Sensazione percesione consapevolezza.pdf - Auditorium
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qua e di là, senza fissarsi su qualcosa per non più di una frazione di secondo. La sua frenetica<br />
attività è inavvertita dal soggetto.<br />
Visione dei colori. La fotografia monocromatica (in bianco e nero) precedette quella a colori,<br />
idem per la televisione. Allo stesso modo, si ritiene che la visione dei colori si sia evoluta molto<br />
tardivamente, a partire da una visione monocromatica. La visione dei colori fu un importante salto<br />
evolutivo all’interno delle varie specie con immediati vantaggi biologici circa il procacciamento del<br />
cibo, la deterrenza contro i nemici e la funzione riproduttiva. Alcuni batteri hanno una rudimentale<br />
abilità nella determinazione dei colori. La luce visibile sopra una specifica lunghezza d’onda attrae<br />
i batteri, mentre la luce al di sotto di una data lunghezza d’onda la respinge. I batteri hanno due<br />
caratteristiche importanti per la discriminazione dei colori ed infine, due diversi meccanismi di<br />
assorbimento della luce, ognuno ottimizzato su una differente lunghezza d’onda, oltre all’abilità di<br />
regolarsi sulla quantità di luce è possibile assorbire. L’Uomo e gli altri primati hanno sviluppato un<br />
sistema d’intermedia complessità di fotorecettori sensibili ai colori, in comparazione con altre<br />
specie di mammiferi e di uccelli. Con tre diversi recettori per il colore, l’Uomo ha meno recettori di<br />
una gallina che ne possiede cinque e più di un gatto che ne ha due. I recettori umani per la visione<br />
dei colori, i tre tipi di coni, sono specializzati per le lunghezze d’onda luminosa di 440, 540 e di 580<br />
nμ. Si pensa che circa 30-40 milioni di anni fa, nei primati esisteva un unico fotorecettore sensibile<br />
alle lunghezze d’onda luminose intorno ai 500 nμ. La sensibilità per la radiazione rosso- grigia,<br />
presente in entrambi i coni di 540 e di 580 nμ sarebbe un indizio alle ipotesi genetiche<br />
sull’esistenza nei primati di un unico fotorecettore ancestrale.<br />
Le reti mirabili oftalmiche. Si è detto che le parti centrali della retina (la fovea e la macula)<br />
sono scarsamente irrorate nell’Uomo. In alcuni animali domestici, come nei ruminanti, intorno alla<br />
parte iniziale del nervo ottico, dietro il globo oculare, tra questo e la cavità ossea (cavità orbitaria),<br />
frammista al corpo adiposo dell’orbita, c’è una speciale rete mirabile arteriosa, definita rete mirabile<br />
oftalmica. Questa rete mirabile mantiene costante il flusso sanguigno, destinato in prevalenza al<br />
vasto tappeto retinico e con una bassa pressione idrostatica.<br />
Nei ruminanti, l’arteria oftalmica interna attraversa la periorbita, passa tra i muscoli oculoestrinseci<br />
retto laterale e retto dorsale originando una piccola rete mirabile, la rete mirabile<br />
oftalmica dopo la quale si ricostituisce come arteria unica. In vicinanza del foro etmoidale, l’arteria<br />
originatasi dalla rete mirabile si divide in due rami: l’arteria etmoidale che si comporta come negli<br />
equini e l’arteria frontale che si distribuisce alla mucosa del seno frontale ed alla pelle della stessa<br />
regione. La rete mirabile oftalmica è presente oltre che nei ruminanti anche nel Suino e da essa<br />
derivano rami per il bulbo oculare e la retina (arteria centrale della retina). Posteriormente, la rete<br />
mirabile encefalica del Bovino si ricollega ad un’altra rete arteriosa, alimentata sia dall’arteria<br />
condilare, sia dal ramo spinale dell’arteria vertebrale. Questa rete è situata nella doccia basilare<br />
dell’atlante ed è la rete mirabile epidurale caudale. I due triangoli contrapposti, sopra disegnati,<br />
sarebbero la parte inconscia della visione ed avrebbero in realtà, un’area minore degli altri due<br />
affiancati. Ciò dipenderebbe dalla meno estesa rete neuronale che rappresentano.<br />
Vie visive. Circa la metà della massa del corpo genicolato laterale e della corteccia visiva primaria<br />
rappresenta la fovea e le circostanti parti. Pur essendo molto estesa rispetto alla parte centrale (fovea<br />
e macula), la periferia retinica ha minore rappresentazione. La sproporzione di questo tipo<br />
d’innervazione è collegata alla forma geometrica dell’occhio, un bulbo sferico che ruota in un<br />
involucro cavo. La forma sferica del globo oculare fa sì che il tappeto retinico abbia un’area ristretta<br />
al centro e maggiore espansione in periferia. Per supplire a questa limitazione geometrica, la densità<br />
delle cellule gangliari aumenta nella fovea e zone circostanti. La limitazione geometrica non esiste<br />
in altre aree visive come nel corpo genicolato laterale e nella corteccia visiva primaria dove la<br />
densità neuronale è uniforme. Le numerose proiezioni della fovea occuperanno un’area molto più<br />
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