strong>la</strong> libertà in quanto peso e pericolo,<br />
l'analisi che segue, deliberatamente uni<strong>la</strong>terale, mette in risalto quel<strong>la</strong> parte delle<br />
42
dottrine di Lutero e Calvino in cui è radicato questo aspetto negativo del<strong>la</strong> libertà:<br />
<strong>la</strong> parte in cui si insiste sul<strong>la</strong> fondamentale malvagità e impotenza dell'uomo.<br />
Lutero presupponeva una malvagità innata nel<strong>la</strong> natura dell'uomo, <strong>la</strong> quale dirige <strong>la</strong><br />
sua volontà verso il male e rende impossibile a qualunque uomo di compiere una<br />
buona azione sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> propria natura. L'uomo ha una natura malvagia e<br />
viziata. La corruzione del<strong>la</strong> natura umana e <strong>la</strong> completa mancanza di libertà<br />
dell'uomo di scegliere il bene è uno dei concetti fondamentali del pensiero di<br />
Lutero.<br />
Un'espressione radicale dell'impotenza dell'uomo si ritrova nel pamphlet “De servo<br />
arbitrio”, scritto da Lutero sette anni dopo in polemica con <strong>la</strong> difesa del libero<br />
arbitrio fatta da Erasmo. «...Cosi <strong>la</strong> volontà umana è, per così dire, una bestia tra i<br />
due. Se <strong>la</strong> cavalca Iddio, vuole e va dove vuole Iddio; come dice il Salmo, "ero<br />
come una bestia davanti a tè, eppure sono continuamente con tè". Se <strong>la</strong> cavalca<br />
Satana, vuole e va dove vuole Satana. Né <strong>la</strong> sua volontà ha il potere di scegliere il<br />
cavaliere incontro al quale correrà, né quale dei due cercherà; ma i cavalieri stessi<br />
si contendono il suo possesso».<br />
Queste dottrine - che l'uomo è uno strumento impotente nelle mani di Dio e che è<br />
fondamentalmente malvagio, che il suo solo compito è di rassegnarsi al<strong>la</strong> volontà<br />
di Dio, che Dio può salvarlo per un incomprensibile atto di giustizia - non erano <strong>la</strong><br />
risposta definitiva che poteva dare un uomo come Lutero, tanto tormentato dal<strong>la</strong><br />
disperazione, dall'ansietà e dal dubbio e al tempo stesso da un desiderio così<br />
ardente di certezza. Al<strong>la</strong> fine egli trovò <strong>la</strong> risposta ai suoi dubbi. Nel 1518 ebbe<br />
un'improvvisa rive<strong>la</strong>zione. L'uomo non può essere salvato per opera delle sue virtù;<br />
egli non deve nemmeno meditare se le sue opere siano gradite o meno a Dio ma<br />
può avere certezza del<strong>la</strong> sua salvezza se ha fede. La fede è data all'uomo da Dio;<br />
l'uomo, una volta avuta l'indubitabile esperienza soggettiva del<strong>la</strong> fede, può anche<br />
esser certo del<strong>la</strong> sua salvezza. Nel suo rapporto con Dio l'individuo è<br />
essenzialmente ricettivo. L'uomo, ricevuta <strong>la</strong> grazia di Dio nell'esperienza del<strong>la</strong><br />
fede, muta <strong>la</strong> propria natura, poiché nell'atto di fede si unisce a Cristo, e <strong>la</strong> giustizia<br />
di Cristo sostituisce <strong>la</strong> sua, perduta dal<strong>la</strong> caduta di Adamo. Tuttavia, l'uomo durante<br />
<strong>la</strong> sua vita non può mai diventare del tutto virtuoso, perché <strong>la</strong> sua malvagità<br />
naturale non può mai completamente scomparire.<br />
La dottrina luterana del<strong>la</strong> fede, come indubitabile esperienza soggettiva del<strong>la</strong><br />
propria salvezza, può a prima vista apparire in totale contraddizione con il<br />
profondo sentimento di dubbio caratteristico del<strong>la</strong> personalità e degli insegnamenti<br />
di Lutero fino al 1518. Dal punto di vista psicologico, tuttavia, questo passaggio<br />
dal dubbio al<strong>la</strong> certezza, lungi dall'essere contraddittorio, è logico. Dobbiamo<br />
rammentare quel che si è detto del<strong>la</strong> natura di questo dubbio; non era il dubbio<br />
razionale che è radicato nel<strong>la</strong> libertà di pensiero, e che osa rimettere in discussione<br />
opinioni stabilite. Era il dubbio irrazionale che scaturisce dall'iso<strong>la</strong>mento e dal<br />
senso di impotenza di un individuo, il cui atteggiamento verso il mondo è di ansietà<br />
e odio. Questo dubbio irrazionale non può mai essere sanato da risposte razionali,<br />
può dileguarsi solo se l'individuo diventa parte integrante di un mondo che abbia un<br />
senso. Se ciò non accade, come non è accaduto nel caso di Lutero e del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
media che egli rappresentava, il dubbio può solo venir messo a tacere, esser reso<br />
c<strong>la</strong>ndestino, per così dire, e questo può esser compiuto da una formu<strong>la</strong> che<br />
prometta <strong>la</strong> certezza assoluta. La ricerca ossessiva del<strong>la</strong> certezza, come <strong>la</strong><br />
riscontriamo in Lutero, non è l'espressione del<strong>la</strong> fede genuina, ma è radicata nel<br />
bisogno di vincere l'insopportabile dubbio. La soluzione di Lutero è riscontrabile<br />
oggi in molti individui che non pensano in termini teologici: è quel<strong>la</strong> cioè di<br />
raggiungere <strong>la</strong> certezza eliminando l'iso<strong>la</strong>mento individuale, diventando uno<br />
strumento nelle mani di un potere soverchiante esterno all'individuo. Per Lutero<br />
questo potere era Dio ed egli cercava <strong>la</strong> certezza nel<strong>la</strong> sottomissione illimitata. Ma<br />
pur riuscendo in questo modo a far tacere in certa misura i suoi dubbi, questi ultimi<br />
in verità non scomparirono mai del tutto; fino all'ultimo giorno del<strong>la</strong> sua vita ebbe<br />
crisi di dubbio, che doveva vincere con rinnovati sforzi di sottomissione.<br />
43
Psicologicamente <strong>la</strong> fede ha due significati completamente diversi. Può essere<br />
l'espressione di un intimo rapporto con l'umanità e un'affermazione di vita; oppure<br />
può essere un sistema di reazione ad un fondamentale sentimento di dubbio,<br />
radicato nell'iso<strong>la</strong>mento dell'individuo e nel suo atteggiamento negativo verso <strong>la</strong><br />
vita. La fede di Lutero aveva questo carattere compensatorio.<br />
È partico<strong>la</strong>rmente importante comprendere il significato del dubbio e dei tentativi<br />
di metterlo a tacere, perché questo non è un problema esclusivo del<strong>la</strong> teologia di<br />
Lutero e, come vedremo presto, di quel<strong>la</strong> di Calvino, ma continua a essere uno dei<br />
problemi di fondo dell'uomo moderno. <strong>Il</strong> dubbio è il punto di partenza del<strong>la</strong><br />
filosofia <strong>moderna</strong>; il bisogno di farlo tacere ha stimo<strong>la</strong>to potentemente lo sviluppo<br />
del<strong>la</strong> filosofia e del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong>. Ma mentre molti dubbi razionali sono stati<br />
risolti da risposte razionali, il dubbio irrazionale non è scomparso e non può<br />
scomparire finché l'uomo non sia progredito dal<strong>la</strong> libertà negativa al<strong>la</strong> libertà<br />
positiva. I tentativi moderni di vincerlo - convinzione che l'illimitata conoscenza<br />
dei fatti può rispondere al<strong>la</strong> ricerca del<strong>la</strong> certezza, ovvero ancora nel<strong>la</strong><br />
sottomissione a un capo che si assume <strong>la</strong> responsabilità del<strong>la</strong> «certezza» - possono<br />
semplicemente eliminare <strong>la</strong> consapevolezza del dubbio. <strong>Il</strong> dubbio stesso non<br />
scomparirà finché l'uomo non abbia superato il suo iso<strong>la</strong>mento, e finché il suo<br />
posto nel mondo non abbia assunto un significato dal punto di vista delle sue<br />
esigenze umane.<br />
Qual è il nesso tra le dottrine di Lutero e <strong>la</strong> situazione psicologica di tutti, fuorché i<br />
ricchi e i potenti, verso <strong>la</strong> fine del Medioevo? Come abbiamo visto, il vecchio<br />
ordine si stava sgreto<strong>la</strong>ndo. L'individuo aveva perduto <strong>la</strong> sicurezza del<strong>la</strong> certezza<br />
ed era minacciato da nuove forze economiche, dai capitalisti e dai monopoli; il<br />
principio corporativo veniva rimpiazzato dal<strong>la</strong> concorrenza; le c<strong>la</strong>ssi inferiori<br />
sentivano <strong>la</strong> pressione del crescente sfruttamento. L'attrattiva del luteranesimo per<br />
le c<strong>la</strong>ssi inferiori era diversa dall'attrattiva che esercitava sul<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media. I<br />
poveri delle città, ed ancor più i contadini, versavano in una situazione disperata.<br />
Venivano spietatamente sfruttati e privati dei diritti e dei privilegi tradizionali. Si<br />
trovavano in uno stato d'animo rivoluzionario, che trovò espressione nelle rivolte<br />
contadine e in movimenti rivoluzionari urbani. <strong>Il</strong> Vangelo esprimeva le loro<br />
speranze e aspettative proprio come aveva fatto per gli schiavi e <strong>la</strong> plebe all'inizio<br />
del cristianesimo, e spingeva il povero a cercare libertà e giustizia. Nel<strong>la</strong> misura in<br />
cui attaccava l'autorità e metteva <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del Vangelo al centro dei suoi<br />
insegnamenti, Lutero attirava queste masse irrequiete come altri movimenti<br />
religiosi a carattere evangelico avevano fatto prima di lui.<br />
Pur accettando <strong>la</strong> loro fedeltà e appoggiandoli, Lutero non poteva spingersi oltre un<br />
certo punto; e dovette rompere l'alleanza quando i contadini non si accontentarono<br />
più di attaccare l'autorità del<strong>la</strong> Chiesa e di avanzare piccole rivendicazioni per il<br />
miglioramento del<strong>la</strong> loro situazione. Essi finirono, infatti, per diventare una c<strong>la</strong>sse<br />
rivoluzionaria che minacciava di rovesciare ogni autorità e di distruggere le<br />
fondamenta di un ordine sociale al cui mantenimento <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media era interessata<br />
in modo vitale. Infatti, nonostante tutte le difficoltà che abbiamo descritto prima, <strong>la</strong><br />
c<strong>la</strong>sse media, incluso il suo strato più basso, aveva privilegi da difendere dalle<br />
rivendicazioni dei poveri; e perciò era fortemente ostile ai movimenti rivoluzionari<br />
che miravano a distruggere non solo i privilegi dell'aristocrazia, del<strong>la</strong> Chiesa e dei<br />
monopoli, ma anche i suoi privilegi.<br />
La collocazione del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media, a mezza strada tra i ricchissimi e i poverissimi,<br />
ne rese <strong>la</strong> reazione complessa e sotto più d'un aspetto contraddittoria. I suoi membri<br />
volevano mantenere <strong>la</strong> legge e l'ordine, e tuttavia erano loro stessi minacciati negli<br />
interessi vitali dall'ascesa del capitalismo. Anche i membri più riusciti del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
media non erano ricchi e potenti quanto il piccolo gruppo dei grossi capitalisti.<br />
Dovevano lottare duramente per sopravvivere e fare progressi. <strong>Il</strong> lusso del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
dei ricchi aumentava il loro sentimento di piccolezza e li riempiva di invidia e<br />
indignazione. Nel complesso <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media era più danneggiata che avvantaggiata<br />
dal col<strong>la</strong>sso dell'ordine feudale e dall'ascesa del capitalismo.<br />
44
II quadro dell'uomo fatto da Lutero rispecchiava proprio questo dilemma. L'uomo è<br />
libero da tutti i vincoli che lo legano alle autorità spirituali, ma proprio questa<br />
libertà lo <strong>la</strong>scia solo e ansioso, lo sommerge in un sentimento di irrilevanza e<br />
impotenza personali. Questo individuo libero, iso<strong>la</strong>to, è schiacciato dall'esperienza<br />
del<strong>la</strong> sua irrilevanza individuale. La teologia di Lutero da voce a questo sentimento<br />
di impotenza e di dubbio.<br />
<strong>Il</strong> quadro dell'uomo che egli traccia in termini religiosi descrive <strong>la</strong> situazione<br />
dell'individuo come <strong>la</strong> veniva creando l'evoluzione sociale ed economica<br />
dell'epoca. <strong>Il</strong> membro del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media era, di fronte alle nuove forze<br />
economiche, impotente quanto lo era l'uomo in genere, nel<strong>la</strong> descrizione di Lutero,<br />
nel suo rapporto con Dio.<br />
Ma Lutero non si limitò a rendere evidente il sentimento di irrilevanza che già<br />
pervadeva le c<strong>la</strong>ssi sociali cui egli predicava: egli offrì loro una soluzione. Non<br />
solo accettando <strong>la</strong> propria irrilevanza, ma umiliandosi fino all'estremo limite,<br />
rinunziando ad ogni residuo di volontà personale, rinunziando e denunziando <strong>la</strong><br />
propria forza individuale, l'individuo poteva sperare di riuscire accetto a Dio. <strong>Il</strong><br />
rapporto di Lutero con Dio era un rapporto di completa sottomissione. In termini<br />
psicologici il suo concetto di fede suona così: se ti sottometti completamente, se<br />
accetti <strong>la</strong> tua irrilevanza individuale, allora l'onnipotente Iddio sarà forse disposto<br />
ad amarti e a salvarti. Se ti liberi del<strong>la</strong> tua personalità individuale, con tutte le sue<br />
manchevolezze e i suoi dubbi, mediante un completo autoannul<strong>la</strong>mento, ti liberi dal<br />
sentimento del<strong>la</strong> tua nullità e puoi prender parte al<strong>la</strong> gloria di Dio. Così, liberando<br />
gli individui dall'autorità del<strong>la</strong> Chiesa. Lutero li spingeva a sottomettersi a<br />
un'autorità molto più tirannica, quel<strong>la</strong> di un Dio che pretendeva <strong>la</strong> completa<br />
sottomissione dell'uomo e l'annul<strong>la</strong>mento del<strong>la</strong> sua personalità individuale come<br />
condizioni essenziali per <strong>la</strong> sua salvezza. La «fede» di Lutero era <strong>la</strong> convinzione di<br />
essere amato a patto di arrendersi, una soluzione che ha molto in comune con il<br />
