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Caso De Ferrari-Nicolay, azionisti in Tribunale a tutela degli azionisti Ldi risparmio non era mai stata messa in discussione. Ma due anni fa Acquedotto De Ferrari venne fuso per incorporazione, insieme a Acqua Italia, in Acquedotto Nicolay. La fusione avvenne sorprendentemente senza offrire ai soci dissenzienti il diritto di recesso ex-art 2437, comma 1, lett. G del codice civile. In occasione di tale fusione i portatori delle risparmio sono stati perciò coercitivamente costretti a concambiare le loro risparmio in ordinarie perdendo in tal modo il privilegio del rimborso prioritario in caso di liquidazione della società. Inoltre si eclissava ovviamente la maggiore redditività offerta dall’azione di risparmio rispetto all’azione ordinaria. La delibera del CdA di Acquedotto De Ferrari venne perciò impugnata dall’Avv. Dario Trevisan a nome di decine di soci dissenzienti. Proprio mentre questo numero di Investire sarà in fase di stampa si dovrebbe tenere la prima istanza in Tribunale. Il diritto di recesso era stato richiesto da soci portatori di 2.318.852 azioni. Il Comune di Genova, azionista di maggioranza dell’AMGA, preferì però una lunga discussione in Tribunale all’accettazione delle richieste dei soci di minoranza. La Consob, sollecitata da numerose proteste, aveva richiesto alla De Ferrari in data 23 marzo 2006 l’integrazione “delle informazioni da rendere alle assemblee e le considerazioni svolte dal consiglio d’amministrazione per escludere la ricorrenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti di risparmio”. La Commissione rammentava al vertice che in data 15 marzo 2006 molti azionisti dissenzienti avevano presentato presso il Tribunale di Genova un ricorso per la sospensione delle delibere suddette. Consob richiedeva “un’analitica descrizione delle motivazioni e i pertinenti riferimenti dottrinali e giurisprudenziali oltre alle considerazioni sull’eventuale impatto dell’esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti di Acquedotto De Ferrari Galliera, ove dovessero essere accertati i presupposti per la ricorrenza di quest’ultimo sulla determinazione dei rapporti di concambio della fusione e sulla consistenza del flottante della nuova società riveniente”. Nel corso della successiva assemblea speciale degli azionisti di risparmio la società informava i soci che - secondo la stessa - l’approvazione della delibera di fusione non determinava diritto di recesso in quanto non ledeva il loro privilegio. Infatti il privilegio, per il vertice di ADFG, era quantificabile come rendimento in euro 0,005, ossia il 2 per cento del nominale di euro 0,25, mentre quello relativo all’eventuale liquidazione della società “è una ipotesi irrealistica in quanto Mediterranea delle Acque è società destinata a gestire tutto il servizio idrico integrato, a tariffe regolamentate, ed avrà un patrimonio netto di euro 300 milioni”. Inoltre, per il vertice, “Mediterranea Acque è una società che non possiede azioni di risparmio e non vi è alcuna disposizione del codice civile che impone alla società incorporante, per i casi di fusione di una società con azioni di categoria speciale in una società con solo azioni ordinarie, di emettere azioni della medesima categoria di quelle emesse dalla società incorporata”. La seconda giustificazione, per i soci che hanno impugnato, non ha rilievo. Gli stessi, proprio per l’inesistenza delle risparmio in Mediterranea delle Acque, chiedono infatti il diritto di recesso. Sul primo punto, obiettano i dissenzienti, proprio lo stesso CdA si è dato una zappa sui piedi. Infatti nel 2006 ha mostrato l’incongruenza dell’assunto che non ci sarebbero state differenti rendimenti tra le due categorie di azioni premiando le risparmio con un dividendo, sospendendolo invece per le ordinarie. Come accennato, il Tribunale di Genova si accinge ad esaminare questa istanza proprio mentre esce Investire. L’udienza era in programma, infatti, il 22 maggio 2008. Quelle di Unicredito ancora meno. Quest’ultimo istituto di credito si è testardamente fissato nel non convertire le risparmio quando queste quotavano meno delle ordinarie. Eppure, come banca internazionale, presentarsi all’estero con un capitale così complesso, diviso tra il 99% delle ordinarie e l’1% delle risparmio, deve avere