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N. <strong>23</strong> n.s. – Maggio-Agosto 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
LA NOSTRA<br />
BIBLIOTECA<br />
VIA CONCEZIONE di Alfonso Nannariello – Casa Editrice<br />
LIBRIA Melfi 2003<br />
estate scorsa, nel 2001, sono stata a Calitri in compagnia di<br />
L’ alcuni amici che avevano organizzato un evento di scrittura<br />
nel castello da poco restaurato, le cui sale ospitavano, fra l’altro,<br />
una bella mostra di fotografie dell’Irpinia prima e dopo il<br />
terremoto. Di quelle foto ricordo le lacerazioni della terra,<br />
aperti tagli di mano sotto le case e la piccolezza del destino di<br />
pietra. A un certo punto, l’amica di Avellino che mi accompagnava,<br />
Emilia, mi ha fatto cenno e mi ha mostrato una delle foto<br />
che ritraeva le case di Via Concezione.<br />
Ma qualcuno mi ha dato da parlare e mi sono distratta.<br />
Poi, verso sera, siamo usciti da Calitri e con gli amici che ci accompagnavano,<br />
Enza e suo marito, ci siamo fermati a guardare<br />
il paese dalla strada con le sue collane di luci ricordano quelli<br />
che, da sempre, vanno via e quelli che stanno cercando di restare<br />
(Enza ha una piccola e bellissima libreria a Calitri, un gesto<br />
di coraggio e volontà). E di nuovo Emilia mi ha indicato Via<br />
Concezione e mi ha detto: è quella la strada del libro di Alfonso.<br />
Ho avuto per le mani Via Concezione qualche anno fa, poi<br />
Alfonso mi ha riconsegnato il manoscritto l’anno scorso, un po’<br />
modificato, se non vado errata, e l’ho riletto. E come la prima<br />
volta ne ho tratta impressioni assai forti, emozioni di luoghi, di<br />
case, di oggetti, di nomi, di voci scomparse e di dialetti resistenti.<br />
Di Via Concezione rimane una nota assai forte e molto lirica.<br />
Rimane il modo di comporre le frasi, sintonico alla frammentazione<br />
della terra che Alfonso racconta, alle sue frane, alle<br />
sue storie interrotte e a queste stagioni che ancor oggi si susseguono<br />
senza più persone che le guardino. Rimane l’onda della<br />
memoria che porta avanti, che mi fa molto pensare a Erri De<br />
Luca, ma anche di più a certi film sulla ex Jugoslavia.<br />
Perché è come se una guerra avesse attraversato questi luoghi e<br />
Via Concezione fosse, anche nel suo dialetto, un territorio straniero<br />
e devastato, ma al tempo stesso molto familiare. Ho anche<br />
pensato a uno scrittore che amo molto, Hector Bianciotti, e a un<br />
suo libro sull’infanzia e l’adolescenza, Quel che la notte racconta<br />
del giorno. Trovo la scrittura di Alfonso assai simile a<br />
quella di quest’autore italiano d’origini ma cresciuto in Argentina<br />
e abituato a comporre in lingua francese (quanti sradicamenti,<br />
almeno quanti ne vivono gli irpini e l’Irpinia).<br />
E sradicamento e frammentazione sono le cifre di questo libro<br />
(prezioso e vero) che appartiene ad un genere letterario che, con<br />
grave torto, il mercato editoriale d’oggi ama poco per una necessità<br />
comprensibile che è quella della vendita a lettori desiderosi<br />
di trame: ma, e lo confermano altri libri e altri autori recenti<br />
che parlano della stessa Irpinia, forse non c’è altro modo<br />
di raccontare certi luoghi e certe storie interrotte se non con<br />
l’interruzione della sintassi. E poi i libri che conservano un’anima<br />
scelgono per destino di non usare le armi dell’intreccio.<br />
Penso così al libro di Alfonso come a quella foto nel castello di<br />
Calitri, alla mano del terremoto che taglia i tubi delle case sotto<br />
le fondamenta e che lascia fuori le ossa dei ricordi, i dettagli<br />
che in tempi di pace nessuno avrebbe notato, le infinite polveri<br />
della memoria. Penso a questo libro con affetto perché non lo si<br />
