08.06.2013 Views

Il sistema immunitario 1 (PDF) - Il sito della QUARTA A

Il sistema immunitario 1 (PDF) - Il sito della QUARTA A

Il sistema immunitario 1 (PDF) - Il sito della QUARTA A

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

III. IL SISTEMA IMMUNITARIO<br />

0) Che cos’è il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>?<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> serve a proteggere il corpo da tutti gli agenti patogeni, capaci<br />

cioè di provocare una malattia. Le cellule funzionalmente più importanti del <strong>sistema</strong><br />

<strong>immunitario</strong> sono due classi di globuli bianchi, i macrofagi, che fanno parte dei<br />

fagociti, e i linfociti, a loro volta distinguibili in linfociti B,T e NK.<br />

Dato che le cellule del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> circolano nel sangue e nella linfa, il <strong>sistema</strong><br />

<strong>immunitario</strong> è strettamente connesso sia con l’apparato circolatorio sia con il <strong>sistema</strong><br />

linfatico; per di più, i linfociti e i macrofagi derivano, come i globuli rossi, da cellule<br />

staminali nel midollo osseo, anche se alcuni di essi compiono il loro processo di<br />

maturazione in altri organi, come la milza, il timo e i linfonodi.<br />

La funzione protettiva svolta dal <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> nei vertebrati si esplica<br />

attraverso tre processi fondamentali:<br />

1. <strong>Il</strong> riconoscimento.<br />

Le cellule del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> sono in grado di riconoscere gli invasori<br />

esterni identificando particolari configurazioni di molecole presenti sulla<br />

superficie delle cellule o delle molecole estranee: sono, cioè, capaci di<br />

distinguere il self (le cellule e le molecole prodotte dall’organismo a cui<br />

appartengono) dal nonself (le molecole e le cellule provenienti dall’esterno);<br />

2. La comunicazione.<br />

Le cellule del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> comunicano tra loro: per esempio, certi<br />

globuli bianchi, dopo aver riconosciuto un invasore, inviano segnali ad altri<br />

globuli bianchi, che iniziano una serie di attività che contribuiscono a<br />

combatterlo;<br />

3. L’eliminazione.<br />

Gli invasori vengono eliminati in vario modo: per esempio, vengono marcati con<br />

proteine specifiche che li destinano alla distruzione, o vengono direttamente<br />

aggrediti da globuli bianchi specializzati.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 1


Tuttavia, prima ancora di incontrare il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>, l’intruso deve<br />

neutralizzare numerosi dispositivi che schermano l’ospite, costituendo la prima linea<br />

delle nostre difese organiche. Si tratta di meccanismi protettivi che non sono<br />

specificamente mirati contro un microbo preciso, ma costituiscono barriere<br />

meccaniche, chimiche e cellulari efficaci contro qualsiasi materiale estraneo. Per<br />

questo loro “sparare a vista”, tali difese vengono indicate collettivamente come<br />

meccanismi protettivi aspecifici.<br />

La seconda strategia adottata dall’organismo è quella delle difese specifiche, e<br />

fornisce protezione contro invasori particolari, nel senso che una difesa specifica può<br />

proteggere dall’infezione apportata da un certo tipo di batterio, ma ignorare l’attacco<br />

sferrato da altri batteri o da un virus.<br />

Le difese specifiche sono strettamente legate alla capacità, propria del <strong>sistema</strong><br />

<strong>immunitario</strong>, di sviluppare una memoria degli invasori già affrontati. Tali difese danno<br />

luogo a uno stato di protezione a lungo termine, denominato resistenza specifica,<br />

meglio noto come immunità.<br />

In genere i meccanismi di difesa non specifica sono più rapidi, ma non così efficaci<br />

come le difese specifiche nella protezione contro le malattie.<br />

Un termine in cui ci imbatteremo più volte nelle pagine che seguono è antigene, che<br />

indica qualsiasi sostanza estranea che susciti una reazione del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>.<br />

Una cellula batterica è, ovviamente, un materiale estraneo; tuttavia, a innescare la<br />

reazione immunitaria nell’uomo sono alcune proteine presenti sulla sua superficie. In<br />

generale, gli antigeni sono molecole, di solito proteine o catene polipeptidiche, che<br />

fanno parte di un corpo estraneo. Un singolo microrganismo invasore può però anche<br />

“presentare” più di un antigene al <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>.<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> effettua la propria funzione affidandosi a diversi tipi di cellule<br />

e di proteine. Ai fini <strong>della</strong> funzione immunitaria, sono essenziali diverse varietà di<br />

globuli bianchi (o leucociti).<br />

La Tabella 2.2 elenca alcune delle cellule e delle proteine coinvolte nella difesa<br />

dell’organismo umano.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 2


1) Le difese non specifiche: la prima linea di difesa<br />

Nel suddividere le funzioni del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> in difese specifiche e aspecifiche,<br />

è logico cominciare da quelle aspecifiche, dato che costituiscono la prima linea<br />

difensiva messa in atto dall’organismo. Ecco un elenco delle difese aspecifiche:<br />

Le barriere fisiche;<br />

I fagociti;<br />

La sorveglianza immunologia;<br />

Gli interferoni;<br />

<strong>Il</strong> complemento;<br />

L’infiammazione;<br />

La febbre.<br />

In genere le difese aspecifiche impediscono e limitano la diffusione dei microrganismi<br />

o delle sostanze pericolose, le cosiddette tossine, che essi secernono.<br />

Le barriere fisiche:<br />

La strategia più evidente messa in atto dal nostro corpo per proteggersi da batteri,<br />

virus e altri microrganismi pericolosi è di impedire loro di penetrare nei tessuti<br />

viventi. Infatti per causare un danno, un organismo patogeno (un microrganismo<br />

responsabile di una malattia) deve penetrare nei tessuti dell’organismo, cioè deve<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 3


attraversare un epitelio, ossia il tipo di tessuto che riveste le superfici esposte del<br />

corpo.<br />

La copertura epiteliale <strong>della</strong> cute ha molti strati, oltre a un rivestimento<br />

impermeabilizzante di cheratina e una rete di giunzioni che legano strettamente<br />

assieme le membrane di cellule adiacenti.<br />

La superficie esterna del corpo è anche protetta dai capelli, dai peli e dalle secrezioni<br />

ghiandolari, che offrono una certa protezione contro le abrasioni, soprattutto sul<br />

cuoio capelluto. Le secrezioni delle ghiandole sebacee e sudoripare si riversano sulla<br />

superficie <strong>della</strong> cute, esercitando un’azione dilavante nei confronti di microrganismi e<br />

agenti chimici potenzialmente pericolosi. Alcune secrezioni contengono anche sostanze<br />

battericide e nelle lacrime e nella saliva sono presenti enzimi litici, come il lisozima.<br />