principio del<strong>la</strong> completa sottomissione dell'individuo allo Stato e al «Capo».<br />
La reverenza di Lutero per l'autorità, e il suo amore per essa, è evidente anche nelle<br />
sue convinzioni politiche. Pur combattendo contro l'autorità del<strong>la</strong> Chiesa, pur<br />
provando sdegno verso <strong>la</strong> nuova c<strong>la</strong>sse di ricchi - di cui facevano parte gli strati<br />
superiori del<strong>la</strong> gerarchia ecclesiastica - e pur sostenendo entro certi limiti le<br />
tendenze rivoluzionarie dei contadini, Lutero postu<strong>la</strong>va <strong>la</strong> sottomissione alle<br />
autorità mondane, i principi, nel modo più drastico. «Anche se coloro che hanno<br />
l'autorità sono malvagi o privi del<strong>la</strong> fede, nondimeno l'autorità e il suo potere sono<br />
buoni e vengono da Dio... Perciò dove c'è potere, e dove questo fiorisce, là risiede e<br />
là resta, perché così ha voluto Dio». O anche: «Dio preferirebbe sopportare anche il<br />
peggior governo piuttosto che consentire al<strong>la</strong> turba di tumultuare, per quante<br />
giustificazioni essa possa avere... Un principe deve rimanere principe per quanto<br />
tirannico possa essere. Necessariamente mozza <strong>la</strong> testa solo a pochi, dato che per<br />
essere un governante deve avere dei sudditi ».<br />
L'altro aspetto del suo attaccamento all'autorità, e del<strong>la</strong> sua reverenza per essa,<br />
diventa evidente nel suo odio e disprezzo per le masse impotenti, <strong>la</strong> «plebe»,<br />
specialmente quando questa andava oltre certi limiti nei suoi conati rivoluzionari.<br />
In una delle sue diatribe egli scrive le parole famose: «E quindi tutti quelli che<br />
possono colpiscano, ammazzino, e pugnalino, segretamente o palesemente,<br />
ricordando che non ci può esser nul<strong>la</strong> di più velenoso, dannoso o diabolico di un<br />
ribelle. È proprio come quando si deve uccidere un cane rabbioso; se non lo<br />
colpisci, ti colpirà lui, e un intero paese con te».<br />
Tanto <strong>la</strong> personalità di Lutero quanto i suoi insegnamenti rive<strong>la</strong>no un'ambivalenza<br />
verso l'autorità. Da una parte ha paura dell'autorità - l'autorità mondana e quel<strong>la</strong> di<br />
un Dio tirannico - e dall'altra si ribel<strong>la</strong> all'autorità; quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Chiesa. Egli rive<strong>la</strong> <strong>la</strong><br />
stessa ambivalenza nel suo atteggiamento verso le masse. Finché si ribel<strong>la</strong>no entro i<br />
limiti posti da lui, egli è con loro. Ma quando attaccano le autorità che egli approva,<br />
si manifesta un odio e un disprezzo profondi per le masse. Nel capitolo che tratta<br />
del meccanismo psicologico dell'evasione, dimostreremo che questo simultaneo<br />
45
amore per l'autorità e odio contro quelli che sono impotenti sono tratti tipici del<br />
«carattere autoritario ».<br />
A questo punto è importante comprendere che l'atteggiamento di Lutero verso<br />
l'autorità <strong>la</strong>ica era strettamente legato ai suoi insegnamenti religiosi. Nel dare<br />
all'individuo il sentimento del<strong>la</strong> propria indegnità e irrilevanza per quanto riguarda<br />
i suoi meriti personali, nel dargli <strong>la</strong> sensazione di essere uno strumento impotente<br />
nelle mani di Dio, egli privava l'uomo del<strong>la</strong> fiducia in se stesso e del sentimento<br />
del<strong>la</strong> dignità umana che è <strong>la</strong> premessa di ogni ferma resistenza all'oppressione delle<br />
autorità <strong>la</strong>iche. Nel corso dell'evoluzione storica, il risultato degli insegnamenti di<br />
Lutero ha avuto una portata ancor maggiore. Una volta perduto il suo senso di<br />
orgoglio e dignità, l'individuo era psicologicamente preparato a perdere il<br />
sentimento che era stato caratteristico del pensiero medioevale, quello cioè che<br />
l'uomo, <strong>la</strong> sua salvezza spirituale e i suoi fini spirituali erano lo scopo del<strong>la</strong> vita; era<br />
pronto ad accettare un ruolo in cui <strong>la</strong> vita diventava un mezzo rispetto a fini a lui<br />
estranei, quelli del<strong>la</strong> produttività economica e dell'accumu<strong>la</strong>zione di capitale. Le<br />
opinioni di Lutero sui problemi economici erano tipicamente medioevali. Ancor<br />
più di quelle di Calvino. Egli avrebbe aborrito dall'idea che <strong>la</strong> vita dell'uomo<br />
dovesse diventare un mezzo per fini economici. Ma mentre il suo pensiero in<br />
materia economica era quello tradizionale, <strong>la</strong> sua insistenza sul<strong>la</strong> nullità<br />
dell'individuo lo contraddiceva, e apriva <strong>la</strong> strada ad uno sviluppo in cui l'uomo<br />
non solo doveva obbedire a delle autorità <strong>la</strong>iche, ma doveva subordinare <strong>la</strong> sua vita<br />
ai fini del progresso economico. Ai nostri giorni questa tendenza ha raggiunto il<br />
culmine nel concetto fascista secondo il quale scopo del<strong>la</strong> vita è sacrificarsi a poteri<br />
«superiori», al capo o al<strong>la</strong> comunità razziale 26 . La teologia di Calvino, che doveva<br />
diventare per i paesi anglosassoni importante quanto lo è stata quel<strong>la</strong> di Lutero per<br />
<strong>la</strong> Germania, manifesta sostanzialmente lo stesso spirito di quel<strong>la</strong> di Lutero, sia dal<br />
punto di vista teologico che da quello psicologico. Sebbene anch'egli si opponga<br />
all'autorità del<strong>la</strong> Chiesa e al<strong>la</strong> cieca accettazione delle sue dottrine, <strong>la</strong> religione si<br />
fonda per lui sull'impotenza dell'uomo; l'autoumiliazione e <strong>la</strong> distruzione<br />
dell'orgoglio umano costituiscono il leitmotiv del suo pensiero. Solo chi disprezza<br />
questo mondo può dedicarsi al<strong>la</strong> preparazione del mondo futuro.<br />
Egli insegna che dobbiamo umiliarci e che proprio questa autoumiliazione è il<br />
mezzo per poter contare sul<strong>la</strong> forza di Dio. «Infatti nul<strong>la</strong> ci spinge a riporre tutta <strong>la</strong><br />
fiducia e <strong>la</strong> tranquillità dell'animo nel Signore quanto <strong>la</strong> diffidenza verso noi stessi<br />
e l'ansietà derivante dal<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong> del<strong>la</strong> nostra miseria».<br />
Anche Calvino nega che le opere buone possono condurre al<strong>la</strong> salvezza. Anzi nega<br />
addirittura che esistano «Non è mai esistita alcuna opera di un uomo pio che,<br />
esaminata davanti al rigoroso giudizio di Dio, non si dimostrasse condannabile».<br />
Se cerchiamo di comprendere il significato psicologico del sistema di Calvino,<br />
resta vero in linea di principio quello che si è detto degli insegnamenti di Lutero.<br />
Anche Calvino predicava al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media conservatrice, a persone che si<br />
sentivano enormemente sole e impaurite, i cui sentimenti trovavano espressione<br />
nel<strong>la</strong> sua dottrina dell'irrilevanza e dell'impotenza dell'individuo e del<strong>la</strong> futilità dei<br />
suoi sforzi. Tuttavia, possiamo riscontrare qualche lieve differenza; mentre <strong>la</strong><br />
Germania al tempo di Lutero si trovava in una situazione generale di sollevazione,<br />
in cui non solo <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media, ma anche i contadini e <strong>la</strong> plebe urbana erano<br />
minacciati dall'ascesa del capitalismo, Ginevra era una comunità re<strong>la</strong>tivamente<br />
prospera. Nel<strong>la</strong> prima metà del quindicesimo secolo era stata uno dei mercati<br />
importanti dell'Europa, e benché al tempo di Calvino fosse già stata messa in<br />
ombra da Lione sotto questo aspetto, aveva nondimeno conservato una notevole<br />
solidità economica.<br />
26 “Fuga dal<strong>la</strong> libertà”, da cui è tratto il testo, fu pubblicato da E. Fromm (1900-1980) negli Stati Uniti<br />
d’America, nel 1941 dopo che i principali esponenti del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di Francoforte, di cui faceva parte, erano<br />
dovuti fuggire dal<strong>la</strong> Germania a causa del<strong>la</strong> salita al potere di Hitler, al<strong>la</strong> cui ideologia si riferisce<br />
l’affermazione.<br />
46
Nel complesso ci sembra di poter dire che i seguaci di Calvino venivano reclutati<br />
soprattutto nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media conservatrice e che in Francia, O<strong>la</strong>nda e Inghilterra i<br />
suoi principali seguaci non erano tra i gruppi capitalistici avanzati, ma tra gli<br />
artigiani e i piccoli imprenditori, alcuni dei quali erano già più prosperi di altri, ma<br />
che, come gruppo, erano minacciati dall'ascesa del capitalismo.<br />
Verso questa c<strong>la</strong>sse sociale il calvinismo esercitava <strong>la</strong> stessa attrattiva psicologica<br />
che abbiamo già visto a proposito del luteranesimo. Esso esprimeva il sentimento<br />
del<strong>la</strong> libertà, ma anche quello dell'irrilevanza e dell'impotenza dell'individuo.<br />
Offriva una soluzione insegnando all'individuo che avrebbe potuto sperare di<br />
trovare una nuova sicurezza mediante <strong>la</strong> completa sottomissione e autoumiliazione.<br />
Ci sono varie sottili differenze tra gli insegnamenti di Calvino e quelli di Lutero,<br />
ma esse non sono importanti ai fini del tema principale di questo libro. Vale <strong>la</strong> pena<br />
di mettere in risalto solo due motivi di diversità. II primo è <strong>la</strong> dottrina del<strong>la</strong><br />
predestinazione di Calvino. Questa dottrina - diversamente che in S. Agostino, S.<br />
Tommaso e Lutero - diventa una pietra ango<strong>la</strong>re del sistema di Calvino, forse <strong>la</strong> sua<br />
dottrina centrale.<br />
Egli le da un'interpretazione nuova, sostenendo che Dio non solo predestina alcuni<br />
al<strong>la</strong> grazia, ma decide che altri siano destinati al<strong>la</strong> dannazione eterna.<br />
La salvezza o <strong>la</strong> dannazione non sono risultati del bene o del male che l'uomo fa<br />
nel<strong>la</strong> sua vita, ma sono predeterminati da Dio prima che l'uomo nasca. II motivo<br />
per cui Dio abbia prescelto uno e condannato l'altro è un segreto in cui l'uomo non<br />
deve cercare di addentrarsi. Egli ha scelto così perché gli piaceva dimostrare in<br />
questo modo il suo potere illimitato. <strong>Il</strong> Dio di Calvino, nonostante tutti i tentativi di<br />
conservare l'idea del<strong>la</strong> giustizia e dell'amore divini, ha tutte le caratteristiche di un<br />
tiranno senza alcun tratto di amore o anche di giustizia.<br />
La teoria del<strong>la</strong> predestinazione di Calvino ha un'implicazione che deve essere qui<br />
esplicitamente indicata, poiché ha avuto <strong>la</strong> più vigorosa reviviscenza nell'ideologia<br />
nazista: il principio del<strong>la</strong> fondamentale ineguaglianza degli uomini. Per Calvino ci<br />
sono due specie di persone: quelle che vengono salvate e quelle che sono destinate<br />
al<strong>la</strong> dannazione eterna. Dato che questo destino viene determinato prima del<strong>la</strong> loro<br />
<strong>nascita</strong>, e senza che essi possano mutarlo facendo o non facendo certe cose nel<strong>la</strong><br />
loro vita, l'eguaglianza degli uomini viene negata in linea di principio. Gli uomini<br />
sono creati ineguali. Questo principio implica anche che non v'è alcuna solidarietà<br />
tra gli uomini, poiché proprio il fattore che costituisce <strong>la</strong> base più forte dell'umana<br />
solidarietà viene negato: l'eguaglianza del destino umano. I calvinisti con assoluto<br />
candore ritenevano di essere i prescelti, e che tutti gli altri fossero quelli che Dio<br />
aveva condannato al<strong>la</strong> dannazione. Ovviamente questa convinzione rispecchiava<br />
psicologicamente un disprezzo e un odio profondi per gli altri esseri umani: proprio<br />
lo stesso odio che avevano attribuito a Dio.<br />
Un'altra e molto significativa differenza rispetto agli insegnamenti di Lutero sta<br />
nel<strong>la</strong> maggiore importanza attribuita allo sforzo morale e al<strong>la</strong> vita virtuosa. Non<br />
che l'individuo possa mutare il proprio destino con le sue opere, ma il fatto stesso<br />
che egli riesca a compiere lo sforzo è un segno del<strong>la</strong> sua appartenenza al novero dei<br />
salvati. Le virtù che l'uomo deve acquistare sono; <strong>la</strong> modestia e <strong>la</strong> moderazione<br />
(sobrietas), <strong>la</strong> giustizia (iustitia) nel senso che a ciascuno sia data <strong>la</strong> parte che gli è<br />
dovuta, e <strong>la</strong> devozione che unisce l'uomo a Dio. Nell'ulteriore sviluppo del<br />
calvinismo l'insistenza sul<strong>la</strong> vita virtuosa e sul<strong>la</strong> rilevanza di uno sforzo incessante<br />
aumenta di importanza, e in modo partico<strong>la</strong>re l'idea che il successo nel<strong>la</strong> vita<br />
mondana, come risultato di questi sforzi, è un segno di salvezza.<br />
Ma <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re insistenza del calvinismo sul<strong>la</strong> vita virtuosa aveva anche uno<br />
speciale significato psicologico. II calvinismo dava rilievo al<strong>la</strong> necessità di un<br />
incessante sforzo umano. L'uomo deve costantemente cercare di vivere secondo <strong>la</strong><br />
paro<strong>la</strong> di Dio, e non rinunciare mai a questo sforzo. Questa dottrina appare in<br />
contraddizione con quel<strong>la</strong> secondo cui lo sforzo umano non reca vantaggio ai fini<br />
del<strong>la</strong> salvezza. L'atteggiamento fatalistico del<strong>la</strong> rinuncia a qualsiasi sforzo potrebbe<br />
sembrare una risposta molto più appropriata. Alcune considerazioni psicologiche,<br />
47
tuttavia, possono dimostrare che non è così. Lo stato di ansietà, il sentimento di<br />
impotenza e irrilevanza, e soprattutto il dubbio sul proprio destino dopo <strong>la</strong> morte,<br />
creano uno stato d'animo praticamente intollerabile per chiunque. Pressoché<br />
