06.06.2013 Views

13.10.2008 - Edit

13.10.2008 - Edit

13.10.2008 - Edit

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

PRIMA COLONNA<br />

di Ivo Vidotto<br />

Santiago<br />

e Damjan<br />

“Santiago era un vecchio magro<br />

e scarno, con rughe profonde sulla<br />

nuca. Sulle guance aveva le chiazze<br />

del cancro della pelle provocato dai<br />

rifl essi del sole sul mare tropicale e<br />

le mani avevano cicatrici profonde,<br />

che gli erano venute trattenendo<br />

con le lenze i pesci pesanti”. Bastano<br />

queste poche parole per capire<br />

che si tratta di un passo tratto<br />

dal celebre romanzo “Il vecchio e il<br />

mare” di Ernest Hemingway. Non<br />

vogliamo, però, raccontare la vita<br />

di un pescatore, il suo orgoglio e il<br />

suo coraggio e neppure la biografi<br />

a dello scrittore americano al quale<br />

questo romanzo valse il premio<br />

Pulitzer nel 1953 e il premio Nobel<br />

l’anno successivo. A farci rivivere<br />

le avventure di Santiago – “tutto in<br />

lui era vecchio, tranne i suoi occhi,<br />

che, nonostante il passare del tempo,<br />

erano rimasti azzurri come il<br />

mare”, scrisse Hemingway – è stata<br />

una copia originale, ormai ingiallita,<br />

dell’inserto della rivista “Life”,<br />

uscito nel settembre del 1952, una<br />

specie di anteprima del libro, uscito<br />

dalle stampe quello stesso anno.<br />

Abbiamo avuto modo di sfogliarla<br />

presso l’antiquariato sito al pianterreno<br />

del “piccolo grattacielo”<br />

di via Ciotta, a Fiume, calandoci<br />

con la nostra fantasia nel mondo<br />

di Santiago, immaginando la sua<br />

lotta con un pesce spada, che racchiude<br />

tutta l’epica del romanziere<br />

americano.<br />

Dalla lotta immaginaria contro<br />

un pesce spada, passiamo a quella<br />

fi n troppo reale vissuta una settimana<br />

fa da uno sloveno, appassionato<br />

di pesca subacquea, nelle acque attorno<br />

all’isola di Lissa. L’uomo, il<br />

43.enne Damjan Pesek, non si sarebbe<br />

mai aspettato di incontrare in<br />

un mare “pacifi co” come l’Adriatico<br />

uno squalo bianco – uno dei<br />

più affascinanti e misteriosi predatori<br />

dei mari – e il fatto di poterlo<br />

raccontare avrà signifi cato per lui<br />

nascere una seconda volta. Quello<br />

degli squali bianchi è un mondo<br />

pervaso da luoghi comuni, che<br />

suscitano allo stesso tempo terrore<br />

e ammirazione, facendoci rivivere<br />

le scene da brivido del celebre fi lm<br />

di Spielberg “Lo squalo”, uscito nel<br />

1975.<br />

Il Grande squalo bianco (Carcharodon<br />

carcharias) è l’ultimo<br />

grande oscuro predatore degli<br />

oceani, simbolo di tutti i nostri orrori<br />

e delle nostre paure, ed è considerato<br />

il più grande pesce predatore<br />

del pianeta, le cui dimensioni massime<br />

possono raggiungere e forse<br />

superare i sette metri di lunghezza<br />

e le tre tonnellate di peso. Parlando<br />

dello squalo bianco, i nostri pensieri<br />

volano sempre verso l’Australia,<br />

il Sudafrica oppure verso la California,<br />

ma non è impossibile trovarlo<br />

– e l’attacco di Lissa lo conferma<br />

– anche nell’Adriatico. Abbiamo<br />

voluto, perciò, scavare nel<br />

passato più o meno remoto e scoprire<br />

altre testimonianze della sua<br />

presenza nel nostro mare. Una presenza<br />

che, in virtù della sua fama di<br />

“mangiatore di uomini”, ci mette i<br />

brividi e che non vorremmo mai riscontrare<br />

di persona.<br />

Non ci aiuta a sopprimere questo<br />

sentimento nemmeno la constatazione<br />

degli esperti, secondo i<br />

quali non è il mostro crudele che si<br />

avventa con ferocia su tutto quello<br />

che incontra come è stato raffi gurato<br />

dalla cinematografi a catastrofi ca<br />

hollywoodiana, e quindi così trasferito<br />

nell’immaginario collettivo, ma<br />

un animale cauto ed estremamente<br />

intelligente, che studia con attenzione<br />

le sue possibili prede e valuta<br />

attentamente i rischi che corre nello<br />

sferrare un attacco.<br />

DEL POPOLO<br />

mare<br />

www.edit.hr/lavoce Anno IV • n. 34 • Lunedì, 13 ottobre 2008


AMBIENTE<br />

di Lucio Vidotto<br />

Nessuno è oggi in grado di valutare<br />

quanti sono e soprattutto nessuno<br />

ha un’idea di come affrontare<br />

mangiati sei tonnellate di uva”<br />

il problema della loro esistenza sulle isole.<br />

Stiamo parlando dei cinghiali, cioè di<br />

una di quelle specie che qualcuno ha portato<br />

dalla terraferma per motivi intuibili,<br />

ma non accertati. I cinghiali, più dei dai-<br />

ni o degli sciacalli dorati, hanno imparato<br />

ad arrangiarsi bene nel nuovo habitat<br />

e quando trovano cibo a suffi cienza si riproducono<br />

velocemente. Di conseguenza<br />

aumenta la richiesta di cibo e a quel punto<br />

nasce un confl itto con la popolazione<br />

autoctona, quella umana, s’intende. Sono<br />

una delle specie alloctone o, in altre parole,<br />

dei veri e propri intrusi di cui si farebbe<br />

volentieri a meno. Chi li ha portati?<br />

Chi li può cacciare? Ci sono rimedi? Abbiamo<br />

cercato di ottenere qualche risposta<br />

da chi ha subito dei danni e in seno<br />

alla Regione Litoraneo-montana, dove il<br />

vicepresidente Vidoje Vujić ci ha fornito<br />

la sua visione. Può essere suffi ciente,<br />

abbiamo chiesto, affi darsi a una società<br />

venatoria, composta da membri che ne<br />

fanno parte per hobby, passione, ma non<br />

per professione, per gestire un problema<br />

estremamente complesso?<br />

“Il ruolo delle società venatorie è importante<br />

per la salvaguardia della natura<br />

e per questo motivo noi diamo loro il nostro<br />

sostegno. Gli equilibri da mantenere<br />

sono un problema che non riguarda sol-<br />

tanto le isole. Lo troviamo anche sul litorale<br />

e nelle zone montane. Ci sono anche<br />

dei risultati. In un anno, sull’isola di<br />

Veglia sono stati abbattuti circa 400 cinghiali<br />

e altri 380 sulle altre isole. Non è<br />

semplice. C’è chi propone di avvelenarli<br />

senza pensare che in questo modo non<br />

rischiano soltanto i cinghiali. Possiamo<br />

dire che l’abbattimento delle specie alloctone<br />

viene ostacolato anche dalla legislazione<br />

in materia. Infatti, per portare<br />

avanti effi cacemente questo programma,<br />

che determina peraltro un notevole impegno<br />

economico, si va contro la Legge che<br />

regola la caccia in generale, senza parlare<br />

del rispetto del fermo caccia in determinati<br />

periodi dell’anno. Il fermo nel nostro<br />

caso non dovrebbe essere applicato. Stiamo<br />

parlando di una materia estremamente<br />

complessa e di un problema che sarà<br />

diffi cile risolvere”.<br />

L’importanza di mantenere<br />

un equilibrio<br />

“Sono previsti dei risarcimenti – precisa<br />

Vujić –, ad esempio, per chi è in grado<br />

di dimostrare che una pecora o un<br />

agnello sia stato sbranato da un animale<br />

selvatico. Ci sono tante denunce che non<br />

sono potute venire prese in considerazione<br />

per il semplice fatto che non esisteva<br />

alcuna prova che il danno sia veramente<br />

avvenuto. Qualcuno ha sicuramente cercato<br />

di fare il furbo e abbiamo anche le<br />

prove che tra chi ha sporto denuncia per<br />

la scomparsa di un certo numero di capi<br />

che precedentemente aveva provveduto<br />

a vendere”. Comunque, sarà necessario<br />

stabilire un certo equilibrio, in quanto<br />