procurato molte volte richieste di spiegazioni. Per non parlare dei costi delle assemblee degli azionisti di risparmio. Ma il vertice non ha cambiato idea e ora si trova con le azioni di risparmio che quotano sistematicamente ben oltre l’ordinaria. E un’eventuale conversione diventa difficilissima o costosa.... Vi sono invece talune compagnie che ben difficilmente convertiranno le risparmio. Rischiano infatti di vedere annacquata la partecipazione dell’azionista di maggioranza. La società potrebbe diventare facilmente scalabile. E nessuno è così masochista da proporre operazioni deleterie per il suo investimento. Questa condizione concerne in primo luogo Italcementi, Italmobiliare e Telecom. Per quest’ultima azione si è talora proposta la conversione con il pagamento di un premio per cercare di limitare l’esborso per gli elevati dividendi incassati dai soci di risparmio di Telecom. Ma i vari azionisti di riferimento che si sono succeduti nei recenti anni non hanno voluto annacquare la loro limitatissima quota di riferimento. Le possibilità di sfruttare le prossime conversioni diminuiscono continuamente con l’ascesa delle risparmio oltre il prezzo delle ordinarie. Gestori e cassettisti, che già possiedono in portafoglio le ordinarie, possono valutare la possibilità dello switch con le risparmio solo se riescono ad acquistarle a prezzi inferiori, tenendo conto inoltre della illiquidità di taluni valori. L’attenta disamina delle caratteristiche delle 30 risparmio mostra l’appetibilità di qualche azione. Non sono molte, ma sarebbe un peccato per un cassettista non sfruttare questa opportunità. ■ giugno 2008 ■ Investire 099
REPORT AZIONI DI RISPARMIO BANCA CARIGE Valgono più delle ordinarie l capitale sociale di Banca ICarige è diviso tra 1.614.685.811 azioni ordinarie e 175.269.593 risparmio. Le azioni di risparmio hanno diritto a un dividendo maggiorato rispetto a quello delle azioni ordinarie in misura pari al 2% del valore nominale (euro 1). Queste azioni di risparmio sono convertibili in ordinarie dal 1° giugno 2012 al 15 giugno 2012. l Banco di Desio e della IBrianza è stata l’ultima società quotata a emettere le azioni di risparmio. L’operazione di sottoscrizione di questa categoria di titoli, già in odore di estinzione, è avvenuta nel 1999. Dal primo novembre di tale anno le risparmio del Banco di Desio sono quotate insieme alle ordinarie sul listino milanese. Le azioni di risparmio, non convertibili, in circolazione sono 13.202.000 contro 117 milioni ordinarie. Una quantità decisamente limitata che ha giustificato recentemente le illazioni su una possibile conversione. Voci per il momento smentite. Nel frattempo la forbice tra ordinarie e risparmio si è annullata e in talune sedute le risparmio hanno anche quotato su livelli più elevati rispetto alle ordinarie. Nel 2004 la “forbice” tra le due quotazioni era invece consistente. Il prezzo massimo delle ordinarie era stato 100 Investire ■ giugno 2008 La facoltativa possibilità di conversione ha premiato la quotazione di questa categoria di titoli che solitamente viene trattata a premio rispetto alle ordinarie. Le ordinarie hanno incassato come dividendo poche settimane fa 0,08 euro mentre le risparmio hanno ricevuto 0,10 euro. La scarsa quantità di azioni di risparmio in circolazione ha spesso favorito fenome- 3,84 euro, quello delle risparmio nc 2,64 euro. Le risparmio assicurano un rendimento del 2% (dividendo appena staccato di 0,126 euro) contro l ‘1,7% delle ordinarie (dividendo 0,105 euro). Le azioni di risparmio garantiscono un dividendo privilegiato del 7% sul valore nominale, cumulabile nei quattro esercizi successivi, e un dividendo complessivo maggiorato del ni speculativi. Nel 2005 il massimo delle risparmio è stato infatti di 5,43 euro BANCA DI DESIO E DELLA BRIANZA Conversione in vista? Sinora soltanto voci (smentite) 20% rispetto a quello distribuito alle azioni ordinarie. La famiglia Gavazzi, che controlla con il 66% il capitale sociale non vedrebbe troppo diluita la sua percentuale in caso di conversione. Ma per il momento tutto è fermo e le voci, come detto, non si sono concretizzate. ■ L’andamento in Borsa negli ultimi tre anni. L’andamento in Borsa negli ultimi tre anni. mentre le ordinarie si limitavano ad un massimo di 3,29 euro. ■
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