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Il giudizio non è dei più confortanti. La preparazione offerta dalle facoltà italiane di Farmacia non riscuote l’approvazione di chi ha a che fare con gli studenti e i giovani neolaureati al momento dell’inserimento nel mondo del lavoro. A mostrare il pollice verso sono i direttori di farmacia ospedaliera, che verificano l’inadeguatezza del percorso formativo offerto dal corso di laurea, in tanti anni rimasto sostanzialmente immutato. «La preparazione universitaria è carente nel 14 PRE LAUREA Corso di laurea bocciato, programmi obsoleti e teorici Ritenuto utile un confronto con la Facoltà di Medicina di Fabiana Bussola formare oggi il farmacista – afferma Giangiuseppe Console, segretario generale Sinafo e direttore di farmacia all’Istituto tumori dell’Ospedale oncologico di Bari - innanzitutto si dovrebbero impartire meno ore di chimica, approfondendo invece le conoscenze in area patologica e clinica. Si tratta di ambiti che andrebbero sviluppati in tutti gli aspetti, quindi il piano di studi dovrebbe avere un nuovo orientamento, in maggiore sintonia con la Facoltà di Medicina. È una strada difficilissima da
percorrere ma, poiché è ineluttabile che il mutamento avvenga, è necessario porre adesso le basi di questa trasformazione». Nata come un’appendice della Facoltà di Chimica, la laurea in Farmacia ha mantenuto negli anni un piano didattico fortemente sbilanciato sul versante chimico, mentre non ha saputo adeguarsi al mutare della professione che, riprende Console, «è entrata sempre più in contatto con la clinica. In proposito, si pensi anche alla farmacia aperta al pubblico o ai presidi sanitari sul territorio, a cui il paziente si rivolge per ricevere un consiglio, aspettandosi di avere a che fare con un professionista preparato. Che lui sappia a memoria la struttura molecolare di tutti i farmaci non ha nessun significato per il paziente». L’inadeguatezza formativa riguarda tutto il Paese, secondo il segretario generale Sinafo: «Mi sembra purtroppo che tutte le regioni siano interessate da questa carenza, che risulta asfissiante per la nostra professione. La responsabilità ricade sui cattedratici. Basti pensare che tra i presidi di Facoltà scarseggiano clinici e farmacologi, mentre abbondano i chimici farmaceutici. Nei percorsi formativi, inoltre, manca un riferimento alla realtà professionale». Programmi obsoleti, lontani dalla professione, troppo inclini alla teoria: questo il giudizio sul piano didattico del corso di laurea in Farmacia di Piera Polidori, direttore di Farmacia all’Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione (Ismett) di Palermo. «Dei molti laboratori previsti dal percorso accademico, solo uno o due sono utili per l’esercizio della professione – dichiara - inoltre il tirocinio non è ben pianificato e si crea così un grande divario tra preparazione teorica e pratica. La farmacologia, la farmacocinetica e la patologia hanno poco spazio nel programma, ma non sono le uniche mate- IN OSPEDALE rie che dovrebbero essere approfondite. Se si aggiornasse il corso di laurea, dovrebbero essere inserite anche altre discipline. La comunicazione e l’informazione al paziente, ad esempio, sono fondamentali per la preparazione del farmacista che sta a contatto con il pubblico. Inoltre, pochissimo viene insegnato sulle preparazioni ospedaliere, come la nutrizione parenterale, i farmaci antiblastici e la dose unitaria. Anche il rischio clinico e la farmacia clinica sono argomenti importanti, che possono trovare campi di applicazione per il farmacista». Una preparazione inadeguata, quindi, che ci distacca molto dal panorama europeo e statunitense. «In altri paesi europei e americani – chiarisce Polidori - si punta molto sulla pratica sul campo, sulla specializzazione e sui concetti di patient care e pharmaceutical care sin dalla formazione nel corso di laurea. Inoltre vengono trattati temi importanti come la metodologia cli- 15
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