l’allevamento di ovini sulle isole non<br />

può cambiare. Più precisamente, si può<br />

cambiare sistema di allevamento, ma allora<br />

cambia proprio tutto. Il metodo tradizionale<br />

consente alle greggi di girare<br />

liberamente, andando incontro a tanti<br />

pericoli. Sull’isola di Cherso, e non solo,<br />

questo modo di allevare le pecore rappresenta<br />

un elemento importante nell’ecosistema.<br />

Con le greggi rinchiuse dentro i<br />

recinti scomparirebbero inevitabilmente i<br />

grifoni che popolano l’isola e che si nutrono<br />

delle carcasse di quegli animali uccisi<br />

dalla loro stessa natura, alla ricerca<br />

di pascoli in zone impervie. Per essere ri-<br />

Lunedì, 13 ottobre 2008<br />

La diffi cile convivenza sulle isole quarnerine con questi animali intellige<br />

Cinghiali, quegli intrusi<br />

a due passi dal mare<br />

Un cannone “spaventacinghiali”<br />

Sull’isola di Veglia i cinghiali h<br />

sarciti occorre fornire le prove e talvolta<br />

è impossibile.<br />

Che disastro nei vigneti<br />

Quando si parla di danni veri e provati<br />

c’è un esempio che riguarda i cinghiali<br />

in un altro ruolo. Sull’isola di Veglia non<br />

viene visto come un pericolo per le greggi<br />

bensì per l’uva. A Ivan Katunar i cinghiali<br />

si sono mangiati 6 tonnellate d’uva prima<br />

della vendemmia. È successo poche settimane<br />

fa, quando per la prima volta sono<br />

stati adottati dei metodi particolari per tenere<br />

alla larga questi ghiotti e intelligenti<br />

animali, in grado di riprodursi a dieci<br />

mesi dalla nascita e di mettere al mondo<br />

fi no a sei piccoli. Ecco come la vede il viticoltore<br />

di Verbenico.<br />

“L’arrivo dei cinghiali sulle isole è stato<br />

pianifi cato per trasformare i terreni agricoli<br />

in qualcosa di diverso. È un problema che<br />

interessa molte altre isole. Le attività tradizionali<br />

non sono state mai minacciate come<br />

lo sono adesso, né dalle varie occupazioni<br />

né dal comunismo. I rimedi attuati fi nora si<br />

sono dimostrati insuffi cienti. Secondo me<br />

non basta affi dare a una società venatoria<br />

la gestione del problema. I cacciatori sono<br />

membri di una società di cui fanno parte su<br />

base volontaria. Pertanto, non si può richiedere<br />

da loro un impegno professionale e serio,<br />

come invece sarebbe opportuno. In altre<br />

parole, il loro ruolo è quello di salvaguardare<br />

certi equilibri. Io pratico la pesca sportiva<br />

e sono membro di un club che però non<br />

ha, giustamente, delle mansioni così impegnative.<br />

La gestione del patrimonio ittico è<br />

prerogativa di strutture più competenti. Se<br />

in un anno sono stati abbattuti 400 cinghiali<br />

è altrettanto vero che in circolazione ce<br />

ne sono ancora parecchi. Il numero sembra<br />

grande, ma non lo è se ne sono rimasti<br />

4.000. Personalmente ho la fortuna di essere<br />

stato nelle condizioni di fornire tutte le prove<br />

del danno subito. Ho chiamato la polizia<br />

per denunciare il fatto e quindi sono stati i<br />

periti giudiziari a valutarne l’entità. I maiali<br />

selvatici si sono mangiati poco meno di<br />

6 tonnellate d’uva dopo di che si è capito<br />

quanto sia seria la faccenda”.<br />

Cannonate per<br />

salvare il raccolto<br />

Nella vallata alle spalle di Verbenico<br />

sono stati sistemati venti cannoni caricati<br />

a gas che a intervalli di pochi minuti sparavano,<br />

giorno e notte, fi no alla fi ne della<br />

vendemmia. Sono serviti per spaventare<br />

sia i cinghiali, che con il passare dei giorni<br />

vi si sono abituati, sia gli uccelli, altri<br />

animali ghiotti di uva.<br />

“Immediatamente dopo la prima razzia<br />

nei miei vigneti, dove i cinghiali hanno<br />

mangiato tre tonnellate di Chardonnay,<br />

è stato organizzato un agguato notturno da<br />

parte dei cacciatori. Da quanto mi sia dato<br />

a sapere, in quella circostanza ne sono stati<br />

abbattuti due, ma nessuno è stato in grado<br />

di capire quanti fossero. L’unica cosa che so<br />

è che hanno ricoperto di orme ogni metro<br />

quadrato dei vigneti. I danni li fanno anche<br />

altrove, facendo franare i muri di sassi entro


Lunedì, 13 ottobre 2008<br />

ti, ghiotti e dannosi<br />

anno trovato un habitat ideale<br />

cui pascolano e vengono custodite le greggi.<br />

A qualcuno, evidentemente, interessa di far<br />

scomparire certe attività”. Prima della prossima<br />

vendemmia, come è stato annunciato,<br />

l’intera vallata di Verbenico verrà recintata,<br />

una misura che dovrebbe impedire l’accesso<br />

ai cinghiali che saranno costretti a ripiegare,<br />

chissà, sui pomodori, che sono un altro<br />

“brand” della zona oltre alla Žlahtina, il noto<br />

vino locale.<br />

Sull’isola di Veglia<br />

si svendono terreni<br />

agricoli e aree boschive<br />

I terreni non coltivati e mal gestiti diventano<br />

facile preda degli speculatori che<br />

vogliono appropriarsene per pochi soldi<br />

Vidoje Vujić: “È una materia estremamente complessa”<br />

in attesa che il loro valore cresca una volta<br />

in mano a uno e non a tanti proprietari.<br />

Abbiamo scoperto che il noto imprenditore<br />

edile Tomislav Horvatinčić ha riscattato<br />

dei vasti territori nella zona Sottovento<br />

sull’isola di Veglia, in una fascia vicinissima<br />

al mare che, osservando il Piano territoriale<br />

per l’isola, in nessun modo si presta<br />

ad attività edilizie.<br />

Non c’è quindi il rischio che i documenti<br />

di pianifi cazione possano subire<br />

delle modifi che drastiche, nel senso che<br />

un terreno agricolo, a causa dello scarso<br />

interesse per questa attività meno remunerativa<br />

rispetto all’edilizia, con la complicità<br />

dei fattori esterni, possa divenire area<br />

edifi cabile entro un certo periodo?<br />

“Ignoro il fatto – ammette Vujić – che<br />

ci sia qualcuno che acquista aree boschive<br />

o agricole. Gli speculatori ci sono dovunque.<br />

Evidentemente sanno dove investire<br />

per trarre dei vantaggi in futuro. In questo<br />

momento l’interesse può derivare forse<br />

dalla consapevolezza che determinate<br />

aree saranno interessate da interventi infrastrutturali”.<br />

Un impegno notevole<br />

a favore delle isole<br />

La Regione Litoraneo-montana è comunque<br />

tra le prime della classe quando<br />

si parla di incentivi e attività per favorire<br />

l’agricoltura e specie quella tradizionale<br />

come l’olivicoltura e viticoltura. Lo<br />

sottolinea il vicepresidente della Regione<br />

Litoraneo-Montana Vujić: “Abbiamo<br />

adottato per primi il modello di sostegno<br />

dell’olivicoltura con il sovvenzionamento<br />

parziale per l’acquisto delle piante di<br />

ulivo in cui la Regione partecipa con un<br />

terzo, le autonomie locali con un terzo e<br />

gli olivicoltori con un terzo. Questo ha<br />

portato a un grande sviluppo del settore.<br />

Per favorire la vita sulle isole vengono<br />

sovvenzionate anche le linee marittime.<br />

Oggi vivere sulle isole può anche essere<br />

un privilegio, se teniamo conto del fatto<br />

che quella di Veglia non può essere considerata<br />

un’isola. Con le altre isole ci sono<br />

delle ottime vie di comunicazione e molti<br />

dei disagi che esistevano una volta non<br />

esistono più”.<br />

Se trovano un ambiente favorevole, i cinghiali si riproducono molto velocemente<br />

