Edizione del 29/05/2013 - Corriere

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La targa assegnata ad Elvio Renzulli La cucinaitaliana si va affermando sempre di più negli Stati Uniti. In tutte le grandi città americane sono numerosi i ristoranti, negozi di generi alimentari e programmi televisivi che presentano i benefici della dieta mediterranea, riconosciuta nel 2010 dall’UNE- SCO come Patrimonio dell’Umanità. Gli Italiani d’America sono maestri nel trasformare i semplici ingredienti di ogni giorno in piatti squisiti, veloci, salutari e soddisfacenti. In un fumetto di alcuni anni fa uomini delle caverne si lamentavano di spolpare ossi ogni giorno e chiedevano dei piatti di lasagne al forno. Giada De Laurentiis, nipote del regista cinematografico Dino De Laurentiis e cugina di Aurelio De Laurentiis, il presidente del Napoli Calcio, ha un programma chiamato “Everyday Italian”. Mary Ann Esposito, i cui nonni paterni erano originari di Baronissi (Sa), da 25 anni conduce “Ciao Italia”, il primo e più longevo show culinario italiano d’America. La sua tesi di laurea culinaria fu “Il Cibo Italiano del Rinascimento”. Ogni estate dà anche lezioni di cucina in Italia, sia per turisti Americani che Italiani. Mario Batali ha il programma “Molto Mario”. Ha anche una laurea in Filosofia, ma invece di discutere di Aristotele, Platone, Cicerone, San Tommaso d’Aquino, Voltaire o di Friederich Hegel, la sua filosofia è fatta di buon cibo, di buon vino, di gioia della vita e del buon vivere. Il suo ristorante “Babbo” di New York è un superstar gastronomico, come descritto dal New York Times. Il Batali va in giro con zoccoli di legno e guida una Vespa per visitare altri suoi ristoranti di New York. Racheal Ray prepara dei piatti squisiti in trenta minuti, come per esempio gli spaghetti alla Carbonara. Nick Stellino da Seattle prepara specialità siciliane, come i famosi arancini. Lo Stellino arrivò da Palermo a Wall Street nel 1975. Nel 1991, da lavapiatti, iniziò il programma “Cucina Amore”, perchè “La Tavola di famiglia è l’ultima riunione tribale dove tutti si siedono insieme e si dividono il pane, il vino con l’amore della famiglia e degli amici”. Poi c’è Lidia Matticchio Bastianich con la sua Tavola Italiana “Lidia’s Italy”. La signora Bastianich è nata a Pola in Croazia, quando l’Istria era ancora italiana. La sua salvezza, e quella di altre persone dell’Istria di Tito fu rappresentata dalle Carità Cattoliche degli Stati Uniti. Tutti questi cuochi hanno scritto dei libri di ricette e insieme a tutti i ristoranti e negozi di generi alimentari contribuiscono all’economia italiana importando varietà di prodotti alimentari dall’Italia. Vini, formaggi, oli di oliva, salami, mortadella, prosciutti, pasta, sott’oli, sugo di pomodori, panettoni, nutella, aceto balsamico, utensili per cucina, funghi secchi, riso Arborio, acqua minerale, castagne da Serino, esportate prima dalla ditta Ingino e adesso dalla ditta Gaetano De Feo, del presente sindaco di Serino. I Serinesi non possono vivere senza castagne. Serino a Chicago Chicago ha una grandissima varietà di ristoranti italiani, alcuni con più di 50 anni di attività. E’ possibile degustare qualsiasi specialità di qualsiasi nazionalità del mondo, senza lasciare la zona metropolitana della città di Chicago. Sono oltre duemila le pizzerie, che servono anche il delizioso e squisito “Italian Beef”. Fra questi locali, spicca il Ristorante-negozio Serino, iniziato recentemente nel 1995 dalla famiglia Elvio Renzulli di San Michele di Serino. Elvio è arrivato a Chicago a 13 anni nel 1956. Dopo il servizio militare, ha sposato Rosalba Rocco, cugina della famiglia degli Ingino di Ribottoli di Serino. Hanno tre figli: Gennarino, Bruno