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Il Rinascimento e la nascita della scienza moderna - 1

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più possibile dalle circostanze disturbanti, come ad esempio l'attrito. Detto in<br />

termini galileiani: «quando il geometra [il fisico matematico] vuol riconoscere in<br />

concreto gli effetti dimostrati in astratto, bisogna che difalchi gli impedimenti del<strong>la</strong><br />

materia; che se ciò saprà fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno<br />

aggiustatamente che i computi aritmetici». In tal modo, lo scienziato è costretto a<br />

trovare condizioni «su misura» che spesso non sono mai presenti nel<strong>la</strong> realtà immediata,<br />

ma solo in un <strong>la</strong>boratorio scientifico, e talora neanche in un <strong>la</strong>boratorio reale, ma solo<br />

in uno ideale (come succede ad esempio per il principio di inerzia).<br />

Da ciò il ricorso ai celebri (e tanto discussi) «esperimenti mentali», cui abbiamo già<br />

accennato, consistenti nel fatto che Galileo, non avendo talora <strong>la</strong> possibilità di<br />

effettuare <strong>la</strong> verifica delle proprie teorie, soprattutto per mancanza di strumenti tecnici<br />

adeguati, è costretto a ricorrere ad una sorta di fisica ideale non solo per formu<strong>la</strong>re le<br />

ipotesi, ma anche per verificarle. Egli «suppone» infatti l'assenza di forze, «immagina»<br />

piani perfettamente levigati, «si raffigura» il movimento nel vuoto ecc. Per<br />

dimostrare, ad esempio, <strong>la</strong> falsità del<strong>la</strong> teoria aristotelica sul<strong>la</strong> caduta dei gravi, Galileo<br />

escogita uno dei più famosi esperimenti teorici del<strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong>, quello dei due<br />

corpi che pur unendosi nel<strong>la</strong> caduta continuano ad avere <strong>la</strong> medesima velocità. La<br />

stessa cosa avviene per il principio d'inerzia e per altre scoperte.<br />

4.4. ____________________________________________________<br />

Ciò che si è detto sinora serve a far risaltare ancora di più i limiti del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> antica<br />

rispetto a quel<strong>la</strong> galileiana.<br />

Si dice spesso che Aristotele e gli scienziati greci sbagliavano perché non si<br />

attenevano abbastanza ai fatti. Questa affermazione è vera solo in parte. Se, da un<br />

<strong>la</strong>to, gli antichi erravano per eccesso di teoria e di deduttivismo in quanto<br />

pretendevano di spiegare i fenomeni concreti partendo da principi generali<br />

astratti, dall'altro <strong>la</strong>to, sbagliavano per troppa «aderenza» al<strong>la</strong> realtà, cioè per una<br />

passiva accettazione dei fenomeni come appaiono a prima vista, senza sottoporre<br />

l’esperienza ad una approfondita critica teorica. Inoltre, <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> antica di tipo<br />

aristotelico non faceva uso del<strong>la</strong> matematica e lo stesso p<strong>la</strong>tonismo — cui va<br />

riconosciuto il merito di aver tenuto viva l'idea di una costituzione matematica<br />

dell'universo — si fondava più su di una matematica magico-metafisica, consistente nel<br />

far corrispondere simbolicamente numeri e figure geometriche a determinati<br />

fenomeni, che su di una matematica scientifica, basata sul<strong>la</strong> misurazione e sul calcolo dei<br />

dati. Ma il limite più grave del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> antica risiedeva, come ben sappiamo nel<strong>la</strong><br />

mancanza del controllo sperimentale. Infatti, non sottoponendo le proprie teorie ed<br />

induzioni a quel<strong>la</strong> «prova del fuoco» che è il «cimento» di tipo galileiano essa non<br />

poteva mai veri-ficare, cioè far-vere sul serio, le proprie affermazioni rimanendo<br />

obbligata a muoversi perennemente sul piano dell'astratto e del non control<strong>la</strong>bile,<br />

senza riuscire a trovare <strong>la</strong> via di quel<strong>la</strong> feconda compenetrazione fra ragione ed<br />

esperienza che costituisce <strong>la</strong> forza del metodo galileiano — <strong>la</strong> cui originalità più<br />

grande consiste proprio nell'aver saputo riunire in sé il momento osservativo ed<br />

induttivo del<strong>la</strong> ricerca, rappresentato dalle «sensate esperienze», con quello teorico e<br />

deduttivo, rappresentato dalle «necessarie dimostrazioni», e nell'aver saputo<br />

sintetizzare in modo mirabile ragione e sensi, osservazione e raziocinio, teoria ed<br />

esperimento, induzione e deduzione, matematica e fisica.<br />

5. Metodo e filosofia<br />

Con il suo metodo Galileo perviene a quel<strong>la</strong> struttura concettuale che costituisce lo schema<br />

teorico del<strong>la</strong> <strong>scienza</strong> <strong>moderna</strong>: <strong>la</strong> natura è un ordine oggettivo e causalmente strutturato<br />

di re<strong>la</strong>zioni governate da leggi e <strong>la</strong> <strong>scienza</strong> è un sapere sperimentale-matematico<br />

intersoggettivamente valido.<br />

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