La pelle forma sulla superficie corporea uno strato relativamente<br />

inattaccabile, almeno finché resta integra.<br />

I tessuti epiteliali che rivestono gli organi cavi dei sistemi digerente, respiratorio,<br />

urinario e riproduttivo sono più delicati, ma costituiscono difese ugualmente<br />

efficienti. La maggior parte delle superfici del tratto digerente sono rivestite di<br />

muco, nel quale i microbi restano invischiati, e lo stomaco contiene una secrezione<br />

acida in grado di distruggere molti potenziali patogeni; il muco si muove anche lungo il<br />

rivestimento del tratto respiratorio; l’urina lava le vie urinarie, e le secrezioni<br />

ghiandolari svolgono la stessa funzione nel tratto riproduttivo.<br />

I fagociti e l’infiammazione:<br />

Se un batterio o un altro microrganismo patogeno si fa strada attraverso la superficie<br />

corporea e raggiunge i tessuti, incontrerà molto probabilmente una cellula fagocitaria<br />

(un fagocita).<br />

I fagociti sono cellule in grado di ingerire altre cellule o loro frammenti, o altre<br />

particelle e di distruggerli; per mezzo <strong>della</strong> fagocitosi, essi rimuovono dai tessuti non<br />

solo parti di cellule ormai logore dello stesso organismo, ma anche microrganismi<br />

patogeni. Esistono due grandi classi di fagociti:<br />

I microfagi.<br />

Sono globuli bianchi denominati neutrofili e eosinofili; sebbene normalmente<br />

si trovino nel sangue, questi fagociti possono abbandonare la circolazione<br />

sanguigna e penetrare nei tessuti che abbiano subíto una lesione o nei quali<br />

sia in corso un’infezione.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 4


I macrofagi.<br />

Sono grandi cellule che derivano da globuli bianchi denominati monociti; quasi<br />

tutti i tessuti dell’organismo ospitano macrofagi residenti o di passaggio.<br />

Le cellule fagocitarie sarebbero di poco aiuto se non potessero raggiungere le zone<br />

dove la loro presenza è necessaria. La strategia con la quale il nostro organismo attrae<br />

queste ed altre cellule nelle zone a rischio, come una ferita infetta, si chiama<br />

infiammazione.<br />

L’infiammazione è una risposta tissutale localizzata alle lesioni. Essa produce una ben<br />

nota sensazione di gonfiore, arrossamento, calore e dolore, e può essere generata da<br />

qualsiasi agente o evento che uccida le cellule o danneggi il tessuto connettivo lasso.<br />

Quando sono stimolate da un danno tissutale locale, alcune cellule connettivali<br />

denominate mastcellule liberano nel fluido interstiziale speciali mediatori, l’istamina e<br />

l’eparina, che innescano il processo dell’infiammazione.<br />

Queste sostanze chimiche fanno dilatare localmente i vasi sanguigni, determinando<br />

l’arrivo di una maggior quantità di sangue (con le cellule di difesa) nella regione<br />

interessata. Le sostanze liberate attraggono inoltre i fagociti, facendoli concentrare<br />

nella regione <strong>della</strong> ferita o dell’infezione.<br />

Le cellule e il liquido usciti dai vasi dilatati spesso si accumulano a formare una pasta<br />

giallastra, il pus.<br />

La figura illustra i diversi eventi che si verificano nel corso di un’infiammazione<br />

cutanea. Essi servono a rallentare la diffusione dei microrganismi in siti distanti dalla<br />

lesione di ingresso, a prevenire la penetrazione di altri patogeni e a mettere in moto<br />

un’ampia gamma di difese per sopraffare gli invasori e riparare in modo permanente il<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 5


tessuto (un processo denominato rigenerazione). Si noti che uno degli ultimi eventi del<br />

processo infiammatorio è la “attivazione di difese specifiche”, che verranno trattate<br />

in seguito.<br />

La sorveglianza immunologica<br />

In genere il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> ignora le cellule normali dei tessuti dell’organismo, ma<br />

attacca e distrugge quelle anormali. <strong>Il</strong> costante monitoraggio dei tessuti normali è<br />

denominato sorveglianza immunologica. Questo fenomeno vede principalmente<br />

coinvolto un tipo di cellula nota come cellula (o linfocita) NK, dove NK sta per “natural<br />

killer”: è una particolare varietà di linfocita.<br />

Le cellule NK sono sensibili alla presenza di antigeni sulle cellule dell’organismo. In<br />

effetti, questi antigeni rappresentano un segnale come “Questa membrana plasmatica<br />

è anormale”. Quando le cellule NK si imbattono in questi antigeni, presenti su una<br />

cellula cancerosa o infetta da un virus, la uccidono secernendo determinate proteine<br />

che ne perforano e distruggono la membrana.<br />

Come mai allora ci si ammala di cancro? Purtroppo alcune cellule cancerose eludono<br />

questa sorveglianza, per cui si moltiplicano e si diffondono senza interferenze da<br />

parte delle cellule NK.<br />

Gli interferoni:<br />

Gli interferoni sono piccole proteine emesse da linfociti e macrofagi attivati e dalle<br />

cellule dei tessuti infettati dai virus. Questa sostanza si lega alla superficie delle<br />

cellule vicine, ancora non infette, e le induce a produrre proteine antivirali che<br />

impediranno al virus di replicarsi utilizzando il loro apparato biosintetico. Spesso<br />

questa reazione è sufficiente ad arrestare la diffusione del virus. Gli interferoni<br />

stimolano anche i macrofagi e le cellule NK a entrare in azione.<br />

<strong>Il</strong> complemento:<br />

Con il termine di complemento ci si riferisce a un gruppo di proteine del sangue che<br />

“complementa”, o supplementa, l’azione degli anticorpi. L’attivazione del complemento<br />

potenzia la fagocitosi, distrugge le membrane dei microrganismi invasori (batteri) e<br />

promuove l’infiammazione.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 6


La febbre:<br />

Per febbre si intende un prolungato rialzo <strong>della</strong> temperatura corporea su valori<br />

superiori a 37°C.<br />

L’ipotalamo contiene gruppi di cellule nervose che regolano la temperatura corporea e<br />

agiscono come termostato dell’organismo. I macrofagi, i patogeni e le tossine<br />

batteriche sono fra gli agenti che possono “resettare” il termostato e causare un<br />

rialzo <strong>della</strong> temperatura corporea. Entro certi limiti, una febbre può essere benefica,<br />

poiché un rialzo <strong>della</strong> temperatura può accelerare le attività del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>;<br />

tuttavia, la febbre alta (sopra i 40°C) può danneggiare molti sistemi d’organi.<br />

2) Le difese immunitarie specifiche<br />

Gli interferoni e le cellule NK non distinguono fra un microrganismo invasore e l’altro.<br />

