Il Rinascimento e la nascita della scienza moderna - 1
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In partico<strong>la</strong>re, contro ogni considerazione finalistica ed antropomorfica del mondo,<br />
Galileo afferma che le opere del<strong>la</strong> natura non possono essere giudicate con un metro<br />
puramente umano, cioè sul<strong>la</strong> base di ciò che l'uomo può intendere o di ciò che a lui<br />
torna utile. È arroganza, anzi pazzia, da parte dell'uomo dichiarare inutili quelle<br />
opere del<strong>la</strong> natura di cui egli non intende l'utilità ai suoi fini. Noi non sappiamo a che<br />
cosa serva Giove o Saturno e non sappiamo neppure a che cosa servano molti dei<br />
nostri organi, arterie e carti<strong>la</strong>gini, che non sapremmo neppure di avere se non ci<br />
fossero mostrati dagli anatomisti. I nostri pareri o consigli non riguardano <strong>la</strong> natura e<br />
non hanno valore per essa le nostre ragioni probabili. Di conseguenza, non<br />
dobbiamo cercare perché <strong>la</strong> Natura opera in un certo modo (= causa finale), ma solo<br />
come opera ( = causa efficiente). Analogamente, contro ogni fìsica essenzialista, che<br />
pretenda di spiegare i fatti in base alle «essenze» o alle «virtù» (l'essenza del moto,<br />
<strong>la</strong> virtù del calore ecc… ), Galileo ribatte che lo scienziato deve esclusivamente<br />
occuparsi delle «leggi» che rego<strong>la</strong>no i fatti, ossia delle verificabili costanti di<br />
comportamento attraverso cui <strong>la</strong> natura agisce.<br />
Con questo discorso Galileo non intende negare, in assoluto, l'esistenza di finalità e di<br />
essenze, ma semplicemente accantonarle, ritenendone metodologicamente non-scientifica<br />
<strong>la</strong> ricerca, non essendo dato al<strong>la</strong> mente di conoscerle: « II tentar l'essenza, l'ho per<br />
impresa non meno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sostanze<br />
elementari che nelle remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro del<strong>la</strong><br />
sostanza del<strong>la</strong> Terra che del<strong>la</strong> Luna...».<br />
5.1 ___________________________________________________________<br />
La struttura concettuale del metodo galileiano si presenta come una costruzione<br />
autonoma, che vale di per sé, indipendentemente da possibili giustificazioni<br />
filosofiche. Tuttavia, nel<strong>la</strong> mente di Galileo essa si accompagna, di fatto, ad alcuni<br />
schemi di natura teorico-filosofica che ne fungono, al tempo stesso, da motivi<br />
ispiratori e da giustificazioni specu<strong>la</strong>tive. In altre parole, Galileo, pur non essendo un<br />
filosofo e pur non avendo mai proceduto ad una fondazione sistematica del proprio<br />
metodo, si è ispirato, in concreto, ad alcune idee generali, di tipo «filosofico»,<br />
attinte per lo più dal<strong>la</strong> tradizione o da dottrine contemporanee, ma originalmente<br />
rie<strong>la</strong>borate ed atteggiate.<br />
a) La fiducia galileiana nel<strong>la</strong> matematica, ad esempio, viene incentivata e<br />
convalidata al tempo stesso dal<strong>la</strong> dottrina p<strong>la</strong>tonico-pitagorica del<strong>la</strong> struttura<br />
matematica del cosmo, ossia dal<strong>la</strong> persuasione che <strong>la</strong> «fattura» reale del mondo<br />
sia di tipo geometrico, per cui solo chi conosce il linguaggio matematico risulta<br />
in grado di decifrar<strong>la</strong>: «La filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che<br />
continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'Universo), ma non si<br />
può intendere se prima non s'impara a intender <strong>la</strong> lingua, e conoscer i caratteri<br />
ne' quali è scritta! Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,<br />
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a<br />
intenderne umanamente paro<strong>la</strong>; senza questi è un aggirarsi vanamente per un<br />
oscuro <strong>la</strong>birinto».<br />
a) II privilegiamento degli aspetti quantitativi del reale e <strong>la</strong> riduzione<br />
dell'oggetto scientifico a struttura matematicamente trattabile viene<br />
corroborata dal ricorso all'antica distinzione, atomistico-democritea, fra<br />
proprietà oggettive e proprietà soggettive dei corpi (che Locke chiamerà<br />
qualità primarie e secondarie). Le prime caratterizzano i corpi in quanto tali, le<br />
seconde esistono solo in re<strong>la</strong>zione ai nostri sensi. Infatti quantità, figura,<br />
grandezza, luogo, tempo, movimento, quiete, contatto, distanza, numero,<br />
sono proprietà inseparabili dai corpi materiali, mentre sapori, odori,<br />
colori, suoni, sussistono solo negli organi sensibili, ma non soni caratteri<br />
oggettivi dei corpi, sebbene siano prodotti da essi. Galileo paragona questi ultime<br />
qualità al solletico, che sebbene prodotto da una piuma, non è una qualità<br />
del<strong>la</strong> piuma. Riassumendo il tutto con le caratteristiche parole dello<br />
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