Il Libro Bianco della Medicina Nucleare in Italia - AIMN
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Sez. I – Gli operatori<br />
Purtroppo non sempre questa consapevolezza viene acquisita pienamente, ma nelle strutture che<br />
funzionano questo è certamente accaduto!<br />
Inf<strong>in</strong>e, per raggiungere il livello di “perfezione” professionale, il fisico sanitario dovrebbe<br />
riuscire a mantenere un collegamento culturale con i centri di riferimento scientifici <strong>della</strong> fisica,<br />
università o altri enti di ricerca che siano. Ancorché a un fisico sanitario non sia assolutamente<br />
richiesto di essere uno scienziato, gli è però sicuramente richiesto di essere un portatore di<br />
cultura <strong>in</strong> fisica. Questa sua cultura deve estr<strong>in</strong>secarsi <strong>in</strong> ogni suo atto professionale, <strong>in</strong><br />
particolare nei rapporti con i medici e con gli altri professionisti <strong>della</strong> sanità, nella formazione e<br />
nel supporto alla ricerca biomedica.<br />
Un compito non semplice quello di coltivare la cultura <strong>in</strong> fisica! I dipartimenti universitari di<br />
medic<strong>in</strong>a, che proprio negli ospedali hanno la loro sede, sono “raggiungibili” con facilità, quelli<br />
di fisica sono <strong>in</strong>vece distanti, fisicamente e talvolta anche mentalmente. Superare ogni tanto<br />
queste distanze garantisce però un grande valore aggiunto alla professione del fisico sanitario.<br />
Egli può così divenire effettivamente un garante di quella procedura scientifica che l’Accademia<br />
del Cimento ha elevato a proprio motto: ”provando e riprovando”. I medici di vaglia<br />
confideranno nel supporto del fisico per “provare” le loro tesi senza temerne la “riprovazione”<br />
scientifica.<br />
Avevo, all’<strong>in</strong>izio, lasciato <strong>in</strong> sospeso la risposta alla domanda circa la “<strong>in</strong>spiegabilità”<br />
dell’aumento costante dei fisici negli ospedali. Dopo averne descritto il profilo professionale,<br />
forse un po’ ideale (ma è pur vero che dobbiamo prefiggerci mete ambiziose), risulta adesso più<br />
pert<strong>in</strong>ente dare quella risposta. Essa è s<strong>in</strong>teticamente racchiusa <strong>in</strong> una <strong>in</strong>dicazione che mi dette<br />
parecchio tempo fa il Prof. Paolo Blasi, ex rettore dell’Università di Firenze, fisico, <strong>della</strong> cui<br />
amicizia mi faccio vanto, il quale, con tipica ironia fiorent<strong>in</strong>a, mi dette questo suggerimento:<br />
sulla porta del tuo studio dovresti mettere un cartello con scritto sopra:<br />
Studio prospettico occupazionale<br />
QUI SI RISOLVONO PROBLEMI<br />
DI TUTTI I GENERI !<br />
E’ generalmente riconosciuto che non è possibile <strong>in</strong>ferire il futuro sulla base degli eventi<br />
passati, ma che comunque la corretta conoscenza di questi ultimi è <strong>in</strong>dispensabile per<br />
comprendere il presente. Una tale comprensione è <strong>in</strong> ogni caso <strong>in</strong>dispensabile per poter<br />
elaborare studi prospettici m<strong>in</strong>imamente sensati.<br />
Per questo motivo ritengo importante, come prima cosa, gettare uno sguardo retrospettivo<br />
sull’evoluzione occupazione dei fisici. Non mi risultano essere disponibili dati di valenza<br />
nazionale circa il fenomeno. Ho però dati certi, riportati nella figura che segue, relativi alla<br />
regione Toscana, dati che ritengo comunque significativi per l’argomento trattato.<br />
La figura del fisico: profilo professionale e studio prospettico occupazionale