Le greggi corrono grossi rischi durante il pascolo


4<br />

mare<br />

Lunedì, 13 ottobre 2008 Lunedì, 13 ottobre 2008<br />

Sguardo da serial killer e ghigno minaccioso...<br />

Ridurre il rischio di attacchi<br />

Il rischio relativo di un attacco da parte di uno squalo è molto piccolo,<br />

ma dovrebbe essere ridotto ulteriormente laddove è possibile, con qualche<br />

accorgimento:<br />

• Restare sempre in gruppo: infatti gli squali preferiscono attaccare individui<br />

isolati<br />

• Non vagare troppo distanti dalla barca perché oltre ad essere isolati si è troppo<br />

lontani per un eventuale soccorso<br />

• Evitare di entrare in acqua durante la notte o all’imbrunire, quando gli squali<br />

sono particolarmente attivi e dotati di un indubbio vantaggio sensoriale<br />

• Non entrare in acqua se sanguinanti da una ferita aperta o durante le mestruazioni:<br />

l’olfatto degli squali è molto acuto<br />

• È sconsigliato indossare gioielli perché i loro rifl essi assomigliano a quelli<br />

delle squame dei pesci<br />

• Evitare acque con fogne o immondizia, e quelle usate per la pesca sportiva o<br />

commerciale, specialmente se sono presenti esche o sono state pasturate.<br />

La presenza di uccelli marini è indicativa di queste zone<br />

• Gli avvistamenti dei delfi ni non indicano l’assenza di squali: spesso si trovano<br />

a mangiare nelle stesse zone lo stesso cibo<br />

• Usare molta cautela quando le acque sono torbide ed evitare di indossare<br />

abbigliamento troppo colorato: gli squali vedono i contrasti particolarmente<br />

bene<br />

• Porre cautela in acqua nelle vicinanze dei litorali sabbiosi e rive scoscese,<br />

