storia pittorica della italia dell'abate luigi lanzi antiquario della r ...
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Vasari nomina fra' discepoli dello Squarcione, e figlio di quel Giulio 21 che nella <strong>storia</strong> <strong>pittorica</strong> del<br />
Vasari e nella letteraria del Tiraboschi (t. VI, p. 792) fa buona comparsa di sapere e d'ingegno;<br />
erudito di lingue, miniatore, incisore, dipintore di alcune tavole, ove resta ancor qualche grado per<br />
giungere allo stil moderno. Vi giunse Domenico assai presto, e di lui si narra che destasse gelosia in<br />
Tiziano, lode ch'ebbe comune col Bordone, col Tintoretto, con altri ingegni rarissimi. Le sue opere<br />
sostengono questa tradizione, non tanto in Venezia ove poco stette, quanto in Padova, per cui<br />
ornamento parve nato. Dipinse a fresco nella scuola del Santo da bravo scolare presso un<br />
incomparabil maestro. Più gli si avvicinò in certe pitture a olio, come nella scuola di Santa Maria<br />
del Parto, ch'è un gabinetto di sue opere. Ha figurati nel soffitto gli Evangelisti ed altri Santi in vari<br />
compartimenti; e pare aver quivi aspirato a grandeggiare in disegno più di Tiziano e a segnare il<br />
nudo con artificio più scoperto.<br />
[95] Contemporanei al Campagnola, noti appena fuori di Padova, furono un Gualtieri di lui parente,<br />
e uno Stefano dell'Arzere, che nel Cristo in Croce a San Giovanni di Verzara comparisce<br />
volonteroso d'imitar Tiziano, ma dà nel rozzo. Fu nondimeno, siccome l'altro, considerato dal<br />
Ridolfi perché assai perito nel dipingere a fresco; e ambedue insieme con Domenico ornarono una<br />
gran sala, effigiandovi diversi Imperatori ed uomini illustri di grandezza quasi colossale; dal che fu<br />
denominata la sala de' Giganti, ridotta poi a Libreria pubblica. Quelle figure sono volti per lo più<br />
ideali; il disegno è vario; nobile in molte, in alcune pesante; il costume dell'antico non vi è<br />
osservato sempre: è però opera di un colorito assai florido e di bel chiaroscuro; né in tutta Italia è<br />
facile trovarne altra che dopo tanti anni mostri men tempo. Vuolsi padovano Niccolò Frangipane, di<br />
cui non fa menzione il Ridolfi. E' certamente degno d'i<strong>storia</strong> per quello stile di ottimo naturalista<br />
con cui dipinse un'Assunta a' Conventuali di Rimini nel 1565, e un S. Francesco, mezza figura,<br />
opera meno studiata in San Bartolommeo di Padova. Ma il suo genio era più per cose facete, delle<br />
quali rimangono pure alcuni quadri presso particolari.<br />
Vicenza pregiasi di Giambatista Maganza, capo di una posterità <strong>pittorica</strong> che per molti anni attese<br />
ad ornare la patria in privato e in pubblico. Ella però seguì altri stili, come a suo luogo vedremo;<br />
ove Giambatista s'ingegnò di battere le vie di Tiziano suo maestro quanto più seppe, e con buon<br />
successo. Ne' ritratti riuscì eccellente; in cose d'invenzione ha [96] lasciate non molte opere in<br />
Vicenza, ove si scuopre un ingegno facile, ch'è anco il carattere delle sue poesie. Scrisse in lingua<br />
rustica padovana sotto nome di Magagnò, e a quelle Muse rozze e campestri risero ed applaudirono<br />
uno Sperone, un Trissino, un Tasso, ed altri coltissimi ingegni non ignari del lor dialetto. Giuseppe<br />
Scolari, che il cavalier del Pozzo ascrive a Verona, secondo i più fu vicentino e scolare di questo<br />
Maganza. Prevalse ne' lavori a fresco ed a chiaroscuro con certe tinte gialle che a que' tempi<br />
piacevano. Fu buon disegnatore e ne restan opere in Vicenza e in Verona; in Venezia ancora lasciò<br />
grandi quadri a olio lodati assai dallo Zanetti.<br />
Fra' Veronesi appartengono a Tiziano il Brusasorzi e il Farinato secondo alcuni: l'uno e l'altro vider<br />
Venezia o per lui, o se non altro per le sue opere. Lo Zelotti più apertamente è dichiarato dal Vasari<br />
scolare di Tiziano. Questi però, ed altri celebri veronesi, gradirà, spero, il lettore che io gli descriva<br />
insieme con Paol Caliari: così vedrà in una occhiata, come in un quadro, lo stato di quella inclita<br />
Scuola nel suo aureo secolo.<br />
Circa ai medesimi tempi fiorirono in Brescia alcuni pittori eccellenti, ma poco noti perché non<br />
ebbero per teatro città metropoli. Sebastiano o Luca Sebastiano Aragonese, morto nel declinare del<br />
secolo XVI, ci è descritto piuttosto per gran disegnatore che per gran dipintore. Credesi di sua mano<br />
una tavola con queste iniziali: L. S. A. La composizione di un Nostro Signore tra due Santi è<br />
comune; le pieghe men morbide; ma le forme, i colori, le mosse sono ec[97]cellenti. Dubito ch'egli<br />
comunque dotto schivasse di competere coi due celebri cittadini, de' quali ora vuol ragionarsi. Il<br />
primo è Alessandro Bonvicino detto comunemente il Moretto di Brescia, che uscito dalla scuola di<br />
Tiziano tenne in patria sulle prime tutto il far del maestro. Ciò vedesi nel S. Niccolò dipinto nel<br />
1532 alla Madonna de' Miracoli: ivi figurò alcuni fanciulli ed un uomo che al Santo gli presenta;<br />
21 In un manoscritto di autore contemporaneo citato nella recente Guida di Padova è chiamato: Domenico Veneziano<br />
allevato da Julio Campagnola.