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La battezzarono Rosa, dal colore della copertina<br />

che l’avvolgeva, e la nutrirono fino a quando non fu data<br />

in adozione ad una umile famiglia dell’agro sarnesenocerino,<br />

i coniugi Triestino, meglio identificati col<br />

soprannome di “sanguettari”, perché vivevano col<br />

commercio delle sanguisughe e delle rane del fiume Sarno.<br />

A quel tempo, la piccola Rosa aveva otto anni, ma<br />

intuiva già che il futuro le aveva riservato una v<strong>it</strong>a più<br />

squallida di quella vissuta nell’orfanotrofio.<br />

Casatori, frazione di San Valentino, un tempo<br />

terr<strong>it</strong>orio dei Principi Doria di Angri, acquistato<br />

successivamente dai Capece-minutolo, per sessanta ducati,<br />

si estendeva a croce, verso la chiesa di S.Maria delle<br />

Grazie e verso vico San Giuseppe, una sorta di stretto<br />

corridoio, che collegava tutti i vicoli della contrada, da<br />

quello dei Carresi, a quello di San Benedetto, a quello dei<br />

Vergati. La bottega di mastro Savino il falegname divideva<br />

l’agglomerato di destra, da quello di sinistra, entrambi<br />

serv<strong>it</strong>i da una delle quattro fontane della frazione. I<br />

Triestino vivevano alla fine nel vico S.Benedetto. Quando<br />

nacquero Gaetano ed Italo, Rosa fece loro da mamma,<br />

districandosi abilmente tra i lavori domestici e le necess<strong>it</strong>à<br />

dei due bambini. Era brava ad accendere il fuoco, nella<br />

vecchia cucina a legna, ed a far da mangiare anche solo<br />

con l’acqua ed il prezzemolo. Un piatto caldo non<br />

mancava mai.<br />

IL GUSTO DELLA VITA – Franco Pastore 180

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