e Flavio. Dopo aver lavorato per 37 anni nella Zenith come tecnico e ingegniere televisivo, il Renzulli ha avuto l’idea di aprire un ristorante chiamato Serino’s, in ricordo delle sue radici saldamente legate ai monti e verdi valli serinesi. Durante la visita del Sindaco Armando Ingino nel 2002, il Ristorante Serino fu onorato e premiato dalla Delegazione Serinese per il suo impegno nel conservare il nome Serino a Chicago. Il Menù del Serino è alquanto vasto e vario. Ha una varietà di Panini. Il numero uno dei Panini è il famoso 2Italian beef”, pezzi di carne cotti nel forno e poi affettati e messi nel pane con varietà di giardiniera, una delizia. Poi ci sono i Panini “Alla caprese” con mozzarella, salami, prosciutto, carciofini, sott’oli, melenzane, pomodori. Poi c’è un’abbondanza di vassoi di antipasti, focacce, bruschetta. I Panini “Serino special” ricevono i migliori complimenti e valgono milioni di dollari in pubblicità: “Nel raggio di 50 miglia non ci sono migliori sandwiches del “Serino’s” di Chicago, commentano i clienti soddisfatti. La Delegazione Civica Serinese venne a Chicago per sancire il gemellaggio con il villaggio di Melrose Park, caratterizzata da una folta presenza Serinese, seconda solo a quella di Parterson nel New Jersey. Durante il ricevimento per il Sindaco Ingino, fu promossa una colletta per comprare un’ambulanza per la Miseri- CORRI R Mercoledì 29 maggio 2013 La cucina d’Irpinia negli Usa Tante le storie di emigranti serinesi che, arrivati in America, hanno scelto di riproporre i piatti tipici della gastronomia di casa nostra, mantenendo vivo e forte il legame con la terra madre RAFFAELE DI ZENZO Serino in Chicago di Elvio Renzulli CULTURA Elvio Renzulli è arrivato a Chicago a 13 anni nel 1956. Dopo il servizio militare, ha sposato Rosalba Rocco, cugina della famiglia degli Ingino di Ribottoli di Serino. Hanno tre figli: Gennarino, Bruno e Flavio. Dopo aver lavorato per 37 anni nella Zenith come tecnico e ingegnere televisivo, il Renzulli ha avuto l’idea di aprire un ristorante chiamato Serino’s, in ricordo delle sue radici saldamente legate ai monti e verdi valli serinesi Veduta di Serino cordia di Serino. Da Melrose Park la Delegazione continuò per Los Angeles per visitare le famose Torri nel quartiere Watts costruite dal Serinese Sabato (Simon) Rodia (1879- 1965), originario di Ribottoli di Serino, improvvisatosi architetto-scultore autodidatta. Serino a Boston 24 La Storia del Serino di Boston è iniziata nel 1926, quando Lucrezia Serino da Avellino, il cuore dell’Irpinia, arrivò negli Stati Uniti. Con lei portò anche le ricette di famiglia. I Serino andarono a Boston perchè già avevano altri parenti che erano lì in precedenza. Nella zona di Boston c’è una folta presenza di emigrati proveniente dall’Irpinia, tra cui la famiglia dell’attuale Sindaco di Boston, Thomas Menino, soprannominato il “Meccanico Urbano”, i cui nonni erano originari di Grottaminarda. Dal 1960 Guy, il figlio di Lucrezia, ha fatto conoscere le bontà delle ricette di famiglia a tutta la città di Boston e allo Stato del Massachussets. Ha fondato Serino’s Italian Food Service. Lo ha chiamato Serino in onore del cognome della Famiglia, venuta da Avellino. Il cognome Serino è tipico dell’Irpinia. Serino’s Italian Food è un vasto emporio specializzato nella preparazione di una varietà enorme di pasta fatta in casa ogni giorno: ravioli, manicotti, tortellini, lasagne… insieme a vari tipi di sugo di pomodori e altri condimenti. In un video visibile sull’Internet, Paul Serino—il figlio di Guy—spiega come vengono preparati i vari prodotti alimentari, sottolineandone i vantaggi economici, poichè vengono distribuiti dirattamente dal produttore al consumatore. I prodotti