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dimentica facilmente. Anche le ferite più silenziose e lontane,<br />
quando rimarginano, lasciano un segno. E non è poco.<br />
Antonella Cilento<br />
TEORA nell’estate 1936 durante le Grandi Manovre di<br />
Enzo Fiore – Valsele Tipografica s.r.l. – Materdomini 2003.<br />
nzo Fiore ha al suo attivo oltre quarant’anni di professione di<br />
Earchitetto è stato preside in vari e importanti Istituti, ha pubblicato<br />
saggi di urbanistica, ha lavorato nel sud America, è stato<br />
Ispettore Centrale al Ministero della Pubblica Istruzione,<br />
ma non ha mai disdegnato collaborare a varie riviste e indagare<br />
e studiare sulla storia del suo paese e della sua regione l’Irpinia.<br />
E così che, dopo oltre quindici anni dal disastroso terremoto<br />
del 1980, l’autore si è finalmente deciso a prendere visione,<br />
esaminandole attentamente, le carte che era riuscito a salvare<br />
nei giorni piovosi di quel terribile novembre e riscoprire<br />
(l’autore era un ragazzo) che nell’estate del 1936 il suo paese<br />
natale Teora era stato, per una sola ora, capitale d’Italia per lo<br />
svolgimento delle “Prime Grandi Manovre dell’Impero” che si<br />
tennero dal 20 al 30 agosto.<br />
L’affezione, legata ai lontani ricordi del padre che quelle carte<br />
aveva gelosamente conservate gli hanno fatto scegliere per l’attenta,<br />
paziente e scrupolosa ricerca presso biblioteche, emeroteche,<br />
giornali, lettere e testimonianze d’epoca, alla scoperta<br />
delle vere motivazioni di quelle manovre militari, e con stile<br />
spigliato e semplice ce ne rende edotti col presente libro che è<br />
esso stesso un pezzo di storia. All’apparente motivazione, di<br />
onorare il balilla Lorenzo Fusco di Monteforte Irpino decorato<br />
in Africa con medaglia d’argento, c’erano veri e propri intrighi<br />
politico-dinastici alla base di quella scelta; infatti si voleva dare<br />
ad Umberto di Savoia – al quale era stata impedita dai reali<br />
genitori la partecipazione alla campagna d’Etiopia del 35/36,<br />
mentre vi aveva partecipato il cugino il Duca Amedeo d’Aosta<br />
– l’occasione di ribadire la continuità dinastica di casa Savoia.<br />
Alla presenza del Re, di Mussolini e dei generali italiani dell’epoca<br />
circa 60.000 uomini parteciparono alle grandi manovre<br />
con il corpo d’armata “Azzurro” comandato dal principe ereditario<br />
Umberto di Savoia e quello “Rosso” comandato dal generale<br />
Guillet, con la folta partecipazione di osservatori militari<br />
esteri dalla Francia – Giappone – Cecoslovacchia – Germania<br />
– Yugoslavia – Unione Sovietica – Stati Uniti d’America –<br />
Gran Bretagna e Cina, assistiti da ufficiali italiani di pari grado<br />
con interpreti forniti dal Ministero degli Esteri.<br />
Un bel libro che si legge tutto d’un fiato e corredato da fatti di<br />
vita paesana che per i più giovani possono essere un vero arricchimento<br />
culturale.<br />
LA PERCEZIONE QUOTIDIANA DI Luigi Pumpo – Biblioteca<br />
di Presenza – Striano (NA) 2003<br />
olpisce ancora una volta in Pumpo l’attenzione analitica ai<br />
Cparticolari, che gli consente di disegnare paesaggi pittorici,<br />
carichi di bellezza e di nostalgia, di rivivere spartiti memoriali<br />
avidi di innocenza e di stupore, di incantarsi ancora all’amore<br />
della vita, che irrompe come una forza naturale e inarrestabile,<br />
come flusso di coscienza, che sfida il grigio del tempo per inventare<br />
sempre nuove occasioni, oltre il tempo.<br />
La poesia si nutre di intelligenza e sensibilità, che, coniugate insieme,<br />
disegnano l’immagine di un uomo del Sud, invaghito dei<br />
propri miti, pronto a difenderli ad oltranza contro l’assedio di<br />
un quotidiano che sempre più si simula e si somiglia. Sfidare il<br />
consueto resta la scommessa di chi intende e sente contempo-