storia pittorica della italia dell'abate luigi lanzi antiquario della r ...
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n'esista, è celebre il suo quadro in Venezia nella scuola di San Girolamo, ov'effigiò una <strong>storia</strong> del<br />
Titolare in competenza di Giovanni Bellino, a cui non cede, e del Carpaccio che nol pareggia.<br />
Figurò il Santo in atto di carezzare un lione e alcuni Monaci che a tal vista fuggono impauriti. La<br />
composizione è bellissima, gli affetti assai ben espressi, il colorito morbido quanto in niun altro de'<br />
Vivarini, l'architettura soda e sul fare antico, l'epoca più moderna di quel che possa competere al<br />
creduto Luigi seniore. Ecco esposto tutto il seguito <strong>della</strong> scuola di Murano, fino anche ai suoi tempi<br />
migliori, perché tutta veggasi in un'occhia[14]ta. Ora ripiglierò il filo dei più antichi quattrocentisti,<br />
che competerono co' vecchi muranesi fino all'epoca <strong>della</strong> pittura a olio; e quindi tratterò a parte de'<br />
più moderni.<br />
Nel principio del secolo era stato adoperato nel palazzo pubblico di Venezia Gentile da Fabriano, di<br />
cui scrissi nell’altro tomo, uomo celebre nella età sua, e in un manoscritto di Orvieto chiamato<br />
Magister magistrorum. Dipinse una battaglia navale, oggidì svanita e allora piaciuta tanto, che<br />
n’ebbe in premio una provvisione annuale, e il privilegio di vestir toga come i patrizi. Fece qualche<br />
allievo allo stato, come un Jacopo Nerito padovano, che in una pittura a San Michele di Padova si<br />
soscrive suo discepolo; ed ebbe o scolare o imitatore Nasocchio di Bassano, per quanto ho<br />
congetturato da una tavola che ne resta in patria a San Bernardino. Tra' Veneti fu certamente scolare<br />
del fabrianese Jacopo Bellini, padre e maestro di Gentile e di Giovanni, dei quali tornerà il discorso.<br />
Jacopo è più cognito per la dignità dei figli che per le sue opere, o guaste al presente o ignote. Avea<br />
dipinto a San Giovanni in Venezia, e al Santo di Padova la cappella de' Gattamelata circa il 1456;<br />
lavori ch'esiston solo nella i<strong>storia</strong>; né altro potei vederne, fuor che una Madonna acquistata dal sig.<br />
Sasso, con soscrizione dell'autore. Lo stile tira dallo Squarcione, a cui par che aderisse in età più<br />
matura.<br />
Un altro Jacopo fu allora in pregio grandissimo, detto Jacobello del Fiore; di cui mal disse il Vasari<br />
aver fatte le sue figure tutte in punta di piedi alla usanza de' Greci. Francesco suo padre era stato<br />
uno [15] de' corifei dell'arte; e se ne vede ancora il deposito a' Santi Giovanni e Paolo con la sua<br />
immagine in toga e con epitaffio onorevole in versi latini; non però se ne vedon opere in Venezia,<br />
passato in Londra un dittico col suo nome e con l'anno 1412: fu acquistato dal cav. Strange, insieme<br />
con altre opere di veneti antichi. Il figlio salì in maggiore celebrità. Comincia a conoscersi fin dal<br />
1401 per una tavola a San Cassiano di Pesaro; nella qual città ne trovai un'altra del 1409, entrambe<br />
soscritte: Iacometto de Flor. Opera di lui certa in Venezia è una Madonna presso il sig. Girolamo<br />
Manfrini, dipinta nel 1436, e la Giustizia fra due Arcangeli nel Magistrato del Proprio colla data del<br />
1421. Oso dire che pochi allora poterono quanto lui, sì perché è de' pochi che allora si cimentassero<br />
a far figure grandi quanto è il vero; sì perché diede loro e bellezza, e dignità, e, ove conviene,<br />
un'agilità e sveltezza rara a vedersi in altre pitture. Lodatissimi sono que' due leoni che ha messi per<br />
simboli alla Giustizia; e tutte le altre figure avrebbero più stima se non avesse caricato di ornati e di<br />
trine d'oro le vesti secondo il costume del suo secolo.<br />
Due scolari ne rammenta il Ridolfi: un Donato, che gli è superiore di stile, e un Carlo Crivelli, di cui<br />
scarsamente parla l'i<strong>storia</strong> veneta non avendone la capitale che uno o due pezzi. Pare che questi<br />
vivesse gran tempo fuor <strong>della</strong> patria. Di lui a San Francesco di Matelica vidi una tavola col suo<br />
grado e con questa epigrafe: Carolus Crivellus venetus miles pinxit; e un'altra pure col suo nome<br />
agli Osservanti in Macerata; e una terza, che porta l'anno 1474, pres[16]so il sig. card. Zelada. È<br />
pittor degno che si conosca per la forza del colorito più che pel disegno; e il suo maggior merito sta<br />
nelle piccole istorie, ove mette vaghi paesetti e dà alle figure grazia, movenza, espressione; e talora<br />
qualche colore di scuola peruginesca.<br />
Fin qui abbiamo considerata la sola capitale e l'isola annessa. Ma in ogni altra città compresa ora<br />
nello stato, a que' tempi si dipingeva, e spesso con massime diverse dalle venete e dalle muranesi.<br />
Florida era fin d'allora la scuola di Bergamo, che i due Nova morti nel principio del secolo<br />
andarono propagando: si trova memoria di un Commenduno, loro scolare, e di qualche altro<br />
contemporaneo, ma non se ne addita con certezza veruna opera. Quasi contemporaneo di questi fu<br />
Vincenzio Foppa bresciano, fondatore di un'antica scuola milanese, per cui ne dovrò scrivere<br />
stesamente nel secondo libro. Un Vincenzio da Brescia, o Vincenzio Verchio, nomina il Vasari: