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Il Libro Bianco della Medicina Nucleare in Italia - AIMN

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30<br />

Sez. I – Gli operatori<br />

Purtroppo non sempre questa consapevolezza viene acquisita pienamente, ma nelle strutture che<br />

funzionano questo è certamente accaduto!<br />

Inf<strong>in</strong>e, per raggiungere il livello di “perfezione” professionale, il fisico sanitario dovrebbe<br />

riuscire a mantenere un collegamento culturale con i centri di riferimento scientifici <strong>della</strong> fisica,<br />

università o altri enti di ricerca che siano. Ancorché a un fisico sanitario non sia assolutamente<br />

richiesto di essere uno scienziato, gli è però sicuramente richiesto di essere un portatore di<br />

cultura <strong>in</strong> fisica. Questa sua cultura deve estr<strong>in</strong>secarsi <strong>in</strong> ogni suo atto professionale, <strong>in</strong><br />

particolare nei rapporti con i medici e con gli altri professionisti <strong>della</strong> sanità, nella formazione e<br />

nel supporto alla ricerca biomedica.<br />

Un compito non semplice quello di coltivare la cultura <strong>in</strong> fisica! I dipartimenti universitari di<br />

medic<strong>in</strong>a, che proprio negli ospedali hanno la loro sede, sono “raggiungibili” con facilità, quelli<br />

di fisica sono <strong>in</strong>vece distanti, fisicamente e talvolta anche mentalmente. Superare ogni tanto<br />

queste distanze garantisce però un grande valore aggiunto alla professione del fisico sanitario.<br />

Egli può così divenire effettivamente un garante di quella procedura scientifica che l’Accademia<br />

del Cimento ha elevato a proprio motto: ”provando e riprovando”. I medici di vaglia<br />

confideranno nel supporto del fisico per “provare” le loro tesi senza temerne la “riprovazione”<br />

scientifica.<br />

Avevo, all’<strong>in</strong>izio, lasciato <strong>in</strong> sospeso la risposta alla domanda circa la “<strong>in</strong>spiegabilità”<br />

dell’aumento costante dei fisici negli ospedali. Dopo averne descritto il profilo professionale,<br />

forse un po’ ideale (ma è pur vero che dobbiamo prefiggerci mete ambiziose), risulta adesso più<br />

pert<strong>in</strong>ente dare quella risposta. Essa è s<strong>in</strong>teticamente racchiusa <strong>in</strong> una <strong>in</strong>dicazione che mi dette<br />

parecchio tempo fa il Prof. Paolo Blasi, ex rettore dell’Università di Firenze, fisico, <strong>della</strong> cui<br />

amicizia mi faccio vanto, il quale, con tipica ironia fiorent<strong>in</strong>a, mi dette questo suggerimento:<br />

sulla porta del tuo studio dovresti mettere un cartello con scritto sopra:<br />

Studio prospettico occupazionale<br />

QUI SI RISOLVONO PROBLEMI<br />

DI TUTTI I GENERI !<br />

E’ generalmente riconosciuto che non è possibile <strong>in</strong>ferire il futuro sulla base degli eventi<br />

passati, ma che comunque la corretta conoscenza di questi ultimi è <strong>in</strong>dispensabile per<br />

comprendere il presente. Una tale comprensione è <strong>in</strong> ogni caso <strong>in</strong>dispensabile per poter<br />

elaborare studi prospettici m<strong>in</strong>imamente sensati.<br />

Per questo motivo ritengo importante, come prima cosa, gettare uno sguardo retrospettivo<br />

sull’evoluzione occupazione dei fisici. Non mi risultano essere disponibili dati di valenza<br />

nazionale circa il fenomeno. Ho però dati certi, riportati nella figura che segue, relativi alla<br />

regione Toscana, dati che ritengo comunque significativi per l’argomento trattato.<br />

La figura del fisico: profilo professionale e studio prospettico occupazionale

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