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ALOISII BIRAGHI - Suore Marcelline

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36<br />

II – Voti dei Consultori Teologi<br />

in tutta la sua vita e nei diversi uffici del suo apostolato. Grazie alla virtù<br />

della prudenza, egli fu un ottimo direttore spirituale in seminario, stimato<br />

consigliere dei suoi arcivescovi, amico fidato dei sacerdozi diocesani suoi<br />

colleghi o discepoli:<br />

«Biraghi fu di una prudenza non solo umana, ma soprannaturale. Per essa<br />

superò le difficoltà dei tempi e quelle inerenti al suo delicatissimo ufficio di direttore<br />

spirituale del seminario ed amico e consigliere dei vescovi e di figlio devotissimo<br />

del Papa, in un’ora storica particolarmente grave» (Cap., XXIII A, 2, pp. 1481-<br />

1482).<br />

Alla prudenza del direttore spirituale Biraghi si affidarono per le<br />

loro scelte vocazionali non solo i suoi figli spirituali, ma anche i loro parenti.<br />

La sua prudenza si rivelò anche nell’apostolato educativo, nella<br />

fondazione e nel modo di guidare la nuova congregazione femminile:<br />

«Innovatore nel campo dell’educazione, fondatore di una nuova famiglia religiosa,<br />

il Biraghi si lasciò sempre reggere dalla prudenza dello Spirito Santo: sia nel<br />

proporre nuove forme di cristiana educazione, sia nel dettare le regole che avrebbero<br />

guidato nella perfezione religiosa le sue figlie» (Cap., XXIII A, 2, p. 1482).<br />

Riconoscimento della prudenza del Servo di Dio furono le molte e<br />

delicate missioni che gli furono affidate dai suoi superiori diocesani, al di<br />

fuori dei suoi specifici uffici, come per esempio il già menzionato incarico<br />

di Pio IX a pacificare il clero diocesano, politicamente diviso.<br />

Giustizia<br />

L’attività del Servo di Dio nel ministero ecclesiale, nella fondazione<br />

e direzione delle <strong>Marcelline</strong>, nello svolgimento dei diversi compiti<br />

affidatigli, fu caratterizzata dal suo vivissimo senso della giustizia:<br />

«La giustizia fu un abito caratteristico della sua anima assetata di verità e fu<br />

la linea della sua vita retta, che non conobbe compromessi, né vani timori nelle situazioni<br />

delicate e nei rapporti vari e molteplici in cui venne a trovarsi. Questa virtù<br />

ispirò particolarmente la sua fedeltà a Dio, alla Chiesa, ai superiori e ai sudditi, ai<br />

suoi vari doveri, agli amici, e lo fece superiore stimato ed amato nel seminario, nella<br />

congregazione delle <strong>Marcelline</strong>, nella diocesi tutta» (Cap., XXIII A, 2 a, p. 1482).<br />

Egli volle realizzare ogni sua opera nel rispetto della legge, che riteneva<br />

garante del proprio diritto di operare, per amore di Dio, a beneficio<br />

del prossimo. Grazie al suo senso di giustizia, oltre che alla sua conoscenza<br />

VOTO IV 37<br />

del diritto canonico, fu incaricato dall’arcivescovo Carlo Romilli a risolvere<br />

le diverse controversie amministrative nelle parrocchie della sua diocesi.<br />

Come giusto amministratore del patrimonio proprio, dei beni materiali della<br />

comunità ecclesiastica e civile, svolgeva l’incarico di esaminatore prosinodale,<br />

consigliere ed esecutore di disposizioni testamentarie.<br />

Fortezza<br />

Tutta la vita del Servo di Dio è una pratica continua della virtù di<br />

fortezza che fu sempre coniugata in lui con l’evangelica mitezza:<br />

«La fortezza assunse nell’anima del Biraghi le note particolari della generosità<br />

nel servizio di Dio, della instancabile pazienza, della virile sopportazione e di un<br />

coraggio che si espresse nel perseguimento tenace dei più alti ideali e nel compimento<br />

di tutte le opere che egli sapeva volute da Dio. La sua fortezza fu temperata da<br />

un’immutabile mitezza, per cui anche i suoi ammonimenti più esigenti venivano tradotti<br />

in paterne esortazioni. Nelle ore del dolore - numerose nella vita del Biraghi -<br />

la fortezza dell’anima si manifestò in una serena accettazione della croce, egli seppe<br />

attingere da Gesù crocifisso l’alimento della sua eroica virtù» (Cap., XXIII A, 2, p.<br />

1482).<br />

La fortezza dei martiri per la fede fu il grande ideale proposto dal<br />

Servo di Dio. Ai sacerdoti ricordava la persona di sant’Ignazio vescovo e<br />

martire, alle alunne delle <strong>Marcelline</strong> citava l’esempio di sant’Agnese.<br />

Nei difficili tempi in cui visse, aveva il coraggio degli arditi progetti.<br />

La sua decisione di fondare un istituto femminile per l’educazione<br />

delle fanciulle fu un atto di coraggio e di fortezza. Lo dimostrò molto<br />

chiaramente in una lettera, scritta dopo quarant’anni della fondazione a sr.<br />

Caterina Locatelli:<br />

«Inginocchiato a lato di quell’altare, nella solitudine, nel silenzio, io pensava<br />

all’ideata congregazione, e mi vedevo innanzi le difficoltà, le spese, le tribolazioni,<br />

il legame perpetuo, la responsabilità che mi assumevo, i disturbi, cui mi doveva<br />

assoggettare, dopo una vita placidissima. Sentiva ritrosia e pigrizia e mille incertezze:<br />

e pregava la Vergine che mi illuminasse e soccorresse di consiglio, di vigoria, e<br />

pregava... Ed ecco in me un cuor nuovo, una volontà di ferro, una dolce sicurezza<br />

che la cosa piaceva a Dio e l’avrebbe benedetta. E così fu» (Cap., VI B, 6, p. 311).<br />

Grazie della virtù di fortezza, il Servo di Dio fu paziente nella<br />

sopportazione delle difficoltà e della croce, sereno nelle prove della vita e<br />

di fronte alla morte. Basta ricordare l’inquisizione austriaca, che subì per<br />

ben cinque anni, perché condivise con l’arcivescovo Romilli le speranze<br />

di libertà dei milanesi e che si concluse con la sua esclusione

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