L’immunità o resistenza specifica consiste nella resistenza a lesioni e malattie causate<br />

dalla penetrazione nell’organismo di ben determinati patogeni o composti chimici<br />

estranei.<br />

Nella risposta infiammatoria, alcune parti del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> intraprendono<br />

azioni valide contro qualunque invasore. Tuttavia, anche se una puntura a livello <strong>della</strong><br />

cute rappresenta un tipo di lesione generica, è anche vero che virus, batteri o funghi<br />

particolari possono avvantaggiarsi <strong>della</strong> sua presenza. Perciò la reazione dell’organismo<br />

a tale lesione non comporta solo lo schieramento delle difese immunitarie aspecifiche,<br />

ma anche di quelle specifiche.<br />

L’immunità specifica può essere di due tipi: innata e acquisita.<br />

L’immunità innata è ereditaria; è presente alla nascita e non ha alcuna<br />

relazione con precedenti esposizioni dell’individuo agli antigeni implicati.<br />

Essa ci protegge da certe malattie che possono invece infettare gli animali<br />

domestici; gli esseri umani, per esempio, non sono soggetti alle stesse<br />

malattie dei pesci rossi e viceversa.<br />

L’immunità acquisita è una resistenza alle infezioni conseguita dall’organismo<br />

nel corso <strong>della</strong> vita. Come vedremo essa può svilupparsi in due modi diversi,<br />

passivamente o attivamente.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 7


L’immunità passiva viene ottenuta somministrando ad un individuo a rischio<br />

sostanze prodotte da un altro individuo, che lo difendano da una malattia. Ciò<br />

avviene in modo naturale quando sostanze sintetizzate dalla madre proteggono il<br />

nascituro dalle infezioni che potrebbero attaccarlo.<br />

Sostanze del genere possono anche essere somministrate per combattere o<br />

prevenire un’infezione.<br />

Ad esempio se, giocando a calcio, vi ferite in modo piuttosto serio e la ferita è<br />

sporca, è facile che al pronto soccorso, dopo aver cucito la ferita, vi facciano<br />

un’iniezione di siero antitetanico, cioè vi iniettino, a scopo preventivo, una dose<br />

di anticorpi contro la tossina prodotta dal batterio del tetano. Se, per caso, il<br />

batterio vi ha infettato, gli anticorpi iniettati vi proteggono ed evitano che la<br />

tossina prodotta dal batterio danneggi in modo grave o irreparabile il vostro<br />

<strong>sistema</strong> nervoso. Lo stesso effetto viene conseguito con i sieri antiveleni, usati<br />

per curare una persona morsa o punta da un animale. Le iniezioni di<br />

immunoglobuline, invece, vengono praticate per aumentare la resistenza nei<br />

confronti di una possibile infezione.<br />

<strong>Il</strong> concetto essenziale è che l’immunità acquisita passivamente con questi mezzi<br />

conferisce una resistenza a breve o a medio termine, al massimo <strong>della</strong> durata<br />

di qualche anno; infatti i composti che combattono le malattie prodotti fuori dal<br />

nostro corpo vengono prima o poi degradati dal nostro organismo. Nonostante<br />

questo ha un grande vantaggio: agisce in fretta.<br />

L’immunità attiva, a lungo termine, è quella che il nostro corpo sviluppa con le<br />

proprie risorse. Essa si sviluppa in seguito all’esposizione naturale<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 8


dell’organismo a un antigene presente nell’ambiente o in seguito all’esposizione<br />

deliberata a tale antigene (vaccinazione).<br />

È questo il mezzo con cui ci procuriamo una protezione a lungo termine dai<br />

microrganismi invasori. Di solito questo tipo di immunità comincia a svilupparsi<br />

dopo la nascita, e viene continuamente aggiornata e ampliata via via che un<br />

individuo si imbatte in patogeni o altri antigeni ai quali non era ancora stato<br />

esposto.<br />

Come già detto una forma di immunità attiva è quella prodotta artificialmente<br />

mediante la somministrazione di vaccini per proteggere l’individuo da malattie<br />

specifiche come il vaiolo.<br />

Vaccinare una persona non significa trattarla con una sostanza che permanga nel suo<br />

organismo e sia tossica per i virus o i batteri. La preparazione iniettata o ingerita è<br />

invece un antigene, cioè una parte o tutto l’organismo patogeno che si vuole<br />

combattere. Perché questo trattamento riduce la probabilità di contrarre la malattia?<br />

La risposta è che, dalla parte del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>, l’individuo vaccinato ha<br />

contratto la malattia nel momento in cui gli è stato inoculato l’antigene. In<br />

quell’occasione gli antigeni ad es. <strong>della</strong> poliomielite sono stati presentati al suo <strong>sistema</strong><br />

<strong>immunitario</strong>, che procede quindi a sferrare un attacco contro quel particolare invasore<br />

(le cellule B e T sono ora pronte ad attuare contro di esso una risposta immunitaria<br />

specifica).<br />

“Prendere la polio”, allora, non significa tanto che il poliovirus è penetrato nel nostro<br />

corpo, quanto piuttosto che esso è riuscito a danneggiarci prima che il <strong>sistema</strong><br />

<strong>immunitario</strong> potesse liberarcene. Questo è esattamente ciò che può accadere quando<br />

il virus intatto ci invade per via naturale prima che siamo stati vaccinati.<br />

I vaccini moderni sono ottenuti con microrganismi e tossine che sono stati uccisi o<br />

alterati, in modo tale che non possano provocare la malattia o causare danni. Dopo la<br />

prima somministrazione, gli antigeni presenti sulla superficie dei microbi uccisi<br />

stimolano la produzione di plasmacellule e di cellule <strong>della</strong> memoria. Un richiamo, cioè<br />

una seconda o terza dose dello stesso vaccino, induce le cellule B <strong>della</strong> memoria a<br />

differenziarsi ulteriormente e a formare ancora più plasmacellule e cellule <strong>della</strong><br />

memoria.<br />

L’immunizzazione attiva prodotta da vaccinazione è un processo lento, che richiede un<br />

richiamo e parecchie settimane di tempo per la formazione di un sufficiente numero di<br />

cellule <strong>della</strong> memoria e il raggiungimento di un adeguato livello di protezione. Tuttavia,<br />

l’immunità così prodotta permane per alcuni anni o, in certi casi, anche per tutta la<br />

vita.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 9


I vaccini costituiscono la migliore strategia per combattere le malattie infettive<br />

serie, che non possono essere prevenute o curate con altri mezzi. Disgraziatamente<br />

molti virus, come i vari ceppi dell’ influenza, e anche alcuni batteri, modificano le loro<br />

molecole superficiali così rapidamente da evadere l’immunizzazione attiva, ed è per<br />

questo che la vaccinazione antinfluenzale non è più efficace l’anno successivo.<br />

