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storia pittorica della italia dell'abate luigi lanzi antiquario della r ...

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Poco vi è da scrivere <strong>della</strong> sua scuola, in cui niuno riuscì migliore di Domenico Tintoretto figlio di<br />

Jacopo. Seguì le tracce del padre, ma come Ascanio quelle di Enea, cioè non passibus æquis. Vi è<br />

gran somiglianza ne' volti, nel colorito, nell'accordo; ma nel genio vi è disparità grande; e qualche<br />

sua opera più spiritosa o si reca al padre, o si sospetta che il padre ne abbia il maggior merito.<br />

Tuttavia di lui ancora si additano molte opere macchinose; e quelle sopra tutte si lodano che ha<br />

riempiute di ritratti; nella quale arte lo Zanetti lo uguaglia a Jacopo. Una di queste è alla scuola di<br />

San Marco, ove siccome nelle altre composizioni le figure son poste con più sobrietà che in quelle<br />

di Jacopo, finite con più pazienza e colorite con metodo più durevole. Piegando l'età [113] verso la<br />

vecchiaia urtò alquanto nel manierismo, che allora correva come diremo. A questi segni potran<br />

talora discernersi le sue tele dalle paterne; ed eludersi le asserzioni di que' venditori che hanno solo<br />

Jacopo in bocca perché val più. Eppure Domenico dipinse non poco per quadrerie, specialmente<br />

ritratti, e inoltre cose mitologiche e sacre istorie; aggiungendovi talora il suo nome, come nel<br />

quadro di ottime tinte che ne ha il Campidoglio.<br />

Insieme con Domenico vuol ricordarsi Marietta sua sorella, ritrattrice di tanto nome che da<br />

Massimiliano Augusto e da Filippo II re di Spagna fu richiesta per le lor corti. Tal condizione il<br />

padre non accettò mai per non allontanarla da sé, ma indi a non molto una immatura morte gliela<br />

rapì. Fuor dei due figli non ebbe Jacopo se non alcuni pochi discepoli da' quali ritraeva qualche<br />

servigio; siccome furono Paolo Franceschi, o de' Freschi fiammingo, e Martino de Vos d'Anversa,<br />

che gli facevano i paesi. Il primo fu tenuto per uno de' migliori paesisti del suo tempo e riuscì anche<br />

buon figurista, adoperato in Palazzo pubblico e in qualche chiesa di Venezia, ove chiuse i suoi<br />

giorni. Il secondo si trattenne anco in Roma, e nella chiesa di San Francesco a Ripa dipinse una<br />

Concezione troppo veramente abbondante di figure, ma bella e di buone tinte; e con più felicità<br />

rappresentò le quattro Stagioni per casa Colonna, quadretti leggiadri che presentano un bel misto di<br />

varie scuole. Passato quindi in Germania e cresciuto in credito e per le opere e per gl'intagli che ne<br />

formò il Sadeler, quivi in buona vecchiezza morì.<br />

[114] Odoardo Fialetti nato in Bologna fu educato nella scuola del Tintoretto, dalla quale uscì buon<br />

disegnatore e ben fondato ne' precetti tutti dell'arte; non però molto a proposito per emulare il<br />

maestro, non avendo egli genio vivace abbastanza. Per evitare la competenza de' Caracci visse<br />

lungamente e morì in Venezia, che ne pregia le non poche opere ivi rimase; e specialmente la<br />

Crocifissione che dipinse alla Croce.<br />

Fra gl'imitatori del Tintoretto si contano Cesare dalle Ninfe, che dal caposcuola copiò l'arguzia de'<br />

motti, la bizzarria de' pensieri e la velocità <strong>della</strong> mano, non così il disegno; e Flaminio Floriano, che<br />

in quel suo quadro di S. Lorenzo, ove pose il nome, pare non aver voluto imitarne se non il meglio;<br />

così è esatto, temperato, preciso. Si nomina pure un Melchior Colonna noto appena in Venezia. Né<br />

molti altri si misero, dice lo Zanetti, per la stessa via, forse perché correvano a que' tempi maniere<br />

più vaghe. Il Ridolfi al contrario attesta che la gioventù verso il cadere del secolo tutta si era rivolta<br />

a studiare in lui; e vedremo trattando de' manieristi che quella setta lo riconosceva per sovrano<br />

maestro. Passiamo alla scuola bassanesca.<br />

Jacopo da Ponte, figliuolo di quel Francesco che nell'epoca precedente si è lodato fra' buoni<br />

quattrocentisti, nacque con poco intervallo dalla nascita del Tintoretto e fu dal padre iniziato<br />

nell'arte. Le prime sue opere in patria nella chiesa di San Bernardino han l'impronta di tal<br />

educazione. Passato in Venezia fu raccomandato a Bonifazio, maestro non men [115] geloso<br />

dell'arte sua che Tiziano o il Tintoretto; talché Jacopo nol vide mai colorire se non guatandolo<br />

furtivamente pe' trafori dell'uscio del suo studio. Stette in Venezia poco tempo esercitandosi in<br />

disegnare le carte del Parmigianino e in far copie de' quadri di Bonifazio e di Tiziano, di cui qualche<br />

manoscritto lo fa anche scolare. E se bastasse la conformità <strong>della</strong> maniera (ch'è segno assai<br />

equivoco) si dovria credere: tanto il secondo stile di Jacopo è tizianesco. Ne rimangono in patria rari<br />

quadri; come una Fuga in Egitto a San Girolamo e una Natività del Redentore presso il signor dottor<br />

Larber; opere giovanili di Jacopo, ma che potean allora promettere alla pittura un altro Tiziano;<br />

tanto hanno di quel sapore.

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