del Serino, con questa varietà di cibo fresco, nutriente e low cost, hanno conquistato non solo la città di Boston ma tutto lo Stato del Massachussets. I suoi prodotti sono serviti in ospedali, scuole, alberghi e in altri negozi della zona metropolitana di Boston e dello Stato. Il Menù è abbastanza estensivo e tutto porta il nome Serino, come marchio di qualità e di orgoglio del nome Serino: Serino’s Ravioli, Serino’s Manicotti, Serino’s Gnocchi, Serino’s Tortellini, Serino’s Stuffed Shells, Serino’s Eggplant Cutlets, Serino’s Gourmet Ravioli, Serino’s Tortelloni, Serino’s Linguine, Serino’s Lasagna Pasta, Serino’s Fettuccine Il Serino di Chicago e il Serino di Boston rappresentano dei fiori all’occhiello per le città di Chicago e Boston. È proprio il caso di dire “Buon Appetito”, “ Viva Serino!”.
Torna a raccontare il Sud Franco Arminio, partendo dalle aree interne, diventate il cuore della sua battaglia. Torna a interrogarsi nella sua "Geografia commossa dell'Italia interna", Bruno Mondadori edizioni, intorno a un “filo d'erba/dove non c'è il troppo di ogni cosa/dove il poco ancora ti festeggia/con il pane e la luce/con la muta lussuria di una rosa". Per far rinascere questo Sud, ci ricorda l’autore, non si può non partire dalla paesologia che "denuncia l'imbroglio della modernità, il suo aver portato l'umano dalla civiltà del segno alla civiltà del pegno", unica arma per superare la logica delle merci insieme alla poesia. Riscopriamo, nelle sue pagine, la pregnanza delle parole, capaci di dare un ordine alla realtà "La poesia ci può permettere di navigare nel mare delle merci lasciandoci un residuo di anima. La poesia è la realtà più reale, il nesso più potente tra le parole e le cose". Poiché la sfida è quella di "costruire il senso di stare da qualche parte nel tempo che passa, un senso intimamente politico e poetico, un senso che ci fa viaggiare più lietamente verso la morte". Una forte sacralità, più forte di ogni preoccupazione per lo sviluppo o per la crisi,, traspare dalle sue pagine, "invece bisognerebbe parlare del sacro: immettere il sacro nelle nostre giornate" e si carica di un valore certamente religioso la definizione che Arminio sceglie per sé "pescatore di montagna" , poiché spiega con chiarezza "Pesco seduto su una panchina, davanti a un bar, camminando per strada, nell'ufficio anagrafe, dentro un cimitero, in un vicolo, davanti a una villetta, sotto un albero sotto un lampione. Ad Andretta pesco facce, le facce delle donne che qui sembrano più antiche che altrove, la carriera della vecchiaia portata avanti gloriosamente, senza trucchi, senza abbellimenti". Racconta gli uomini e le donne dell'Italia interna, sempre attento al confine tra alluminio e legno, tra corpo pubblico e anima, affidandosi a un appassionato monologo interiore in cui seguiamo il flusso disordinato dei suoi pensieri. A scorrere tra le pagine sono paesi in cui non è rimasto quasi nessuno, in cui il confine tra modernità e mondo contadino è sparito, in cui viene voglia di abbracciare la terra e il cielo "guardare il cielo molte volte al giorno, è strano che la gente esca fuori e non abbia come primo pensiero quello di guardare il cielo, è strano questo andare verso gli altri a guerreggiare, meglio sarebbe andarsene dove c'è silenzio, passarsi la luce del giorno tra le dita, sentire la notte, prendersi cura della malattia, ma senza che questo diventi un'altra malattia, parteggiare per la propria gioia e per quella degli altri, andare, alzare e salire verso la montagna, scalare la montagna, annusarla, prendere il sole che prende la montagna". Ma sono anche paesi di cui si continua a parlare solo quando si tratta di morti o catastrofi, finendo per cadere sempre nella