nessuno, che sia colpito da questa paura, è in grado di ri<strong>la</strong>sciarsi, di godere <strong>la</strong> vita e<br />
di essere indifferente a quello che accadrà dopo. Un modo possibile di sfuggire a<br />
questo intollerabile stato di incertezza, e al sentimento paralizzante del<strong>la</strong> propria<br />
irrilevanza, è proprio il tratto che è diventato così importante nel calvinismo: lo<br />
sviluppo di un'attività frenetica e l'affanno di fare qualcosa. In questo senso<br />
l'attività assume un carattere ossessivo; l'individuo deve essere attivo per vincere il<br />
suo sentimento di dubbio e impotenza. Questo genere di sforzo e di attività non è il<br />
risultato del<strong>la</strong> forza ulteriore e del<strong>la</strong> fiducia in sé: è una fuga disperata dall'ansietà.<br />
Questo meccanismo può essere facilmente osservato negli attacchi di panico da<br />
ansietà che subiscono gli individui. Colui che attende di ricevere entro qualche ora<br />
<strong>la</strong> diagnosi del medico sul<strong>la</strong> sua ma<strong>la</strong>ttia - che può essere fatale - si trova assai<br />
naturalmente in uno stato di ansietà. Normalmente egli non resterà seduto<br />
tranquillo ad aspettare. <strong>Il</strong> più delle volte <strong>la</strong> sua ansietà, semprechè addirittura non lo<br />
paralizzi, lo spingerà ad un tipo di attività più o meno frenetica. Può misurare in<br />
lungo e in <strong>la</strong>rgo il pavimento, cominciare a far domande e a par<strong>la</strong>re con chiunque<br />
gli capiti a portata di mano, mettere in ordine <strong>la</strong> sua scrivania, scrivere lettere; può<br />
continuare <strong>la</strong> sua normale attività, ma aumentando<strong>la</strong> e svolgendo<strong>la</strong> più<br />
febbrilmente. <strong>Il</strong> suo sforzo, qualsiasi forma assuma, è determinato dall'ansietà, e<br />
tende a superare il sentimento di impotenza per mezzo di un'attività frenetica.<br />
Nel<strong>la</strong> dottrina calvinista lo sforzo ha ancora un altro significato psicologico. II fatto<br />
che non ci si stancasse di impegnarsi in questo sforzo incessante, e che si riuscisse<br />
nell'attività morale come in quel<strong>la</strong> mondana, era il segno più o meno chiaro<br />
dell'appartenenza al<strong>la</strong> cerchia degli eletti. L'irrazionalità di questo sforzo obbligato<br />
sta nel fatto che l'attività non è intesa a creare un fine desiderato, ma serve a<br />
indicare se accadrà o meno qualcosa che è stato determinato in anticipo,<br />
indipendentemente dall'attività o dal controllo dell'individuo. Questo meccanismo è<br />
ben noto nel caso dei soggetti colpiti da nevrosi coatta. Queste persone, quando<br />
temono il risultato di una vicenda importante, possono, nell'attendere <strong>la</strong> risposta,<br />
mettersi a contare le finestre delle case o gli alberi delle strade. Se il numero è pari,<br />
<strong>la</strong> persona sente che le cose andranno bene; se è dispari, è segno che non riuscirà.<br />
Spesso questo dubbio non si riferisce a un momento specifico, ma al<strong>la</strong> vita intera di<br />
una persona e l'ossessione di cercare «segni» <strong>la</strong> pervaderà in conseguenza. Spesso<br />
il nesso esistente tra il contar pietre, il far solitari, il giocar d'azzardo, ecc., e<br />
l'ansietà e il dubbio, non è cosciente. Una persona può fare i solitari perché è spinta<br />
da un vago sentimento di inquietudine, e solo un'analisi potrebbe sve<strong>la</strong>re <strong>la</strong><br />
funzione occulta del<strong>la</strong> sua attività: rive<strong>la</strong>re il futuro.<br />
Nel calvinismo questo significato dello sforzo faceva parte del<strong>la</strong> dottrina religiosa.<br />
In origine si riferiva soprattutto allo sforzo morale, ma in seguito è stato dato<br />
sempre maggior risalto allo sforzo nel <strong>la</strong>voro e ai risultati di questo sforzo, cioè il<br />
successo o il fallimento nell'attività economica. <strong>Il</strong> successo divento il segno del<strong>la</strong><br />
grazia di Dio; il fallimento il segno del<strong>la</strong> dannazione.<br />
Queste considerazioni dimostrano che l'impulso allo sforzo incessante e al <strong>la</strong>voro<br />
non era affatto in contraddizione con <strong>la</strong> fondamentale convinzione dell'impotenza<br />
dell'uomo; ne era piuttosto il risultato psicologico. In questo senso lo sforzo e il<br />
<strong>la</strong>voro assumevano un carattere totalmente irrazionale. Non dovevano mutare il<br />
destino, essendo questo predeterminato da Dio, a prescindere da qualsiasi sforzo<br />
compiuto dall'individuo. Servivano solo come mezzo per prevedere il destino<br />
predeterminato, mentre al tempo stesso lo sforzo frenetico era una rassicurazione<br />
contro un sentimento di impotenza altrimenti intollerabile.<br />
Questo nuovo atteggiamento verso lo sforzo e il <strong>la</strong>voro come fini in sé può essere<br />
considerato il mutamento psicologico più importante avvenuto nell'uomo dal<strong>la</strong> fine<br />
del Medioevo.<br />
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In ogni società l'uomo per vivere deve <strong>la</strong>vorare. Molte società risolvevano il<br />
problema facendo eseguire il <strong>la</strong>voro dagli schiavi, consentendo così all'uomo libero<br />
di dedicarsi a occupazioni «nobili». In queste società il <strong>la</strong>voro non era degno<br />
dell'uomo libero. Anche nel<strong>la</strong> società medioevale l'onere del <strong>la</strong>voro era<br />
inegualmente distribuito tra le diverse c<strong>la</strong>ssi del<strong>la</strong> gerarchia sociale, e i casi di<br />
brutale sfruttamento erano numerosi. Ma l'atteggiamento verso il <strong>la</strong>voro era diverso<br />
da quello che si è sviluppato poi nell'era <strong>moderna</strong>. <strong>Il</strong> <strong>la</strong>voro non aveva il carattere<br />
astratto del produrre una merce che possa essere vantaggiosamente venduta sul<br />
mercato. Si <strong>la</strong>vorava per soddisfare una domanda concreta e per un fine concreto:<br />
guadagnarsi da vivere. Non c'era alcuna spinta, come ha dimostrato Max Weber 27 ,<br />
a <strong>la</strong>vorare più di quanto fosse necessario per mantenere il tradizionale tenore di<br />
vita. Pare che da alcuni settori del<strong>la</strong> società medioevale il <strong>la</strong>voro fosse goduto come<br />
realizzazione dell'abilità produttiva; e che molti altri <strong>la</strong>vorassero perché dovevano e<br />
sentivano che questa necessità era condizionata da pressioni esterne. La novità<br />
del<strong>la</strong> società <strong>moderna</strong> è che gli uomini sono stati spinti a <strong>la</strong>vorare non tanto da<br />
pressioni esterne, quanto da una costrizione interna che li obbligava a <strong>la</strong>vorare<br />
come in altre società soltanto un padrone molto rigido avrebbe potuto costringere <strong>la</strong><br />
gente a <strong>la</strong>vorare.<br />
Nel convogliare tutte le energie verso il <strong>la</strong>voro, <strong>la</strong> costrizione interna è stata più<br />
efficace di quanto possa mai essere una costrizione esterna. Contro <strong>la</strong> costrizione<br />
esterna c'è sempre un certo atteggiamento di ribellione, che riduce l'efficacia del<br />
<strong>la</strong>voro, oppure rende le persone incapaci di svolgere un compito differenziato che<br />
richieda intelligenza, spirito di iniziativa e senso di responsabilità. La costrizione al<br />
<strong>la</strong>voro, che faceva dell'uomo l'aguzzino di se stesso, non intaccava queste qualità.<br />
Indubbiamente il capitalismo non avrebbe potuto svilupparsi se <strong>la</strong> maggior parte<br />
delle energie umane non fosse stata incana<strong>la</strong>ta in direzione del <strong>la</strong>voro. Nel<strong>la</strong> storia<br />
non si conosce un altro periodo in cui gli uomini liberi abbiano dato in modo così<br />
completo <strong>la</strong> loro energia ad un unico scopo: il <strong>la</strong>voro. La spinta al <strong>la</strong>vorare senza<br />
sosta è stata una delle forze produttive fondamentali, non meno importante, per lo<br />
sviluppo del nostro sistema industriale, del vapore e dell'elettricità.<br />
Finora abbiamo par<strong>la</strong>to soprattutto dell'ansietà e del sentimento di impotenza che<br />
pervadevano <strong>la</strong> personalità del membro del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media. Dobbiamo ora<br />
esaminare un altro tratto che abbiamo appena sfiorato: <strong>la</strong> sua ostilità e il suo<br />
risentimento. Non è sorprendente che <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media manifestasse un'intensa<br />
ostilità. Chiunque sia bloccato nell'espressione emotiva e sensuale, e sia inoltre<br />
minacciato nel<strong>la</strong> sua stessa esistenza, reagirà di solito con ostilità; come abbiamo<br />
visto, <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media nel suo complesso, e soprattutto quei suoi membri che ancora<br />
non godevano dei vantaggi del capitalismo in ascesa, erano bloccati e gravemente<br />
minacciati. C'era un altro fattore che aumentava <strong>la</strong> loro ostilità: il lusso e <strong>la</strong> potenza<br />
che il piccolo gruppo dei capitalisti, compresi gli alti dignitari del<strong>la</strong> Chiesa, poteva<br />
permettersi di ostentare. <strong>Il</strong> naturale risultato fu una profonda invidia nei loro<br />
confronti. Ma pur aumentando questa ostilità e questa invidia, i membri del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
media non trovavano un modo diretto di esprimersi quale era possibile alle c<strong>la</strong>ssi<br />
inferiori. Queste ultime odiavano i ricchi che le sfruttavano, volevano rovesciare il<br />
potere, e potevano perciò permettersi di provare ed esprimere odio. Anche <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
superiore poteva permettersi di esprimere aggressività direttamente nel<strong>la</strong> volontà di<br />
potenza. I membri del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media erano sostanzialmente conservatori; volevano<br />
stabilizzare <strong>la</strong> società e non scardinar<strong>la</strong>; ognuno di loro sperava di diventare più<br />
agiato e di partecipare allo sviluppo generale. Perciò l'ostilità non doveva essere<br />
espressa apertamente, ed anzi non poteva esser nemmeno provata<br />
consapevolmente; doveva venir repressa. Tuttavia <strong>la</strong> repressione si limita a<br />
rimuovere l'ostilità dal<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong>, ma non l'abolisce. Inoltre l'ostilità contenuta,<br />
27 M. Weber (1864-1920), sociologo tedesco. L’'interesse di Weber si è rivolto al<strong>la</strong> metodologia delle<br />
scienze sociali e dell'economia. L’'opera cui deve gran parte del<strong>la</strong> sua notorietà è “L'etica protestante<br />
e lo spirito del capitalismo”(1904), testo in cui sviluppa le tesi richiamate da Fromm.<br />
49
non trovando un'espressione diretta, aumenta fino al punto di pervadere l'intera<br />
personalità, i rapporti con se stessi e con gli altri, ma in forme razionalizzate e<br />
camuffate.<br />
Lutero e Calvino rappresentano questa ostilità onnipervadente; non solo nel senso<br />
che personalmente appartenevano al novero degli odiatori più violenti di tutta <strong>la</strong><br />
storia, ma anche, cosa ancora più importante, nel senso che le loro dottrine erano<br />
intrise di questa ostilità e potevano attrarre solo un gruppo sociale spinto a sua<br />
volta da un'intensa, repressa ostilità. L'espressione più palese di questa ostilità si<br />
riscontra nel loro concetto di Dio, specie nel<strong>la</strong> dottrina di Calvino. Pur essendo a<br />
tutti noi ben noto questo concetto, spesso non intendiamo appieno che cosa<br />
significhi concepire Dio - come fa Calvino - come un essere arbitrario e spietato,<br />
che destina una parte dell'umanità al<strong>la</strong> dannazione eterna, senza alcuna<br />
giustificazione o ragione fuorché quel<strong>la</strong> che l'atto è espressione del<strong>la</strong> potenza<br />
divina. Lo stesso Calvino, naturalmente, si preoccupava delle ovvie obiezioni che<br />
potevano esser mosse a questa concezione di Dio; ma le costruzioni più o meno<br />
sottili da lui escogitate per sostenere l'immagine di un Dio giusto e amorevole non<br />
suonano affatto convincenti. Questo quadro di un Dio dispotico, che vuole un<br />
potere illimitato sugli uomini e <strong>la</strong> loro sottomissione e umiliazione, era <strong>la</strong><br />
proiezione dell'ostilità e dell'invidia del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media.<br />
L'ostilità e il risentimento trovavano espressione anche nel<strong>la</strong> natura dei rapporti con<br />
gli altri. La forma principale che assumevano era l'indignazione morale, che ha<br />
invariabilmente caratterizzato <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media inferiore dal tempo di Lutero fino al<br />
tempo di Hitler. Questa c<strong>la</strong>sse, pur essendo in realtà invidiosa di coloro che<br />
avevano ricchezza e potenza, e che potevano perciò godersi <strong>la</strong> vita, razionalizzava<br />
questo risentimento e questa invidia attraverso l'indignazione morale e <strong>la</strong><br />
convinzione che queste persone superiori sarebbero state punite con le pene eterne.<br />
Ma <strong>la</strong> tensione ostile verso gli altri si esprimeva anche in altri modi. <strong>Il</strong> regime di<br />
Calvino a Ginevra era caratterizzato dal sospetto e dall'ostilità di tutti nei confronti<br />
di tutti, e certamente in esso si poteva ritrovare ben poco spirito di amore e di<br />
fratel<strong>la</strong>nza. Calvino era sospettoso del<strong>la</strong> ricchezza, e al tempo stesso provava scarsa<br />
pietà per <strong>la</strong> povertà. Nel successivo sviluppo del calvinismo si levarono spesso<br />
ammonimenti contro <strong>la</strong> benevolenza verso lo straniero, e si manifestarono<br />
atteggiamenti di crudeltà verso il povero e una generale atmosfera di sospetto.<br />
A prescindere dal<strong>la</strong> proiezione dell'ostilità e del<strong>la</strong> gelosia su Dio, e dal<strong>la</strong> loro<br />
