Il Rinascimento e la nascita della scienza moderna - 1
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tuttavia, possono dimostrare che non è così. Lo stato di ansietà, il sentimento di<br />
impotenza e irrilevanza, e soprattutto il dubbio sul proprio destino dopo <strong>la</strong> morte,<br />
creano uno stato d'animo praticamente intollerabile per chiunque. Pressoché<br />
nessuno, che sia colpito da questa paura, è in grado di ri<strong>la</strong>sciarsi, di godere <strong>la</strong> vita e<br />
di essere indifferente a quello che accadrà dopo. Un modo possibile di sfuggire a<br />
questo intollerabile stato di incertezza, e al sentimento paralizzante del<strong>la</strong> propria<br />
irrilevanza, è proprio il tratto che è diventato così importante nel calvinismo: lo<br />
sviluppo di un'attività frenetica e l'affanno di fare qualcosa. In questo senso<br />
l'attività assume un carattere ossessivo; l'individuo deve essere attivo per vincere il<br />
suo sentimento di dubbio e impotenza. Questo genere di sforzo e di attività non è il<br />
risultato del<strong>la</strong> forza ulteriore e del<strong>la</strong> fiducia in sé: è una fuga disperata dall'ansietà.<br />
Questo meccanismo può essere facilmente osservato negli attacchi di panico da<br />
ansietà che subiscono gli individui. Colui che attende di ricevere entro qualche ora<br />
<strong>la</strong> diagnosi del medico sul<strong>la</strong> sua ma<strong>la</strong>ttia - che può essere fatale - si trova assai<br />
naturalmente in uno stato di ansietà. Normalmente egli non resterà seduto<br />
tranquillo ad aspettare. <strong>Il</strong> più delle volte <strong>la</strong> sua ansietà, semprechè addirittura non lo<br />
paralizzi, lo spingerà ad un tipo di attività più o meno frenetica. Può misurare in<br />
lungo e in <strong>la</strong>rgo il pavimento, cominciare a far domande e a par<strong>la</strong>re con chiunque<br />
gli capiti a portata di mano, mettere in ordine <strong>la</strong> sua scrivania, scrivere lettere; può<br />
continuare <strong>la</strong> sua normale attività, ma aumentando<strong>la</strong> e svolgendo<strong>la</strong> più<br />
febbrilmente. <strong>Il</strong> suo sforzo, qualsiasi forma assuma, è determinato dall'ansietà, e<br />
tende a superare il sentimento di impotenza per mezzo di un'attività frenetica.<br />
Nel<strong>la</strong> dottrina calvinista lo sforzo ha ancora un altro significato psicologico. II fatto<br />
che non ci si stancasse di impegnarsi in questo sforzo incessante, e che si riuscisse<br />
nell'attività morale come in quel<strong>la</strong> mondana, era il segno più o meno chiaro<br />
dell'appartenenza al<strong>la</strong> cerchia degli eletti. L'irrazionalità di questo sforzo obbligato<br />
sta nel fatto che l'attività non è intesa a creare un fine desiderato, ma serve a<br />
indicare se accadrà o meno qualcosa che è stato determinato in anticipo,<br />
indipendentemente dall'attività o dal controllo dell'individuo. Questo meccanismo è<br />
ben noto nel caso dei soggetti colpiti da nevrosi coatta. Queste persone, quando<br />
temono il risultato di una vicenda importante, possono, nell'attendere <strong>la</strong> risposta,<br />
mettersi a contare le finestre delle case o gli alberi delle strade. Se il numero è pari,<br />
<strong>la</strong> persona sente che le cose andranno bene; se è dispari, è segno che non riuscirà.<br />
Spesso questo dubbio non si riferisce a un momento specifico, ma al<strong>la</strong> vita intera di<br />
una persona e l'ossessione di cercare «segni» <strong>la</strong> pervaderà in conseguenza. Spesso<br />
il nesso esistente tra il contar pietre, il far solitari, il giocar d'azzardo, ecc., e<br />
l'ansietà e il dubbio, non è cosciente. Una persona può fare i solitari perché è spinta<br />
da un vago sentimento di inquietudine, e solo un'analisi potrebbe sve<strong>la</strong>re <strong>la</strong><br />
funzione occulta del<strong>la</strong> sua attività: rive<strong>la</strong>re il futuro.<br />
Nel calvinismo questo significato dello sforzo faceva parte del<strong>la</strong> dottrina religiosa.<br />
In origine si riferiva soprattutto allo sforzo morale, ma in seguito è stato dato<br />
sempre maggior risalto allo sforzo nel <strong>la</strong>voro e ai risultati di questo sforzo, cioè il<br />
successo o il fallimento nell'attività economica. <strong>Il</strong> successo divento il segno del<strong>la</strong><br />
grazia di Dio; il fallimento il segno del<strong>la</strong> dannazione.<br />
Queste considerazioni dimostrano che l'impulso allo sforzo incessante e al <strong>la</strong>voro<br />
non era affatto in contraddizione con <strong>la</strong> fondamentale convinzione dell'impotenza<br />
dell'uomo; ne era piuttosto il risultato psicologico. In questo senso lo sforzo e il<br />
<strong>la</strong>voro assumevano un carattere totalmente irrazionale. Non dovevano mutare il<br />
destino, essendo questo predeterminato da Dio, a prescindere da qualsiasi sforzo<br />
compiuto dall'individuo. Servivano solo come mezzo per prevedere il destino<br />
predeterminato, mentre al tempo stesso lo sforzo frenetico era una rassicurazione<br />
contro un sentimento di impotenza altrimenti intollerabile.<br />
Questo nuovo atteggiamento verso lo sforzo e il <strong>la</strong>voro come fini in sé può essere<br />
considerato il mutamento psicologico più importante avvenuto nell'uomo dal<strong>la</strong> fine<br />
del Medioevo.<br />
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