retorica, senza onorare mai veramente questi morti, senza mai preoccuparci di chi soffre, senza mai pensare "intensamente a quei capannoni crollati, pensare che il capitalismo ha sempre più un cuore macabro e mangiare alle sue mense può sfamare ma non rende felici". Una condanna, senza appello, quella del capitalismo da parte di Arminio, che ci ricorda come non sappiamo che farcene di "spacciatori di disincanto" e di una "democrazia degli scontenti" e ci ammonisce, invece, a preoccuparci del pianeta sul quale viviamo e del nostro futuro "La Terra deve essere fasciata, lenita, accudita con mille attenzioni", come "dobbiamo mettere a frutto questa idea che la Terra è veramente nostra madre". Gioca con i paradossi Arminio, ribadendo come non serva a nulla autoingannarsi, illudersi che qualsiasi cosa accada gli scienziati saranno sempre in grado di trovare una soluzione al disastro, come la scommessa CULTURA & SOCIETA’ La lezione di Valente su De Sanctis e gli artisti napoletani P roseguono con un nuovo ciclo di seminari le celebrazioni promosse dalla Federico II di Napoli per il bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis (1817- 2017), protagonista indiscusso della cultura europea del secolo decimonono, patriota, uomo politico, meridionalista, riformatore dell’università italiana e illustre professore dell’ateneo federiciano. Gli incontri saranno dedicati questa volta a "Francesco De Sanctis e la cultura a Napoli nel secondo Ottocento". Si tratterà di inquadrare il magistero di De Sanctis nell'ambito del fervore culturale che caratterizzò la Napoli dell'Ottocento. Grande interesse ha riscosso nei giorni scorsi la lezione di Toni Iermano sul tema "Contro la 'letteratura ventosa' e la politica in livrea. De Sanctis scrittore e viaggiatore politico" mentre Pasquale Sabatino si è confrontato su "Gli scrittori della nuova Italia nella "Storia" Di De Sanctis". Domani 30 maggio sarà Castel Nuovo a Napoli, sede della Società Napoletana di Storia patria, ad ospitare la lezione di Isabella Valente su "De Sanctis e gli artisti napoletani del secondo Ottocento" e l'intervento di Pasquale Sabatino su "Ritrarre dal vero: pitture narrate di Napoli negli artisti scrittori". Il ciclo di incontri si affianca ai seminari, conclusosi nell'aprile scorso e dedicati ad un aspetto certamente centrale nell’opera politica sia quella di inventare un’alternativa al consumo e alle merci, di ripartire da ciò che è rimasto di autentico come la paura della morte "Il pensiero della morte è il più ecologico che esista. Per salvare il mondo dobbiamo pensare che siamo mortali, dobbiamo usare i nostri corpi, camminare, abbracciarci, stenderci al sole e sgretolarci…dobbiamo congedarci da ogni idea di progresso". Il suo viaggio non può dimenticare le macerie dell'Aquila o dei paesi del circondario che rimandano alle macerie della terra irpina, dove ci si continua a interrogare su se sia più giusto ricostruire tutto com'era o piuttosto progettare una città rivolta al futuro. "Il rischio più grande - spiega - è che si ripeta quello che è accaduto in molti paesi dell'Irpinia dove al cittadino è stata data la casa e gli hanno tolto il paese". Paesi dove gli effetti del sisma si sommano a quelli di antiche incurie e le voci di uomini e donne lamentano orrori che continuano a scontare ogni giorno, sono i segni del terremoto che ha tolto loro la casa, la chiesa, la pista dove allenarsi, la scuola dove insegnare e insieme il desiderio di vivere, lasciando loro un infinito senso di stanchezza. “Adesso tutto è rotto e continua a rompersi - spiega Romolo - Il sangue gira nelle vene senza incontrarmi”. Non ha dubbi Arminio, c’è bisogno di politiche che aiutino le zone a bassa densità, di buone e