indiretta espressione nel<strong>la</strong> forma dell'indignazione morale, un altro modo di<br />
esprimere l'ostilità era quello di rivolger<strong>la</strong> contro se stessi. Abbiamo visto con<br />
quanto ardore sia Lutero che Calvino insistessero sul<strong>la</strong> malvagità dell'uomo, e<br />
insegnassero che l'autoumiliazione e l'autodegradazione erano <strong>la</strong> base di ogni virtù.<br />
Quello che avevano consapevolmente in mente certamente non era altro che<br />
un'umiltà portata ad un grado estremo. Ma chiunque abbia dimestichezza con i<br />
meccanismi psicologici dell'autoaccusa e dell'autoumiliazione non può aver dubbi<br />
sul fatto che questo genere di «umiltà» ha le sue radici in un odio violento, a cui<br />
per una qualche ragione viene impedito di rivolgersi verso il mondo esterno, sicché<br />
finisce per operare contro se stessi. Per comprendere pienamente questo fenomeno,<br />
è necessario rendersi conto che gli atteggiamenti verso gli altri e verso se stessi,<br />
lungi dall'essere in contrasto tra loro, procedono in linea di principio<br />
paralle<strong>la</strong>mente. Ma mentre l'ostilità verso gli altri è spesso cosciente, e può essere<br />
espressa palesemente, di solito l'ostilità verso se stessi (fuorché in casi patologici) è<br />
inconscia, e si esprime in forme indirette razionalizzate. Una è l'attiva insistenza<br />
del<strong>la</strong> persona sul<strong>la</strong> propria malvagità e irrilevanza, di cui abbiamo appena par<strong>la</strong>to;<br />
un'altra si presenta sotto forma di co<strong>scienza</strong> o dovere. Proprio come esiste un'umiltà<br />
che non ha nul<strong>la</strong> a che fare con l'odio per se stessi, così esistono autentiche<br />
esigenze del<strong>la</strong> co<strong>scienza</strong> e un senso del dovere che non sono radicati nell'ostilità.<br />
Questa co<strong>scienza</strong> autentica fa parte del<strong>la</strong> personalità integrata, e il soddisfacimento<br />
delle sue esigenze è un'affermazione dell'intera personalità. Tuttavia, il senso del<br />
«dovere», come quello che pervade <strong>la</strong> vita dell'uomo moderno dal tempo del<strong>la</strong><br />
50
Riforma nelle razionalizzazioni religiose o <strong>la</strong>iche, è intensamente colorato di<br />
ostilità contro l'io. La «co<strong>scienza</strong>» è un aguzzino, che l'uomo mette entro se stesso.<br />
Lo spinge ad agire secondo desideri e fini che egli ritiene suoi, mentre in realtà<br />
sono l'interiorizzazione di imperativi sociali esterni. Lo perseguita con rigore e<br />
crudeltà, vietandogli il piacere e <strong>la</strong> felicità, rendendogli tutta <strong>la</strong> vita una espiazione<br />
di qualche misterioso peccato. L'ostilità in cui sono radicati questo genere moderno<br />
di umiltà e questo senso del dovere spiega anche una contraddizione che altrimenti<br />
<strong>la</strong>scerebbe perplessi: il fatto che questa umiltà si accompagni al disprezzo per gli<br />
altri, e che il senso di superiorità abbia addirittura sostituito l'amore e <strong>la</strong><br />
misericordia. L'umiltà genuina e l'autentico senso del dovere verso i propri simili<br />
non sono capaci di questo: ma l'autoumiliazione, e una «co<strong>scienza</strong>» che si<br />
autoannul<strong>la</strong>, sono soltanto una delle facce di un'ostilità, il cui rovescio è costituito<br />
dal disprezzo e dall'odio per gli altri.<br />
3. Conclusioni<br />
Dopo questa breve analisi del significato del<strong>la</strong> libertà nel periodo del<strong>la</strong> Riforma,<br />
sembra opportuno riassumere le conclusioni che abbiamo raggiunto riguardo allo<br />
specifico problema del<strong>la</strong> libertà e al problema generale dell'interazione dei fattori<br />
economici, psicologici e ideologici nel processo sociale.<br />
<strong>Il</strong> crollo del sistema medioevale del<strong>la</strong> società feudale ebbe un significato<br />
fondamentale per tutte le c<strong>la</strong>ssi sociali; l'individuo fu <strong>la</strong>sciato solo e iso<strong>la</strong>to. Era<br />
libero. E questa libertà ebbe un duplice risultato; l'uomo fu privato del<strong>la</strong> sicurezza<br />
di cui godeva, dell'indiscutibile sentimento di appartenenza, e fu strappato dal<br />
mondo che aveva soddisfatto <strong>la</strong> sua ricerca di sicurezza sia economicamente che<br />
spiritualmente. Si sentiva solo e ansioso. Ma era anche libero di agire e di pensare<br />
con indipendenza, di diventare padrone di se stesso e di fare del<strong>la</strong> sua vita quello<br />
che poteva, non quello che gli si diceva di fare.<br />
Tuttavia, a seconda del<strong>la</strong> reale situazione di vita dei membri delle diverse c<strong>la</strong>ssi<br />
sodali, queste due specie di libertà avevano un peso differente. Solo <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse più<br />
riuscita del<strong>la</strong> società si avvantaggiava del capitalismo in ascesa in misura tale da<br />
trarne ricchezza e potenza reali. Essi potevano espandersi, conquistare, dominare e<br />
ammassare fortune per effetto del<strong>la</strong> loro attività e di calcoli razionali. Questa nuova<br />
aristocrazia del denaro, insieme a quel<strong>la</strong> del sangue, si trovava nel<strong>la</strong> condizione di<br />
poter godere i frutti del<strong>la</strong> nuova libertà e di acquistare un nuovo sentimento di<br />
supremazia e di iniziativa individuale. D'altra parte, dovevano dominare le masse e<br />
combattersi a vicenda, e cosi anche <strong>la</strong> loro situazione non era libera da<br />
un'insicurezza e da un'ansietà fondamentali. Ma nel complesso, per i nuovi<br />
capitalisti il significato positivo del<strong>la</strong> libertà risultava, predominante.<br />
Esso si esprimeva nel<strong>la</strong> civiltà che fiorì sul terreno del<strong>la</strong> nuova aristocrazia, <strong>la</strong><br />
civiltà del <strong>Rinascimento</strong>. Nel<strong>la</strong> sua arte e nel<strong>la</strong> sua filosofia questo esprimeva il<br />
nuovo spirito di dignità, volontà e supremazia umane, sebbene spesso anche<br />
disperazione e scetticismo.<br />
D'altro canto le c<strong>la</strong>ssi inferiori, <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione povera delle città, e soprattutto i<br />
contadini, erano spinti da un nuovo bisogno di libertà e da un'ardente speranza di<br />
porre fine al<strong>la</strong> crescente oppressione economica e personale. Avevano poco da<br />
perdere e molto da guadagnare. Non s'interessavano delle sottigliezze dogmatiche,<br />
ma piuttosto dei principi fondamentali del<strong>la</strong> Bibbia: <strong>la</strong> fratel<strong>la</strong>nza e <strong>la</strong> giustizia. Le<br />
loro speranze assunsero una forma attiva in varie rivolte politiche e in movimenti<br />
religiosi caratterizzati dallo spirito intransigente tipico degli inizi del cristianesimo.<br />
Tuttavia <strong>la</strong> nostra attenzione si è rivolta soprattutto al<strong>la</strong> reazione del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media.<br />
L'avvento del capitalismo, pur contribuendo anche ad accrescere <strong>la</strong> loro<br />
indipendenza e il loro spirito di iniziativa, era una forte minaccia. All'inizio del<br />
sedicesimo secolo l'individuo del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media non poteva trarre ancora molto<br />
potere e molta sicurezza dal<strong>la</strong> nuova libertà. La libertà recava con sé iso<strong>la</strong>mento e<br />
51
senso di irrilevanza personale, più che forza e fiducia. Oltre a ciò, egli era pieno di<br />
un bruciante risentimento contro il lusso e <strong>la</strong> potenza delle c<strong>la</strong>ssi ricche, inclusa <strong>la</strong><br />
gerarchia del<strong>la</strong> Chiesa romana. <strong>Il</strong> protestantesimo dava espressione ai sentimenti di<br />
irrilevanza e al risentimento; distruggeva <strong>la</strong> fiducia dell'uomo nell'amore<br />
incondizionato di Dio; insegnava all'uomo a disprezzarsi e a sospettare di se stesso<br />
e degli altri, lo rendeva uno strumento anziché un fine; capito<strong>la</strong>va di fronte al<br />
potere civile e abbandonava il principio che il potere civile non è giustificato dal<strong>la</strong><br />
sua mera esistenza, qualora contraddica ai principi morali; e, così facendo, esso<br />
abbandonava certi elementi che erano stati le basi del<strong>la</strong> tradizione giudaicocristiana.<br />
Le sue dottrine presentavano un quadro dell'individuo, di Dio e del<br />
mondo, in cui questi sentimenti venivano giustificati dal<strong>la</strong> convinzione che<br />
l'irrilevanza e l'impotenza, che l'individuo provava, derivavano dal<strong>la</strong> natura<br />
dell'uomo come tale e che questi doveva provare proprio questi sentimenti.<br />
In questo modo le nuove dottrine religiose non solo esprimevano ciò che il tipico<br />
membro del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media sentiva, ma, razionalizzando e rendendo sistematico<br />
questo atteggiamento, lo esaltavano e lo rafforzavano nello stesso tempo. Ma non<br />
era tutto qui. Esse, inoltre, indicavano all'individuo un modo di affrontare <strong>la</strong> propria<br />
ansietà. Gli insegnavano che accettando pienamente <strong>la</strong> sua impotenza, e <strong>la</strong><br />
malvagità del<strong>la</strong> sua natura, considerando <strong>la</strong> sua vita come un'espiazione dei suoi<br />
peccati, umiliando se stesso al massimo e sforzandosi senza posa, sarebbe riuscito a<br />
vincere i suoi dubbi e <strong>la</strong> sua ansietà; che, grazie al<strong>la</strong> completa sottomissione, egli<br />
avrebbe potuto essere amato da Dio e avrebbe potuto almeno sperare di essere fra<br />
coloro che Dio aveva deciso di salvare. <strong>Il</strong> protestantesimo era <strong>la</strong> risposta alle<br />
esigenze umane dell'individuo spaventato, sradicato e iso<strong>la</strong>to che doveva orientarsi<br />
e collegarsi a un mondo nuovo. La nuova struttura di carattere, derivante dai<br />
mutamenti economici e sociali, e intensificata dalle dottrine religiose, divenne a sua<br />
volta un fattore importante dell'ulteriore sviluppo sociale ed economico. Le qualità<br />
stesse che erano radicate in questa struttura di carattere - l'ossessione del <strong>la</strong>voro, <strong>la</strong><br />
passione del risparmio, <strong>la</strong> disposizione a fare del<strong>la</strong> propria vita uno strumento per i<br />
fini di un potere extrapersonale, l'ascetismo e un senso ossessivo del dovere - erano<br />
tratti di carattere che divennero forze produttive nel<strong>la</strong> società capitalistica, forze<br />
senza le quali il moderno sviluppo economico e sociale sarebbe stato impensabile.<br />
Erano le forme specifiche in cui si incana<strong>la</strong>va l'energia umana e in cui questa<br />
diventò una delle forze produttive del processo sociale. Agire in armonia con i<br />
nuovi tratti di carattere era vantaggioso dal punto di vista dei bisogni economici;<br />
ma era anche soddisfacente psicologicamente, poiché una tale azione rispondeva<br />
alle necessità e alle ansietà di questo nuovo tipo di personalità. In termini più<br />
generali, si potrebbe dire che il processo sociale, determinando il modo di vita<br />
dell'individuo, cioè il suo rapporto con gli altri e con il <strong>la</strong>voro, model<strong>la</strong> <strong>la</strong> struttura<br />
del suo carattere; nuove ideologie - religiose, filosofiche o politiche - derivano da<br />
questo mutato carattere e lo attirano, intensificandolo, soddisfacendolo e<br />
stabilizzandolo; i nuovi tratti di carattere a loro volta diventano fattori importanti<br />
dell'ulteriore sviluppo economico e influenzano il processo sociale; mentre in<br />
origine si sono sviluppati come reazione al<strong>la</strong> minaccia di nuove forze economiche,<br />
lentamente diventano forze produttive che promuovono e intensificano il nuovo<br />
sviluppo economico.<br />
da E. Fromm “Fuga dal<strong>la</strong> libertà”, Ed. Comunità<br />
52
15 - ABBAGNANO –FORNERO: GALILEO GALILEI E LA NASCITA DELLA<br />
SCIENZA MODERNA<br />
1. Vita e opere.<br />
2. L'autonomia del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> e il rifiuto del principio di autorità.<br />
2.1 La polemica contro <strong>la</strong> Chiesa e i teologi.<br />
2.2 <strong>la</strong> polemica contro gli aristotelici.<br />
3. La distruzione del<strong>la</strong> cosmologia aristotelico-tolemaica.<br />
3.1. Le scoperte astronomiche ed «il funerale del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> aristotelica».<br />
3.2 <strong>Il</strong> «Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo» e <strong>la</strong> difesa del<br />
copernicanesimo.<br />
3.3 La scoperta del cannocchiale e <strong>la</strong> difesa del suo valore<br />
scientifico.<br />
4. <strong>Il</strong> metodo del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>.<br />
4.1- Le «sensate esperienze» e le «necessarie dimostrazioni»<br />
4.2 Induzione e deduzione: il binomio indissolubile del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> galileana<br />
4.3. Esperienza e verifica.<br />
4.4. Metodo galileiano e <strong>scienza</strong> antica.<br />
5. Metodo e filosofia<br />
5.1 Presupposti e giustificazioni filosofiche del metodo<br />
5. 2 <strong>Il</strong> realismo di Galileo<br />
1. Vita e opere.<br />
Galileo Galilei nacque a Pisa il 15 Febbraio 1564, da genitori del<strong>la</strong> media<br />
borghesia, che si trasferirono a Firenze nel 1574, dove Galileo compì i primi studi<br />
di letteratura e di logica. Nel 1581, per volere del padre, si iscrisse al<strong>la</strong> facoltà<br />
di medicina dell'Università di Pisa. Ma per questo tipo di studi non mostrò alcun<br />
vero interesse e tornò a Firenze senza aver conseguito titoli accademici. Qui<br />
approfondì <strong>la</strong> matematica, sotto <strong>la</strong> guida di Ostilio Ricci, discepolo del celebre<br />
Tartaglia e cominciò a compiere osservazioni fisiche. Nel 1583 scoprì<br />
l'isocronismo delle oscil<strong>la</strong>zioni pendo<strong>la</strong>ri. Negli anni seguenti giunse a formu<strong>la</strong>re<br />