sono tra i luoghi preferiti dagli squali<br />

di Alessandro Superina<br />

Gli squali hanno un problema<br />

d’immagine piuttosto<br />

serio: con quello sguardo<br />

da serial killer, unito al ghigno minaccioso<br />

dai denti storti e seghettati<br />

sparsi in fi le e alla frenesia sanguinaria<br />

con cui consumano i pasti,<br />

non è per nulla diffi cile capire perché<br />

gli esseri umani non li abbiano<br />

mai amati. Gli scrittori prima e i registi<br />

hollywoodiani poi non sempre<br />

hanno contribuito alla loro causa. Il<br />

celebre scrittore ottocentesco Herman<br />

Melville, più volte testimone<br />

degli attacchi degli squali durante<br />

i suoi lunghi viaggi a bordo delle<br />

baleniere, defi nì lo squalo “pallido<br />

divoratore di orrida carne” (le balene<br />

arpionate) dalle “fauci profonde<br />

e seghettate”. Ernest Hemingway,<br />

che negli anni trenta dello scorso<br />

secolo si rifugiò per un periodo<br />

alle Bahamas armato di macchina<br />

da scrivere e canna da pesca, imprecava<br />

contro gli squali che spolpavano<br />

i pesci presi all’amo prima<br />

che riuscisse a tirarli fuori dall’acqua.<br />

Comunque si ritrovò a scriverne<br />

con grande ammirazione nel<br />

celebre libro “Il vecchio e il mare”<br />

(splendida e indimenticabile l’interpretazione<br />

sul grande schermo<br />

di Spencer Tracy) dove il protagonista<br />

Santiago si esprime con le<br />

seguenti parole a proposito di uno<br />

squalo mako: “Era bello in ogni<br />

parte tranne nelle mascelle, nobile<br />

e non ha paura di nulla”.<br />

Una splendida creatura<br />

e non un assassino<br />

La pessima e scientifi camente<br />

non provata reputazione di “divoratore<br />

di uomini” fu elevata alle<br />

stelle nel 1974 quando Peter Benchley<br />

scrisse “Lo squalo”, un racconto<br />

che ha come personaggio<br />

principale non un uomo ma un<br />

grande squalo bianco. L’autore,<br />

che oggi si batte per la salvaguardia<br />

di questo predatore, adottò la teoria<br />

dello squalo vagabondo che – affamato<br />

– si spostava lungo le spiagge<br />

di una regione particolare cercando<br />

di soddisfare la sua brama di carne<br />

umana. Il libro ottenne un successo<br />

formidabile e il fi lm tratto dal racconto<br />

– siamo nel 1975 – per un po’<br />

di tempo detenne il record d’incassi<br />

di Hollywood. Il regista Steven<br />

Spielberg, per rendere quanto più<br />

spettacolari e mozzafi ato le riprese,<br />

si affi dò alla superconsulenza<br />

di Rodney Fox il quale, nel 1963<br />

durante una competizione di pesca<br />

sub nell’Australia meridionale, fu<br />

attaccato da un grande squalo bianco<br />

salvandosi per un pelo grazie<br />

a una serie straordinaria di circostanze<br />

fortunate: erano serviti 462<br />

punti di sutura e mesi di convalescenza<br />

per rimetterlo in sesto. Da<br />

allora Fox dedica la vita allo studio<br />

e alla protezione dello squalo bianco<br />

e alla prima dello “Squalo” ci<br />

rimase male. Quella presentata da<br />

Spielberg era un’immagine distorta<br />

dello squalo bianco, “una splendida<br />

creatura e non un assassino”.<br />

Non perdonò mai il famoso regista<br />

americano.<br />

Rischio quasi nullo,<br />

però...<br />

Gli attacchi da squali sono diventate<br />

notizie da prima pagina in<br />

tutto il mondo ma il rischio concreto<br />

di subire un’aggressione nell’Adriatico<br />

in particolare e nel Mediterraneo<br />

in generale è per la casistica<br />

insignifi cante, quasi nullo. Ad<br />

esempio, si corrono molti più rischi<br />

di morire per annegamento che anche<br />

solamente di poter vedere uno<br />

squalo. Molta più gente è ferita o<br />

uccisa mentre guida per andare in<br />

ATTUALITÀ<br />

«Shark attack» nell’Adriatico: allarme ingiustifi cato<br />

Gli squali bianchi consumano i pasti con una frenesia sanguinaria<br />

spiaggia o tornare a casa che da<br />

uno squalo in acqua. La probabilità<br />

di un attacco è anche meno comune<br />

rispetto ad altri tipici incidenti da<br />

spiaggia come cadute, disidratazione,<br />

meduse e ustioni solari. Inoltre,<br />

vengono messi molti più punti ai<br />

piedi per ferite da conchiglia che<br />

per morsi di squalo. Api, vespe e<br />

serpenti sono responsabili di molte<br />

più disgrazie ogni anno. Negli Stati<br />

Uniti il rischio annuale di morte<br />

da fulmini è 30 volte maggiore di<br />

quello da un attacco di squalo.<br />

La (s)fortuna<br />

del sub sloveno<br />

Non andatelo però a raccontare<br />

a Damjan Pesek, il 43.enne<br />

pescatore sub sloveno, attaccato<br />

esattamente una settimana fa, lo<br />

scorso 6 ottobre, da uno squalo<br />

bianco di quasi 5 metri nell’insenatura<br />

di Mala Smokova sull’isola<br />

di Lissa, ed entrato nella statistica<br />

del MEDSAF – l’archivio degli attacchi<br />

di squalo del Mediterraneo<br />

che completa ed estende i dati già<br />

conservati nell’International Shark<br />

Attack File (ISAF) – sotto la voce<br />

“attacco non fatale”. Pesek è stato<br />

aggredito a circa 10 metri dalla<br />

riva, in una zona dove il fondale<br />

è sabbioso e la profondità dell’acqua<br />

non supera i 2-3 metri, mentre<br />

nuotava vicino alla barca con<br />

fi ssata alla cintola una ricciola di<br />

circa 5 chilogrammi. È una prassi,<br />

quella di appendere i pesci catturati<br />

a una sorta di guinzaglio tondeggiante<br />

fi ssato alla muta, che viene<br />

generalmente adottata da tutti<br />

i pescatori sub che cacciano nell’Adriatico,<br />

incuranti della prima<br />

voce del capitolo “come ridurre il<br />

rischio di attacchi di squali”, che<br />

recita più o meno “se si pratica pesca<br />

subacquea portare subito fuori<br />

dall’acqua i pesci uccisi”. È vero<br />

che lo sloveno ha avuto una sfor-<br />

Il caso dello sloveno Damjan Pesek, attaccato da uno squalo bianco a Lissa, ha riportato alla ribalta il grande predatore<br />