L’essenziale è che, in un organismo vaccinato contro la poliomielite, il poliovirus è<br />

pressoché impotente; non impotente a penetrare nel nostro corpo, ma impotente a<br />

farci del male, giacché ora il nostro organismo è pronto a combattere.<br />

2.1) Le cellule e le molecole coinvolte nella risposta<br />

immunitaria<br />

Le cellule:<br />

Tra i diversi tipi di globuli bianchi che cooperano nella difesa immunitaria, i linfociti<br />

costituiscono la forza trainante. Linfocita significa “cellula <strong>della</strong> linfa” e in effetti<br />

queste cellule passano la maggior parte <strong>della</strong> loro vita nei tessuti linfatici.<br />

Vi sono due tipi principali di linfociti: i linfociti B, che producono e secernono proteine<br />

dette anticorpi, e i linfociti T, che, a seconda del tipo, uccidono direttamente le<br />

cellule estranee o regolano l’attività di altri linfociti. Un’altra classe di globuli bianchi<br />

che interviene nella risposta immunitaria è rappresentata dai macrofagi, che prima<br />

stimolano i linfociti ad attaccare gli invasori e poi fanno pulizia, consumando i detriti<br />

prodotti dal lavoro dei linfociti stessi.<br />

Le molecole:<br />

Nella difesa immunitaria sono implicate anche numerose molecole, le più note delle<br />

quali sono gli anticorpi, proteine con funzione protettiva prodotte dai linfociti B, che<br />

le secernono nel sangue e nella linfa. Cellule B diverse producono anticorpi di forma<br />

leggermente diversa. Durante una risposta immunitaria, particolari anticorpi si legano<br />

in modo specifico a determinati antigeni: in questo modo, contemporaneamente,<br />

l’anticorpo riconosce l’invasore e lo marca in modo che possa essere eliminato.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 10


Un agente patogeno può anche avere diversi antigeni: il rivestimento esterno di molti<br />

virus, batteri, funghi o parassiti di grandi dimensioni contiene numerose proteine in<br />

grado di agire come antigeni.<br />

Un altro tipo di molecole importanti nella difesa sono le interleuchine, fattori di<br />

crescita proteica, secreti da alcune cellule immunitarie, che stimolano o ritardano la<br />

divisione o il differenziamento di altre cellule immunitarie, attuando così una forma di<br />

comunicazione tra le cellule immunitarie stesse.<br />

2.2) L’immunità umorale e l’immunità cellulare<br />

Le resistenze immunitarie specifiche<br />

comprendono due componenti<br />

fondamentali. La prima è la cosiddetta<br />

immunità umorale, o immunità mediata<br />

da anticorpi, la seconda è l’immunità<br />

cellulare, o immunità mediata da cellule.<br />

L’azione di entrambi questi sistemi di<br />

difesa comincia a livello dello stesso<br />

<strong>sito</strong>, in quanto i linfociti rappresentano<br />

la base da cui hanno origine le cellule<br />

chiave di entrambi i sistemi.<br />

Tutti i globuli bianchi hanno origine nel<br />

midollo osseo e i linfociti non fanno<br />

eccezione. Alcuni di essi, tuttavia,<br />

migrano nel timo, una ghiandola che si<br />

trova sopra il cuore, dove si<br />

differenziano dando luogo ai principali<br />

elementi dell’immunità cellulare, i<br />

linfociti T, o più semplicemente le<br />

cellule T (dove T sta a indicare la loro<br />

origine dal timo).<br />

<strong>Il</strong> drenaggio dei liquidi extracellulari: il <strong>sistema</strong> linfatico<br />

Nel frattempo, i linfociti che rimangono nel midollo osseo possono svilupparsi nei<br />

linfociti B, gli elementi fondamentali dell’immunità anticorpale, mediata da anticorpi.<br />

Spessissimo le cellule B e T mature sono localizzate negli organi del <strong>sistema</strong> linfatico,<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 11


per esempio la milza e i linfonodi, dove<br />

si preparano a legarsi agli invasori che<br />

eventualmente penetrano nel <strong>sistema</strong>.<br />

Ci si deve immaginare il <strong>sistema</strong><br />

linfatico come un <strong>sistema</strong> di vasi che<br />

drenano i fluidi extracellulari (il fluido<br />

interstiziale) per reimmetterli nel<br />

<strong>sistema</strong> circolatorio. Mentre questi<br />

fluidi percorrono il <strong>sistema</strong> linfatico,<br />

passano attraverso gli organi linfatici,<br />

che sono pieni di cellule immunitarie.<br />

Ecco perché quando ci si ammala i<br />

linfonodi si ingrossano: in tali<br />

circostanze essi contengono quantità<br />

superiori alla norma di cellule<br />

immunitarie, impegnate a combattere<br />

l’infezione.<br />

2.2.1) L’immunità mediata da anticorpi:<br />

Come si può immaginare il protagonista dell’immunità mediata da anticorpi (o<br />

anticorpale) è l’anticorpo; questo può essere definito come una proteina circolante<br />

prodotta dal <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>, capace di legarsi a un particolare antigene (più<br />

precisamente è una proteina globulare e viene perciò chiamato anche<br />

immunoglobulina).<br />

Da questa definizione è evidente che anticorpi e antigeni sono intimamente collegati, a<br />

tal punto, che uno prende il nome dall’altro; il termine antigene, infatti, non è che una<br />

forma abbreviata per dire “sostanza in grado di generare anticorpi”. In prima<br />

approssimazione, un dato anticorpo si legherà a un determinato antigene e a nessun<br />

altro.<br />

Ferma restando la loro capacità di legame, gli anticorpi possono presentarsi in due<br />

modi: anzitutto come recettori superficiali delle cellule B che, con una comune forma<br />

base a Y, si estendono verso l’esterno dalla membrana plasmatici di tali cellule; in<br />

secondo luogo, come molecole prodotte dalle cellule B e liberamente circolanti nel<br />

sangue.<br />

Considerati nella loro forma di recettori, gli anticorpi sono denominati anche recettori<br />

antigenici.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 12


La grande specificità del legame anticorpo-antigene consente di usare queste molecole<br />

come un potente mezzo per la diagnosi di molte malattie infettive, tra cui, per<br />

esempio, l’epatite virale e l’AIDS.<br />

Se infatti un virus, come quello dell’AIDS, penetra nel corpo di una persona,<br />

l’organismo comincia subito a produrre anticorpi specifici contro quel virus, e dopo<br />

poco tempo questi anticorpi possono essere identificati nel sangue: si dice allora che<br />

la persona in questione è sieropositiva per quel particolare virus. Chiunque sia stato<br />

esposto al contagio da parte del virus HIV risulta sieropositivo.<br />

Sfortunatamente questi anticorpi non riescono a proteggere l’organismo perché il<br />

virus dell’AIDS penetra nelle cellule, dove gli anticorpi non possono raggiungerlo: se<br />

una persona, però, sa di essere sieropositiva, può sottoporsi a terapie per rallentare la<br />

replicazione del virus e ritardare la progressione <strong>della</strong> malattia, che quando si<br />

manifesta è, purtroppo, sempre fatale.<br />

Esistono classi diverse di anticorpi, specializzati nel raggiungere parti del corpo<br />

diverse o in differenti attività difensive.<br />

Una di queste classi di anticorpi, denominata IgG (o immunoglobuline G), molto<br />

efficiente nell’eliminazione di virus e batteri, costituisce la componente principale<br />

delle gammaglobuline, che vengono separate dal sangue mediante opportune tecniche<br />

di frazionamento e possono essere iniettate per fornire una protezione immediata. Le<br />