alcuni teoremi di geometria e di meccanica, che più tardi dette al<strong>la</strong> luce. Dallo<br />
studio di Archimede fu portato a scoprire <strong>la</strong> bi<strong>la</strong>ncetta per determinare il peso<br />
specifico dei corpi (1586). Intanto nel 1588 diede anche un saggio del<strong>la</strong> propria<br />
cultura letteraria nelle due lezioni tenute all'Accademia fiorentina, Circa <strong>la</strong><br />
figura, sito e grandezza dell'Inferno di Dante e nelle Considerazioni sul Tasso,<br />
di poco posteriori.<br />
La sua cultura matematica gli procurò stima e simpatia e nel 1589 ottenne <strong>la</strong><br />
cattedra di matematica dell'Università di Pisa. Rimase in questa città per tre<br />
anni, durante i quali scoprì fra l'altro <strong>la</strong> legge di caduta dei gravi. Nel 1592<br />
passò ad insegnare matematica nell'Università di Padova dove trascorse 18 anni,<br />
che furono i più fecondi e felici del<strong>la</strong> sua vita.<br />
Con <strong>la</strong> costruzione del cannocchiale (1609) si apre <strong>la</strong> serie delle grandi<br />
scoperte astronomiche, di cui diede l'entusiastico annuncio nel Sidereus nuncius<br />
{Ragguaglio astronomico) del 1610. Keplero riconobbe subito l'esattezza e<br />
l'importanza delle sue scoperte, che accrebbero enormemente <strong>la</strong> fama di Galileo e<br />
gli procurarono il posto, da lui ambito, di matematico dello studio di Pisa. Ma<br />
le scoperte astronomiche e le sue idee copernicane lo misero progressivamente<br />
in urto con gli aristotelici e con le gerarchie ecclesiastiche. Infatti Galileo, nel<br />
Febbraio del 1616, venne ammonito dal cardinale Bel<strong>la</strong>rmino di professare <strong>la</strong><br />
nuova astronomia. Pochi giorni dopo, il 3 Marzo, l'opera di Copernico venne<br />
messa all'indice.<br />
53
Nonostante <strong>la</strong> sconfitta, Galileo continuò i suoi studi e nel 1623,<br />
polemizzando con il padre gesuita Orazio Grassi, pubblicò il Saggiatore, dedicato<br />
a problemi re<strong>la</strong>tivi alle comete e, nello stesso tempo, ad importanti<br />
considerazioni di tipo metodologico. Frattanto continuò a <strong>la</strong>vorare al Dialogo<br />
sopra i due massimi sistemi del mondo, il tolemaico e il copernicano,<br />
incoraggiato anche dall'ascesa al pontificato del cardinale Barberini (Urbano<br />
VIII), che gli aveva sempre mostrato benevolenza.<br />
<strong>Il</strong> Dialogo fu stampato nel Febbraio del 1632. Ma già nel settembre Galilei veniva<br />
citato dal Papa a comparire dinanzi al S. Uffizio di Roma. <strong>Il</strong> processo durò sino al<br />
22 Giugno 1633 e si concluse con l'abiura di Galilei. <strong>Il</strong> carcere a vita gli venne<br />
tramutato in confino, prima nel pa<strong>la</strong>zzo dell'arcivescovo di Siena, suo amico, e poi<br />
presso <strong>la</strong> sua vil<strong>la</strong> di Arcetri, ove fu assistito amorosamente dal<strong>la</strong> figlia suor Maria<br />
Celeste. E nel<strong>la</strong> solitudine di Arcetri scrisse quello che è forse il suo capo<strong>la</strong>voro<br />
scientifico: Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (che<br />
sono <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> resistenza dei materiali e <strong>la</strong> dinamica), pubblicato in<br />
O<strong>la</strong>nda.<br />
L'8 Gennaio 1642 Galileo chiudeva per sempre i suoi occhi ormai ciechi che<br />
per primi, nel<strong>la</strong> storia dell'umanità, avevano potuto contemp<strong>la</strong>re sconosciute<br />
realtà celesti.<br />
2. L'autonomia del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> e il rifiuto del principio di autorità.<br />
<strong>Il</strong> primo risultato storicamente decisivo dell'opera di Galileo è <strong>la</strong> difesa<br />
dell'autonomia del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, cioè <strong>la</strong> salvaguardia dell'indipendenza del nuovo sapere da<br />
ogni ingerenza esterna.<br />
A differenza di altri dotti del tempo, che avevano scelto di non sfidare le autorità<br />
costituite, soprattutto ecclesiastiche, e che tenevano ce<strong>la</strong>te le loro scoperte o ne<br />
facevano partecipi solo i colleghi, e in modo strettamente tecnico, Galileo intuisce<br />
che <strong>la</strong> battaglia per <strong>la</strong> libertà del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> era una necessità storica di primaria<br />
importanza, in cui ne andava del futuro stesso dell'umanità. Da ciò <strong>la</strong> sua lotta,<br />
che riguardò sostanzialmente due fronti: l'autorità religiosa, personificata dal<strong>la</strong><br />
Chiesa, e l'autorità culturale, personificata dagli aristotelici.<br />
2.1____________________________________________________<br />
La Controriforma aveva stabilito che ogni forma di sapere dovesse essere in<br />
armonia con <strong>la</strong> Sacra Scrittura, nel<strong>la</strong> precisa interpretazione che ne aveva fornito <strong>la</strong><br />
Chiesa cattolica.<br />
Applicato al<strong>la</strong> nuova <strong>scienza</strong>, tale decreto poteva generare il problema se il<br />
credente dovesse accettare solo il messaggio religioso e morale del<strong>la</strong> Bibbia oppure<br />
ogni affermazione scritturale. <strong>Il</strong> cardinal Bel<strong>la</strong>rmino, gesuita e filosofo, consultore<br />
del S. Uffizio, sosteneva ad esempio, con <strong>la</strong> quasi totalità dei teologi, <strong>la</strong> seconda<br />
soluzione, convinto che il negare certi dati di fatto delle Scritture, pur non intaccando<br />
i fondamenti del<strong>la</strong> fede, invalidasse <strong>la</strong> verità del<strong>la</strong> Bibbia, che essendo scritta<br />
sotto ispirazione dello Spirito Santo, non poteva che essere vera in tutte le sue<br />
affermazioni, « sarebbe heretico chi dicesse che Abramo non abbia havuti due figlioli<br />
e Iacob dodici, come chi dicesse che Christo non è nato di vergine, perché l’un e<br />
l'altro lo dice lo Spirito Santo per bocca de' Profeti ed Apostoli».<br />
Galileo, scienziato e uomo di fede, pensa invece che una posizione del genere<br />
avrebbe ostaco<strong>la</strong>to il libero sviluppo del sapere e danneggiato <strong>la</strong> religione stessa,<br />
che, rimanendo ancorata a tesi dichiarate false dal progresso scientifico, avrebbe<br />
inevitabilmente finito per squalificarsi dinanzi agli occhi dei credenti. Di conseguenza,<br />
nelle cosiddette lettere copernicane (una inviata a don Benedetto Castelli, suo<br />
discepolo, nel 1613, due a monsignor Dini, nel 1615, e una a madama Cristina di<br />
54
Lorena, granduchessa di Toscana, sempre nel 1615), Galileo affronta il problema<br />
dei rapporti fra <strong>scienza</strong> e fede, pervenendo al seguente schema di soluzione. La<br />
natura (oggetto del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>) e <strong>la</strong> Bibbia (base del<strong>la</strong> religione) derivano<br />
entrambe da Dio, questa come «dettatura dello Spirito Santo», quel<strong>la</strong> come<br />
osservatissima esecutrice de gli ordini di Dio» (Lettera a don Benedetto Castelli).<br />
Come tali, esse non possono oggettivamente contraddirsi fra di loro. Eventuali<br />
«contrasti fra verità scientifica e verità religiosa sono quindi soltanto apparenti<br />
(Gailei rifiuta esplicitamente <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> doppia verità) e vanno risolti<br />
rivedendo l'interpretazione del<strong>la</strong> Bibbia. Operazione tanto più legittima, per<br />
Galilei, se si pensa: a) che le Scritture hanno dovuto « accomodarsi al<strong>la</strong> capacità de'<br />
popoli rozzi e indisciplinati» ed usare quindi un linguaggio antropomorfico e<br />
re<strong>la</strong>tivo alle cognizioni del «vulgo», mentre <strong>la</strong> Natura e le sue leggi seguono un<br />
corso inesorabile ed immutabile senza doversi piegare alle esigenze umane; b)<br />
che <strong>la</strong> Bibbia non contiene princìpi che riguardano le leggi di natura, ma verità<br />
che si riferiscono al destino ultimo dell'uomo, premendo ad essa d'insegnarci<br />
«come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo» (Lettera a Madama Cristina).<br />
In conclusione, se <strong>la</strong> Bibbia è arbitra nel campo etico-religioso, <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> è<br />
arbitra nel campo delle verità naturali, in re<strong>la</strong>zione alle quali non è <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> che<br />
deve adattarsi al<strong>la</strong> Bibbia, ma l'interpretazione del<strong>la</strong> Bibbia che deve adattarsi al<strong>la</strong><br />
<strong>scienza</strong>. L'errore dei teologi consiste dunque nel<strong>la</strong> pretesa che <strong>la</strong> Scrittura faccia<br />
testo anche riguardo alle conoscenze naturali, dimenticando che in questo campo<br />
«el<strong>la</strong> dovrebbe esser riserbata nell'ultimo luogo» (Lettera a don B. Castelli), e che,<br />
quando <strong>la</strong> Bibbia appare in contrasto con <strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, essa va adeguatamente<br />
reinterpretata, andando al di là del «nudo senso delle parole».<br />
Si noti come <strong>la</strong> posizione galileiana, che inizialmente non poteva non apparire<br />
«eretica» e convergente con <strong>la</strong> tesi protestante del «libero esame», abbia finito<br />
per imporsi non solo al<strong>la</strong> cultura <strong>la</strong>ica, ma al<strong>la</strong> Chiesa stessa, che con il tempo è<br />
pervenuta a riconoscere l'autonomia operativa del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> nel campo delle<br />
conoscenze naturali, dimostrandosi eventualmente disposta (vedi <strong>la</strong> teoria<br />
dell'evoluzione) a reinterpretare <strong>la</strong> lettera dei testi biblici in conformità del<strong>la</strong><br />
<strong>scienza</strong>.<br />
2.2 ____________________________________________________<br />
Indipendente dall'autorità religiosa del<strong>la</strong> Bibbia, <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> deve esserlo altrettanto<br />
nei confronti di quel<strong>la</strong> culturale di Aristotele e dei sapienti del<br />
passato. Pur non essendo uno di quelli che si vogliono «<strong>la</strong>sciar infinocchiar da<br />
Aristotile» (Dialogo, in Opere, VII, 138), Galileo mostra grande stima per lui e<br />
per gli altri scienziati antichi, ritenendoli uomini amanti del<strong>la</strong> verità e del<strong>la</strong><br />
ricerca. <strong>Il</strong> suo disprezzo colpisce piuttosto i loro infedeli discepoli,<br />
soprattutto gli aristotelici contemporanei, che anziché osservare direttamente <strong>la</strong><br />
natura e conformare ad esse le loro opinioni, si limitano a consultare i testi delle<br />
biblioteche, vivendo in un astratto «mondo di carta» con <strong>la</strong> convinzione che «il<br />
mondo sta come scrisse Aristotele e non come vuole <strong>la</strong> natura».<br />
Agli occhi di Galileo gli aristotelici continuano a offrire il triste spettacolo di<br />
un dogmatismo antiscientifico che ostaco<strong>la</strong> l’avanzamento del sapere ed<br />
inebetisce gli intelletti.<br />
Emblematico, a questo proposito, il racconto di uno dei personaggi del Dialogo, che<br />
avendo potuto osservare insieme ad altri, in casa di un medico, che in un cadavere<br />
umano i nervi partono dal cervello e non dal cuore, secondo quanto scrive<br />
Aristotele, ebbe occasione di sentir fare da «un gentil uomo ch'egli conosceva per<br />
filosofo aristotelico» un discorso di questo tipo: «Voi mi avete fatto veder questa cosa<br />
talmente aperta e sensata, che quando il testo d'Aristotele non fusse in<br />
contrario, che apertamente dice i nervi nascer dal cuore, bisognerebbe per forza<br />
confessar<strong>la</strong> per vera»<br />
55
3. La distruzione del<strong>la</strong> cosmologia aristotelico-tolemaica.<br />
Galileo aveva intuito <strong>la</strong> verità del copernicanesimo sin dall’inizio dei suoi studi. In<br />
seguito, grazie all’uso del telescopio, che gli permetteva di scrutare i vasti spazi del<br />
cielo con più acuta vista, egli pervenne a delle scoperte — comunicate nel Sidereus<br />
Nuncius (Ragguaglio astronomico) del 1610 — le quali rappresentano al tempo<br />
stesso <strong>la</strong> verifica empirica del copernicanesimo ed il colpo decisivo al<strong>la</strong> vecchia<br />
cosmologia, tutta fondata sul dualismo fra cieli e terra.<br />
3.1. ________________________________________________________<br />
Tradizionalmente si riteneva che <strong>la</strong> Luna, analogamente agli altri corpi celesti e a<br />
differenza del<strong>la</strong> terra, fosse rivestita di una superficie «liscia e levigata». Invece, le<br />
osservazioni telescopiche di Galileo mostrano come molte delle macchie scure di essa,<br />
visibili ad occhio nudo, siano ombre proiettate dalle montagne lunari sotto effetto<br />
del<strong>la</strong> luce del sole, come <strong>la</strong> superficie del<strong>la</strong> Luna sia quindi «rugosa» ed ricoperta,<br />
allo stesso modo del<strong>la</strong> terra, di prominenze, valli ed anfratti. Ovviamente, al<strong>la</strong> luce<br />
di queste scoperte, l'ipotesi escogitata dal gesuita Cristoforo C<strong>la</strong>vio - che per<br />
salvare <strong>la</strong> presunta «perfezione» dei cieli aveva supposto che <strong>la</strong> Luna fosse rivestita<br />
di una materia cristallina trasparente e sferoidale - appariva a Galileo soltanto uno<br />
scorretto sotterfugio di menti ormai costrette al<strong>la</strong> difensiva.<br />
Aristotele credeva che soltanto <strong>la</strong> terra, essendo immobile, fosse centro di moti astrali e<br />
che un corpo in movimento nello spazio non potesse costituire un nucleo di<br />
movimento per altri corpi. Invece, Galileo scopre i quattro satelliti di Giove,<br />
battezzati «pianeti medicei», che compivano attorno ad esso movimenti analoghi a<br />
quelli che <strong>la</strong> Luna compie attorno al<strong>la</strong> terra. Ma se Giove ruota insieme ai propri<br />
satelliti intorno al Sole, come suppone Copernico, nul<strong>la</strong> vieta di pensare, secondo<br />
Galileo, che anche <strong>la</strong> terra, con il suo satellite, possa ruotare intorno al Sole.<br />
