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IL CALITRANO N. 23

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N. <strong>23</strong> n.s. – Maggio-Agosto 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />

monastero dell’Annunziata, figura la giovane<br />

Anna Maria Borrillo 9.<br />

Invece gli atti del catasto del 1753 testimoniano<br />

di una famiglia saldamente<br />

attestata al vertice della gerarchia economica<br />

e sociale del paese. I tre capifamiglia<br />

(Giovanbattista, Giuseppe Antonio e<br />

Pasquale) erano titolari di un reddito che<br />

ammontava complessivamente a quasi<br />

7000 ducati; possedevano terreni e case,<br />

decine di bovini e centinaia di pecore,<br />

avevano in casa servi e serve. Inoltre Giovanbattista<br />

era dottore in diritto civile ed<br />

ecclesiastico, Giuseppe Antonio “viveva<br />

del suo”, mentre Pasquale era uno degli<br />

Eletti dell’Università tra il 1753 e il 1754.<br />

Il folto clero di Calitri, oltre all’arciprete<br />

Giovanni Berrilli, annoverava a quella data<br />

anche il sacerdote don Canio Berrilli e<br />

il chierico don Nicolò Saverio Berrilli,<br />

mentre 3 delle 22 monache rinchiuse nel<br />

monastero dell’Annunziata (suor Maria<br />

Loreta, suor Maria Benedetta e suor Geltrude)<br />

appartenevano alla medesima famiglia<br />

10.<br />

Il gran numero di religiosi e di monache<br />

presenti nella famiglia indica che i<br />

Berrilli praticavano il maggiorascato,<br />

concentrando la maggior parte del patrimonio<br />

nelle mani del primogenito e destinando<br />

gli altri figli alla vita consacrata<br />

o a matrimoni combinati con famiglie di<br />

pari ricchezza. Nei decenni seguenti i<br />

Berrilli mantennero un posto di rilievo<br />

nella vita pubblica di Calitri; tra essi vi<br />

furono sindaci, parroci, assessori, priori<br />

della confraternita dell’Immacolata, che<br />

cercarono di mantenere il loro piccolo<br />

potere nella società calitrana, in contesa<br />

con le principali famiglie di galantuomini<br />

del paese, come quella degli Zampaglione,<br />

da secoli uomini di fiducia dei<br />

feudatari, e quella dei Tuozzolo, che dopo<br />

i moti del 1799 muteranno il cognome<br />

in Tozzoli 11 (altre famiglie del ceto<br />

delle “persone civili”, come i Cioglia, i<br />

Margotta e i Rinaldi, non sembrano avere<br />

avuto la stessa importanza, almeno nel<br />

XVIII e nel XIX secolo).<br />

Una versione alquanto icastica dei<br />

rapporti tra p. Margotta e i suoi ospiti la<br />

offre uno dei più famosi biografi di San<br />

Gerardo, p. Nicola Ferrante, che definisce<br />

i Berrilli una di quelle famiglie di nobiltà<br />

provinciale, frequenti in quell’epoca ancora<br />

feudale, che passavano il tempo nelle<br />

normali faccende agricole e nei pettegolezzi<br />

paesani. Religiose per tradizione,<br />

imparentate con molte suore dei vari monasteri<br />

locali, sufficientemente dotate di<br />

ricchezze, riponevano la loro ambizione<br />

nell’ospitare i missionari di passaggio e<br />

nel legare i nomi a qualche chiesa o arciconfraternita<br />

religiosa. Però se dalle chiese<br />

esigevano, come compenso, una lapide<br />

coi titoli altisonanti degli avi, dai missionari<br />

si aspettavano tutto un codice di osservanza<br />

rigorosa: austerità di gesti e di<br />

parole; mani e mento inchiodati sul petto;<br />

volto atteggiato a pietà.<br />

Per la famiglia Berrilli il tipo ideale<br />

del missionario era impersonato dal padre<br />

Margotta, così grave e compassato e<br />

col tormento interno scavato sulle guance.<br />

La sua figura un po’ tetra e nostalgica<br />

rendeva più evidente il contrasto col suo<br />

compagno di viaggio, tutto fuoco negli<br />

occhi; tutto fremiti nelle parole; tutto<br />

giovialità nella persona. Ma il Padre correva<br />

dalla mattina alla sera dietro le opere<br />

dei campi, mentre l’umile Fratello rimaneva<br />

solo, a contatto con una famiglia<br />

sconosciuta da cui veniva riguardato<br />

con una certa aria di compatimento. 12<br />

Ma ben presto i prodigi operati da<br />

Gerardo lo rivelarono a tutta la popolazione;<br />

il suo ricordo rimase nei calitrani<br />

per lungo tempo dopo la sua morte e le<br />

testimonianze di quelli che l’avevano conosciuto<br />

furono raccolte per istruire la<br />

causa di beatificazione.<br />

