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IMPRENDITORI CORAggIOSI - Confindustria Udine

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Focus<br />

Focus - Sicurezza tra la gente<br />

nostre ambizioni. È solo un attimo di grande<br />

chiarezza e una sensazione pacificante: immerso<br />

nella consolante vastità dell’universo e<br />

non la guardi, ne fai parte.<br />

Salendo la cresta di roccia e neve siamo arrivati<br />

su una cima, dove qualcuno ha piantato<br />

un grosso paletto d’alluminio, ma questa, lo<br />

vediamo bene, non è il culmine della montagna.<br />

La cima vera, alta dieci metri più di questa,<br />

si trova due cucuzzoli più in là, ma lungo<br />

la cresta pendono enormi cornici soffiate dal<br />

vento. Una sfida estrema alla sorte.<br />

Oggi è solo il 5 maggio, la stagione è appena<br />

iniziata e abbiamo ancora molti giorni a disposizione.<br />

Siamo tranquilli: possiamo scendere<br />

al base, attendere una nuova finestra di bel<br />

tempo e poi tornar su, per conoscere quell’<br />

ultima manciata di metri, da aggiungere agli<br />

oltre 7000 che abbiamo percorso fin qui.<br />

Guardare i fiocchi che cadono, ascoltare il<br />

ticchettio sulla tenda. Dopo un po’ si è invasi<br />

da una pesantezza e da un rammollimento<br />

cerebrale, che non sono dovuti all’ipossia. È<br />

il peso dei fiocchi di neve, il peso di questa<br />

attesa che sembra non portare a niente.<br />

Dal cielo cadono palline di polistirolo, è neve<br />

che annuncia tempesta.<br />

La parola d’ordine in spedizione è pazienza,<br />

una parola da riempire giorno dopo giorno.<br />

Ma non è un far niente ebete, è un’opportunità,<br />

per imparare a fare un pò di silenzio<br />

attorno e dentro di se. E in questa solitudine<br />

affollata di pensieri, può far paura trovarsi da<br />

soli con se stessi. / ...<br />

Da qua sotto è lontana la cima. Quando<br />

guardi qualcuno salire, non è che un granello<br />

cancellato nel bianco. E quando arrivi lassù,<br />

all’ultimo gradino della scala, sei un granello<br />

immerso nello spazio più puro, ma coi piedi<br />

ancora incredibilmente attaccati alla terra.<br />

9 maggio- riproviamo. Sbucati dall’icefall risaliamo<br />

la vallata superiore. Sembra uscita da<br />

un bombardamento. Il crollo di un seracco,<br />

20 maggio11<br />

Il Dhaulagiri<br />

ha coperto il pendio con proiettili di ghiaccio<br />

di ogni dimensione.<br />

Arrivati a seieotto si scatena la bufera. Attorno<br />

alla testa avvertiamo un crepitio, come<br />

un’aureola, e in un attimo capiamo: fulmini,<br />

l’aria è piena di elettricita.<br />

Cerchiamo riparo in un crepaccio, aspettiamo<br />

mezz’ora ma il tempo continua a peggiorare.<br />

Il temporale non si sposta, ci sono almeno 30<br />

centimetri di neve fresca e la visibilità è nulla.<br />

Dobbiamo cercare di scendere.<br />

L’aureola attorno alla testa, uno “sfrigolio” alle<br />

mani e in bocca il sapore amaro dello zolfo.<br />

Corriamo finchè l’atmosfera si carica troppo,<br />

poi ci accucciamo a terra allontanando le picche;<br />

aspettiamo un po’ e poi ripartiamo.<br />

Dalla cresta ci siamo buttati nell’enorme plateau<br />

che scende al colle. Qui siamo meno<br />

esposti ai fulmini, ma dobbiamo muoverci a<br />

naso accecati dalla nebbia, lungo pendii che<br />

si assestano pericolosamente.<br />

Via radio, Leila ci ha avvisati che anche giù la<br />

situazione è difficile. Il vento ha quasi portato<br />

via la tenda mensa.<br />

Alle 4 raggiungiamo il campo, siamo sollevati<br />

ad essere qui ma anche stanchi, stufi e<br />