IgG sono gli unici anticorpi che possono attraversare la placenta e raggiungere il feto.<br />

Un’altra classe di anticorpi, le IgA, ha caratteristiche diverse, che consentono a<br />

queste molecole di penetrare facilmente nelle secrezioni corporee come la saliva, le<br />

lacrime, e il latte: questi anticorpi forniscono, per esempio, una resistenza temporanea<br />

alle infezioni nei bambini allattati al seno.<br />

Una terza classe di anticorpi, le IgE, si lega a cellule specializzate situate nella pelle e<br />

nelle mucose, e può contribuire, oltre che a combattere le infezioni, a scatenare quei<br />

fenomeni irritativi noti come allergie.<br />

Le cellule B:<br />

Ogni linfocita B porta sulla sua membrana circa 100 000 copie <strong>della</strong> molecola di<br />

anticorpo che è in grado di secernere quando viene stimolato da un determinato<br />

antigene. Ogni linfocita B, tuttavia, porta solo un tipo di anticorpo.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 13


Nel nostro corpo vi sono milioni di cellule B differenti – che circolano nel sangue o<br />

nella linfa o stazionano nei linfonodi -, ciascuna delle quali è in grado di rispondere a un<br />

diverso antigene.<br />

Quando un antigene penetra all’interno del corpo, la sua molecola si lega agli anticorpi<br />

presenti sulla superficie di una particolare cellula B, quelli che hanno un <strong>sito</strong> di legame<br />

di conformazione adatta.<br />

Questo stimola la cellula B a<br />

dividersi rapidamente e a<br />

proliferare quindi in un clone di<br />

cellule tutte identiche,<br />

discendenti dalla stessa cellula<br />

madre; in circa 10 giorni una<br />

singola cellula B può produrre un<br />

clone di 1000 cellule figlie.<br />

A un certo punto, alcune cellule<br />

figlie smettono di dividersi e si<br />

differenziano in plasmacellule,<br />

che si mettono a fabbricare<br />

anticorpi. Le plasmacellule<br />

impiegano tutte le loro risorse<br />

nella produzione di anticorpi, e<br />

muoiono dopo pochi giorni. Altre<br />

cellule del clone, però, non si<br />

differenziano immediatamente e<br />

diventano cellule B <strong>della</strong><br />

memoria, in grado di sopravvivere<br />

mesi o anni.<br />

Come la cellula B originaria, le cellule <strong>della</strong> memoria possono venire stimolate a<br />

dividersi e a differenziarsi in plasmacellule dallo stesso antigene che aveva scatenato<br />

la prima risposta.<br />

La struttura e la formazione degli anticorpi:<br />

Come già detto gli anticorpi hanno una forma che ricorda vagamente una Y. Ciascuna di<br />

queste molecole ha due siti a cui si legano gli antigeni a essi complementari; dalla<br />

parte opposta, invece, la molecola stimola i macrofagi o le proteine del complemento<br />

ad attaccare e distruggere l’intero complesso anticorpo-antigene.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 14


Tutte le molecole anticorpale sono composte da due tipi di catene polipeptidiche,<br />

denominate catena pesante e catena leggera in base alle dimensioni.<br />

Le immunoglobuline più abbondanti, quelle <strong>della</strong> classe IgG (immunoglobuline G), sono<br />

formate da due catene leggere e due pesanti, unite da legami covalenti. Ciascuna delle<br />

catene contiene una regione costante (C), la cui sequenza amminoacidica è la stessa in<br />

tutte le immunoglobuline di un dato animale, e una regione variabile (V), cioè diversa<br />

da un anticorpo all’altro. Sono le differenze <strong>della</strong> regione variabile che determinano la<br />

specificità dell’anticorpo per il suo antigene.<br />

La presenza di due diverse catene amminoacidiche (leggera e pesante) rende possibile<br />

una grande quantità di anticorpi, combinando un numero molto più ridotto di<br />

polipeptidi.<br />

I geni delle catene polipeptidiche degli anticorpi derivano da un processo di<br />

riarrangiamento che ne determina l’enorme varietà<br />

La capacità di produrre svariati milioni di anticorpi diversi poneva in passato un<br />

interrogativo difficile: come poteva una cellula contenere l’enorme quantità di DNA<br />

necessaria per tanti milioni di geni?<br />

La risposta sta nel fatto che le catene anticorpale sono identiche per la parte C<br />

(nell’ambito di ciascuna categoria, leggera o pesante) ma estremamente diversificate<br />

nella parte V. Ogni catena polipeptidica è codificata da geni separati, un gene C e<br />

alcuni geni <strong>della</strong> regione V, che si riorganizzano a formare un “gene” unico e continuo<br />

che specifica la sequenza di amminoacidi di un’intera catena leggera o pesante.<br />

<strong>Il</strong> DNA di un particolare cromosoma contiene un unico gene C e svariati geni <strong>della</strong><br />

regione variabile, tutti diversi; durante il processo di riarrangiamento, che avviene<br />

mentre le cellule B maturano nel midollo osseo, l’unico gene C e alcuni geni <strong>della</strong><br />

regione V si spostano in modo da trovarsi vicini e da questi geni combinati si forma un<br />

solo RNA messaggero (mRNA).<br />

L’mRNA viene quindi tradotto in un polipeptide la cui sequenza amminoacidica contiene<br />

una parte C e una parte V.<br />

Grazie a questo meccanismo, una persona riesce a produrre un numero impressionante<br />

di anticorpi diversi con una quantità minima di informazione genetica.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 15


L’antigene seleziona un clone di linfociti, determinando la produzione di anticorpi<br />

complementari e una specifica memoria immunitaria<br />

Le cellule B, una volta formate, costituiscono una popolazione che possiede milioni di<br />

specificità diverse. L’intrusione di un particolare antigene nel corpo attiva solo le<br />

cellule B specifiche per quell’antigene, che sono indotte a proliferare, formano un<br />

clone di cellule produttrici di anticorpi (plasmacellule).<br />

Questo processo di “selezione clonale”, con cui si generano anticorpi specifici in<br />

seguito all’esposizione all’antigene, consta dei seguenti stadi fondamentali:<br />

1. Ogni cellula B viene determinata per la produzione di un solo tipo di<br />

anticorpo.<br />

Durante lo sviluppo embrionale, i riarrangiamento del DNA destinano le cellule B<br />

ciascuna alla produzione di un tipo ben preciso di molecola anticorpale; da quel<br />

momento ogni cellula include alcune molecole anticorpali nella propria membrana<br />

plasmatica, lasciando ben esposto il <strong>sito</strong> di riconoscimento dell’antigene.<br />

