10.06.2013 Views

foto Mauro Topini - Campo de'fiori

foto Mauro Topini - Campo de'fiori

foto Mauro Topini - Campo de'fiori

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

8<br />

Acqua e vino, un dilemma secolare!<br />

Persino la Santità di Benedetto da Norcia<br />

fece entrare il vino nel Convento e il capo<br />

quarantesimo della Regula Monachorum,<br />

dedicata alla misura della bevanda stabilisce:<br />

“Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in<br />

un modo, chi in un altro ed è perciò che<br />

stabiliamo con una certa perplessità la<br />

misura del vitto altrui.<br />

“Nondimeno, avendo considerazione della<br />

debolezza dei più bisognosi, crediamo che<br />

basti per ciascuno un’emina di vino al giorno.<br />

“Quelli poi a cui Dio concede di sapersene<br />

astenere, siano convinti che ne riceveranno<br />

una particolare ricompensa.<br />

“Se poi la condizione del luogo o il lavoro<br />

speciale o il calore dell’estate richiedesse<br />

un supplemento, il superiore abbia facoltà<br />

di darlo, ma vigili attentamente perché<br />

nessuno giunga alla sazietà o all’ubriachezza.<br />

“Leggiamo, è vero, che il vino non è per i<br />

monaci: ma poiché ai monaci dei tempi<br />

nostri ciò non si può far comprendere,<br />

conveniamo almeno in questo, di non bere<br />

fino alla sazietà, ma moderatamente, perché<br />

il vino travia anche i saggi.<br />

“Quando poi le condizioni del luogo son<br />

tali che non si possa trovare neppure la<br />

suddetta misura, ma sene trovi molto di<br />

meno o addirittura nulla, benedicano Dio i<br />

monaci che vi abitano e non mormorino:<br />

di questo soprattutto li ammoniamo, che si<br />

tengano lontani da ogni mormorazione.<br />

Qualche commentatore ha espresso il proprio<br />

convincimento secondo il quale l’emina<br />

romana, corrispondente ad un quarto<br />

di litro, nell’idea di San Benedetto e della<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />

Roma che se n’è andata: luoghi<br />

Il contrasto tra acq<br />

sua Regula dovesse essere di misura superiore<br />

e che, comunque, il vino distribuito ai<br />

monaci dovesse essere sempre mescolato<br />

all’acqua, possibilmente calda.<br />

Tutto ciò richiama alla memoria di chi scrive<br />

una teoria espressa dall’amico Comm.<br />

Cleto Matteotti, autentico gentiluomo della<br />

Provincia di Trento, vero maestro di vita e<br />

nell’esercizio della professione, oltre che<br />

produttore di rinomati vini di quella<br />

Provincia, secondo il quale, mescolare l’acqua<br />

al vino ha unicamente lo scopo di rovinare<br />

sia l’acqua che il vino e, come egli<br />

stesso amava raccomandare, tale assunto,<br />

più che una semplice Teoria, è una Regola<br />

da applicare sempre rigorosamente.<br />

Fra la Regula di San Benedetto e la Teoria<br />

di Cleto Matteotti sono trascorsi ben quindici<br />

secoli, ma questo antichissimo dilemma<br />

ha sempre avuto per i romani un significato<br />

del tutto particolare, come ben testimoniano<br />

i versi del Poeta di Roma,<br />

Giuseppe Gioachino Belli:“…senz’acquasanta<br />

si. Ma senza vino…/ ma senza vino?<br />

Dio me ne guardi! / Nun avesse Iddio fatto<br />

antro che questo, / saria da ringrazziallo in<br />

ginocchione / e da mannà a fà fotte tutto<br />

er resto…”<br />

Peraltro, anche Trilussa condivide ampiamente<br />

e, nel sonetto dal titolo Acqua e<br />

vino, il Poeta cita il vino, ma dell’acqua<br />

nemmeno l’ombra:<br />

“Se certe sere bevo troppo e er vino / me<br />

ne fa quarchiduna de le sue, / benché sto<br />

solo me ritrovo in due / con un me stesso<br />

che me viè vicino / e muro - muro m’accompagna<br />

a casa / pè sfuggì da la gente<br />

ficcanasa.<br />

“Io, se capisce, rido e me la canto, / ma lui<br />

ce sforma e pè de più me scoccia: / Nun<br />

senti che te gira la capoccia? / Quanno la<br />

finirai de beve tanto? / E’ vero, dico, ma pè<br />

me è una cura / contro la noja e contro la<br />

paura.<br />

“Der resto tu lo sai come me piace! /<br />

Quanno me trovo de cattivo umore / un<br />

bon goccetto m’arillegra er core, / m’empie<br />

de gioia e me ridà la pace: / nun vedo più<br />

nessuno e in quer momento / dico le cose<br />

come me la sento.<br />

A mettere l’acqua impunemente miscelata<br />

al vino penserà ancora il Belli che, nel<br />

sonetto del 21 dicembre 1832, dal titolo<br />

Le cose create, fa bene intendere qual è il<br />

suo pensiero:<br />

“Ner monno ha ffatto Iddio ‘ggni cosa ddegna:<br />

/ ha ffatto tutto bbono e ttutto bello.<br />

/ bono l’inverno, ppiù bbona la leggna: /<br />

bono assai l’abbozzà, mmejjo er cortello.<br />

“Sortanto in questo cquì trovo lo smanco,<br />

/ che ppoteva, penzànnosce un tantino, /<br />

creacce l’acqua rossa e’r vino bbianco:<br />

“Perchè ar meno ggnisun oste assassino /<br />

mo nun vierìa co ttanta faccia ar banco / a<br />

vènnesce mezz’acqua e mmezzo vino.<br />

Una semplicistica trovata che indica chiaramente<br />

tutto l’assillo e tutta la preoccupazione<br />

dell’avventore che si appresta ad una<br />

bevuta con l’incombente pericolo di un<br />

probabile annacquamento. La fiducia,<br />

infatti, non dovette mai essere eccessiva<br />

nei confronti degli osti, al punto che un<br />

Bando del Conservatore, datato 3 novembre<br />

1656, vietava agli stessi e ad ogni altro<br />

rivenditore di vino di far commercio e di<br />

tenere i loro depositi e magazzini in locali<br />

prossimi a fontane, cisterne e pozzi.<br />

A tale proposito, persino nella biografia di<br />

Santa Francesca Romana, si legge:“…rapita<br />

in extasi et menata in visione ad vedere<br />

lo inferno, la Santa s’imbattè anche nelle

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!