“ghiacciati”.<br />

Abbiamo salito una montagna, ma ci è mancato<br />

quell’ultimo gradino.<br />

Siamo tornati su. Abbiamo atteso. Riprovato e<br />

atteso ancora.<br />

Il nostro è un alpinismo semplice ed essenziale:<br />

senza ossigeno, senza portatori d’alta<br />

quota e senza campi prefissati: quasi un alpinismo<br />

di rinuncia.<br />

Di rinuncia ad ogni aiuto esterno e tecnologico,<br />

e di rinuncia alle certezze senza però,<br />

oltrepassare il limite.<br />

Adesso siamo qui, liberi da attese e aspirazioni<br />

e aperti, all’incertezza di un futuro ancora<br />

tutto da scrivere.<br />

Due anni per salire il Dhaula – ma 12 anni e<br />

tre tentativi per il K2.<br />

Al giorno d’oggi grazie ad ossigeno, sherpa,<br />

ed elicotteri, si possono quasi annullare le fatiche<br />

e i rischi estremi, per ridurre al massimo<br />

la possibilità di insuccesso.<br />

Ovviamente diverso è quando si affronta la<br />

salita usando solo le proprie forze. Senza<br />

aiuti esterni e tecnologici devi rinunciare alle<br />

certezze perchè la forza, la tecnica, determinazione<br />

ed esperienza sono importanti, ma<br />

alla fine è sempre la montagna a decidere<br />

nel senso che basta davvero poco a dover<br />

rinunciare. (es.: cornici Dhaula, vento Makalu,<br />

valanghe, bufere, o banali malesseri – Luca al<br />

cb -, o perdita materiale ...K2)<br />

L’alta quota è un ambiente inadatto alla vita e<br />

lassù l’organismo è costretto a mettere in atto<br />

degli stratagemmi per sopravvivere perchè la<br />

degenerazione che subisce l’organismo è tale<br />

e talmente repentina che la sopravvivenza<br />

è comunque limitata ad ore: 24, 48 ore al<br />

massimo.<br />

Oltre gli ottomila metri, nella cosiddetta zona<br />

della morte, ogni cellula del nostro organismo<br />

è consapevole della sua estrema fragilità di<br />

fronte all’enorme superiorità della natura e<br />

lassù, senza filtri nè distorsioni è possibile<br />

osservare l’essere umano ricondotto alla sua<br />

pura essenzialità fisica ma anche psicologica<br />

perchè l’innaturalità dell’alta quota ci mette a<br />

nudo e rivela egoismi, vanità, paure e generosità.<br />

Lì siamo costretti a tirar giù la maschera<br />

e a dichiarare chi siamo e cosa vogliamo.<br />

L’alpinismo è sempre stato figlio del suo<br />

tempo e così quello di oggi, estremamente<br />

individualistico, è ossessionato dal bisogno di<br />

exploit spettacolari ma sopratutto mediatici<br />

e da raggiungere con ogni mezzo e a volte,<br />

addirittura raccontando palle. (es. Coreani –<br />

palo anticima Dhaula o storia K2 2010).<br />

In questo panorama noi abbiamo scelto e<br />

portato avanti nonostante tutto, il nostro alpinismo<br />

leggero ed essenziale, in poche parole<br />

abbiamo scelto un alpinismo senza la certezza<br />

della cima, usando solo le nostre forze e<br />

con poche e semplici regole: autosufficienza<br />

fisica e psicologica, umiltà, pazienza e approccio<br />

consapevole al pericolo.<br />

Perchè questo ti impone la montagna: di<br />

essere consapevole del rischio e quindi libero<br />

nelle scelte perchè responsabile di vivere. E<br />

la libertà comporta disciplina.<br />

La nostra cordata diventa così un’alleanza.<br />

Un’alleanza di singoli individui liberi perchè<br />

responsabili.<br />

E a quel punto, quando si è sicuri delle motivazioni<br />

e dei valori che regolano le proprie<br />

azioni, anche la rinuncia riacquista il suo<br />

valore.<br />

Nives Meroi e Romano Benet

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