Le piccole cose, sono piccole cose,<br />

la fedeltà alle piccole cose fa<br />

l’uomo grande.<br />

(S. Agostino)<br />

Una delle prime biografie del santo,<br />

quella scritta da p. Antonio Tannoja, dedica<br />

al soggiorno calitrano di San Gerardo<br />

un breve capitolo, che qui di seguito<br />

si riporta per intero e con lievissime<br />

modifiche, in modo da non perdere la<br />

freschezza della prosa. Sono state inserite<br />

alcune brevi note redazionali che, mettendo<br />

a confronto lo scritto con altre biografie<br />

e con gli atti del Catasto onciario<br />

del 1753, mirano a identificare i personaggi<br />

implicati nella vicenda, dei quali<br />

spesso il biografo non riporta il nome.<br />

* * *<br />

A.M. TANNOJA, Vita del servo di Dio Fr.<br />

Gerardo Maiella laico della Congregazione<br />

del SS. Redentore,IV ed., Napoli 1824.<br />

Capitolo XXIX - Passa Gerardo in Calitri,<br />

e vi opera delle meraviglie (pp. 144-148).<br />

Passando per Caposele il P. Margotta,<br />

e portatosi in Calitri, sua patria, portò<br />

seco il Fratello Gerardo. Mentre il P.<br />

Margotta attendeva al disbrigo de’ suoi<br />

affari, egli trattenevasi in Chiesa. Non<br />

era nota in Calitri la virtù sua, e come<br />

veniva favorito da Dio. Mentre una mattina<br />

trattenevasi in Chiesa, giunse in cerca<br />

di lui una donna di Bisaccia. Ritiran-<br />

13<br />

dosi, in vederlo la donna, piangente se le<br />

butta a piedi, cercando la salute di un<br />

suo congiunto, che gravemente stava infermo.<br />

Gerardo avendola accolta colla<br />

solita sua umanità, certo della guarigione,<br />

rimandolla indietro. Ammirati quei<br />

signori di casa, con sorriso dissero l’accaduto<br />

al P. Margotta. Voi ridete, perché<br />

non sapete, lor disse, i doni di Dio che<br />

questo Fratello possiede, e feceli carichi<br />

delle virtù di Gerardo, e di come da Dio<br />

veniva favorito. Più di questo non vi volle,<br />

per vedersi accreditato in Calitri, e<br />

vedersi affollato da ogni sorta di persone.<br />

Ritrovandosi spedito da medici [giudicato<br />

dai medici senza speranza di guarigione]<br />

il chirurgo D. Giovanni Cioglia,<br />

compianto da tutti, perché eccellente professore;<br />

chiamato Gerardo fu renitente;<br />

ma comandato dal P. Margotta, vi si<br />

portò; e con un segno di croce, che gli<br />

fece sulla fronte, il Cioglia nell’istante<br />

si vide in sensi, e migliorato. Miracolo!<br />

gridarono ammirati e stupiti i circostanti;<br />

ma Gerardo umiliando sé stesso disse:<br />

tanto sa fare l’ubbidienza. Stiede bene il<br />

Cioglia, né mancò santificare dappertutto<br />

la santità del servo di Dio [Giovanni Cioglia,<br />

marito di Angela Cetti, è ricordato<br />

nel catasto del 1753. Il suo unico figlio,<br />

Giuseppe Cioglia, divenne un famoso<br />

giurista 13].<br />

Anche nel tempo istesso ritrovandosi<br />

gravemente a letto un gentiluomo fratello<br />

d’una religiosa, e nello stato di estremarsi<br />

[di ricevere l’Estrema Unzione],<br />

commosso il P. Margotta dalle lagrime<br />

della sorella, comandò parimente a Gerardo<br />

di essere a visitarlo. Come vi giunse,<br />

avendolo segnato nella fronte col solito<br />

segno di croce, riacquistò i perduti<br />

sensi, e fecesi una buona confessione;<br />

migliorò e seguitò a vivere.<br />

Una gentildonna sentendone magnificare<br />

la santità, fu da lui per conferirgli<br />

un suo bisogno, che agli altri aveva ribrezzo<br />

di comunicare. Quando fu da Gerardo,<br />

né anche ebbe il coraggio di spiegarsi.<br />

Egli compatendo l’erubescenza [il<br />

rossore], le disse: giacché non volete parlar<br />

voi, parlerò io per voi. Così dicendo<br />

le svelò tutto l’interno. Attestò questa,<br />

che non altri, che essa e Dio sapea ciò<br />

che aveale scoperto [La donna era Maria<br />

Candida Arace, una bizzoca sorella dell’arciprete<br />

di Andretta e parente di alcune<br />

donne di casa Berrilli 14].<br />

Anche l’ombra sua operò portenti. Vedendosi<br />

assalita da dolorosa mincrania D.<br />

Angela Rinaldi in casa del signor Borelli:<br />

sentendo le tante cose di Gerardo, e vedendo<br />

in un angolo della stanza il di lui<br />

cappellaccio; voglio vedere (disse più per<br />

gioco che per senno) se questo Fratello è<br />

santo. Mettendoselo in testa, non tanto sel

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