tuna pazzesca – ma possiamo parlare<br />

anche di fortuna, visto l’esito<br />

dell’attacco, perché lo squalo bianco<br />

quasi mai lascia vive le proprie<br />

“prede” –, perché gli avvistamenti<br />

del grande predatore nell’Adriatico<br />

sono rari, ma la presenza dello<br />

squalo bianco nelle nostre acque,<br />

anche se sporadica, è comunque<br />

confermata.<br />

Un attacco<br />

«urta e mordi»<br />

E in caso di contatto ravvicinato<br />

sono guai, guai seri. La ricciola,<br />

sanguinante, ha attirato lo<br />

squalo che ha attaccato Damjan<br />

Pesek, mordendolo al polpaccio e<br />

iniziando a compiere i caratteristici<br />

movimenti circolari intorno alla<br />

vittima, comportamento classico di<br />

quelli che vengono defi niti attacchi<br />

“urta e mordi”. Lo sloveno si è salvato<br />

grazie alla prontezza di spirito.<br />

Anche se gravemente ferito ha<br />

trovato la forza di respingere un<br />

secondo attacco – che sarebbe risultato<br />

fatale – con una fi ocina e rifugiarsi<br />

sul canotto che fungeva da<br />

life-boat. Quindi il pronto intervento<br />

degli amici che si trovavano sull’imbarcazione,<br />

i quali sono riusciti<br />

a fermare la copiosa emorragia, e<br />

successivamente del dottore di Lissa<br />

e dei chirurghi di Spalato, hanno<br />

Il 43.enne Damjan Pesek, sopravvissuto all’attacco dello squalo bianco<br />

scongiurato conseguenze ben peggiori<br />

se non letali.<br />

I precedenti<br />

nell’Adriatico e in Europa<br />

Quello di Damjan Pesek è il sesto<br />

caso uffi ciale di attacco da squalo<br />

verifi catosi lungo la costa croata.<br />

Quattro quelli mortali, l’ultimo dei<br />

quali registrato nel 1974, dunque 34<br />

anni fa, a Rogoznica dove uno squalo<br />

bianco uccise un turista tedesco.<br />

Il primo decesso risale al 21 agosto<br />

1934: la 18.enne Agnes Novak<br />

viene ferita mentre nuota nei pressi<br />

della tonnara dell’isola di Sansego:<br />

morirà dissanguata. Il 24 settembre<br />

1961 nelle acque di Abbazia uno<br />

squalo bianco attacca il 19.enne studente<br />

serbo Sabit Plana mentre nuota<br />

in compagnia di sette amici a 100<br />

metri dalla riva. Più volte morso alla<br />

mano e agli arti inferiori, il ragazzo<br />

era già morto all’arrivo dei soccorritori.<br />

Nonostante un’accurata ricerca<br />

effettuata su varie riviste e siti internet<br />

specializzati, non siamo riusciti a<br />

risalire al luogo d’attacco e alle generalità<br />

della quarta vittima.<br />

L’International Shark Attack File<br />

dell’Università della Florida afferma<br />

che l’Italia è il paese europeo dove<br />

lo squalo ha attaccato maggiormente<br />

l’uomo: 13 aggressioni su 40, di<br />

cui 4 sono risultati mortali e l’ultima<br />

risale al febbraio 1989 a Piombino.<br />

Un sub stava facendo la manutenzione<br />

ordinaria di alcuni cavi sottomarini<br />

quando improvvisamente si<br />

è ritrovato faccia a faccia con uno<br />

squalo di oltre 6 metri. In Europa gli<br />

altri attacchi all’uomo si sono verifi -<br />

cati rispettivamente in Grecia (9 volte),<br />

in Croazia (6 volte), in Francia (4<br />

volte), in Spagna (4 volte), in Gran<br />

Bretagna (2 volte) e a Malta (2 volte).<br />

Gli attacchi totali sono stati 40<br />

dei quali 17 mortali.<br />

Questo studio ha raccolto anche<br />

i dati su tutti gli attacchi accertati<br />

suddividendoli per zone. Dai risultati<br />

si evince che le acque più<br />

pericolose sono quelle australiane,<br />

dove 136 delle 329 aggressioni<br />

sono state fatali. Gli Stati Uniti<br />

detengono invece il record degli attacchi,<br />

837 di cui “soltanto” 41 fatali.<br />

Gli altri attacchi sono stati riscontrati<br />

rispettivamente in Africa<br />

(276-70), nelle isole del Pacifi co<br />

(121-50), in Asia (116-54), nelle<br />

Hawaii (107-15), nel Sud America<br />

(100-23), nelle Antille Bahamas<br />

(65-19), nel centro America<br />

(60-31), nella Nuova Zelanda (46-<br />

9), e nelle Bermuda (4). In totale ci<br />

sono state 2.100 aggressioni con<br />

447 vittime.<br />

I 12 «personaggi» che hanno contribuito a creare il mito del killer<br />

Dallo squalo bianco al martello e al tigre<br />

Gli squali sono considerati tra gli animali più pericolosi<br />

esistenti. Una informazione troppo spesso inesatta<br />

e lacunosa, ha tuttavia contribuito al diffondersi<br />

di informazioni non veritiere e false credenze. In realtà,<br />

delle quasi 500 specie attualmente note, solo una<br />

ventina possono, in alcune situazioni, divenire un reale<br />

pericolo. Inoltre, anche le specie più temibili, il più delle<br />

volte non attaccano gli esseri umani quando vi vengono<br />

in contatto. Questo indica chiaramente che l’uomo<br />

non può essere considerato una preda abituale di<br />

alcuna specie di squalo. La maggior parte di attacchi<br />

consiste in un singolo morso, dopo il quale l’animale<br />

non torna ad attaccare. Perché allora in alcuni casi<br />

certe specie di squali attaccano? Sicuramente per diversi<br />

motivi, quali: fame, curiosità, difesa, errore nel<br />

riconoscimento della preda.<br />

Il dodici per cento degli attacchi a persone in mare nei<br />

quali si è potuto identifi care l’aggressore, sono imputabili<br />

allo squalo bianco, il che ne fa la specie più famigerata per<br />

quello che riguarda la sua pericolosità nei confronti dell’uomo.<br />

Eppure lo squalo bianco non è da solo sul banco<br />

degli imputati. Delle circa 350 specie note di squali, sono<br />

27 quelle che di certo hanno attaccato persone o barche;<br />

una quarantina sono giudicate potenzialmente pericolose;<br />

le rimanenti 280 sono innocue.<br />

Ecco un elenco dei 12 “personaggi” che più hanno<br />

contribuito a creare il mito dello squalo assassino.<br />

Lo squalo tigre è il responsabile<br />

del 10 per cento degli attacchi<br />

Carcharodon Carcharias (Squalo bianco) Cosmopolita,<br />

è noto come uno degli animali più pericolosi e aggressivi.<br />

È particolarmente sensibile all’odore del sangue,<br />

che scatena in lui una sorta di frenesia aggressiva,<br />

inducendolo ad attaccare qualunque corpo in movimento.<br />

Quando cattura una preda, la ingoia senza masticare, anche<br />

se di dimensioni pari a metà della propria; solitamente<br />

si tratta di foche, delfi ni e altri cetacei, tartarughe, altri<br />

squali, pesci e rifi uti abbandonati in acqua dalle navi. La<br />

maggior parte degli esperti è concorde nell’affermare che<br />

la pessima reputazione dello squalo bianco sia in larga misura<br />

immeritata. Alcuni specialisti ritengono, inoltre, che<br />

la specie sia in pericolo di estinzione a causa della riduzione<br />

delle fonti alimentari alle quali attinge e dell’eccessiva<br />

pesca cui è sottoposta da parte dei cacciatori di trofei.<br />

Carcharhinus amblyrhynchos (Squalo grigio di<br />

scogliera) Di taglia medio-piccola, frequente lungo le barriere<br />

coralline del mar Rosso, dell’oceano Indiano e dell’oceano<br />

Pacifi co australe, ma assente nel Mediterraneo.<br />

Mentre in mar Rosso e oceano Indiano sembra sia abbastanza<br />

benevolo nei confronti dell’uomo, è noto per la sua<br />

aggressività nel Pacifi co, dove ha attaccato di frequente,<br />

soprattutto per difendere il suo territorio da intrusioni.<br />

Carcharhinus brevipinna (Squalo spinner) Cosmopolita,<br />

comune in acque tropicali e temperato-calde, nel<br />

Mediterraneo lo si può trovare sopratutto lungo le coste<br />

dell’Africa. La sua lunghezza massima è inferiore ai due<br />

metri e ottanta. Malgrado abbia attaccato l’uomo, non viene<br />

considerato pericolosissimo.<br />

Carcharhinus leucas (Squalo Zanibezi, carcarino)<br />

Cosmopolita ma assente nel Mediterraneo. Dopo lo squalo<br />

bianco, il tigre e il mako è considerato il più pericoloso,<br />

nonostante non raggiunga la lunghezza di tre metri e mezzo:<br />

gli si attribuisce l’8 per cento degli attacchi. Si nutre<br />

soprattutto di altre specie di squali. L’acqua dolce non costituisce<br />

per lui un problema, e pertanto lo si può trovare<br />

anche nei grandi fi umi tropicali a migliaia di chilometri di<br />

distanza dalla foce, come nel Rio delle Amazzoni, lo Zambesi,<br />

il Gange, il Missisipi e il Tigri.<br />

Carcharhinus longimanus (Carcarino longimano)<br />

Specie tropicale d’alto mare, la cui presenza nel Mediterraneo<br />

è dubbia, mentre è considerata comunissima su acque<br />

oceaniche. Le pinne pettorali tipicamente allungate gli<br />

Lo Squalo martello maggiore, la più grande<br />

e pericolosa delle 8 specie di squalo martello<br />

5<br />

hanno valso il nome specifi co. La sua lunghezza massima<br />

è di poco inferiore ai quattro metri. Viene da molti considerato<br />

uno degli squali più pericolosi, e forse il principale<br />

responsabile di molte stragi in occasione di naufragi avvenuti<br />

in mare aperto.<br />

Carcharhinus melanopterus (Carcarino dalle pinne<br />

nere) Tipico squalo di barriera corallina, di media taglia,<br />

con la punta delle pinne elegantemente orlata di nero.<br />

È presente nell’oceano Indiano, nel Pacifi co occidentale e<br />

nel mar Rosso. Di qui, attraverso lo stretto di Suez, è passato<br />

nelle acque costiere mediterranee dell’Egitto. Ha attaccato<br />

attratto dal pesce fi ocinato, per lo più senza esiti<br />

mortali.<br />

Carcharhinus obscurus (Squalo bruno) Cosmopolita,<br />

comune tanto in acque costiere quanto al largo, soprattutto<br />

nei mari tropicali. È presente, ma raro nel Mediterraneo<br />

sudoccidentale. Raggiunge la lunghezza di quattro<br />

metri. È una specie che incute rispetto, e si sa che talvolta<br />

ha attaccato l’uomo.<br />

Galeocerdo cuvier (Squalo tigre) Secondo solo allo<br />

squalo bianco nella fama di aggressore, è il responsabile<br />

del 10 per cento degli attacchi. Tropicale e costiero, non<br />

è mai stato osservato nel Mediterraneo. Raggiunge forse<br />

i sei metri di lunghezza massima. Molto aggressivo, non<br />

esita ad avventurarsi in acque bassissime oppure nelle<br />

sporche acque dei porti in cerca di cibo. È uno degli squali<br />

dalla dieta più varia.<br />

Isurus oxyrinchus (Mako o ossirina) Pelagico, cosmopolita<br />

in acque tropicali e temperate, è presente ma<br />

non molto comune in Mediterraneo. Supera la lunghezza<br />

di quattro metri. È uno squalo veloce, scattante e aggressivo,<br />

molto elegante, che si ciba prevalentemente di tonni<br />

e pesci spada ma che ha attaccato l’uomo più volte (9 per<br />

cento dei casi), spesso con esito fatale.<br />

Un esemplare di Verdesca, probabilmente lo<br />

squalo più comune del Mediterraneo<br />

Negaprion brevirostris (Squalo limone) Molto comune<br />

nelle acque costiere dei Caraibi e del golfo del Messico,<br />

è invece assente dal Mediterraneo. La sua lunghezza<br />

massima è di tre metri e mezzo. Ha attaccato l’uomo, specialmente<br />

se molestato.<br />

Prionace glauca (Verdesca) Cosmopolita, pelagico,<br />

abitante delle acque temperato-calde, è probabilmente lo<br />

squalo più comune del Mediterraneo. Di un bel colore azzurro<br />

sul dorso, non raggiunge i quattro metri di lunghezza.<br />

Anche se non viene considerato tra gli squali più pericolosi,<br />

il 4 per cento delle aggressioni umane è a suo carico,<br />

e dovrebbe incutere rispetto.<br />

Sphyrna mokarran (Squalo martello maggiore) È<br />

la più grande (oltre sei metri di lunghezza) delle 8 specie<br />

di squalo martello, e pertanto considerata la più pericolosa,<br />

anche se attacchi da martelli (complessivamente il 5<br />

per cento del totale) sono forse imputabili anche a specie<br />

più piccole. Presente nelle acque tropicali e temperato calde<br />

di tutto il mondo, costiere e pelagiche, si trovano anche<br />

in Mediterraneo, soprattutto lungo la costa africana.