Tutta la gamma di cellule produttrici di anticorpi che l’individuo possiede è<br />

quindi già presente nei tessuti linfoidi prima <strong>della</strong> stimolazione da parte di un<br />

antigene. <strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> è in grado di rispondere praticamente a<br />

qualunque tipo di antigene cui una persona eventualmente si esponga, anche se la<br />

maggior parte di queste cellule protettive non verrà mai chiamata in causa nel<br />

corso <strong>della</strong> vita di un individuo;<br />

2. Quando l’antigene seleziona una certa cellula B, induce la produzione di<br />

anticorpi.<br />

Gli antigeni che entrano nel corpo innescano la produzione degli anticorpi loro<br />

complementari selezionando la cellula che produce l’anticorpo giusto.<br />

Supponiamo che un virus entri nell’organismo e sia fagocitato da un macrofago,<br />

che lo digerisce e ne dispone i frammenti sulla superficie <strong>della</strong> sua membrana.<br />

In questo modo alcuni antigeni virali vengono “presentati” a una cellula B che<br />

porta esposti alla superficie gli anticorpi corrispondenti. Le due cellule entrano<br />

in contatto tra loro grazie al legame tra antigene e anticorpo e questo incontro<br />

attiva la cellula B, che comincia a dividersi e a formare un clone con una certa<br />

specificità, quella complementare all’antigene.<br />

Quasi tutte le cellule derivanti da questa attivazione si differenzieranno in<br />

plasmacellule che secernono molecole anticorpali capaci di combinarsi con<br />

l’antigene. L’intervallo di tempo che intercorre tra l’esposizione all’antigene e la<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 16


produzione di anticorpi a un livello sufficiente a proteggere l’individuo oscilla<br />

tra i 10 e 14 giorni: è in questo periodo che si sviluppano le malattie.<br />

3. La memoria immunologica garantisce l’immunità a lungo termine.<br />

Alcune cellule B non producono anticorpi, ma restano nei tessuti linfoidi come<br />

cellule di memoria, in grado di rispondere rapidamente in futuro se l’antigene si<br />

ripresenta nell’organismo. Benché le plasmacellule muoiano una volta eliminato lo<br />

stimolo antigenico, le cellule di memoria persistono anche per anni, garantendo<br />

la possibilità del richiamo immunologica.<br />

Se stimolate dallo stesso antigene, le cellule di memoria mettono in atto la<br />

risposta protettiva nell’arco di alcune ore anziché di alcuni giorni, quelli<br />

necessari nella prima risposta; di conseguenza l’invasore viene eliminato ancor<br />

prima di causare i sintomi patologici. Dunque il primo incontro con un patogeno<br />

può dar luogo alla malattia conclamata, ma i sopravvissuti rimangono immuni da<br />

infezioni successive (immunità attiva).<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 17


<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> è in grado di distinguere gli antigeni estranei da<br />

quelli del proprio organismo, verso i quali è tollerante<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> deve essere capace di distinguere tra le sostanze che sono<br />

penetrate nel corpo dall’esterno e quelle che appartengono all’organismo. In altre<br />

parole esso deve evitare di innescare una risposta immunitaria contro i propri antigeni,<br />

mantenendo allo stesso tempo la capacità di attaccare le sostanze estranee.<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> diventa tollerante ai propri tessuti attraverso un processo non<br />

ancora completamente chiaro di delezione clonale, cioè di eliminazione di tutte le<br />

cellule B e T che reagirebbero contro i tessuti dell’organismo.<br />

Tuttavia in certi casi la tolleranza immunitaria viene a mancare e si instaura una<br />

situazione di autoimmunità, cioè di reazione immunitaria contro se stessi.<br />

L’incompatibilità tra gruppi sanguigni nelle trasfusioni è dovuta all’azione di<br />

anticorpi<br />

Gli anticorpi sono anche le sostanze responsabili dell’incompatibilità tra donatore e<br />

ricevente nelle trasfusioni di sangue.<br />

Gli alleli del <strong>sistema</strong> AB determinano la presenza di particolari sostanze (antigeni A o<br />

B) sulla superficie dei globuli rossi. <strong>Il</strong> plasma degli individui appartenenti a un gruppo<br />

sanguigno contiene anticorpi diretti contro l’antigene alternativo: il plasma dei<br />

soggetti di gruppo A contiene anticorpi anti-B e viceversa; il sangue di gruppo AB non<br />

contiene anticorpi e quello di gruppo 0 contiene sia anticorpi anti-A sia anticorpi anti-<br />

B.<br />

<strong>Il</strong> motivo per cui gli individui possiedono questi anticorpi, anche se non hanno mai<br />

ricevuto una trasfusione di sangue, è che gli antigeni A e B sono simili ad antigeni<br />

batterici molto comuni, ai quali l’organismo viene sicuramente esposto.<br />

In un individuo si instaura una tolleranza verso il proprio antigene sanguigno, dovuto<br />

all’eliminazione dei linfociti che reagirebbero contro di esso; restano, invece, gli<br />

anticorpi diretti contro l’antigene assente. Nelle trasfusioni di sangue è quindi<br />

necessario tener conto del tipo di anticorpi presenti nel plasma del ricevente.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 18


Meccanismo d’azione degli anticorpi:<br />

In primo luogo, poiché gli anticorpi si legano agli antigeni del patogeno, possono in<br />

certi casi impedire che esso si leghi a qualsiasi altra cosa, e in tal modo ne arrestano<br />

la diffusione.<br />

Fra anticorpi e antigeni può anche aver luogo una reazione di “agglutinazione”, con la<br />

formazione di un “complesso” antigene-anticorpo che inattiva l’invasore.<br />

Infine, il legame con l’anticorpo può innescare l’attività di altre componenti del<br />

<strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>, le proteine del complemento. <strong>Il</strong> complemento può infatti legarsi a<br />

un anticorpo solo quando esso è legato a un antigene; questo “doppio” legame mette in<br />

moto una produzione, a cascata, delle diverse proteine del complemento; le ultime di<br />

questa cascata aprono falle nelle pareti cellulari dei batteri invasori.<br />

2.2.2) L’immunità mediata da cellule:<br />

Per quanto spettacolare, l’immunità anticorpale è anche limitata, giacché funziona<br />

esclusivamente verso organismi e molecole che un altro organismo riconosce come<br />

estranei a sé. <strong>Il</strong> fatto è che molti virus (tanto per fare un esempio) riescono a<br />

invadere cellule dell’organismo, che quindi diventano esse stesse parte del problema.<br />

Per affrontare questa minaccia, il corpo ha sviluppato, nel contesto dell’immunità<br />

acquisita , un’altra linea difensiva: l’immunità cellulare, o mediata dalle cellule.<br />