La cosmologia tolemaica sosteneva che i corpi celesti, essendo perfetti, fossero<br />
incorruttibili e non soggetti al divenire. Questo pregiudizio era già stato messo in<br />
dubbio dal<strong>la</strong> tarda Sco<strong>la</strong>stica (Ockham) ed esplicitamente negato, su base teorica, da<br />
Cusano, Leonardo e Bruno. Ma è soltanto con Galileo che riceve il suo colpo di<br />
grazia su base sperimentale. Infatti, grazie all'uso del telescopio, lo scienziato<br />
toscano scoprì macchie oscure sul<strong>la</strong> superficie so<strong>la</strong>re che si formavano e scomparivano,<br />
attestando l'esistenza di un processo di trasformazione in atto e dimostrando<br />
c<strong>la</strong>morosamente come anche i corpi celesti fossero soggetti a fenomeni di alterazione e<br />
mutamento. E poiché Galileo parlò subito — a ragione — di «funerali» del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong><br />
aristotelica, i rappresentanti del<strong>la</strong> cultura peripatetico-sco<strong>la</strong>stica reagirono sdegnati.<br />
Vi fu chi si rifiutò di guardare al telescopio, ritenendolo strumento «diabolico» o<br />
deformante» delle immagini; chi disse di non vedere ciò che vedeva Galileo e chi,<br />
come il gesuita padre Cristoforo Scheiner, formulò l'ingegnosa ipotesi secondo cui le<br />
macchie non erano dovute al Sole, bensì al passaggio di altri corpi celesti davanti ad esso.<br />
Ma Galileo fece notare, contro Scheiner, che le macchie, nel loro apparire e<br />
scomparire, erano intermittenti, ed apparivano difformi fra di loro, per cui non<br />
potevano essere attribuite a passaggi rego<strong>la</strong>ri diastri.<br />
Nell'antichità e nel Medioevo si era sempre creduto che soltanto <strong>la</strong> terra fosse un<br />
corpo opaco, illuminato dal Sole e privo di luce propria. Invece <strong>la</strong> scoperta<br />
galileiana delle fasi di Venere, inducendo a pensare che tale astro ricevesse <strong>la</strong> luce<br />
girandovi attorno, offriva lo spunto per ritenere che tale spiegazione fosse valida anche<br />
per gli altri pianeti, «tenebrosi» per natura e illuminati esclusivamentedalSole.<br />
Sempre grazie al telescopio, Galileo riuscì a scoprire che oltre le stelle fisse, visibili ad<br />
occhio nudo, esistevano innumerevoli altre stelle, mai scorte prima e che si<br />
«affol<strong>la</strong>vano» davanti al mezzo d'osservazione. Inoltre, si rese conto che <strong>la</strong> ga<strong>la</strong>ssia è<br />
nient'altro che una congerie di innumerevoli stelle disseminate a gruppi negli spazi e<br />
che le nebulose sono parimenti «greggi» di piccole stelle.<br />
56
3.2 ______________________________________________________<br />
Come si è accennato, nel 1632, durante il pontificato di Urbano VIII, che gli<br />
aveva mostrato sempre benevolenza, Galileo, fiducioso in un nuovo corso del<strong>la</strong><br />
Chiesa, pubblica quel capo<strong>la</strong>voro scientifico-letterario che è il Dialogo sopra i due<br />
massimi sistemi del mondo, in cui, dietro il pretesto di voler presentare imparzialmente i<br />
due maggiori modelli cosmologici del<strong>la</strong> storia, espone in realtà argomenti decisivi a<br />
favore del copernicanesimo.<br />
Per presentare <strong>la</strong> teoria geocentrica Galileo sceglie Simplicio, un pedante dal<strong>la</strong><br />
mentalità conservatrice e tradizionalista, attaccato al «senso comune» e<br />
all'«autorità» di Aristotele. Per difendere <strong>la</strong> teoria copernicana sceglie Salviati (un<br />
nobile fiorentino amico dello scienziato, storicamente esistito) che, invece, incarna<br />
l'intelligenza chiara, rigorosa ed anticonformista del nuovo scienziato. Nel<strong>la</strong> parte<br />
di neutrale moderatore viene posto Sagredo (un nobile veneziano amico di Galileo,<br />
anche lui personaggio storicamente esistito), che rappresenta un tipo di<br />
personalità non oppressa dai pregiudizi e quindi tendenzialmente portata a<br />
simpatizzare con le dottrine recenti (come si vede, già dal<strong>la</strong> scelta dei personaggi<br />
risultano evidenti, al di là di ogni prudente tattica opportunista, le preferenze e<br />
gli scopi di Galileo).<br />
II Dialogo è diviso in quattro giornate, nel<strong>la</strong> prima delle quali si pone sotto accusa <strong>la</strong><br />
distinzione aristotelica fra il mondo celeste e quello terrestre, con argomenti tratti<br />
soprattutto dalle osservazioni astronomiche divulgate nel Sidereus Nuncius e dai suoi<br />
studi di meccanica dei movimenti.<br />
La seconda giornata, <strong>la</strong> più vivace, è dedicata al<strong>la</strong> confutazione degli argomenti tipici,<br />
antichi e moderni, contro il moto del<strong>la</strong> terra. Contro chi sostiene ad esempio che <strong>la</strong><br />
terra ruotando davvero su se stessa, solleverebbe un vento tale da trasportare tutti gli<br />
oggetti, Galileo, per bocca di Salviati, risponde che l'aria partecipa dello stesso<br />
movimento del<strong>la</strong> terra e, quindi, in rapporto ad essa è ferma, come risulta fermo un<br />
individuo su di una nave in moto. Contro chi obbietta che se <strong>la</strong> terra si muovesse<br />
davvero da ovest ad est, le nuvole dovrebbero apparirci continuamente in moto da est<br />
ad ovest, oppure il volo degli uccelli non potrebbe tener dietro al veloce<br />
spostamento del nostro pianeta, Galileo risponde, per analogia, che l'aria partecipa<br />
del moto del<strong>la</strong> terra, <strong>la</strong> quale «si come conduce seco le nuvole, così porta gli uccelli ed<br />
ogn'altra cosa che in essa si ritrovasse pendente: talché, quanto al seguir <strong>la</strong> Terra,<br />
gli uccelli non v'hanno a pensare, e per questo servizio potrebbero dormir sempre».<br />
Al noto argomento, uno dei prediletti dagli aristotelici, secondo cui, se <strong>la</strong> terra si<br />
muovesse davvero da ovest ad est, i gravi dovrebbero cadere obliquamente più verso<br />
ovest, essendosi <strong>la</strong> Terra nel frattempo spostata verso est, Galileo risponde<br />
affermando che il grave partecipa del moto da ovest verso est e quindi, muovendosi<br />
insieme al<strong>la</strong> Terra, cade perpendico<strong>la</strong>rmente. Tant'è vero che un sasso, <strong>la</strong>sciato cadere<br />
dal<strong>la</strong> cima dell'albero di una nave in movimento, si ferma ai piedi dell'albero, proprio<br />
come se <strong>la</strong> nave stesse ferma. Lo stesso avviene all'interno di quel sistema più<br />
vasto che è <strong>la</strong> Terra.<br />
Queste geniali contro-argomentazioni di Galileo, che oppongono il pensiero<br />
scientifico al «senso comune» e ai pregiudizi culturali del passato, si ispirano tutte al<br />
cosiddetto «principio del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività galileiana», secondo cui risulta impossibile<br />
decidere, sul<strong>la</strong> base delle esperienze meccaniche compiute all'interno di un sistema<br />
«chiuso», cioè senza possibilità di riferirsi a qualcosa di esterno, se esso sia in quiete<br />
o in moto rettilineo uniforme. Questa legge, che anticipa <strong>la</strong> «re<strong>la</strong>tività ristretta» di<br />
Einstein è presentata da Galileo in un brano famoso:<br />
«Riserratevi con qualche amico nel<strong>la</strong> maggiore stanza che sia sotto coverta di<br />
alcun gran naviglio, e quivi fate d'aver mosche, farfalle e simili animaletti vo<strong>la</strong>nti;<br />
siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentro vi siano de' pescetti; sospendasi anco in<br />
alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell'acqua in un altro<br />
vaso di angusta bocca, che sia posto a basso; e stando ferma <strong>la</strong> nave, ... osservate che<br />
avrete diligentemente tutte queste cose, ... fate muover <strong>la</strong> nave con quanta si voglia<br />
57
velocità; che (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi<br />
non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno<br />
di quelli potrete comprender se <strong>la</strong> nave cammina o pure sta ferma... le gocciole<br />
cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne pur una verso poppa, benché,<br />
mentre <strong>la</strong> goccio<strong>la</strong> è per aria, <strong>la</strong> nave scorra di molti palmi... » .<br />
Pertanto, in base a questo principio di re<strong>la</strong>tività, possiamo affermare che, in quel<br />
sistema quasi inerziale che è <strong>la</strong> Terra, l'aria circostante si muove insieme con <strong>la</strong> Terra<br />
stessa e i gravi cadono comportandosi, approssimativamente, come se essa fosse<br />
immobile.<br />
Nel<strong>la</strong> terza giornata del Dialogo viene dimostrato il moto di rotazione del<strong>la</strong> terra ed<br />
esaltata <strong>la</strong> concezione copernicana, capace, secondo Galileo, di fornire spiegazioni di<br />
fenomeni altrimenti inspiegabili e di chiarire con rigore e matematica «semplicità»<br />
problemi inutilmente complicati e «sofisticati» dal sistema tolemaico.<br />
Nel<strong>la</strong> quarta giornata Galileo espone <strong>la</strong> sua dottrina delle maree.<br />
3.3 ___________________________________________________<br />
<strong>Il</strong> fatto che Galileo non avrebbe potuto rivoluzionare l'astronomia senza il<br />
cannocchiale è già di per sé una manifestazione dell'importanza assunta dagli<br />
strumenti d'osservazione nel corso del<strong>la</strong> Rivoluzione scientifica ed una prova<br />
ulteriore del<strong>la</strong> convergenza, da essa promossa, fra sapere e tecnica.<br />
Tali strumenti si rive<strong>la</strong>rono subito decisivi non solo per l'osservazione, ma anche<br />
per il «cimento» sperimentale, cioè per <strong>la</strong> possibilità di riprodurre il fenomeno<br />
studiato nelle condizioni volute. Ciò comportò un'esplicita attribuzione di valore<br />
conoscitivo nei loro confronti, affatto nuova per i tempi. Infatti, ciò che ai nostri occhi può<br />
apparire ovvio — lo strumento come aiuto per <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> — non lo era affatto<br />
nell'epoca di Galileo, a causa di pregiudizi seco<strong>la</strong>ri. Di ciò risulta emblematica<br />
espressione <strong>la</strong> vicenda del cannocchiale.<br />
Nel Saggiatore Galileo scrive che venuto a conoscenza del fatto che un o<strong>la</strong>ndese<br />
aveva presentato un «occhiale» mediante cui «le cose lontane si vedevano così<br />
perfettamente come se fossero state molto vicine», aveva proceduto, grazie a<br />
deduzioni teoriche, a costruirne uno per proprio conto, all'inizio poco capace e poi<br />
così potente, rispetto al<strong>la</strong> vista naturale, da riuscire ad ottenere oltre trenta ingrandimenti<br />
lineari (che, in termini di superfici, forniscono immagini mille volte più<br />
grandi). La discussione sul<strong>la</strong> paternità storica del cannocchiale è tuttora aperta tra gli<br />
studiosi. Tuttavia, come ha fatto notare soprattutto Vasco Ronchi in una ricerca<br />
apposita, <strong>la</strong> grandezza di Galileo non consiste tanto nell'aver «costruito» il<br />
cannocchiale, ma nell’averlo usato scientificamente. Infatti, le lenti erano note fin dal<br />
XIII secolo o, forse, dal XII, tuttavia esse, come «l'occhiale» o<strong>la</strong>ndese di cui par<strong>la</strong><br />
Galileo, erano state considerate semplicemente come fonti di divertimento o di<br />
piacevoli giochi di società da parte dei nobili di corte. Gli stessi navigatori e<br />
militari ne avevano fatto un uso limitato, mentre <strong>la</strong> cultura «ufficiale» li guardava<br />
con distacco, per l'inveterato pregiudizio contro gli «ordigni meccanici», oppure li<br />
condannava esplicitamente, ritenendoli fonti di illusioni ottiche. Molti teologi li<br />
consideravano «diabolici» sostituti degli occhi naturali creati da Dio. Da ciò il<br />
«rifiuto», da parte di alcuni dotti, di accostare i loro occhi al nuovo mezzo.<br />
Invece Galileo ebbe <strong>la</strong> genialità ed il coraggio di puntare il cannocchiale verso il<br />
cielo, trasformandolo così in telescopio, ossia in uno strumento primario dell'osservazione<br />
astronomica e facendo, grazie ad esso, le sensazionali scoperte<br />
divulgate dal Sidereus Nuncius. Ma è proprio il diritto ad usare il cannocchiale come<br />
mezzo scientifico che gli sarà, tra l'altro, duramente contestato e che costituirà una<br />
delle ragioni di fondo del<strong>la</strong> reciproca incomprensione fra lo scienziato da un <strong>la</strong>to e i<br />
teologi e gli aristotelici dall'altro. Come ci si poteva fidare più di Galileo e dei<br />
suoi strumenti che del<strong>la</strong> Bibbia? Come si poteva «seppellire» <strong>la</strong> <strong>scienza</strong><br />
astronomica di Aristotele sul<strong>la</strong> base di un discutibile congegno «meccanico»?<br />
58
4. <strong>Il</strong> metodo del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>.<br />
Un altro risultato storicamente decisivo dell'opera di Galileo — che fa di lui il<br />
padre del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong> — è l'individuazione del metodo del<strong>la</strong> fisica, ossia il<br />
procedimento che ha spa<strong>la</strong>ncato le porte ai maggiori progressi scientifici<br />
dell’umanità, da Newton ad Einstein e ai giorni nostri.<br />
Tuttavia, in Galileo, non vi è una teoria organica del metodo, analoga ad esempio a<br />
quel<strong>la</strong> che Bacone svolgerà nel Novum Organum (Nuovo Organo), poiché egli,<br />
tutto preso dalle sue ricerche concrete di fisica ed astronomia, applica il metodo,<br />
più che teorizzarlo filosoficamente. Ciò nonostante, nelle sue opere si trovano<br />
disseminati qua e là, talune preziose osservazioni metodologiche e alcuni tentativi<br />
di sintetizzare il procedimento del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>. Ad esempio nel Saggiatore, nel<br />
Dialogo e nei Discorsi, Galileo tende ad artico<strong>la</strong>re il <strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> in due<br />
parti fondamentali: il momento «risolutivo» o analitico e quello «compositivo»o<br />
sintetico. <strong>Il</strong> primo consiste nel risolvere un fenomeno complesso nei suoi elementi<br />