6 mare<br />

STORIE DI VITA Presso l’antiquariato in via Ciotta a Fiume una copia originale del<br />

PESCE<br />

Sardina, buona in piatto ed esca prelibata<br />

La sardina è senza dubbio il<br />

pesce più diffuso e comune dalle<br />

nostre parti e anche quello più<br />

pescato ed è tra la specie di interesse<br />

commerciale di maggiore<br />

nell’Adriatico centrale e settentrionale.<br />

La sardina (Sardina pilchardus)<br />

si trova, in varie specie,<br />

anche in tutti i mari temperati del<br />

globo terrestre.<br />

È l’unica specie appartenente<br />

al genere Sardina nel Mediterraneo<br />

e, come la Cheppia (Alosa<br />

fallax nilotica), la Papalina<br />

(Sprattus sprattus), l’Alaccia<br />

(Sardinella aurita) e l’Alice (Engraulis<br />

enchrasicolus) appartiene<br />

alla stesso ordine sistematico dei<br />

Clupeiformi. I caratteri che permettono<br />

la distinzione di queste<br />

specie con la Sardina sono essenzialmente<br />

legati all’assenza<br />

di carena e alla minore lunghezza<br />

della mascella inferiore nell’Alice,<br />

all’assenza di striature sugli<br />

opercoli (lisci) nella Papalina e<br />

nell’Alaccia, e alle dimensioni e<br />

al numero di squame, più piccole<br />

e circa il doppio nella Cheppia.<br />

Raramente supera i 20 cm di<br />

lunghezza; quelle comunemente<br />

pescate si aggirano attorno ai 15<br />

centimetri.<br />

Le sardina è anche un piccolo<br />

migratore: nel periodo della<br />

riproduzione (ogni femmina<br />

emette 50-80.000 uova) si riunisce<br />

in banchi che si avvicinano<br />

alla costa e restano in prossimità<br />

della superfi cie; nei mesi invernali<br />

si allontana e si rifugia in<br />

acque profonde e più al largo. Si<br />

trova fi no a 180 m di profondità,<br />

ma vive generalmente tra i 25 e<br />

i 35 m di giorno, mentre di notte<br />

si spinge fi no a pochi cm dalla<br />

di Ivo Vidotto<br />

La specie più diffusa e comune nell’Adriatico<br />

superfi cie. Si nutre generalmente<br />

di plancton, piccoli molluschi e<br />

uova di altri pesci.<br />

Ha una forma slanciata e snella.<br />

Presenta la mascella inferiore<br />

leggermente più sporgente di<br />

quella superiore, squame abbastanza<br />

grandi e pinna caudale appiattita<br />

con biforcazione pronunciata;<br />

si notano delle strie sugli<br />

opercoli argentati. La colorazione<br />

del dorso è azzurro-verdastra,<br />

con fascia azzurra sui lati, mentre<br />

i fi anchi e il ventre sono biancoargentei;<br />

lungo i fi anchi possono<br />

essere presenti alcune macchiette<br />

nerastre.<br />

Assieme all’Acciuga, la Sardina<br />

è il pesce più prelibato da<br />

usarsi come esca, risultando appetito<br />

dalla totalità degli abitanti<br />

marini oggetto della pesca sportiva.<br />

Al vantaggio di un costo modesto,<br />

la sardina unisce il pregio<br />

di una carne molto saporita e<br />

piuttosto grassa, facilmente deperibile;<br />

le carni sono più grasse<br />

in estate, più magre in inverno,<br />

molto gustose sia fresche che<br />

Lunedì, 13 ottobre 2008<br />

Con Santiago sulle pagine ingi<br />

L’inserto di “Life”, un’anteprima della pubblicazione del libro<br />

un vecchio che pescava<br />

da solo su una<br />

«Era<br />

barca a vela nella Corrente<br />

del Golfo ed erano ottantadue<br />

giorni ormai che non prendeva<br />

un pesce. Nei primi quaranta giorni<br />

lo aveva accompagnato un ragazzo,<br />

Manolo, ma dopo quaranta giorni<br />

passati senza che prendesse neanche<br />

un pesce, i genitori del ragazzo<br />

gli avevano detto che il vecchio era<br />

decisamente e defi nitivamente salao,<br />

che è la peggior forma di sfortuna,<br />

e il ragazzo aveva ubbidito andando<br />

in un’altra barca dove prese tre bei<br />

pesci nella prima settimana. Era triste<br />

per il ragazzo veder arrivare ogni<br />

giorno il vecchio con la barca vuota<br />

e scendeva sempre ad aiutarlo a<br />

trasportare o le lenze addugliate o la<br />

gaffa e la fi ocina e la vela serrata all’albero.<br />

La vela era rattoppata con<br />

sacchi da farina e quand’era serrata<br />

pareva la bandiera di una sconfi tta<br />

perenne”.<br />

Molti avranno capito subito che<br />

si tratta di un passo tratto da “Il<br />

vecchio e il mare” (titolo originale<br />

The Old Man and the Sea), il celebre<br />

romanzo dello scrittore e giornalista<br />

statunitense Ernest Hemingway<br />

(Oak Park, 21 luglio 1899<br />

– Ketchum, 2 luglio 1961), defi nito<br />

un “personaggio affascinante, le<br />

cui pagine – profondamente ispirate<br />

L’impari lotta tra Santiago e il pescespada in un disegno originale<br />

a uno stile di vita – sono pervase da<br />

un senso assoluto della vigoria morale<br />

e fi sica, dallo sprezzo del pericolo<br />

ma anche dalla perplessità davanti al<br />

nulla che la morte reca con sé”.<br />

“Il vecchio e il mare” – che narra<br />

la storia di un vecchio pescatore,<br />

Santiago, e di un ragazzo, Manolo,<br />

al quale insegna a pescare e che gli<br />

trasmette la forza di ritornare a solcare<br />

il mare – è stato pubblicato per<br />

la prima volta sulla rivista “Life” nel<br />

1952. Grazie a questo libro Hemingway<br />

riceverà il premio Pulitzer nell’anno<br />

1953 e il premio Nobel nel-<br />

l’anno 1954. Rovistando tra i libri e<br />

le pubblicazioni presso l’antiquariato<br />

in via Ciotta a Fiume, al gestore Saša<br />

Dmitrović è bastato nominare Hemingway<br />

perché tirasse fuori una copia<br />

originale dell’inserto pubblicato<br />

sulla rivista “Life”. Il romanzo venne<br />

terminato il 17 febbraio del 1952<br />

e lo stesso anno Leland Hayward gli<br />

offrì di pubblicarlo su un numero unico<br />

di “Life”, con uscita in settembre,<br />

mentre Adriana Ivancich disegnò la<br />

copertina del libro per l’editore Scribner<br />

che pubblicò il romanzo nello<br />

stesso anno.<br />

Saša Dmitrović nell’antiquariato di via<br />

conservate. È un pesce ricco di<br />

acidi grassi Omega 3, che riducono<br />

il livello di trigliceridi nel sangue<br />

e hanno un contenuto alto di<br />

lipoproteine ad alta densità (Hdl),<br />

cioè di colesterolo “buono”, noto<br />

perché protegge contro le plac-


Lunedì, 13 ottobre 2008<br />

celebre romanzo<br />

che che possono occludere i<br />

vasi sanguigni e causare attacchi<br />

di cuore o ictus.<br />

Buona parte di questo pesce<br />

viene ritirato dalle industrie<br />

conserviere, per essere confezionato<br />

sott’olio. Al momento<br />

dell’acquisto, le sardine si devono<br />

presentare ben rigide al<br />

tatto. Essendo ricche di grassi,<br />

si prestano bene alle cotture alla<br />

griglia, ma vengono consumate<br />

anche fritte, impanate e anche<br />

lessate.<br />

mare 7<br />

allite de «Il vecchio e il mare»<br />

Ciotta<br />

Il numero di “Life” nel quale<br />

viene annunciata la pubblicazione<br />

del romanzo “Tutto in lui era vecchio, tranne i suoi occhi, che, nonostante il passare del tempo, erano rimasti azzurri come il mare”<br />