Protagonista di questa immunità è il linfocita T, o cellula T, che riconosce come<br />

bersagli le cellule infette o anormali, tramite proteine di superficie dette recettori<br />

delle cellule T, molecole simili ad anticorpi immerse nella membrana plasmatica.<br />

Tipi di cellule T e loro funzionamento:<br />

Esistono diverse varietà di linfociti T: tra esse ricordiamo le cellule T citotossiche (o<br />

linfociti T killer), i linfociti T helper, i linfociti T soppressori (o suppressor)e i<br />

linfociti T effettori (o cellule T effettrici).<br />

I recettori e i corecettori:<br />

Anche le cellule T hanno la capacità di legarsi ad antigeni specifici: questa capacità<br />

dipende dalla presenza, sulla superficie delle cellule T, di una particolare proteina<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 19


(che non è un anticorpo) che funge da recettore, a cui sono associati vari tipi di<br />

corecettori. <strong>Il</strong> virus HIV riesce a infettare le cellule T del tipo CD4 + perché,<br />

disgraziatamente, utilizza proprio questo loro particolare corecettore come un<br />

grimaldello per entrare nella cellula.<br />

<strong>Il</strong> complesso maggiore di istocompatibilità:<br />

I recettori delle cellule T si legano agli antigeni solo quando questi vengono loro<br />

“offerti”, da un macrofago o da un altro tipo di cellula immunitaria, unitamente a una<br />

proteina del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC). Queste proteine sono<br />

presenti in tutte le cellule dell’organismo, e ogni individuo ne presenta una<br />

combinazione particolare: si tratta cioè di vere e proprie impronte digitali cellulari,<br />

che consentono al <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> di distinguere il self dal nonself.<br />

La “compatibilità” tra il donatore e il ricevente, che consente o meno di effettuare<br />

trapianti di organi, si riferisce proprio a simili combinazioni di queste proteine: se<br />

infatti le proteine di istocompatibilità sono diverse, le cellule T riconoscono che il<br />

tessuto trapiantato non è self e lo attaccano.<br />

Le strategie per ridurre la probabilità del rigetto del trapianto sono parecchie, e<br />

tendono sia a minimizzare l’”estraneità” del trapianto sia a sopprimere il meccanismo<br />

di rigetto:<br />

Si sceglie un donatore compatibile con il ricevente, verificando che le<br />

proteine di superficie delle cellule del donatore (gli antigeni di<br />

istocompatibilità) corrispondano quanto più possibile a quelle del ricevente.<br />

Quanto maggiore è la corrispondenza, tanto minore è la probabilità di un<br />

rigetto. Tuttavia il rischio è sempre presente, dato che non esistono al<br />

mondo due persone che abbiano tutti gli antigeni di istocompatibilità<br />

identici, fatta eccezione per i gemelli monovulari;<br />

<strong>Il</strong> soggetto che riceve il trapianto viene trattato con farmaci (come la<br />

ciclosporina, un composto di origine fungina) che sopprimono l’immunità<br />

mediata da cellule e quindi riducono le capacità di rigetto del trapianto.<br />

Anche se oggi questi farmaci sono piuttosto efficaci, la soppressione del<br />

<strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> rende l’organismo ricevente molto vulnerabile alle<br />

infezioni.<br />

Cellule T citotossiche, helper, suppressor, effettrici:<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 20


Esistono diversi tipi di cellule T, che svolgono ruoli diversi nella risposta immunitaria,<br />

e che interagiscono tra loro in vario modo.<br />

Circa metà delle cellule T sono cellule T citotossiche, e sono in grado di secernere<br />

enzimi distruttivi o altre sostanze che perforano la membrana delle cellule che<br />

presentano proteine MHC o antigeni estranei sulla loro superficie, comprese quelle dei<br />

tessuti trapiantati, le cellule alterate da infezioni o le cellule tumorali.<br />

L’altra metà delle cellule T, anziché eliminare direttamente o indirettamente gli<br />

antigeni, regola l’attività delle altre cellule immunitarie secernendo molecole come le<br />

interleuchine o l’interferone: sono le cellule T helper, a cui appartengono le cellule<br />

CD4 + , che comunicano con le cellule B e con le altre cellule T e le inducono a entrare in<br />

azione e, inoltre, incrementano l’efficacia di altri linfociti (i B e T citotossici),<br />

secernendo attivatori immunitari (ad es. l’interleuchina II).<br />

La necessaria presenza di queste cellule per dare il via alle reazioni immunitarie è una<br />

specie di dispositivo di sicurezza per evitare reazioni immunitarie accidentali contro i<br />

propri tessuti.<br />

Le cellule T suppressor, invece, riducono o interrompono la risposta immunitaria.<br />

Infine, le cellule T effettrici liberano sostanze solubili che attraggono altre cellule<br />

difensive nell’area <strong>della</strong> stimolazione. Tali sostanze attivano le cellule man mano che<br />

arrivano, ad esempio rendendo più aggressivi i macrofagi, che acquistano maggior<br />

efficienza distruttiva nell’ingoiare materiali estranei.<br />

Esempio di immunità mediata da cellule:<br />

I macrofagi come cellule che espongono l’antigene<br />

Una cellula dell’organismo che sia stata infettata da un virus secerne un interferone.<br />

Esso agisce come un segnale chimico che avverte “Qui c’è una cellula infetta”: il<br />

risultato è un attacco da parte delle cellule NK e dei macrofagi.<br />

In realtà, a questo punto i macrofagi hanno una duplice funzione. Anzitutto, essi<br />

inglobano per fagocitosi le cellule infette; poi esibiscono sulla propria superficie alcuni<br />

frammenti proteici del virus invasore, che svolgeranno una funzione antigenica.<br />

Quando i macrofagi assumono questo ruolo, sono a volte indicati come APC (antigenpresenting<br />

cell).<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 21


All’APC si lega una cellula T helper. Come avviene spesso nel <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>,<br />

questo legame ha un carattere molto specifico: l’APC presenta infatti il frammento di<br />

proteina virale all’interno di una delle proprie proteine di membrana e la cellula T<br />

helper si lega all’APC solo se l’antigene virale è legato a tale “proteina del sé” dell’APC.<br />

Ciò rende questo <strong>sito</strong> di<br />

legame unico sotto due<br />

punti di vista: solo uno<br />

specifico invasore<br />

causerà la creazione di<br />

quel <strong>sito</strong>, e solo una<br />

varietà, fra i milioni di<br />

cellule T helper presenti<br />

nell’organismo, si legherà<br />

con esso.<br />

Ancora una volta siamo di<br />

fronte a un’immunità<br />

straordinariamente<br />

specifica, questa volta<br />

mediata da cellule. Dopo<br />

il legame con il linfocita T<br />

helper, anche l’APC<br />

emette una proteina, l’interleuchina-1, che contribuisce all’attivazione delle cellule T<br />

helper.<br />

<strong>Il</strong> ruolo delle cellule T helper nella reazione immunitaria<br />