semplici, quantitativi e misurabili, formu<strong>la</strong>ndo un'ipotesi matematica sul<strong>la</strong> legge da<br />
cui dipende. <strong>Il</strong> secondo momento risiede nel<strong>la</strong> verifica e nell'esperimento attraverso<br />
cui si tenta di comporre o riprodurre artificialmente il fenomeno, in modo che se<br />
l'ipotesi supera <strong>la</strong> prova, risultando quindi veri-ficata (= fatta vera), essa venga<br />
accettata e formu<strong>la</strong>ta in termini di legge, mentre se non supera <strong>la</strong> prova risultando<br />
smentita o falsificata (= non verificata), venga sostituita da un’altra ipotesi.<br />
Questo schema, su cui si sono basate soprattutto le presentazioni tradizionali, pur<br />
descrivendo in modo formalmente corretto il procedimento del<strong>la</strong> fisica<br />
sperimentale (osservazione dei fenomeni - misurazione matematica dei dati -<br />
ipotesi verifica - legge), appare un po' generico ed incapace di far comprendere le<br />
vie concrete e i modi originali seguiti da Galileo nelle sue scoperte. Di<br />
conseguenza, data l'importanza dell'argomento, risulta indispensabile scavare più a<br />
fondo.<br />
4.1- ____________________________________________________<br />
Nel<strong>la</strong> lettera a Cristina di Lorena Galileo scrive: «Pare che quello degli effetti<br />
naturali che o <strong>la</strong> sensata esperienza ci pone dinanzi agli occhi o le necessarie<br />
dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbi»<br />
Questo passo, come tendono a riconoscere gli studi più recenti, è altamente<br />
significativo, poiché in esso Galileo ha racchiuso il cuore stesso del suo metodo e<br />
<strong>la</strong> strada effettivamente seguita nelle sue scoperte.<br />
Con l'espressione «sensate esperienze», che al<strong>la</strong> lettera significa «esperienze dei<br />
sensi», con primario riferimento al<strong>la</strong> vista, Galileo ha voluto evidenziare il<br />
momento osservativo-induttivo del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, preponderante in talune<br />
scoperte (come quelle re<strong>la</strong>tive ai corpi celesti). Infatti, in certi casi, <strong>la</strong> <strong>scienza</strong><br />
galileiana, attraverso un'attenta ricognizione dei fatti e dei casi partico<strong>la</strong>ri<br />
induce, sul<strong>la</strong> base dello osservazione, una legge generale (ad esempio quel<strong>la</strong><br />
re<strong>la</strong>tiva alle fasi di Venere)<br />
E’questo il momento più comunemente noto del metodo scientifico, denominato<br />
appunto «sperimentale».<br />
Con l'espressione «necessarie dimostrazioni» Galileo ha voluto evidenziare il<br />
momento raziocinativo o ipotetico-deduttivo del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, preponderante in altre<br />
scoperte (ad esempio quel<strong>la</strong> sul principio d'inerzia o sul<strong>la</strong> caduta dei gravi). È questa<br />
<strong>la</strong> parte meno nota, ma anche <strong>la</strong> più affascinante — ed in taluni casi decisiva — del<br />
metodo galileiano. Le «necessarie dimostrazioni», o «matematiche dimostrazioni»,<br />
sono i ragionamenti logici, condotti su base matematica, attraverso cui il ricercatore,<br />
partendo da una intuizione di base e procedendo per una «supposizione», formu<strong>la</strong> in<br />
teoria le sue ipotesi, riservandosi di verificarle nel<strong>la</strong> pratica. In altre parole, «intuendo»<br />
e «ragionando» lo scienziato, anche sul<strong>la</strong> scorta di pochi dati empirici, perviene<br />
59
talora a delle ipotesi mediante cui deduce il comportamento probabile dei fatti, che in<br />
seguito si propone di verificare.<br />
Tipica, in questo senso, è <strong>la</strong> via seguita da Galileo nell'intuizione teorica del<br />
principio di inerzia, da lui riportata in modo minuzioso e suadente in un passo del<br />
Dialogo. Immaginiamo — scrive Galileo — una superficie « piana, pulitissima come<br />
uno specchio e di materia dura come l'acciaio, e che fusse non paralle<strong>la</strong> all'orizzonte,<br />
ma alquanto inclinata, e che sopra di essa voi poneste una pal<strong>la</strong> perfettamente<br />
sferica e di materia grave e durissima, come, verbigrazia, di bronzo». Come<br />
deduciamo si comporterà tale pal<strong>la</strong>? Starà ferma o si muoverà? Anche senza fare<br />
l'esperimento concreto, argomenta Galileo, sappiamo che si muoverà lungo <strong>la</strong><br />
superficie. E se ipotizziamo mentalmente che sia tolta anche l'azione frenante<br />
dell'aria e di altri possibili «impedimenti esterni ed accidentali», come pensiamo si<br />
comporterà? Ovviamente «el<strong>la</strong> continuerebbe a muoversi all'infinito, se tanto<br />
durasse <strong>la</strong> inclinazione del piano e con movimento accelerato continuamente; che tale<br />
è <strong>la</strong> natura dei mobili gravi, che acquistano forza muovendosi: che quanto maggior<br />
fusse <strong>la</strong> declività, maggior sarebbe <strong>la</strong> velocità». Sostituendo poi <strong>la</strong> superficie<br />
inclinata con una orizzontale, si potrà anche dedurre che <strong>la</strong> medesima pal<strong>la</strong><br />
«perfettissimamente rotonda», se fosse spinta sul medesimo piano «esquisitamente<br />
pulito», continuerebbe indefinitamente il suo moto, ammesso che lo spazio «fosse<br />
interminato» e che non intervenisse una forza esterna a variarne o arrestarne il<br />
moto. Procedendo teoricamente e giustificando tramite un esperimento «ideale» una<br />
propria intuizione, Galileo è quindi pervenuto ad una basi<strong>la</strong>re scoperta fisica.<br />
4.2 ___________________________________________________________<br />
La compresenza, nel<strong>la</strong> visione metodologica di Galileo, delle «sensate esperienze» e<br />
delle «necessarie dimostrazioni» ha fatto sì che nel<strong>la</strong> storiografia del passato Galileo<br />
sia stato presentato talora come un sostanziale «induttivista», cioè come un ricercatore<br />
che dall'osservazione instancabile dei fatti naturali perviene a scoprire le leggi che<br />
rego<strong>la</strong>no i fenomeni; oppure, al contrario, come un convinto «deduttivista», più<br />
fiducioso nelle capacità del<strong>la</strong> ragione che in quelle dell'osservazione.<br />
In realtà Galileo non è solo, o prevalentemente, induttivista, né solo, o prevalentemente,<br />
deduttivista, poiché è tutte e due le cose insieme. Certo, in Galileo vi<br />
è talora, sia nel<strong>la</strong> prassi concreta del<strong>la</strong> scoperta scientifica, sia nel<strong>la</strong> sua<br />
consapevolizzazione metodologica, un'innegabile prevalenza del momento<br />
sperimentale osservativo-induttivo, oppure di quello teorico, ipotetico-deduttìvo. In un<br />
punto del Dialogo egli sostiene ad esempio che «quello che l'esperienza e il senso ci<br />
dimostra si deve anteporre ad ogni discorso ancorché ne paresse assai bene fondato»,<br />
mentre in un altro luogo fa dire a Salviati che «senza esperienza son sicuro che<br />
l'effetto seguirà come vi dico, perché così è necessario che segua». Ma questa<br />
alternata e talora enfatizzata prevalenza dell'induzione sperimentale sul<strong>la</strong> deduzione<br />
teorica o viceversa, che si può riscontrare nei testi di Galileo, non esclude tuttavia <strong>la</strong><br />
reciproca ed indissolubile implicanza di fatto.<br />
Innanzitutto, le «sensate esperienze» presuppongono sempre un riferimento alle<br />
«necessarie dimostrazioni», in quanto vengono assunte e rie<strong>la</strong>borate in un cotesto<br />
matematico-razionale e quindi spogliate dei loro caratteri qualitativi e ridotte al<strong>la</strong><br />
loro struttura puramente quantitativa. In secondo luogo esse, sin dall'inizio sono<br />
«cariche di teoria», in quanto illuminate da un'ipotesi che le sceglie e le seleziona<br />
fungendo, nei loro confronti, da freccia indicatrice e setaccio discriminatore. E’vero,<br />
ad esempio, che Galileo scoprì ignoti fenomeni astronomici basandosi sul senso<br />
del<strong>la</strong> vista — potenziata dal telescopio — , ma <strong>la</strong> decisione stessa di studiare i cieli<br />
e di puntare il cannocchiale su determinati fenomeni e di interpretarli in un certi modo<br />
deriva dal<strong>la</strong> preliminare accettazione dell'ipotesi copernicana.<br />
Anche le «certe dimostrazioni» presuppongono sempre un loro implicito od esplicito<br />
richiamo alle «sensate esperienze». Innanzitutto, l'esperienza fornisce <strong>la</strong> base e lo<br />
spunto per le ipotesi poiché le stesse intuizioni «geniali» non nascono nel vuoto, ma a<br />
60
contatto con l'osservazione e lo studio dei fenomeni. In secondo luogo, intuizioni ed<br />
ipotesi, che costituiscono il momento teorico delle scienze, acquistano validità solo<br />
per mezzo del<strong>la</strong> conferma sperimentale. Infatti anche se quest'ultima, come nelle<br />
sopraccitate parole di Salviati, sembra talora degradata a semplice verifica semisuperflua<br />
di una deduzione che ha già in sé le ragioni del<strong>la</strong> propria verità, <strong>la</strong> sua<br />
importanza è fuori di dubbio, poiché per Galileo un'asserzione teorica risulta<br />
scientifica solo se verificata sperimentalmente.<br />
Certo, non sempre è possibile una verifica diretta. Ad esempio nessuno può «verificare» il<br />
principio di inerzia (ai tempi di Galileo, non essendo ancora stata inventata <strong>la</strong><br />
macchina per il vuoto, non era neanche possibile osservare direttamente come nel vuoto<br />
tutti i gravi cadano con <strong>la</strong> stessa velocità). Tuttavia, risulta pur sempre possibile una<br />
verifica indiretta delle conseguenze che vengono «dedotte» dall'accettazione di tali principi.<br />
In altre parole, « non è necessario che tutte le proposizioni del<strong>la</strong> teoria risultino aderenti ai<br />
fatti; è necessario invece che tutti i fatti del campo di fenomeni studiati risultino<br />
inquadrabili nel<strong>la</strong> teoria». Per esempio, il principio di inerzia, sebbene non sia<br />
constatabile empiricamente, spiega con esattezza i movimenti che si constatano in natura.<br />
Si aggiunga inoltre che, tramite opportuni accorgimenti risulta possibile, in <strong>la</strong>boratorio,<br />
avvicinarsi indefinitamente al<strong>la</strong> sua verifica.<br />
Ciò che si sta dicendo sulle «necessarie dimostrazioni» permette anche di afferrare<br />
meglio i rapporti e le differenze tra <strong>la</strong> matematica pura e teoria fisica. La matematica si<br />
pone come uno strumento di scoperta scientifica, poiché essa, con i suoi calcoli e le sue<br />
deduzioni, permette di avanzare nuove ipotesi sui fenomeni. E questo giustifica<br />
l'enorme importanza che le matematiche rivestono per <strong>la</strong> fisica. Infatti, grazie al<strong>la</strong><br />
Rivoluzione scientifica, <strong>la</strong> più astratta delle scienze trova applicazioni<br />
sorprendenti, diventando il linguaggio e il metodo di <strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>. Tuttavia,<br />
mentre <strong>la</strong> matematica pura non ha bisogno, per esser vera, di venir «control<strong>la</strong>ta»<br />
dall'esperienza, <strong>la</strong> deduzione matematica, in fisica, ha valore scientifico solo se<br />
trova riscontro nel<strong>la</strong> realtà.<br />
4.3. _________________________________________________________<br />
Da queste note sul metodo emerge chiaramente come in Galileo i concetti di<br />
esperienza e di verifica assumano un significato inconfondibile ed originale<br />
rispetto al passato.<br />
Infatti, l'esperienza di cui par<strong>la</strong> il pisano non è l'esperienza immediata, ma il<br />
frutto di una e<strong>la</strong>borazione teorico-matematica dei dati che si conclude con <strong>la</strong><br />
verifica. Di conseguenza, l'esperienza ordinaria è qualcosa di ancora ben lontano<br />
dal<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> di Galileo. In primo luogo, perché l'esperienza quotidiana può<br />
essere ingannevole, tant'è vero che Galileo ha dovuto battagliare tutta <strong>la</strong> vita<br />
contro le «apparenze» immediate dei fenomeni, che sembravano attestare tesi<br />
opposte a quelle del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, ad esempio che <strong>la</strong> terra stia ferma e che i corpi<br />
cadano con velocità differenti; « Mi par duro a credere — esc<strong>la</strong>ma Simplicio nei<br />
Discorsi— che una <strong>la</strong>grima di piombo si abbia a muovere così veloce come una<br />
pal<strong>la</strong> di artiglieria » (ed è noto come, ancor oggi, lo studente o il principiante in<br />
fisica, debba fare una certa fatica per impadronirsi dei concetti di base del<strong>la</strong><br />
meccanica, in quanto è costretto a staccarsi dalle apparenze sensibili). In tal<br />
modo, con Galileo comincia ad affermarsi quel divorzio fra mondo del<strong>la</strong> fisica e<br />
mondo comune che è una caratteristica del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong>.<br />
In secondo luogo, l'esperienza di per sé non ha valore scientifico se non viene<br />
legittimata dall'esperimento, al punto che si può dire che l'esperienza,<br />
scientificamente intesa, è l’esperimento. Analogamente, <strong>la</strong> verifica di cui par<strong>la</strong><br />
Galileo non è quel<strong>la</strong> immediata dei sensi, che può confermare teorie erronee,<br />
bensì <strong>la</strong> verifica come procedura complessa, intenzionalmente volta a produrre<br />
delle condizioni adeguate affinchè un certo evento possa prodursi. Infatti,<br />
essendo ogni fenomeno una realtà complessa, soggetta a molte influenze, lo<br />
scienziato deve cercare, ad arte, di riprodurlo in modo semplificato, astraendo il<br />
61
più possibile dalle circostanze disturbanti, come ad esempio l'attrito. Detto in<br />
termini galileiani: «quando il geometra [il fisico matematico] vuol riconoscere in<br />
concreto gli effetti dimostrati in astratto, bisogna che difalchi gli impedimenti del<strong>la</strong><br />
materia; che se ciò saprà fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno<br />