Prima di arrivare all’antiquariato<br />

sito al pianterreno del “piccolo grattacielo”<br />

di via Ciotta, il celebre inserto<br />

di “Life” ha fatto praticamente il<br />

giro del mondo e probabilmente il<br />

suo percorso meriterebbe un... romanzo.<br />

Tenerlo in mano, sfogliarlo<br />

e ammirare le illustrazioni originali<br />

dell’epoca, ci ha fatto provare una<br />

sensazione particolare. In un attimo<br />

ci siamo trovati sulla barca del “vecchio<br />

magro e scarno, con rughe profonde<br />

sulla nuca”. Santiago aveva<br />

“sulle guance le chiazze del cancro<br />

della pelle provocato dai rifl essi del<br />

sole sul mare tropicale e le mani avevano<br />

cicatrici profonde, che gli erano<br />

venute trattenendo con le lenze i<br />

pesci pesanti”, come abbiamo potuto<br />

leggere sulla prima pagina dell’inserto<br />

di “Life”, segni di una vita<br />

dura e piena di sacrifi ci. Tutto in lui<br />

era vecchio, tranne i suoi occhi, che,<br />

nonostante il passare del tempo, erano<br />

rimasti azzurri come il mare. La<br />

sua lotta con il pesce, anche se non<br />

si concluderà a buon fi ne, affermerà<br />

il suo orgoglio e il suo coraggio,<br />

che sembravano già persi da tempo,<br />

ma anche la notevole forza che dimostrerà<br />

combattendo quasi a mani<br />

nude con i pescecani. Il fatto che della<br />

sua preda rimanga solo lo scheletro<br />

è una sconfi tta relativa al piano<br />

economico, non a quello morale.<br />

Leggendo quelle pagine ormai<br />

ingiallite, i nostri pensieri andavano<br />

ripartiti equamente tra Santiago e il<br />

romanziere americano che ne descrisse<br />

la vita, con un linguaggio particolare,<br />

essenziale ma non scarno.<br />

In questa breve storia di un vecchio<br />

che lotta con un pesce spada c’è tutta<br />

l’epica di Hemingway, che dopo aver<br />

vinto il Premio Pulitzer, ricevette per<br />

telefono la notizia che gli era stato<br />

assegnato anche il premio Nobel. Il<br />

suo stato di salute, già precario, non<br />

gli permise di viaggiare fi no a Stoccolma<br />

e il premio venne ritirato dall’ambasciatore<br />

Jon Cabot. Si dice<br />

anche che alla consegna del premio<br />

lo scrittore abbia risposto al messo<br />

“Too late”, “Troppo tardi”. Ma non<br />

è mai “troppo tardi” per navigare con<br />

Santiago sulle pagine ingiallite de “Il<br />

vecchio e il mare”...<br />

È tra i più grandi pesci pelagici<br />

Manta, razza «cornuta e diabolica»<br />

Tra i più grandi pesci pelagici,<br />

la manta ha un aspetto<br />

curioso che la fa assomigliare<br />

più a un grande aquilone che<br />

a una creatura marina. Simile<br />

nell’aspetto a un grande mantello,<br />

la manta è una strana<br />

presenza nel mare che ha attirato<br />

da sempre l’attenzione<br />

di pescatori e navigatori per<br />

il suo fl uttuare leggero nelle<br />

azzurre acque marine. Tuttavia,<br />

vederla è considerato un<br />

evento piuttosto raro anche se<br />

è presente un po’ in tutto il Mediterraneo.<br />

Ha destato quindi<br />

un piacevole stupore l’avvistamento<br />

effettuato al largo delle<br />

limpide acque di Lampedusa di<br />

sei esemplari di manta Mobula<br />

mobular. A effettuare l’avvistamento<br />

sono stati ricercatori del<br />

Necton Marine Reserch Society<br />

che stanno effettuando uno studio<br />

nella zona. Si tratta di individui<br />

adulti e il più grande di<br />

questi presentava un’apertura<br />

alare di circa 3,5 metri.<br />

La manta è una specie protetta<br />

che può raggiungere anche<br />

gli 8 metri di apertura alare<br />

e 2 tonnellate di peso. Nonostante<br />

le grandi dimensioni è<br />

un pesce assolutamente tranquillo<br />

e si nutre di plancton. Le<br />

curiose pinne cefaliche, simili a<br />

corna, gli hanno fatto guadagnare<br />

il soprannome di razza<br />

cornuta o pesce diavolo.


8 mare<br />

UN TUFFO NEL PASSATO Il principale artefi ce dello sviluppo della marina austroungarica<br />