Le cellule T helper così “attivate” secernono un’altra proteina, l’interleuchina-2, che<br />

mette in moto diversi altri processi.<br />

Anzitutto, essa stimola la produzione di cloni di cellule T helper e T killer; questi<br />

cloni comprendono non solo cellule attive, ma anche altre che fungono da depositarie<br />

<strong>della</strong> memoria immunitaria, con il compito di proteggere l’organismo da future<br />

invasioni.<br />

In secondo luogo, la sintesi di interleuchina-2 stimola anche la produzione di linfociti<br />

T soppressori, che si moltiplicano più lentamente dei linfociti killer. Alla fine, quando<br />

la guerra all’infezione si è conclusa, i linfociti soppressori inibiscono la produzione di<br />

altri linfociti killer.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 22


In terzo luogo, l’interleuchina-2 contribuisce a attivare l’immunità mediata dalle<br />

cellule B (stimolando la produzione di cloni).<br />

Ma in tutto questo trambusto, dov’è la lotta all’invasore? La risposta sta nel clone<br />

delle cellule T killer, che si chiamano così per ottimi motivi: servendosi infatti dei loro<br />

speciali recettori, esse si legano alle cellule vittime dell’infezione e ne bucano la<br />

membrana, causando la lisi <strong>della</strong> cellula. Si noti che le cellule killer non si legano agli<br />

APC come fanno i linfociti T helper, ma alle cellule dell’organismo infette, il che<br />

spiega perché si parla di immunità cellulare. In ultima analisi, si tratta di un lavoro di<br />

pulizia che chiama in azione non solo gli anticorpi, ma anche diversi tipi di cellule.<br />

La Figura 2.38 mostra come, insieme alle difese aspecifiche, i due sistemi – l’immunità<br />

anticorpale e quella cellulare – cooperano alla protezione dell’organismo.<br />

3) La regolazione immunitaria:<br />

Le malattie autoimmuni:<br />

La perdita <strong>della</strong> tolleranza nei confronti del self porta alle malattie autoimmuni, in cui<br />

il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> reagisce contro cellule e tessuti che appartengono all’organismo<br />

stesso.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 23


Alcuni esempi di malattie autoimmuni sono l’artrite reumatoide, una malattia che<br />

affligge molte persone anziane, in cui le articolazioni, soprattutto delle mani e dei<br />

piedi, diventano gonfie e doloranti, e la sclerosi multipla, una malattia degenerativa del<br />

<strong>sistema</strong> nervoso in cui il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> reagisce nei confronti <strong>della</strong> mielina, la<br />

sostanza che circonda e protegge le cellule nervose.<br />

In alcune forme di diabete, il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> distrugge le cellule del pancreas<br />

che producono insulina, e ciò provoca la carenza di questo ormone nel sangue e una<br />

conseguente grave alterazione del metabolismo.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 24


04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 25


La gravidanza:<br />

La gravidanza rappresenta un’interessante eccezione al meccanismo di riconoscimento<br />

degli antigeni estranei e alla loro eliminazione da parte del <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong>.<br />

L’embrione, contenente anche una parte delle proteine di istocompatibilità del padre,<br />

si annida nell’utero. Come mai, allora, il corpo <strong>della</strong> madre non rigetta l’embrione, che<br />

le è per metà estraneo?<br />

In effetti, l’utero costituisce un organo con caratteristiche particolari dal punto di<br />

vista immunologica: anche durante la gravidanza, il corpo <strong>della</strong> madre rigetta un<br />

trapianto di tessuti fetali in qualunque parte del corpo, ma non in quella. Non si sa<br />

ancora come faccia l’embrione a difendersi dal <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> <strong>della</strong> madre, ma si<br />

tratta sicuramente di un metodo piuttosto complicato, preciso ed efficiente, visto che<br />

è capace di proteggere una minuscola passerella di cellule dal potente <strong>sistema</strong><br />

<strong>immunitario</strong> materno.<br />

Nonostante questa protezione, tuttavia, capita qualche volta che il feto venga<br />

attaccato. In circa una coppia su 15 vi è incompatibilità Rh, una situazione che può<br />

dare luogo a una grave e pericolosa anemia del neonato, la malattia emolitica.<br />

La maggior parte delle persone ha antigeni Rh sulla membrana dei globuli rossi, cioè è<br />

Rh positiva; alcune persone, però, sono prive di questi antigeni e quindi sono Rh<br />

negative.<br />

Quando un uomo Rh + e una donna Rh - hanno un figlio, questo può essere Rh + ; se,<br />

durante il parto, alcuni globuli rossi del bambino si mescolano col sangue <strong>della</strong> madre, i<br />

loro antigeni Rh inducono il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> <strong>della</strong> madre a produrre anticorpi<br />

anti-Rh. Questo non arreca alcun danno al neonato perché occorrono alcuni giorni<br />

prima che tali anticorpi si formino.<br />

<strong>Il</strong> problema può sorgere, invece, nelle gravidanze successive, dato che, ora, gli<br />

anticorpi anti-Rh sono già presenti nel sangue materno: questi possono quindi<br />

attraversare la placenta e, se il nuovo feto è anch’esso Rh + , attaccarne i globuli rossi<br />

causando anemia, danni cerebrali o addirittura la morte.<br />

Per prevenire questa situazione a rischio, si iniettano nella madre, subito dopo il primo<br />

parto, anticorpi anti-Rh (chiamati Rhogam). Questi si legano agli antigeni Rh dei<br />

globuli rossi fetali eventualmente penetrati nella circolazione materna durante il<br />

parto, ricoprendoli e impedendo loro di stimolare il <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> materno.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 26


4) Adattamento ed evoluzione: il filo conduttore:<br />

Che un organismo sia capace di difendersi dalle continue aggressioni di microbi<br />

pericolosi è certamente un bel vantaggio selettivo su coloro che invece sono<br />

vulnerabili. La selezione naturale favorisce la sopravvivenza e la riproduzione di<br />

organismi in grado di proteggersi da questi nemici invisibili.<br />

Tuttavia un <strong>sistema</strong> <strong>immunitario</strong> raffinato come il nostro è una conquista evolutiva<br />

piuttosto recente. Benché gli invertebrati possiedano cellule fagocitarie e altri<br />

meccanismi per resistere agli agenti infettivi, le loro difese mancano <strong>della</strong> elevata<br />

specificità delle difese degli organismi superiori.<br />

Sistemi immunitari che producono anticorpi specifici e risposte cellulari si trovano<br />

solo nei vertebrati; anche tra questi ultimi si nota comunque un notevole aumento di<br />

complessità lungo la scala zoologica, che raggiunge attualmente il suo massimo negli<br />

uccelli e nei mammiferi.<br />

04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 27


04.10.2005 IL SISTEMA IMMUNITARIO 28

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!