aggiustatamente che i computi aritmetici». In tal modo, lo scienziato è costretto a<br />
trovare condizioni «su misura» che spesso non sono mai presenti nel<strong>la</strong> realtà immediata,<br />
ma solo in un <strong>la</strong>boratorio scientifico, e talora neanche in un <strong>la</strong>boratorio reale, ma solo<br />
in uno ideale (come succede ad esempio per il principio di inerzia).<br />
Da ciò il ricorso ai celebri (e tanto discussi) «esperimenti mentali», cui abbiamo già<br />
accennato, consistenti nel fatto che Galileo, non avendo talora <strong>la</strong> possibilità di<br />
effettuare <strong>la</strong> verifica delle proprie teorie, soprattutto per mancanza di strumenti tecnici<br />
adeguati, è costretto a ricorrere ad una sorta di fisica ideale non solo per formu<strong>la</strong>re le<br />
ipotesi, ma anche per verificarle. Egli «suppone» infatti l'assenza di forze, «immagina»<br />
piani perfettamente levigati, «si raffigura» il movimento nel vuoto ecc. Per<br />
dimostrare, ad esempio, <strong>la</strong> falsità del<strong>la</strong> teoria aristotelica sul<strong>la</strong> caduta dei gravi, Galileo<br />
escogita uno dei più famosi esperimenti teorici del<strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, quello dei due<br />
corpi che pur unendosi nel<strong>la</strong> caduta continuano ad avere <strong>la</strong> medesima velocità. La<br />
stessa cosa avviene per il principio d'inerzia e per altre scoperte.<br />
4.4. ____________________________________________________<br />
Ciò che si è detto sinora serve a far risaltare ancora di più i limiti del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> antica<br />
rispetto a quel<strong>la</strong> galileiana.<br />
Si dice spesso che Aristotele e gli scienziati greci sbagliavano perché non si<br />
attenevano abbastanza ai fatti. Questa affermazione è vera solo in parte. Se, da un<br />
<strong>la</strong>to, gli antichi erravano per eccesso di teoria e di deduttivismo in quanto<br />
pretendevano di spiegare i fenomeni concreti partendo da principi generali<br />
astratti, dall'altro <strong>la</strong>to, sbagliavano per troppa «aderenza» al<strong>la</strong> realtà, cioè per una<br />
passiva accettazione dei fenomeni come appaiono a prima vista, senza sottoporre<br />
l’esperienza ad una approfondita critica teorica. Inoltre, <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> antica di tipo<br />
aristotelico non faceva uso del<strong>la</strong> matematica e lo stesso p<strong>la</strong>tonismo — cui va<br />
riconosciuto il merito di aver tenuto viva l'idea di una costituzione matematica<br />
dell'universo — si fondava più su di una matematica magico-metafisica, consistente nel<br />
far corrispondere simbolicamente numeri e figure geometriche a determinati<br />
fenomeni, che su di una matematica scientifica, basata sul<strong>la</strong> misurazione e sul calcolo dei<br />
dati. Ma il limite più grave del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> antica risiedeva, come ben sappiamo nel<strong>la</strong><br />
mancanza del controllo sperimentale. Infatti, non sottoponendo le proprie teorie ed<br />
induzioni a quel<strong>la</strong> «prova del fuoco» che è il «cimento» di tipo galileiano essa non<br />
poteva mai veri-ficare, cioè far-vere sul serio, le proprie affermazioni rimanendo<br />
obbligata a muoversi perennemente sul piano dell'astratto e del non control<strong>la</strong>bile,<br />
senza riuscire a trovare <strong>la</strong> via di quel<strong>la</strong> feconda compenetrazione fra ragione ed<br />
esperienza che costituisce <strong>la</strong> forza del metodo galileiano — <strong>la</strong> cui originalità più<br />
grande consiste proprio nell'aver saputo riunire in sé il momento osservativo ed<br />
induttivo del<strong>la</strong> ricerca, rappresentato dalle «sensate esperienze», con quello teorico e<br />
deduttivo, rappresentato dalle «necessarie dimostrazioni», e nell'aver saputo<br />
sintetizzare in modo mirabile ragione e sensi, osservazione e raziocinio, teoria ed<br />
esperimento, induzione e deduzione, matematica e fisica.<br />
5. Metodo e filosofia<br />
Con il suo metodo Galileo perviene a quel<strong>la</strong> struttura concettuale che costituisce lo schema<br />
teorico del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong>: <strong>la</strong> natura è un ordine oggettivo e causalmente strutturato<br />
di re<strong>la</strong>zioni governate da leggi e <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> è un sapere sperimentale-matematico<br />
intersoggettivamente valido.<br />
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In partico<strong>la</strong>re, contro ogni considerazione finalistica ed antropomorfica del mondo,<br />
Galileo afferma che le opere del<strong>la</strong> natura non possono essere giudicate con un metro<br />
puramente umano, cioè sul<strong>la</strong> base di ciò che l'uomo può intendere o di ciò che a lui<br />
torna utile. È arroganza, anzi pazzia, da parte dell'uomo dichiarare inutili quelle<br />
opere del<strong>la</strong> natura di cui egli non intende l'utilità ai suoi fini. Noi non sappiamo a che<br />
cosa serva Giove o Saturno e non sappiamo neppure a che cosa servano molti dei<br />
nostri organi, arterie e carti<strong>la</strong>gini, che non sapremmo neppure di avere se non ci<br />
fossero mostrati dagli anatomisti. I nostri pareri o consigli non riguardano <strong>la</strong> natura e<br />
non hanno valore per essa le nostre ragioni probabili. Di conseguenza, non<br />
dobbiamo cercare perché <strong>la</strong> Natura opera in un certo modo (= causa finale), ma solo<br />
come opera ( = causa efficiente). Analogamente, contro ogni fìsica essenzialista, che<br />
pretenda di spiegare i fatti in base alle «essenze» o alle «virtù» (l'essenza del moto,<br />
<strong>la</strong> virtù del calore ecc… ), Galileo ribatte che lo scienziato deve esclusivamente<br />
occuparsi delle «leggi» che rego<strong>la</strong>no i fatti, ossia delle verificabili costanti di<br />
comportamento attraverso cui <strong>la</strong> natura agisce.<br />
Con questo discorso Galileo non intende negare, in assoluto, l'esistenza di finalità e di<br />
essenze, ma semplicemente accantonarle, ritenendone metodologicamente non-scientifica<br />
<strong>la</strong> ricerca, non essendo dato al<strong>la</strong> mente di conoscerle: « II tentar l'essenza, l'ho per<br />
impresa non meno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sostanze<br />
elementari che nelle remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro del<strong>la</strong><br />
sostanza del<strong>la</strong> Terra che del<strong>la</strong> Luna...».<br />
5.1 ___________________________________________________________<br />
La struttura concettuale del metodo galileiano si presenta come una costruzione<br />
autonoma, che vale di per sé, indipendentemente da possibili giustificazioni<br />
filosofiche. Tuttavia, nel<strong>la</strong> mente di Galileo essa si accompagna, di fatto, ad alcuni<br />
schemi di natura teorico-filosofica che ne fungono, al tempo stesso, da motivi<br />
ispiratori e da giustificazioni specu<strong>la</strong>tive. In altre parole, Galileo, pur non essendo un<br />
filosofo e pur non avendo mai proceduto ad una fondazione sistematica del proprio<br />
metodo, si è ispirato, in concreto, ad alcune idee generali, di tipo «filosofico»,<br />
attinte per lo più dal<strong>la</strong> tradizione o da dottrine contemporanee, ma originalmente<br />
rie<strong>la</strong>borate ed atteggiate.<br />
a) La fiducia galileiana nel<strong>la</strong> matematica, ad esempio, viene incentivata e<br />
convalidata al tempo stesso dal<strong>la</strong> dottrina p<strong>la</strong>tonico-pitagorica del<strong>la</strong> struttura<br />
matematica del cosmo, ossia dal<strong>la</strong> persuasione che <strong>la</strong> «fattura» reale del mondo<br />
sia di tipo geometrico, per cui solo chi conosce il linguaggio matematico risulta<br />
in grado di decifrar<strong>la</strong>: «La filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che<br />
continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'Universo), ma non si<br />
può intendere se prima non s'impara a intender <strong>la</strong> lingua, e conoscer i caratteri<br />
ne' quali è scritta! Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,<br />
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a<br />
intenderne umanamente paro<strong>la</strong>; senza questi è un aggirarsi vanamente per un<br />
oscuro <strong>la</strong>birinto».<br />
a) II privilegiamento degli aspetti quantitativi del reale e <strong>la</strong> riduzione<br />
dell'oggetto scientifico a struttura matematicamente trattabile viene<br />
corroborata dal ricorso all'antica distinzione, atomistico-democritea, fra<br />
proprietà oggettive e proprietà soggettive dei corpi (che Locke chiamerà<br />
qualità primarie e secondarie). Le prime caratterizzano i corpi in quanto tali, le<br />
seconde esistono solo in re<strong>la</strong>zione ai nostri sensi. Infatti quantità, figura,<br />
grandezza, luogo, tempo, movimento, quiete, contatto, distanza, numero,<br />
sono proprietà inseparabili dai corpi materiali, mentre sapori, odori,<br />
colori, suoni, sussistono solo negli organi sensibili, ma non soni caratteri<br />
oggettivi dei corpi, sebbene siano prodotti da essi. Galileo paragona questi ultime<br />
qualità al solletico, che sebbene prodotto da una piuma, non è una qualità<br />
del<strong>la</strong> piuma. Riassumendo il tutto con le caratteristiche parole dello<br />
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scienziato «stimo che, tolti via gli orecchi, le lingue e i nasi, restino bene le<br />
figure i numeri e i moti, ma non già gli odori né i sapori né i suoni, li quali fuor<br />
dell'animal vivente non credo che sieno altro che nomi, come a punto altro che<br />
nome non è il solletico e <strong>la</strong> titil<strong>la</strong>zione, rimosse l'ascelle e <strong>la</strong> pelle intorno al<br />
naso».<br />
e) La credenza nel<strong>la</strong> validità del rapporto causale e delle leggi generali<br />
scoperte dal<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, basate sul principio che a cause simili corrispondano<br />
necessariamente effetti simili, viene suggerita e avvalorata dal<strong>la</strong> persuasione<br />
dell'uniformità dell'ordine naturale che, seguendo un corso sempre identico a se<br />
stesso, risulta necessario ed immutabile come una verità geometrica.<br />
d) La fiducia nel<strong>la</strong> verità assoluta del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> viene confortata mediante <strong>la</strong><br />
teoria secondo cui <strong>la</strong> conoscenza umana, pur differendo da quel<strong>la</strong> divina per il<br />
modo di apprendere e per l'estensione di nozioni possedute, risulta simile per<br />
il grado di certezza. Infatti, mentre Dio conosce intuitivamente, cioè in modo<br />
immediato <strong>la</strong> verità, l'uomo <strong>la</strong> conquista progressivamente attraverso il<br />
ragionamento discorsivo. Inoltre Dio conosce tutte le infinite verità, mentre l'uomo<br />
solo alcune di esse. Tuttavia, per quanto riguarda le dimostrazioni<br />
matematiche, <strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> certezza è identica (in quanto, ad esempio, 2 + 2 =<br />
4 vale sia per noi che per Dio).<br />
5. 2 ______________________________________________________<br />
Questo gruppo asistematico di giustificazioni filosofiche poggia, a ben vedere,<br />
su di un'unica credenza di base che sta a monte del <strong>la</strong>voro scientifico di Galilei<br />
e di ogni suo tentativo di legittimazione teorica: <strong>la</strong> corrispondenza fra pensiero ed<br />
essere, ossia <strong>la</strong> conformità fra ciò che <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> sostiene e il mondo qual è<br />
veramente. Infatti, in Galileo vi è una tenace fiducia che lo porta ad interpretare<br />
il rapporto <strong>scienza</strong>-realtà in termini di riproduzione o rispecchiamento. Ad<br />
esempio, in astronomia egli ha sempre rifiutato di essere considerato un semplice<br />
matematico o «calcolista», ritenendosi uno studioso di fisica celeste, cioè un<br />
«matematico e filosofo» al tempo stesso, dove il termine «filosofo», usato secondo<br />
<strong>la</strong> prassi dei suoi tempi, sta ad indicare <strong>la</strong> portata ontologica e non puramente<br />
matematico-astratta delle sue teorie. Ed è proprio qui uno dei motivi di fondo<br />
dello scontro con <strong>la</strong> Chiesa cattolica e con Bel<strong>la</strong>rmino, che volevano invece<br />
«obbligarlo» a par<strong>la</strong>re del copernicanesimo in termini puramente «ipotetici».<br />
E tale persuasione «realista», nell'uomo e nello scienziato Galileo, è così forte da<br />
non <strong>la</strong>sciarsi scalfire neppure dalle insidie logiche del<strong>la</strong> cosiddetta «argomentazione<br />
di Urbano VIII» (che Galileo, nel Dialogo, mette in bocca a Simplicio,<br />
definendo<strong>la</strong> opportunisticamente «mirabile e veramente angelica») secondo cui lo<br />
studioso, non conoscendo le «infinite vie » del Creatore, non può mai essere sicuro<br />
che una sua teoria corrisponda veramente al modo seguito da Dio nell'ordinare le<br />
cose e deve quindi accontentarsi di par<strong>la</strong>re per sole «ipotesi».<br />
Ovviamente, mentre il ragionamento di Urbano VIII, che affondava le sue<br />
radici nel<strong>la</strong> tarda Sco<strong>la</strong>stica, era stato escogitato dall'esterno per deprimere le<br />
«superbie» del<strong>la</strong> nuova <strong>scienza</strong>, <strong>la</strong> fiducia realistica di Galileo nasceva<br />
dall'interno del<strong>la</strong> sua opera di ricercatore e più che di argomentazioni teoriche<br />
si alimentava dei successi del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>. Ma in tal modo Galileo <strong>la</strong>sciava ai<br />
filosofi successivi — insoddisfatti delle sue «giustificazioni», ritenute un po'<br />
grezze e semplicistiche — grossi problemi teorici e gnoseologici, su cui si<br />
arrovelleranno molte menti.<br />
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