intellettuale desanctisiana: “Il cittadino della nuova Italia: Francesco De Sanctis e lo Stato unitario”. Al ricco calendario di eventi promosso dal comitato scientifico, coordinato dai professori Toni Iermano (Cassino) e Pasquale Sabbatino (Napoli), tra convegni, seminari, restauro filologico-critico, pubblicazione e digitalizzazione dell’opera di De Sanctis, si affiancherà quest’anno anche la bella novità rappresentata dalla fondazione di “Studi desanctisiani”, Rivista internazionale di Letteratura, Politica, Società diretta da me e da Pasquale Sabbatino. Il primo numero della rivista uscirà entro la fine del 2013. Si tratta della prima dedicata al De Sanctis, con uno sguardo costan- peratiche amministrative e stili di vita che facciano i conti con lo “Sfinimento della modernità”. “Ci vogliono due sguardi sul nostro Sud, uno sguardo interno e uno esterno. Intimità e distanza. Per parlare di un paese bisogna starci dentro, bisogna avere l’infiammazione della residenza ma ci si deve anche sentire estranei”. Rilancia con forza l’idea di un umanesimo delle montagne che parta proprio dalle aree interne. “Da qui può partire un nuovo modo di vivere i luoghi, radicalmente ecologico, improntato a un’idea di comunità inclusiva del respiro degli uomini e dell’ambiente”. Ritroviamo tra le sue pagine un vero e proprio decalogo. “Terra e cultura più che cemento e uffici. Prodotti tipici da consumare non solo nelle sagre. Canti e teatri al posto delle betoniere. Svuotare le coste e riportare le persone sulle montagne. Sistemare le strade provinciali, togliere le buche, restaurare i paesaggi, le pozze d’acqua per gli ovini, ripulire i fiumi, i torrenti. Ora al Sud si fanno buoni vini ma il pane potrebbe essere migliore. E così pure il latte. Coltivare un pezzo di terra. Imparare a fare il formaggio. Dare ai giovani le terre demaniali. Essere scrupolosi ma farsi tentare dalla fantasia, dall’impensato..”. Ribadisce come i luoghi siano “Terra e carne” e chiede un piano regolatore del paesaggio. “Un piano dove siano previste zone inoperose, in cui non solo non si fabbricano case , dove non si taglia neppure la legna. Un piccolo cuore selvatico per ogni paese”. Piccole regole che vanno dall’esentare dalla tassa sulla casa chi abita nel centro storico ad ascoltare gli anziani, dall’incentivare la raccolta differenziata al ridurre l’uso della macchina o ancora tenere aperte le scuole per gli adulti, fare sì che ogni paese abbia il suo teatro o luoghi in cui i ragazzi possano apprendere piccoli mestieri per riscoprire la vita comunitaria, intrecciano politica e poesia, economia e cultura. Fino all’invito a rimettersi in cammino, ad andare al di là della baracca del proprio io non “Per allungarsi un poco la vita ma per renderla più intensa”. Con un nume tutelare d’eccezione come Rossi Doria, autentico precursore della paesologia con il suo desiderio di coniugare sviluppo economico e coesione sociale, di “capir dentro a questo oscuro processo che vedo in atto nelle campagne. Per questo sono preso da una vera frenesia di vedere, di girare, di prendere contatto con la terra. E non vedo l’ora di tornare giù nel Mezzogiorno, di girare di paese in paese”. CORRI R Mercoledì 29 maggio 2013 Per un umanesimo delle montagne Franco Arminio torna a raccontare il Sud nel suo ultimo lavoro “Geografia commossa dell’Italia interna”: il reportage e la denuncia fino all’invito a rimettersi in cammino REDAZIONE CULTURA “Terra e cultura più che cemento e uffici. Prodotti tipici da consumare non solo nelle sagre. Canti e teatri al posto delle betoniere” Da domenica 26 maggio, una nuova statua di padre Pio si erge a Grottolella, presso la cooperativa "padre Pio" di Taverna del Monaco, a riconferma della