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12 PRE LAUREA corso servirebbero nuovi esami? «Sì, quelli suggeriti anche dall’Ordine dei Farmacisti – risponde Trotta – per esempio Comunicazione, Marketing, Farmacovigilanza, Economia. Però in un ateneo ci sono equilibri e bilanciamenti delicati da gestire. E non è facile cambiare l’attuale, perché c’è sempre chi ci perde e chi ci guadagna». NAPOLI LA RICETTA? «VIA LIBERA AI CREDI- TI A SCELTA» «Noi giochiamo a monopoli, all’estero giocano a risiko. E non è possibile giocare a risiko con le regole del monopoli. Senza contare che chi vuole cambiare tutto il più delle volte finisce con il non cambiare niente». Fanno eco a «Il Gattopardo» di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, queste parole. Frasi pronunciate da Giuseppe Cirino, preside della Facoltà di Farmacia dell’Università «Federico II» di Napoli, che aggiunge: «Sono a favore dell’evoluzione, purché avvenga in maniera armonica». Il professore fa un passo indietro, ricordando le origini storiche della figura del farmacista. «Occorre tenere conto del contesto civile e sociale – spiega – infatti in Italia, tra Ottocento e Novecento, compito del farmacista era quello di occuparsi delle preparazioni, ad esempio compresse, tinture, aspersioni. Nel tempo questo peculiare ruolo è stato gradualmente sostituito dalle competenze dell’industria del farmaco. Il farmacista è così diventato colui che dispensa i farmaci su prescrizione del medico curante». Una professione, dunque, che ha subito notevoli mutamenti nel tempo: «Il percorso di studi universitari non ha seguito l’evoluzione della professione. Le materie vengono decise a livello ministeriale e Farmacia è considerata una facoltà di area chimica. Nelle diverse facoltà ci sono alcune differenze che riguardano il piano di studi, anche se la base comune resta identica. Ogni sede ha cercato di dare delle risposte alle esigenze di aggiornamento degli studenti. Ad esempio, nel nostro ateneo abbiamo istituito dei percorsi specifici, basati sui crediti a scelta». Sette i corsi: gestionale, nutraceutico, clinico-terapeutico, fitoterapeutico, cosmeceutico, officinale, chimico-sperimentale. «La vera contraddizione è che la Facoltà nasce come appartenente all’area chimica, ma la figura del farmacista si sta evolvendo verso il profilo sanitario – aggiunge Cirino – nella nostra sede abbiamo cercato, per quanto consentito, un bilanciamento tra queste due parti. È opportuno creare un sistema che tenga maggiormente conto delle effettive richieste provenienti dal mondo professionale, anche sulla base dell’ultima riforma, il decreto ministeriale 270, che va nella direzione della trasparenza e della congruità». I crediti risultano così ripartiti: 183 pre-assegnati e obbligatori nelle discipline fisica, matematica e chimica, 60-70 scelti dalla sede, 30 per il tirocinio, 15 per la tesi, 12 a scelta dello studente. «Questo è il range in cui è possibile muoversi, è limitato, la capacità di azione è molto ridotta e gran parte del piano di studi è stabilito a livello ministeriale – osserva il preside – pertanto sarebbe auspicabile un approccio meno ingessato. Dal canto mio, cerco di fare il meglio che posso nel rispetto della legge». Quale ricetta dunque? «Mantenere al minimo gli insegnamenti obbligatori, non più di un terzo del corso – conclude il professore della facoltà partenopea – lasciando più crediti liberi per ciascuna sede, in modo da poter orientare il piano didattico. Pur salvaguardando il principio di equivalenza degli studi, delegherei maggiori responsabilità ai singoli atenei, in modo che siano più autonomi e in competizione tra loro».
EUROPA IN ATENEO XXX BOLOGNA «OCCORRE MEDIARE E CERCARE COMPROMESSI» In medio stat virtus. Per dirla in latino, si potrebbe riassumere così la filosofia di Claudio Galletti, preside della Facoltà di Farmacia dell’Università di Bologna, che spiega: «Da mesi stiamo discutendo in Facoltà dei nuovi insegnamenti da inserire nel piano di studi e credo che il dibattito si protrarrà a lungo. La scelta di cosa aggiungere, cosa togliere, cosa modulare deriva dall’insieme di numerose spinte e controspinte. Da un lato ci sono gli impulsi del mercato del lavoro, dall’altro le posizioni dei docenti. Occorre tenere conto di tanti aspetti per arrivare a un compromesso soddisfacente». Secondo Galletti è infatti indispensabile poter «adattare in modo plastico e flessibile il corso di laurea ai cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro. Non si possono mantenere fissi gli insegnamenti del passato». Del resto il preside chiarisce che ci sono «insegnamenti obbligatori, validi in tutta Europa. Poi vi sono materie variabili, che tengono conto delle caratteristiche del singolo ateneo, come l’attività di ricerca prevalente, e delle richieste del mercato del lavoro. In proposito, nel nostro ateneo stiamo cercando di adeguare il corso di laurea al nuovo decreto ministeriale 270 del 2004, attraverso due tipi di modifiche: modulazione in termini di crediti di corsi già esistenti oppure formulazione di nuovi corsi. Dal prossimo anno attiveremo quanto previsto dal decreto, in conformità con i requisiti richiesti dal Ministero. L’unico problema è che in Facoltà c’è carenza di docenti e di ricercatori, attualmente siamo sottodimensionati». Per quanto riguarda le materie chimiche, Galletti sostiene che sono ancora «importanti, occorre però differenziare maggiormente i due corsi di laurea quinquennali della nostra Facoltà: Farmacia e Chimica e tecnologie farmaceutiche (Ctf). Il primo è più biologico, pensato per chi andrà a lavorare nelle farmacie, il secondo è chimico-farmaceutico-tecnologico, creato invece per chi vuole lavorare nelle industrie del farmaco». ■ 13
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