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ANCHE SE NON CI CREDI<br />
Se ne andò così, come era vissuto, con discrezione,<br />
cercando di non dare alcun fastidio. Lo inumammo nel<br />
piccolo cim<strong>it</strong>ero del paese ed il nome, Sandro Lanzetta, si<br />
leggeva appena, sulla piccola croce del tumulo. Fu mia<br />
moglie Maria, la primogen<strong>it</strong>a di cinque figli, a dire: -<br />
Mer<strong>it</strong>erebbe una lapide, povero padre mio!-<br />
Eravamo nel 1961 ed era già tanto far tacere la fame!<br />
Per questo motivo, i miei cognati, ed altri di famiglia si<br />
guardarono bene dal farsi coinvolgere nella spesa della<br />
tomba. A questo punto, col coraggio della disperazione,<br />
assunsi, temerariamente, l’onere dell’impresa e mi<br />
impegnai col marmista, a corrispondergli, la somma di<br />
trentamila lire, per la messa in opera del marmo, con foto,<br />
nome e cognome in neretto, grandi tanto quanto<br />
occorreva per una comoda lettura, da almeno cinque metri<br />
dal santo luogo. Fu così che, il due novembre di<br />
quell’anno, mia moglie, portando i fiori al cim<strong>it</strong>ero, ebbe la<br />
soddisfazione di piangere e pregare davanti ad una vera<br />
tomba, che distingueva il caro defunto, nel gran numero di<br />
poveri tumuli disadorni.<br />
Il giorno successivo alla festa dei morti, verso le due del<br />
mattino, sognai mio suocero, più alto e magro di quanto<br />
ricordavo fosse da vivo, il quale, poggiandomi la mano<br />
sulla spalla, disse che tre erano i miei numeri fortunati: sei,<br />
quattro ed otto.<br />
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