Massimiliano, l’arciduca marinaio<br />

di Giacomo Scotti<br />

Sul fi nire del 1994, in concomitanza<br />

con l’ottantesimo<br />

anniversario dell’inizio<br />

della prima guerra mondiale<br />

che avrebbe segnato la fi ne della<br />

grande avventura asburgica<br />

sull’Adriatico e sugli altri mari,<br />

venne pubblicato un volume illustrato,<br />

a cura di Horst Friedrich<br />

Mayer e Dieter Winkler, dal titolo<br />

nostalgico Als die Adria Osterreichisch<br />

war (Quando l’Adriatico<br />

era austriaco) che; percorre le<br />

tappe della presenza asburgica nel<br />

nostro mare.<br />

Il principio o l’annuncio della<br />

fi ne della marina austriaca si<br />

ebbe con l’agonia dell’istituzione<br />

votata al futuro di quella marina,<br />

la chiusura dell’Accademia navale<br />

di Fiume, dove, a cominciare<br />

dalla fi ne degli anni Cinquanta<br />

dell’Ottocento – e dopo i periodi<br />

di Venezia fi no al 1848 e di Trieste<br />

dal Quarantotto al 1857<br />

– gli uffi ciali avevano appreso<br />

mestiere e disciplina.<br />

L’Adriatico era stato anche<br />

il mare delle due più<br />

potenti basi della marina<br />

da guerra austroungarica:<br />

Pola e Cattaro. Negli<br />

ultimi decenni dell’Ottocento<br />

il Casinò di Marina<br />

ovvero Marinekasino<br />

di Pola aveva conosciuto<br />

le feste più fastose, lì aveva<br />

suonato il re dell’operetta<br />

Franz Lehar. A Pola,<br />

a Fiume e a Trieste erano<br />

state costruite le più potenti<br />

navi della fl otta militare dell’impero.<br />

Dalle città adriatiche<br />

i marinai più arditi<br />

Le grandi e piccole città dell’Adriatico<br />

nord-orientale, da Venezia<br />

a Trieste, l’Istria, Fiume, le<br />

isole del Quarnero e la Dalmazia<br />

avevano dato per un secolo i più<br />

arditi marinai di quella marina,<br />

mercantile e militare. Veneti, triestini,<br />

istriani, quarnerini e dalmati<br />

furono pure gli uomini degli equipaggi<br />

delle spedizioni scientifi che<br />

che partirono per tutto il mondo.<br />

Nella seconda metà dell’Ottocento<br />

furono rifatte tutte le carte navali<br />

della costa adriatica, di quella<br />

occidentale fi no al Po nel 1859<br />

poi dell’intera costa orientale e<br />

delle isole dalmate nel quadriennio<br />

1866-187 Solo per la costa<br />

orientale il risultato furono 167<br />

mappe, 137 studi idrografi ci e 40<br />

piante di porti.<br />

La gloriosa fregata<br />

«Novara»<br />

Che cosa si può ancora raccontare<br />

di una marina che era diventata<br />

la quinta al mondo allo<br />

scoppio della prima guerra mondiale?<br />

Molto moltissimo. Ma soprattutto<br />

si dovrebbe parlare di un<br />

Un ritratto dell’arciduca<br />

Massimiliano<br />

uomo che fu il principale artefi ce<br />

dello sviluppo e della potenza di<br />

quella marina: l’arciduca Massimiliano<br />

d’Asburgo (fratello<br />

dell’imperatore Francesco Giuseppe),<br />

l’uomo che dopo un viaggio<br />

nell’Egeo compiuto nel 1850,<br />

decise di restare sui mari e si sviluppare<br />

le potenzialità militari,<br />

La fregata austriaca “Novara” in navigazione<br />

commerciali e scientifi che della<br />

fl otta Asburgica: “per sua volontà<br />

si costruirono navi, si modernizzarono<br />

gli arsenali, si costruì la nuova<br />

sede di Fiume per l’Accademia<br />

navale (l’attuale grande Ospedale<br />

Civico), si aumentarono le difese<br />

ai porti, si creò un ministero per<br />

la marina”.<br />

Dal mare lo strapparono i gravosi<br />

incarichi affi datigli dal fratello<br />

imperatore Francesco Giuseppe,<br />

che lo nominò Governatore del<br />

Lombardo-Veneto e successivamente,<br />

negli anni Sessanta, lo convinse<br />

ad accettare la corona imperiale<br />

del Messico dove fu fucilato<br />

dai rivoluzionari. La gloriosa fregata<br />

“Novara”, che era già diventata<br />

il leit-motiv della sua voglia di<br />

nuovi orizzonti, ne riportò la salma<br />

il 6 gennaio 1868 in quella Trieste<br />

dove aveva costruito la propria regale<br />

dimora, il castello di Miramare.<br />

Pochi sanno che l’arciduca<br />

Massimiliano d’Asburgo ha lasciato<br />

un libro di “Viaggi in<br />

Italia”. È un vero e proprio<br />

giornale di bordo, un diario<br />

delle sue visite alle città italiane<br />

di Napoli, Palermo,<br />

Pisa, Lucca e Firenze compiute<br />

durante i viaggi per<br />

mare a cavallo fra il 1850 e<br />

il 1852. Alcuni brani ci rivelano<br />

la grande passione<br />

del principe, governatore e<br />

imperatore per il mare.<br />

Il principe monta<br />

la guardia<br />

“Alle 7 suon l’ora in<br />

cui si avverò il mio desiderio<br />

da così lungo tempo<br />

custodito nell’animo:<br />

un viaggio per mare (...)<br />

questo momento mi provocò<br />

una forte, istintiva<br />

commozione, era la prima<br />

volta che lasciavo la<br />

patria per un lungo periodo,<br />

e mi affi davo al mare<br />

per un lungo viaggio. Velocemente<br />

tagliammo le onde<br />

e già verso le 7 e un quarto<br />

salimmo, al suono dell’inno<br />

nazionale, a bordo della fregata<br />

‘Novara’, il nostro futuro palazzo<br />

navigante, il cui solo nome dovrebbe<br />

essere di buon auspicio per<br />

un austriaco”.<br />

Il diario di Massimiliano comincia<br />

così. La nave partiva da<br />

Trieste,dove l’arciduca era arrivato<br />

in compagnia di “alcuni conoscenti”.<br />

Preso congedo da questi<br />

e dai signori del seguito, il barcarizzo<br />

con a bordo il principe venne<br />

issato a bordo. Era la sera del<br />

30 luglio 1851. Nella cabina del<br />

comandante, l’arciduca scrisse alcune<br />

righe ai suoi genitori prima di<br />

tagliare l’ultimo legame con la terraferma.<br />

I preparativi per la partenza<br />

si protrassero però più a lungo<br />

del previsto, e fu “grande fatica per<br />

la ciurma” quella di levare le ancore<br />

“dato che una nuova invenzione<br />

francese rallentò il movimento<br />

del salpa-ancore, fermandole varie<br />

volte”. Nell’occasione, purtroppo,<br />

un marinaio fu ferito gravemente e<br />

Anno IV / n. 34 del 13 ottobre 2008<br />

dovette essere sbarcato e ricoverato<br />

all’ospedale.<br />

Fino all’ora<br />

degli spiriti...<br />

Finalmente, presa a rimorchio<br />

dalla corvetta a vapore “Lucia”, la<br />

fregata “Novara” si mosse alle ore<br />

21. Dopo aver messo ordine nella<br />

sua “spaziosa, ariosa e confortevole”<br />

cabina, l’arciduca Massimiliano<br />

prese alle 22 il tè con il comandante<br />

ed altri uffi ciali, “dopo di che mi sistemai<br />

in un’amaca per trovare il riposo<br />

notturno”. Il mattino del 31 luglio,<br />

dalle 8 alle 12, il principe della<br />

imperial-regia casa d’Austria montò<br />

la sua prima guardia. Scrisse: “Il<br />

mare era molto mosso, la nave rollava<br />

notevolmente e ben presto cadde<br />

una forte e insistente pioggia.<br />

Tutti intorno a me erano altamente<br />

sofferenti, ma la prova a cui fummo<br />

sottoposti era notevole per il primo<br />

giorno. Dopo poco il vento ci fu talmente<br />

contro, che dovemmo slegare<br />

il cavo di rimorchio del vapore ed<br />

iniziare a bordeggiare verso terra.<br />

La costa dell’Istria era in vista”.<br />

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />

IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina<br />

Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat<br />

edizione: MARE inpiumare@edit.hr<br />

Redattore esecutivo: Ivo Vidotto / Impaginazione: Vanja Dubravčić<br />

Collaboratori: Roberto Venturini, Giacomo Scotti, Lucio Vidotto, Danilo Prestint,<br />

Alessandro Superina Foto: Ivo Vidotto, Lucio Vidotto, Goran Žiković<br />

Lunedì, 13 ottobre 2008<br />

La fi ne di Massimilano ne “L’esecuzione”, nota opera di Édouard Manet<br />

Un giovane Massimiliano<br />

La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano<br />

con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004<br />

L’arciduca, che amava descrivere<br />

i paesaggi che si offrivano ai suoi<br />

occhi nel corso dei viaggi per terra<br />

e per mare, non poté farlo per la costa<br />

istriana; il cielo totalmente ricoperto<br />

dalle nuvole e la densa foschia<br />

non gli permisero di “scorgere dei<br />

particolari interessanti”. Il mattino<br />

dell’11 agosto, invece, “avvistammo<br />

il Monte Ossero ed alcune isole<br />

del Quarnero”. Il tempo, già “troppo<br />

cattivo” il giorno precedente, era<br />

tornato al bello, e il mare era meno<br />

mosso. “Ciò nonostante, tutti si sentivano<br />

ancora male”.<br />

Il principe marinaio montò nuovamente<br />

la guardia dalle 8 a mezzogiorno,<br />

“e mi sentii stanco<br />

morto avevo stivali troppo stretti<br />

e piedi dolenti, cosicché dovetti<br />

fare molti sforzi per resistere<br />

fi no all’ora degli spiriti”.<br />

«Bagliori e lampi<br />

illuminavano<br />

a giorno...»<br />

Nel frattempo l’orizzonte<br />

tornò ad annuvolarsi, “bagliori<br />

e lampi illuminarono a giorno<br />

per brevi momenti la nave”,<br />

abbagliando la vista di chi scrutava<br />

l’orizzonte, fi no ad arrecargli<br />

un forte dolore agli occhi. “Tali<br />

spettacoli su una scena così grandiosa<br />

ed ampia – commentò l’arciduca<br />

– vengono offerti solo a coloro<br />

che viaggiano per mare”.<br />

Il 2 agosto la “Novara” si avvicinò<br />

alle sponde italiane, e precisamente<br />

alle coste degli Abruzzi ovvero<br />

del Regno di Napoli, la nave<br />

ne era distante solo otto miglia marine.<br />

“La piccola cittadina di Vieste<br />

era distinguibile ad occhio nudo. La<br />

regione sembra molto montagnosa,<br />

abbastanza boscosa e venata da<br />

strisce di terra gialla. La città non<br />

riveste alcuna importanza e si trova<br />

su una di quelle colline gialle”.<br />

L’arciduca notò pure la presenza di<br />

antiche torri che, a distanza ravvicinata<br />

tra di loro, “si susseguono lungo<br />

tutta la costa, furono erette contro<br />

le passate invasioni dei Turchi.<br />

Al largo di Vieste incontrammo molte<br />

barche da pesca napoletane dalle<br />

vele curiose”.<br />

Segue nel prossimo numero

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!