foto Mauro Topini - Campo de'fiori
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di Ermelinda Benedetti<br />
È’ il signor Ernesto Zuppante a venirmi a cercare,<br />
dopo aver letto Le guide di <strong>Campo</strong> de’ fiori, dedicata<br />
al suo paese d’origine, Orte. Mi propone di inserire<br />
nella seconda parte dell’articolo la <strong>foto</strong> di un suo<br />
quadro, che rappresenta le tappe storiche più significative<br />
dell’antico borgo medievale, commentate in<br />
versi, interamente realizzato da lui. Gli avanzo, così,<br />
una controproposta: scrivere un articolo dedicato a<br />
lui, ai suoi quadri e alle sue poesie. È una persona<br />
semplice, orgogliosa dei suoi frutti, ma comunque<br />
modesta. È un autodidatta, sia nella pittura che nella<br />
scrittura e proprio la mancanza di una formazione<br />
scolastica in tali ambiti lo ha spinto a guardarsi intorno<br />
e a cercare, per poter formare un proprio stile,<br />
molto originale nella pittura e piuttosto sarcastico,<br />
ma anche profondo, nella poesia. La maggior parte<br />
dei suoi quadri é a tema storico-sociale locale.<br />
Zuppante, infatti, impressiona sulle sue tele ad olio<br />
scene di vita ortana ormai del passato, che fanno<br />
parte dei suoi ricordi d’infanzia, quasi a voler far<br />
conoscere alle nuove generazioni quella Orte, sana e<br />
genuina, scomparsa e a spingere i più anziani a non<br />
dimenticare, a rallegrarsi dei bei tempi passati. Usa<br />
dei colori pastello compatti e luminosi, eliminando le<br />
ombre attraverso una gradazione del colore che<br />
parte dal bianco e arriva man mano al cromatismo<br />
della tinta desiderata, distinguendo i suoi lavori dal<br />
genere più classico e permettendogli di definirsi “un<br />
espressionista simbolico, con punte di naif, ma con<br />
una mentalità diversa”. Ma a rendere ancora più particolari<br />
i suoi quadri e soprattutto a conferire loro un<br />
tocco originale e del tutto personale é l’impiego di<br />
altri materiali applicati sulle sue tele: legno, carta,<br />
stoffa e carta stagnola, usata, in particolar modo, nei<br />
punti di luce, per dare un senso ed un effetto di<br />
grande luminosità e brillantezza, che attraversa tutto<br />
il dipinto. Molte delle sue opere sono, poi, racchiuse<br />
in una sorta di cornice realizzata con pezzi di iuta,<br />
che, sagomati a mo’ di profilo di case e applicati<br />
nella parte superiore del dipinto, sembrano voler<br />
abbracciare e custodire un tempo antico, passato. “Il<br />
mio dono -mi dice, infatti- non è tanto quello di<br />
saper ben dipingere con i colori, quanto quello dell’originalità.<br />
L’importante è impressionare l’dea sulla<br />
tela, prima che sfugga dalla mente. Io non ritraggo<br />
tanto soggetti, ma dipingo idee. Una volta, ad esempio,<br />
scendendo in cantina, vidi delle piccole botti. Le<br />
presi e le disposi per bene. Poi feci uscire, da una di<br />
esse, una ragazza e iniziai a dipingere. Intitolai il<br />
quadro La Venere dei botticelli e venne acquistato<br />
immediatamente”. Come si può ben capire ha una<br />
grande fantasia e un gran senso dell’humor Ernesto<br />
e spesso le sue poesie nascono proprio da questo e<br />
trovano terreno fertile nella polemica e nella satira,<br />
a volte destinata al suo paese al quale, per l’appunto,<br />
è molto legato. Ha un po’ trascurato la sua passione<br />
per lo scrivere, dedicandosi di più alla pittura,<br />
ma, in particolari stati d’animo, è riuscito a tirar fuori<br />
la parte più profonda, sensibile e nascosta della sua<br />
anima, immortalandola abilmente nei versi, come è<br />
possibile costatare nella poesia intitolata Un giorno<br />
sul monte La Verna. Ora é riuscito a conciliare l’arte<br />
poetica con quella pittorica, perché spesso mentre<br />
sta dipingendo, la sua mente trasforma i pensieri in<br />
veri componimenti.<br />
<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />
Ernesto Zuppante<br />
Pittore e Poeta di una Orte scomparsa<br />
Troppo e troppo poco<br />
39<br />
Un giorno sul monte La Verna<br />
-Commare mia, do’ vai così de corza,<br />
L’audato sii…mi’ Signore<br />
ce sta quarcuno che te corre appresso?<br />
Laudato sii… laudato.<br />
Mettete a sede, posa quella borza<br />
Recita ancora il vento,<br />
e dimme si che diavolo è successo.<br />
tra i lecci canuti de La Verna<br />
-Mì fijo Alberto, l’ho viziato troppo,<br />
sopra le rocce in perenne estasi,<br />
nun ce commatto più tant’è ‘gnorante!<br />
i monti di Francesco.<br />
Si l’acchiappo sta certa che l’accoppo, Le nuvole, che pure li conoscono,<br />
così le sconte inzieme tutte quante.<br />
si abbassano ogni volta,<br />
Beata te, commare mia, che c’hai<br />
per udirli di nuovo.<br />
un fijo bono che me pare un Zanto.<br />
Poi li portano per il mondo,<br />
Sta sempre a casa, nun combina guai…<br />
lasciandoli cadere,<br />
aveccelo così certo ch’è un vanto!<br />
parola per parola,<br />
- Ma che vanto commare benedetta!<br />
goccia a goccia.<br />
ho sbajato pur’io co’ PierFrancesco. “Eleganti siate, senza vestiti sontuose,<br />
L’ho commannato troppo a la bacchetta<br />
dimessi, con dignità,<br />
e adesso pare fijo de ‘n tedesco.<br />
siate ricchi senza denari,<br />
Devo daje ‘n poco più de spago,<br />
poveri, munifici di carità,<br />
faje conosce questo monno infame, semplici, eruditi di divina sapienza,<br />
invece mai ‘na lira, mai ‘no svago,<br />
umili, forti della verità,<br />
tu dici un Zanto? Io direi un Zalame!<br />
forti con la dolcezza nell’anima,<br />
Da’ retta a me, guardamoce nell’occhi,<br />
consapevoli dell’esistenza<br />
ognuna vedi c’ha le pecche sue.<br />
con la letizia nel cuore”.<br />
Avemo combinato du’ pastrocchi,<br />
Nella pace sovrana,<br />
comma’, c’avemo torto tutt’e due.<br />
con gli occhi nell’infinito<br />
affido al vento<br />
la mia muta preghiera.<br />
Per questo Santo immenso che ci ha donato,<br />
laudato sii, mi’ Signore,<br />
laudato sii…laudato.<br />
Vita contadina la sera<br />
Orte - La Piazza