devozione del popolo irpino per il santo di Pietrelcina. Stavolta si tratta però di un'opera d'eccezione: "padre Pio, la luce della fede" realizzata ben 25 anni fa, nel 1988, dal maestro Giovanni Spiniello. La figura di padre Pio, a grandezza naturale, è alta un metro e settanta e poggia su un basamento in cemento armato che simbolizza l'intera umanità raffigurata nelle sembianze di mani che salgono a lambire la figura del santo. Quest'ultimo, stretto al Rosario e avvolto dalla figura del Cristo, esibisce uno sguardo che prendendo a prestito le parole dell'artista appare "quello di un generale della fede, una forza, anche dura, che poi si addolcisce, diventa luce, cambia in base alla prospettiva, ed è di conforto". Opera di grande significato e rilevanza, si apprende dall'artista un curioso fatto avvenuto durante la sua realizzazione: "quando completai per la prima volta l'opera in argilla il Rosario era di dimensioni usuali, ma ogni mattina succedeva un fatto insolito: l'argilla continuava ad afflosciarsi nonostante tutti gli accorgimenti tecnici. Riuscii a risolvere 25 te sul presente e sulla storia delle idee. Le celebrazioni sono promosse con il patrocinio delle Università Federico II di Napoli, Università di Bari, Università di Zurigo, Università di Cassino, Università di Salerno, Università di Tor Vergata, Università dell'Aquila, Università di Torino, Università di Pisa, Università di Firenze, Società Nazionale di scienze, lettere e arti a Napoli, Società Napoletana di storia patria, Parco letterario De Sanctis. GROTTOLELLA- A TAVERNA DEL MONACO “Padre Pio, la luce della fede”: l’opera firmata Spiniello AL LICEO COLLETTA I CAMPIONI DI FILOSOFIA solo quando realizzai un Cristo verticale nell'atto di avvolgere tutta la figura di padre Pio che lo mantiene, e si sorregge, appoggiandogli la destra sul cuore". Il corpo del santo è realizzato in bronzo. Giovanni Spiniello, nato a Grottolella il 5 marzo 1944 affronta, da sempre, il rapporto tra terra e mito, folclore e favola. Grande sperimentatore e molto attento alla funzione dell'arte nel sociale, il suo talento viene notato anche da Giorgio Trentin che lo propone alla Biennale di Venezia del 1968. Nel 1979 viene segnalato da Enrico Crispolti nel catalogo Bolaffi. Ieri, nel capoluogo irpino, si è svolta un'altra giornata all'insegna della cultura. Al liceo Colletta di Avellino è stato il momento di celebrare il sapere umanistico, con la premiazione dei vincitori della selezione regionale della XXI Olimpiade e del I° Campionato di Filosofia. A presiedere la cerimonia il prefetto di Avellino Umberto Guidato. Sono intervenuti per premiare i vincitori, Giovanni Sasso presidente Sfi sez. di Avellino, Paolino Marotta dirigente scolastico del Liceo Colletta, Francesco Saverio Tortoriello del Cirpu Avellino (sponsor della selezione regionale), Aniello Montano dell'università di Salerno, Gabriele Perrotti pres. della commissione giudicatrice e Aldo Tonini dell'Istituto italiano di studi filosofici che farà dono di un dizionario di filosofia ai sei vincitori. L'iniziativa programmata per le ore 16 è proseguita a ritmo incalzante. Dopo l'apertura delle buste con i nomi dei secondi e terzi classificati e relativa lettura e confronto dei saggi scritti dai candidati, si sono avvicendati all'attenzione del pubblico i vincitori regionali e Aniello Montano con un breve intervento sul "Sermo civilis" e le virtù della cittadinanza. E' seguito un confronto con un componente del direttivo nazionale Sfi per una migliore programmazione, di concerto con il Miur e le istituzioni scolastiche, per l'anno scolastico 2013/2014. La giornata si è conclusa con la premiazione dei vincitori.
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